Capitolo 35


Trascorsero altri tre giorni, durante i quali Laura cercò di riorganizzarsi un po' per volta. Provò ad avvicinarsi spiritualmente a Marco; ricominciò a occuparsi della preparazione dei pasti serali con maggior cura, della casa e di tutti quegli aspetti che aveva trascurato per mesi. Quando il pensiero di Stefano le faceva visita, con determinazione lo allontanava. Non era facile, doveva riconoscerlo, ma il silenzio di lui rendeva più facili le sue intenzioni e dal momento che gli aveva scritto la sua decisione di non cercarlo più non intendeva rimangiarsi la sua scelta. 

Ma un venerdì mattina, mentre stava per entrare in doccia, squillò il telefono. Pensò fosse Marco che era da poco uscito. Invece, sullo schermo del telefono apparve S, quella tredicesima consonante che più volte era stata sul punto di cancellare, ma che invece era ancora lì, nella lista dei suoi contatti. Entrò in uno stato di agitazione. Il cuore sembrava impazzito. In un primo momento pensò di non rispondere, ma poi non riuscì in questo intento e con mani tremanti prese il telefono.

"Pronto..."

"Ciao Laura".

"Ciao" rispose lei, dopo qualche secondo.

"Ti disturbo?" Com'era formale, pensò lei.

"Stavo entrando in doccia". 

Ma perché specificare quel dettaglio? 

Vi fu una pausa silenziosa che a Laura sembrò infinita.

"Io sono alla casa al mare..." Laura si sentì gelare. "Se ti va puoi raggiungermi e così parliamo un po'" Le stava chiedendo di raggiungerlo per parlare? Parlare di cosa? A questo punto lui sapeva che lei era stata lì, aveva sicuramente già letto la lettera... 

Di cosa dovevano parlare? Non sapeva che rispondere.

"Va bene, vengo".

"Ti aspetto" replicò lui. E chiuse la telefonata.

Laura tremava. Non era sicura di aver fatto bene ad accettare. Non aveva deciso di chiudere tutta quella faccenda? Non voleva farsi umiliare, ma era curiosa. Pensò di inviargli un messaggio e dirgli che non sarebbe più andata, ma non lo fece. Entrò in doccia e sotto l'acqua calda un po' si rilassò.

                                                                                                             ***

Lungo il percorso in auto poteva avvertire il rumore dei pensieri che si aggrovigliavano nella sua testa. Nel profondo del suo cuore sperava in un riavvicinamento con lui, ma il tono della sua voce era troppo diverso dal solito. Quello non era un invito per ritrovarsi.

Si sentiva così fragile! Forse avrebbe dovuto chiedere consiglio a Caterina invece di avviarsi così di getto. E' che ormai non ci sperava più di sentire la sua voce.

Giunta davanti al cancello della casa scese dall'auto e suonò il citofono. Era una giornata grigia, ma nel giardino erano già spuntati dei fiori. Stefano aprì immediatamente. Con passo timido Laura percorse il vialetto di accesso. Sembrava di essere lì per la prima volta. Lui l'attendeva alla porta aperta.

"Ciao" le disse, un po' imbarazzato.

"Ciao" rispose lei. Notò il suo volto teso, le occhiaie. Non aveva un aspetto di chi si preparava a riavvicinarsi alla donna amata. Per un attimo ebbe voglia di fuggire indietro. Lo temeva quel momento in cui sarebbe entrata, ma non indietreggiò; avanzò all'interno con la certezza di andare a cadere in un precipizio infinito. Stefano chiuse la porta e lentamente si girò a guardarla, fermo lì dove si trovava.

Lei era rimasta al centro della stanza, in attesa.

"Ho visto che sei stata qui" disse lui.

"Sì..." .

"E ho visto che hai riposto le chiavi nel muretto".

"Sì. Non aveva più senso che le tenessi io". Stefano non disse nulla. Laura lo guardava. Si percepiva la sua difficoltà.

"Ho letto la lettera..." riprese poi lui, iniziando a muovere le mani, come faceva sempre quando mostrava imbarazzo.

