Capitolo Terzo: Serate spaventosamente orrende
- Minchia, solo il lupo mannaro ci mancava -
- Andre, ha detto solo "lupo"! -
- Sì, ma intendeva MANNARO. Vuol dire "uomo lupo", Jac. Come, cazzo ne so... come l'uomo lupo, no? -
- Guarda che lo so cos'è un lupo mannaro. Ma lui ha detto solo lupo... -
Erano passati un paio di giorni, il sospirato venerdì era alle porte e io e Andre eravamo a casa mia a studiare. Lui coricato sul mio letto a sfogliare l'ultimo numero di Dylan Dog e io a cercare di riparare la Play che non voleva saperne di funzionare. Mia madre era stata un po' strana, ancora più strana intendo, negli ultimi due giorni. Sorrideva sempre, aveva smesso di bere, o così mi sembrava, e faceva tardi in ufficio. A casa era ancora più distratta del solito. Però, tutto sommato, sembrava stesse meglio.
- Mah, il Bendini è strano forte. -
- No, è solo timido e insicuro. Più di noi. - risposi io.
- Io non sono timido. -
- Ah no? E allora perchè non vai dalla Girodo a chiederle di uscire? Le sbavi dietro e poi non hai neanche il coraggio di chiedere una cosa così semplice - ribadii.
- No, ascolta. Io dalla Girodo non ci vado perché non le chiederei mai di uscire. Ha il cervello come quello di un criceto. C'hai mai parlato insieme? Ecco, bravo, lo sai. Le tette, invece... sono come quelle di una pornodiva. Io andrei lì a chiederle di palparle. Senza tanti fronzoli. -
- Però che Casanova. Vorrei proprio vederti sbruffone. Scu...Scu...Scu...saaaa Girodo....-
Lo squillo del cellulare interruppe quella discussione sui massimi sistemi. Numero sconosciuto.
- Sì? -
- Parlo con Jacopo Piccoli ? -
- Sono io -
- Sono Giorgio. Bendini intendo. -
Guardai Andrea e indicai il telefono con il dito mimando un "è lui" con il labiale. Naturalmente non capì nulla e continuò la sua lettura.
- Ciao Bendini. Com'è? Senti volevo giusto chiederti di quella cosa che mi stavi dicendo qualche giorno fa... -
- Sì proprio questo. Scusa se ti disturbo. Ti volevo dire che, ecco... forse l'altro giorno ho esagerato un po'. Non è che ho visto proprio bene la Sensi. Anzi forse non l'ho vista proprio. Facciamo che non ti ho detto nulla. -
- Ma... se lo dici tu... Però è tutto un po' strano. Sembravi un po' sconvolto, insomma imp... -
- Ascoltami! Ti dico che è così, va tutto bene e non ho visto nulla. Dimenticati di quello che ti ho raccontato. Promesso? -
- Scusa ma non me lo potevi dire a voce ieri, oggi o domani a scuola? -
- No. C'ho ripensato e oggi e domani non ci sono a scuola e forse neanche lunedì. Scusa ancora. Ti saluto. Ciao. -
- Ciao. -
Terminai la chiamata e guardai Andrea.
- Forse hai ragione te sul Bendini. E' proprio strano. -
- Visto? Io ho sempre ragione. -
Il fine settimana arrivò inaspettato come un fiume in piena. Il programma era di conseguenza strepitoso e improvvisato. Venerdì sera a giocare alla play da Beppe perché la mia non funzionava. Sabato pomeriggio struscio in via Palestro e la sera pizza al taglio da Nino, a casa prima di mezzanotte sennò tispezzoleossaJac. Mia madre era rigidissima su questo aspetto: mai oltre la mezzanotte, mai. Di ragazze neanche l'ombra. Avevo provato a capire cosa avrebbe fatto Arianna, ma non ero neanche riuscito ad approcciare l'argomento. Peter Parker confronto a me era un dongiovanni incallito. Fu proprio il sabato sera che successe il fatto. Nino stava per chiudere. Sbuffava sulla porta del localino già da un quarto d'ora e si capiva che voleva sbatterci fuori. Io mi ero sbafato un paio di pezzi al prosciutto, Beppe la sua solita margherita intera e Andre stava tentando di arrivare alla quinta porzione di quattro formaggi. Riuscendoci.
Quando finalmente Nino riuscì a cacciarci ci incamminammo in una Via Palestro semideserta. Faceva freddo, il carnevale era passato da due settimane e Ivrea non aveva più molto da dire. Erano quasi le undici di sera e ci stavamo incamminando verso l'inizio di Via Palestro dove la madre di Beppe ci sarebbe passata a prendere mezz'ora più tardi.
