Capitolo 39
Quando la tua anima è pronta
lo sono anche le cose.
William Shakespeare
Capitolo 39
Il treno si annunciava con cinque minuti di ritardo. Erano le quattro del pomeriggio. Laura era uscita di casa in anticipo per trovarsi in perfetto orario all'arrivo di sua figlia. Nell'aria, c'era quella speciale energia della primavera: luce intensa, aria tiepida, uccellini di varie specie che volteggiavano cinguettanti nel cielo; alberi rigogliosi di giovani foglie e nuove fioriture che sprigionavano piacevoli fragranze tutt'intorno. Laura pensò che alla natura non importava delle vicissitudini umane. Essa perpetuava il suo ciclo perseguendo il proprio obiettivo anno dopo anno. Forse anche gli uomini avrebbero dovuto affrontare la vita in quel modo.
La piccola stazione di provincia era abbastanza deserta a quell'ora. Qualche studente in attesa, un paio di uomini di mezza età, una donna sulla trentina con un elegante trolley. Le tornarono in mente le immagini di quella sera che si era recata lì per aspettare Stefano. Aveva fatto quella pazzia e a ricordare la scena le venne da sorridere. Non se ne pentiva però, era stato bello, anche se adesso tutto sembrava appartenere a un tempo così lontano.
Si era sentita così sola, Marco le mancava ma adesso era più serena. Erano trascorsi due anni dalla sua disavventura sull'isola, poi, a poco a poco, si era ripresa, aveva riorganizzato la sua vita e ritrovato il suo equilibrio.
Ecco che si intravedeva il treno. Quando questo, rallentando raggiunse la banchina e si fermò, scorse Sara, pronta a scendere, dietro le porte scorrevoli in procinto di aprirsi.
"Ciao Mamma" disse lei e l'abbracciò.
"Ciao tesoro" ricambiò Laura a sua volta. Poi si girò a sorridere a Stefano, che dietro a sua figlia, scendeva dal treno.
"Ciao" gli disse.
"Ciao" rispose lui.
"E tu? Vuoi venire un po' dalla nonna?" disse, rivolta al bimbetto che Stefano teneva in braccio e tese verso di lui le mani. Il piccolo si sporse per farsi prendere, con grande felicità di Laura che lo strinse e lo ricoprì di baci.
«Vuoi stare un po' con la nonna? Andiamo a fare una passeggiata? Mandiamo il papà e la mamma a riposare un po'?» gli diceva, mentre tutti si avviavano al parcheggio delle auto.
Lo avevano chiamato Marco, per desiderio di Sara. Stefano era stato d'accordo. Ritornavano tutti e tre da un viaggio di lavoro in Basilicata. Stefano aveva mantenuto la collaborazione con Giovanni e Loredana e si prendeva cura degli articoli della rivista; Sara metteva a disposizione le sue conoscenze e le sue competenze post-laurea realizzando filmati e montando video. Quasi sempre portavano Marco con loro, per questo Laura era felice di spupazzarselo un po' quando ne aveva occasione.
Una volta in auto, Laura si era seduta alla guida e aveva detto:
«Va bene per voi se lo tengo un po' con me? Potremmo andare al mare, é una giornata così bella, così voi vi risistemate un po'». Sara e Stefano avevano acconsentito.
L'abitazione dove prima Laura viveva con Marco adesso la occupavano sua figlia con Stefano e il piccolo Marco. Laura aveva avanzato loro la proposta appena Sara aveva saputo di essere incinta.
«A me non occorre una casa così grande» aveva detto Laura a sua figlia «Venite voi a vivere qui, così Marco potrà avere tanto spazio per giocare».
Laura era andata a vivere in un appartamentino in centro, nel quale aveva adibito una stanza a studio. Lola e i gatti erano rimasti nella casa in campagna, se ne occupavano Sara e Stefano, ma quando loro si assentavano Laura si recava nella casa e si dedicava agli animali e alle piante.
Sara e Stefano sembravano una coppia affiatata e innamorata e questo rendeva Laura felice. Stefano si era rivelato un compagno premuroso e affidabile e un padre amorevole. Laura aveva trattenuto dentro di sé quel forte dubbio, nei confronti di lui, ma non glielo confidò mai. Avevano evitato, con silenziosa complicità, qualsiasi occasione di parlarsi di nuovo. Stefano si dedicava alla sua famiglia e Laura si comportava come una suocera intelligente e giovanile.
Alessio si era stabilito in Giappone, per il momento. Aveva iniziato a lavorare affiancando lo studio al lavoro, ma non pianificava a lungo la sua vita; prendeva da essa quello che arrivava e cercava di viverlo pienamente. Non era più tornato a casa dalla scomparsa del padre. Con Laura e Sara, comunicavano tramite mail o al telefono in rare occasioni come i compleanni o il Natale. A Laura mancava, ma la tranquillizzava sapere che lui stesse bene e fosse felice delle sue scelte.