Laura lo guardava. Lui non riusciva ad aggiungere altro, ma era il suo corpo a parlare. A Laura sembrò tutto abbastanza chiaro adesso. Sentì gli occhi diventare lucidi. Non doveva rimanere ancora lì a farsi del male. Mosse alcuni passi verso la porta mormorando:

"Non mi devi spiegare niente",  ma Stefano la bloccò e la strinse forte. Il viso di lei, rigato di lacrime, sulla spalla di lui.

Stettero così, con i volti nascosti. In silenzio.

"C'è un'altra, vero?" riuscì a chiedere lei in un sussurro. Stefano non rispose. La strinse più forte. Laura non riusciva ad aggiungere altro. Si era preparata per quella rivelazione, ma solo in teoria. Forse, in fondo apprezzava che Stefano le avesse voluto dedicare quel momento per dirglielo, ma il dolore che avvertiva, la sensazione di totale fallimento e la paura per ciò che l'aspettava nei giorni a seguire, la divoravano senza pietà. Doveva andare via.

Mentre stava per sciogliersi dall'abbraccio le giunse all'orecchio la voce di Stefano. Sembrava arrivasse da lontano. La percepì in maniera confusa, come quando durante una giornata ventosa non si riescono a percepire con chiarezza tutti i suoni.

"E' tua figlia".

Laura non comprese subito. Le sembrò di averle immaginate quelle parole. Ebbe una vertigine. La testa sembrava staccarsi dal suo corpo e rotolare via. Poi si irrigidì tentando di staccarsi da lui. Lui la teneva ancora stretta, ma lei lo strattonò e si allontanò.

"Che stai dicendo?" sibilò guardandolo stravolta.

"L'altra... è Sara". Stefano la guardava con espressione sofferente.

Laura non credeva che stesse per accadere davvero. Si sentiva stordita, smarrita, sconvolta. Dopo attimi di vacillazione sentì montare dentro di lei una tale collera da lanciarglisi addosso e colpirlo, mentre gli gridava fuori di sé:

"Che stai dicendo? Che stai dicendo?" Stefano tentò di bloccarle le braccia, le mani.

"Aspetta. Calmati. Parliamo" le gridò di rimando. Il volto di Laura era stravolto dalla rabbia e dal dolore. Stefano non poteva sopportare di vederla così. La strinse forte per bloccarla e calmarla.

"Ti prego, calmati" le sussurrò. A poco a poco Laura si arrese. Si sentì mancare tutte le forze e si accasciò. Stefano la fece sedere sul divano dove prese posto anche lui. La guardava. Sapeva quanto stesse soffrendo e questo faceva soffrire anche lui.

"Perché mi stai facendo questo? Perché?" gli ripeteva Laura in un lamento struggente. Stefano cercò le parole per non ferirla.

"E' successo Laura " mormorò con lo sguardo verso il basso, visibilmente provato.

"E' successo perché tu non hai voluto ascoltarmi" lo accusò lei. "Non dovevi andare alla festa quella sera!" Stefano non replicò. "Ma ti rendi conto? Ti rendi conto? Come potrò guardare ancora in faccia mia figlia? Cosa le risponderò quando lei me ne parlerà?" gridò.

"Le ho detto di non parlarne con la sua famiglia, per ora" disse lui con l'illusione di rendere meno grave la cosa.

"Ah sì?" Di colpo si alzò, riprendendo padronanza del suo corpo "E per quale motivo? Che scusa hai pensato per questo segreto? Io e mia figlia parliamo!" gridò ancora.

"Laura, vieni qui. Siediti. Parliamo. Sei fuori di te, ti prego" disse lui con tono comprensivo.

"Sono fuori di me, sì, perché tu non hai idea in che situazione mi stai mettendo. Non dovevo mai iniziare questa storia. Lo sapevo che mi avrebbe condotta solo in un mare di guai!" Gridò ancora ricominciando a singhiozzare. A Stefano fecero male quelle parole, ma non disse nulla. Laura aveva tutto il diritto di sfogarsi.

