Prologo

La radio della Stazione Centrale di Napoli trasmetteva "Nel blu dipinto di blu" di Domenico Modugno: aveva vinto il Festival di Sanremo cinque mesi prima e in poco tempo aveva avuto successo anche oltreoceano, tant'è che lo avevano soprannominato Mister Volare; da Polignano a mare fino a New York, un percorso incredibile per l'artista pugliese.
《Quasi siculo》aveva commentato Rosaria Salina, la prima volta che lo aveva sentito, riferendosi alla somiglianza del dialetto salentino a quello siciliano.
In quel momento però aveva poco tempo per pensare alla musica: c'era da rintracciare quel disgraziato di suo marito Calogero, e anche alla svelta.
Era cominciato tutto quando l'uomo, proprietario di un bel fazzoletto di terra ad Aci Trezza, aveva deciso da un giorno all'altro di scappare con la cantante napoletana Azzurra Veralli, gettando vergogna su moglie e figlie e facendole finire sulla bocca di tutto il paese peggio degli ultimi discendenti dei Malavoglia, considerati ancora dei poveri diavoli a distanza di un secolo.
Così lei e le ragazze avevano raccolto i loro averi e avevano preso il treno per Napoli, spinte anche dall'incredibile notizia che le aveva raggiunte poco prima del Viaggio: Marisa Ferrante, sorella minore di Rosaria e stilista affermata, aveva spedito loro una lettera dove comunicava che avevano ereditato una fortuna dalla ricca e nobile prozia Elisa Gargiulo, di cui lei si era occupata da quando, seducente e sprovveduta, era scappata da Aci Trezza per avverare i suoi sogni.
All'inizio Rosaria era stata sospettosa.
《Ci considerarono sempre meno di niente, non voglio un soldo da idda!》aveva sentenziato.
《E dai mammà, un'opportunità incredibile è!》aveva cercato di convincerla Teresa, la figlia di mezzo, intelligente e pacata.
《Sì, così ci prendiamo la rivincita su papà e su quella poco di buono!》aggiunse Marta, la primogenita, che al contrario aveva ereditato il carattere autoritario e un po' dispotico della madre.
Con un titolo nobiliare e tanti soldi, di certo Calogero le avrebbe temute, e sarebbe tornato da loro con la coda tra le gambe.
Rosaria non aveva ancora quarant'anni, ma aveva un aspetto piacente da fare invidia a molte ventenni: capelli neri e lunghi, occhi scuri a mandorla e un fisico prorompente, da ragazza aveva scelto Calogero Salina in mezzo a uno stuolo di pretendenti che le correvano dietro; forte e autoritaria, comandava lei in famiglia, e il marito rimaneva nell'ombra.
Della stessa pasta della madre era fatta Marta, la figlia maggiore: vent'anni, un carattere pronunciato e somigliante a Rosaria sia nei tratti somatici che nei modi, con i quali aveva fatto scappare a gambe levate molti ragazzi che la corteggiavano ad Aci Trezza.
Poi veniva Teresa, che di anni ne aveva sedici e gli occhi li aveva verdi e tondeggianti come quelli del padre: meno dispotica della madre e della sorella, aveva una spiccata intelligenza, tanto che la maestra del paese insistette che doveva continuare gli studi dopo le elementari, trasferendosi a Palermo o addirittura a Napoli; Calogero sarebbe stato contento, ma Rosaria si oppose, dicendo che l'unica realizzazione di una ragazza fosse il matrimonio con un buon partito.
A completare il quartetto c'era Angela, dieci anni e tanta incuriosita e voglia di conoscere il mondo: per lei quel viaggio era stato una grande avventura, che non era finita lì.
Quando scesero dal treno, accolte dalle note di Modugno, tutti si girarono a guardarle, come se invece di quattro donne fosse capitato davanti a loro un gruppo di alieni: era per i loro vestiti, decisamente inadatti alla città.
《Ma che hanno da guardare?》domandò nervosa Marta.
《Strani sono. Che mai videro dei siciliani in vita loro?》commentò Angela, la figlia più piccola.
《Ammuninne, ragazze. Non gli diamo troppa importanza!》le richiamò la madre.
Gli sguardi della gente continuavano a seguirle anche per le strade di Napoli: non si poteva negare che, con le grosse valige di cuoio e i fagotti pieni zeppi di conserve, trecce d'aglio e peperoncino, salumi e formaggi, attirassero fortemente l'attenzione.
《Camminiamo, ragazze. Facciamo come se non esistessero 》le esortò Rosaria.
《Forse dovremmo cominciare a vestirci eleganti come loro. Magari la zia Marisa, col suo gusto, aiutare ci può...》propose Teresa.
《E ce ne dobbiamo andare in giro conciate come i baroni Palmieri, giù al paese?》replicò scettica sua madre.
《Tiene ragione mammà. Contadine siamo, perché dobbiamo diventare altre persone?》concordò fieramente Marta.
《Perché qui non siamo ad Aci Trezza. C'è un'altra mentalità. Cosmopoliti sono》spiegò la figlia di mezzo.
《Cosmo-che?》chiese Rosaria. Spesso Teresa tirava fuori certi termini aulici che il resto della famiglia proprio non capiva.
《Vuol dire cittadini del mondo. Napoli è una città piena di gente di tutti i tipi, mica come ad Aci Trezza che vediamo sempre le stesse persone》rispose la ragazza.
《Tipo quei signori laggiù che parlano americano?》chiese Angela, notando una coppia di coniugi alti, biondi e anglofoni.
《Tipo》rispose Teresa sorridendo.
《Mah... Tutte queste arie per qualche turista in mezzo alla via...》commentò la madre, sempre meno convinta di voler rimanere.
A fatica si districarono per le vie della città partenopea, chiedendo informazioni a gente che, prima di rispondere, le squadrava da capo a piedi, domandandosi perché delle simili pezzenti cercassero Villa Gargiulo.
Quando furono davanti al cancello, Marisa le accolse: aveva gli stessi tratti della sorella e delle nipoti, ma, truccata e benvestita, rispetto a loro sembrava un'altra persona.
《Rosaria, ragazze! Ma che piacere rivederti!》esclamò abbracciandole.
《Sempre più pittata e rifinita tu, eh?》osservò Rosaria.
《È il suo modo di dire che è contenta di vederti》si affrettò a dire Teresa, rimediando all'assenza di diplomazia della madre.
《Dai andiamo, vi devo far vedere la villa!》le esortò la stilista, facendole  annunciare al citofono e conducendole dentro non appena si aprì il cancello.

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