Laura lasciò Sara e Stefano a casa e proseguì con il piccolo Marco verso la costa. Appena arrivati, si illuminò al bagliore del sole sul mare. Era una giornata serena, senza vento. Scese dall'auto, prese in braccio il piccolo Marco e si diresse verso la spiaggia scendendo tra le dune sabbiose. Marco camminava da poche settimane e appena lo mise giù sulla spiaggia, il bimbetto iniziò a trotterellare come fanno tutti i bimbi a quell'età. Sarebbe sicuramente finito in acqua, così lo liberò dalle scarpette, calzoncini e calzini lasciandolo libero di divertirsi con acqua e sabbia, elementi che tutti i bimbi adoravano. Mentre passeggiavano sulla battigia, in lontananza sullo sfondo celeste, appariva il promontorio. Laura non era più tornata là.
A qualche decina di metri da loro, un gruppo di uccelli volteggiavano nell'aria con fare concitato ed emettevano grida disordinate.
«Chissà cosa stanno facendo» disse Laura rivolta a Marco. Così si diressero verso il chiassoso gruppo di volatili e suo nipote le trotterellava davanti con entusiasmo. Quando furono vicini, il bimbo si mise a correre più veloce e gli uccelli spaventati volarono via. Un grosso pesce, ormai in fin di vita, giaceva sulla sabbia e accese la curiosità del bambino che si affrettò a prenderlo tra le braccia. La scena fece divertire Laura.
«Ma non puoi prenderlo! Lo hanno pescato i gabbiani!» si udì gridare un bambino più grande che avanzava verso Marco. Il bimbetto, intimorito, cercò protezione verso la nonna e Laura, voltandosi, notò che un uomo avanzava verso di loro.
«Gabriele! Lascialo tranquillo, non vedi che è piccolino?» richiamò l'uomo il bambino.
«Ma papà, ha fatto scappare tutti gli uccelli...» protestava suo figlio.
«Lui è piccolino e non sapeva che gli uccelli facevano un banchetto. Dopo ritorneranno, dai...» gli disse con dolcezza. Poi si accovacciò vicino ai bambini, lì nel punto dove era stato trovato il grande pesce.
«Mi scusi...» disse con lo sguardo alzato verso Laura. Lei sorrise. L'uomo si rialzò in piedi e prese a fissarla con insistenza mentre, i due bambini si guardavano con sfida.
«Noi ci conosciamo» disse ad un certo punto l'uomo, mentre la osservava. Laura non capiva in quel momento; nutriva qualche dubbio, ma non riusciva a contestualizzare l'uomo.
"Sono Carlo, la guardia forestale; l'ho recuperata in una notte buia e tempestosa, ricorda?" le chiese sorridente e intanto le tendeva la mano.
"Carlo... ma certo, ora ricordo" replicò Laura con timidezza e offrì la mano a sua volta "e lui è Gabriele...suo figlio?" gli chiese.
"Sì, è mio figlio, ha otto anni".
Laura lo osservava e anche Carlo osservava lei. Subito dopo lui iniziò a parlare, si informò sul suo stato, le chiese come erano andate le cose in questi due anni. A poco a poco il ghiaccio si sciolse e mentre i bambini -che nel frattempo avevano stretto amicizia- scorrazzavano sulla sabbia e inventavano giochi diversi e loro due avevano preso a camminare fianco a fianco per non perderli di vista, Laura gli raccontò dei cambiamenti, delle novità, del suo diventare nonna. Lui le raccontò della sua vita con Gabriele; parlava e lei ascoltava le sue parole osservando il movimento delle labbra di lui, la sua espressione facciale, gli occhi grandi e scuri e i capelli corvini e riccioluti come quelli di Gabriele. Non lo ricordava così, pensò. La sera che si erano conosciuti sull'isola lei era talmente sconvolta da non dedicare attenzione agli uomini che l'avevano recuperata e al luogo in cui si era ritrovata. Aveva ricordi confusi e, quando la mattina era rientrata in traghetto, tutta la concentrazione era rivolta più a ricongiungersi con sua figlia, che a tutto il resto.
La voce di lui le arrivava come un suono sfumato, le voci dei bimbi formavano un sottofondo di gioiosa leggerezza. Chiuse gli occhi, respirò a fondo e avvertì quell'odore particolare di salsedine e, nell'istante in cui la fragranza si insinuava nelle sue narici, percepì un debole lamento. Sembrava di trovarsi in un'atmosfera sognante, si voltò a guardare verso la distesa del mare e il lamento ora le arrivava come la melodia di un canto lontano, antico, leggero ma invitante e provocante; penetrante.
E tra il chiarore della luce che brillava sull'acqua le sembrò di scorgere una figura evanescente. E in quella figura, che le sorrideva, le parve di riconoscere i lineamenti di Marco, suo marito.
E le venne da pensare, che in fondo, la nostra è un'esistenza effimera, che ci fa muovere leggeri sulla scena del mondo, "noi siamo della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni, e la nostra piccola vita è circondata da un sonno" dal quale a volte ci si risveglia troppo tardi, o troppo in fretta e allora, ci si accorge che una vita non basta, ma ne occorrerebbero almeno due o tre per maturare esperienze e acquisire saggezza, per radicarsi a fondo nel grembo dell'universo. Per non ripetere gli stessi errori, per ritrovarsi sulle stesse scene con rinnovato apprendimento.
FINE
https://youtu.be/YZl4RTCbbfc
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