Il silenzio gravò nella stanza a lungo. Il corpo di lei era scosso dai sussulti. Stefano preferì non parlare, lasciare a lei lo spazio e il tempo. Laura si avvicinò alla finestra e guardò fuori. Lui era rimasto al suo posto sul divano e la osservava, timidamente.

"Mi devi promettere che non verrai mai a casa nostra" mormorò a un tratto lei con voce ferma. Il volto teso. Lo sguardo fisso verso l'esterno.

"Te lo prometto" rispose lui con tono sommesso.

Lei si mosse verso la porta. "Non abbiamo più niente da dirci" disse con voce tagliente.

"Aspetta, non andartene così" cercò di fermarla Stefano,  con voce gentile, ma Laura aveva già aperto la porta e voltandosi verso di lui disse:

"Non ti voglio più vedere" e uscì.

Salì in auto e si avviò senza mai voltarsi indietro.

Stefano rimase stordito senza sapere cosa fare. Immobile, sulla soglia della porta.

Mentre percorreva la strada Laura provava talmente tanto dolore e disperazione da non riuscire a emettere alcun suono. A un tratto accostò l'auto in uno slargo, dove la strada costeggiava una riserva naturale. Scese dall'auto e s'incamminò lungo un sentiero. Era circondata soltanto dalla fitta vegetazione, non si udivano altri suoni al di fuori dei versi di alcuni uccelli.

Poi, arrivò.

Tutta la disperazione la ingoiò. Invase i polmoni, salì verso la gola e fin dentro gli occhi. Proruppe in un urlo angosciato. I singhiozzi si impossessarono del suo corpo. Faceva fatica a respirare. Si accasciò a terra sul manto erboso. Non riusciva a formulare nessun pensiero. Il  suo delicato corpo spossato dal dolore che aveva stravolto i suoi lineamenti.

Gli alberi ancora spogli filtravano la luce con i loro rami graffianti. Il suolo era impregnato di umidità. La penombra avvolgeva la sua figura.

Si calmò a poco a poco. Sporca e bagnata si alzò come in trance e riprese la direzione del ritorno.

Per un attimo pensò di deviare verso la casa di Caterina, ma sentiva di non avere la forza di parlare neanche con lei. Non riusciva a perdonarsi per essersi messa in quella situazione. Cosa avrebbe detto a sua figlia? Come avrebbe affrontato la relazione con lei? Come avrebbe potuto guardarla ancora negli occhi? Si vergognava di lei come madre. Si vergognava di lei come moglie. Odiava profondamente Stefano in quel momento.

Arrivò a casa. Spense il telefono e si infilò nel letto.

                                                                                                        ***

Era già buio quando Marco salì al piano di sopra. Aveva trovato la casa immersa nell'oscurità. La raggiunse agitato.

"Laura..." Lei non rispose e lui le si avvicinò "Che succede?"

"Non mi sento bene. Ho bisogno di riposare".

"Mi hai fatto preoccupare. La casa è tutta al buio. Il telefono spento..."

"Sì, non avevo voglia di rispondere alle telefonate".

"Ti ha cercato anche Sara..."

"Parlale tu... e per favore, fai mangiare gli animali. Io vorrei rimanere a letto".

Marco restò per qualche istante incerto su cosa fare. Poi tornò di sotto.

"Sistemo tutto e poi ti raggiungo" le disse mentre usciva dalla camera. Laura pensò che non aveva voglia di avere Marco vicino a sé. Desiderava rimanere da sola, ma non poteva evitarlo ed era anche normale che lui si preoccupasse nel vederla in quello stato. Quando più tardi suo marito risalì finse di essersi addormentata. Lo sentì sedersi accanto a lei, accarezzarle i capelli e tastarle la fronte. Che spiegazione avrebbe potuto dare a Marco per lo stato in cui si trovava? L'indomani era anche sabato e suo marito sarebbe rimasto a casa per il fine settimana.

"Preparo qualcosa per cena? Ti va?" le sussurrò lui vicino l'orecchio.

"No, grazie, mangia tu. Io preferisco riposare" rispose lei senza aprire gli occhi.