Parecchi dei nostri compagni di classe, quelli più social e più fighi, facevano già molto più tardi la sera. Beati loro. Noi camminavamo e tornammo per un attimo a parlare del Bendini. E fu proprio in quel momento che lo vedemmo attraversare la via ed entrare correndo in una traversa.
- Hey, Bendini. Ciao. Giorgio, dove vai? -
Si fermò guardandoci mentre gli andavamo incontro.
- Lasciatemi perdere! -
Ci fermammo sorpresi dalla risposta. Non era da lui.
- Oh ma che hai? Hai visto l'orco cattivo? -
Stava arretrando e arrivò sotto la luce di un lampione. Era bianco in viso, cadaverico e sconvolto.
- Lasciatemi stare vi ho detto. Lui non vuole che parli con voi. -
- Ma lui chi scusa? -
- Lui... Il Lupo... - balbettava e poi si avvicinò e sibilò un - È QUI E CI GUARDA! -
Ci voltammo tutti e tre di scatto ma non c'era proprio nessuno. Piazza Ottinetti era vuota e così anche i portici dietro di noi. Qualche coppietta che saliva verso Piazza di Città e un altro gruppetto di ragazzi verso Porta Vercelli ma nessun altro. Tornammo a guardare Bendini che però nel frattempo era scomparso.
-Dove cazzo è andato? -
- E' sceso verso i giardini. -
- Ma era fatto? -
- Non lo so. Andiamo a vedere non lasciamolo così. -
- Jac, lascia stare. -
- No c'è qualcosa che non va, io vado. -
E corsi giù verso i giardini. Freddo pungente, strada ghiacciata. Scivolai sui cubetti di porfido almeno un paio di volte. Arrivai ai giardini ma di Bendini neanche l'ombra. Inciampai su qualcosa e caddi a terra. Mi rialzai in fretta e mi accorsi di essere capitombolato sul piede di una persona, anzi di due persone, due ragazzi abbracciati su una panchina.
- Piccoli, ma che fai? -
Era Parini e la ragazza era ovviamente Arianna. Che figura di merda!
- Ciao. Scusate non vi avevo visto. -
- E meno male. Perché se ci avessi visto ci sarebbe stato da preoccuparsi. -
- Avete visto Bendini? -
- Chi? Ah sì lo sfigato della tua classe? Ma ti pare che avevamo il tempo di guardarci intorno? Ma chi se ne frega del Bendini, dico io. - Ridacchiando. Sto stronzo.
- Dai piantala. No, non lo abbiamo visto. Ora se vuoi allontanarti... - intervenne Arianna.
- Certo, scusate. Non vi avevo visto, scusate. -
- Ecco, bravo, vai bello. -
- Piantala ti ho detto - disse Arianna.
Non mi girai, mi sentivo implodere come un buco nero. Tornai verso Beppe e Andre che stavano arrivando e non avevano visto nulla. Per fortuna.
- L'hai visto? -
- No, chiamo mia madre. -
- Ma c'è la mia... -
- No, provo mia madre se non vi spiace. -
- 'zzo tutti strani stasera. - disse Andre.
Avevo bisogno di mia mamma. Volevo lei vicino a me. Volevo il suo sorriso: qualcosa non andava, mi ero messo in ridicolo con la ragazza dei miei sogni ed ero stanco.
Arrivò un quarto d'ora dopo. Non era sola.
- Ciao Jacopo. Che succede? Ehm, ti presento Paolo, un mio amico. Sai, non mi aspettavo che mi chiamassi ed ero fuori... Paolo mi ha gentilmente accompagnato. Paolo, lui è Jacopo il mio amore. -
- Ciao Jacopo - porse la mano verso il sedile posteriore.
- Ciao! - Non ricambiai la cortesia ovviamente.
Perfetto. Che serata ragazzi. Non vedevo l'ora di infilarmi sotto le coperte e scordare tutto. Questo Paolo era un po' calvo e portava gli occhialini tondi. A vederlo sembrava un tipo a posto, ma io mia mamma la volevo per me quella sera. Lui non doveva esserci.
- Allora ciao Paolo e grazie. Saluta Paolo, Jac -
- Ciao Paolo - bofonchiai come un automa.
- Ciao Jacopo. Fa attenzione a mamma. Mi raccomando -
Mia madre sorrise. Io no. A parte quel fesso, il disastro con Arianna e la gamba che mi faceva male per il capitombolo, ero preoccupato. Quella faccenda del Bendini e del Lupo mi aveva acceso un allarme interno. In particolare quell' "è qui" e la faccia di Giorgio mi avevano raggelato. Forse ero un po' più che preoccupato.
Ero impaurito.
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