Per il resto della serata Marco andò più volte dal piano sotto alla camera per accertarsi che sua moglie stesse bene o che avesse bisogno di qualcosa. Poi lui si coricò definitivamente che era ancora presto e le si adagiò accanto. Laura gli dava le spalle.

"Ho chiamato Sara. Le ho detto che non ti sentivi bene e che magari vi sentite domani. Forse, ci vuole dire che ritorna per qualche giorno?"

Laura sentì il cuore fermarsi a quelle parole. Non era pronta per affrontare sua figlia. Bisbigliò debolmente: "Domani vedremo..."

Il mattino dopo, quando Laura si svegliò, Marco era già sceso. Di solito accadeva sempre il contrario. Laura lo apprezzò. In cucina trovò tutta la tavola apparecchiata per la colazione. C'era un buon profumo. Marco le andò vicino e l'abbracciò con affetto "Ti senti meglio?" le chiese.

"Un po'..." rispose evasivamente lei.

"Mangi qualcosa? Avrai fame..." aggiunse lui.

"Non so..." disse lei mentre sedeva a tavola.

"Dai..." insistette lui. C'erano tante cose buone che Marco aveva preparato con gran premura. Laura si sforzò di assaggiare qualcosa e piano piano sentì arrivare un po' di appetito. Dopo qualche minuto di silenzio Marco azzardò:

"E' successo qualcosa? Come mai ti sei ammalata così all'improvviso?"

Laura si sentì irritata da quella indagine. La mattina prima si erano lasciati che lei stava in ottimo stato. Era lecito che suo marito ponesse quelle domande.

"Non lo so... Ho avuto un improvviso calo di energie. Mi sono sentita smarrita..." disse lei mentre sorseggiava una spremuta di arance.

"Smarrita?..." chiese lui. Laura restò in silenzio. Marco allungò una mano verso la sua e gliela accarezzò. "Oggi penserò a tutto io. Tu riposa. Ti coccolerò" le disse. Si alzò e le andò dietro accarezzandole le spalle. "Dobbiamo ricostruire il nostro equilibrio. Le cose stanno cambiando nella nostra famiglia... Forse è questo che ti fa sentire smarrita" aggiunse lui continuando ad accarezzarle le spalle. Laura non parlò. Avrebbe voluto che fosse tutto facile, ma purtroppo non lo era. La situazione che si era venuta a creare era molto complicata ed era stata lei a crearla.

In tarda mattinata Sara chiamò. Laura stava leggendo davanti al camino che Marco aveva acceso. Era una giornata fredda.

"E' Sara. Vorrebbe parlarti" disse lui affacciandosi in soggiorno. Laura pensò che non poteva negarsi, quindi fece cenno a suo marito di passarle il telefono.

"Pronto?"

"Mamma ma che è successo? Come stai?" chiese sua figlia preoccupata.

"Ma... niente di grave. Sono un po' stanca, ho bisogno di riposare". Sara rimase in silenzio poi riprese. "Ieri ti ho chiamata più volte e il telefono era staccato".

"Lo so. Avevo bisogno di riposare e quindi l'ho spento" puntualizzò Laura.

"La prossima settimana pensavo di venire a casa e fermarmi qualche giorno" disse a un tratto. Laura rimase in silenzio.

"Non sei contenta?" chiese sua figlia

"Sì, certo..." rispose un po' imbarazzata. "Ormai non ci speravo più. Te lo avevo chiesto tante di quelle volte..." cercò di riprendersi. "E quando verrai?"

"Mercoledì o Giovedì. Dai... così stiamo un po' insieme che dopo devo preparare un esame".

Si salutarono. Laura provò molta ansia per l'annuncio di sua figlia.

"Che ha detto? Verrà?" si informò Marco.

"Sì" rispose laconica Laura.

"Non sei contenta? Così sarai in compagnia per qualche giorno. Quando ha detto che verrà?"

"Mercoledì o Giovedì" rispose Laura mentre si allontanava verso l'uscita.

"Ma dove vai?" chiese Marco, perplesso" E' freddo fuori!" le gridò mentre lei si era già allontanata "Mi copro. Vado un po' da Lola!" le gridò di rimando lei. Aveva bisogno di stare un po' da sola. Lola la accolse festosa come sempre. Si allontanarono insieme verso la zona alberata del giardino. 

Non riusciva a pensare. Però doveva sforzarsi di farlo. Le tornarono alla mente le immagini del giorno precedente quando aveva incontrato Stefano. Le parole di lui, il volto, l'espressione, le provocavano malessere. Si sentiva stordita. Non riusciva a completare un pensiero. Com'é potuto accadere?

Come aveva potuto permettere che accadesse? si chiedeva incolpandosi a sua volta per la piega che avevano preso gli eventi. In quel momento lo aveva odiato. Si sentiva tradita da lui molto più che se avesse avuto un'altra donna. Come aveva potuto far accadere di legarsi a Sara? E se un giorno la verità fosse venuta fuori? Sara non glielo avrebbe mai perdonato. Non lo avrebbe perdonato mai a entrambi. Che quella fosse una punizione per essersi concessa tanta libertà? Si era illusa di poter riprendere in mano la sua femminilità, rivalersi in qualche modo verso Marco e attenuare il dolore che lui le aveva procurato. Ma non funziona sempre. E non per tutti.

La sua attenzione fu rapita da uno stormo di uccelli scuri che in quel momento sfrecciò sopra di lei. Erano sempre affamati in inverno e scelsero un albero nelle vicinanze della loro casa dove fruttificava una grossa pianta di edera. Si udì tutto il fragore delle ali dei volatili che si agitavano tra le foglie in cerca di qualche bacca. Anche Lola drizzò le orecchie per capire cosa stesse succedendo. Laura si fermò a rimirare quella scena di natura selvaggia. Riaffiorarono nella mente le immagini dell'estate passata, la scogliera, le nuotate nel mare, i baci appassionati. Com'era felice in quel periodo! E com'era ignara di quanto stava per accadere. Stupida! Stupida e incosciente! 

                                                                                                                              ***

Trascorsero il sabato e la domenica tranquillamente. Marco si diede un gran da fare e non fece più domande. Lei si riposò cercando di fare ordine tra i suoi pensieri.

Il lunedì successivo ricevette una telefonata da Caterina.

"Laura, come va? Non ti sento da un po', come stai?" chiese l'amica.

"Sto a pezzi. Mi sono messa in una situazione terribile".

"Ma come? Di che parli?" chiese preoccupata Caterina. Così Laura le spiegò quanto era accaduto. Caterina restò in silenzio.

"Non riesci a dire niente neanche tu, vero? Mi vergogno così tanto!" commentò dopo un lungo silenzio.

"E' certamente una situazione ingarbugliata, ma tu di cosa ti vergogni? Come potevi immaginare che le cose prendessero questa direzione?" considerò l'amica.

"Io dovevo impedire con tutta me stessa che loro si conoscessero la notte di Capodanno. Ho provato a chiederlo a Stefano, ma lui non mi ha ascoltata e io non sono stata abbastanza determinata nel pretenderlo. Per questo adesso lo odio... E odio me stessa per essermi lasciata andare in questa storia. Dovevo rendermi conto che era tutta sbagliata fin dall'inizio". Caterina attese qualche istante poi replicò:

"Io non credo che tu debba rimproverarti nulla. Hai vissuto una storia bella che ti ha fatto bene. Hai provato a evitare che loro due entrassero in contatto ma, sembra quasi che tutto questo fosse inevitabile, che tu fossi il tramite per il loro incontro. Pensaci!" Laura pensò che queste erano le riflessioni filosofiche di Caterina.

"La cosa importante è che Sara non venga mai a sapere..." continuò Caterina.

"Esatto!" proruppe Laura. "E chi può garantire che questo non accada mai?"

"Da quello che tu mi hai riferito, Stefano non è un ragazzo irresponsabile. Se tiene a Sara e anche a te, farà in modo che non succeda. Ne avete parlato?"

"Sì. Me lo ha giurato... ma io non mi fido. Non sono tranquilla, non sono tranquilla" disse accorata Laura.

"Certo, questo lo capisco..." ribadì l'amica.

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