Capitolo Sedicesimo: Che cosa sai?
La domenica fu uno strazio. Rimasi rintanato in casa, depresso e senza la minima voglia di mettere il naso fuori. Beppe e Andrea mi chiamarono al fisso, visto che il mio cellulare era kaputt, ma li liquidai dicendo che ero in punizione, che dovevo studiare, che non avevo tempo, insomma. Ovviamente non si bevvero nulla. Il giorno dopo andai a scuola accompagnato da mia madre. Non le dissi nulla: avrei spifferato tutto quella sera, quando Clara Segni sarebbe venuta a casa mia a raccogliere la mia "deposizione". Almeno con la presenza di un agente non sarei stato accusato di essere un bugiardo proprio da mia madre. Volevo evitarmi almeno quell'umiliazione. Quando mi accorsi che Arianna non era in classe mi sentii a disagio. Quella stronza di sua sorella aveva raggiunto il suo risultato: avevo dato di matto con lei e ora mi odiava. Ero sicuro che il motivo della sua assenza fosse legato alla discussione del sabato precedente.
- Buongiorno ragazzi. Oggi ripassiamo Talete. -
Graziosi avrebbe ripetuto per l'ennesima volta il teorema di Talete. Bene almeno su quello ero preparato. Avrei passato il mio tempo a... A cosa? Ah sì. Avrei potuto rivedere gli appunti di italiano oppure... Frugando nello zaino trovai l'elenco dei cognomi riportati sui citofoni. Li rilessi uno ad uno sperando di trovare chissà cosa. Pensai che la collaborazione della nonna di Arianna fosse da scordare. Arianna non avrebbe rivolto parola mai più ne' a me e neanche ad Andrea o Beppe. Anzi magari a loro sì, a me sicuramente no. Nel frattempo il professor Graziosi ripeteva per l'ennesima volta il suo concetto:
- ... Sì perchè Talete è da considerare al pari di Pitagora tale è la sua importanza nel panorama della geometria moderna. Tale, Talete. Non so se avete colto il gioco di parole. Ah, ah. Uno scherzo innocente, miei cari... Talete, dicevo, ...
Oh Signore, persino le stesse battute. Dunque, Fiorillo, boh non mi diceva nulla. L'altra era Actis. No, quella è la vecchietta bloccata sulla sedia a rotelle. Arduino: cognome molto comune nella zona. Conoscevo un Pietro Arduino che abitava vicino a casa mia. Parenti? Segnai "Pietro Arduino ?" vicino al cognome. Avrei chiesto a lui.
- Vediamo allora. Il teorema ci dice che se prendiamo tre parallele che vanno a tagliare due rette trasversali e nei punti e , ebbene il rapporto tra i segmenti omologhi dell'una e dell'altra è sempre costante. Questa è l'enunciazione ufficiale, ma che vuol dire, a cosa serve Talete? -
Ecco, adesso avrebbe chiamato qualcuno e gli avrebbe detto "Tizio, avanti, illuminaci".
- Petris, avanti, illuminaci... -
Come non detto. Dunque... Acts! Chissà perchè la mente tornava sempre su quella Actis. Sicuramente una signora in carrozzella non poteva andare in giro per i boschi a squartare dei poveracci. Però tra i tre cognomi era quello che... ah no ecco. La Actis l'aveva tirata in ballo una volta mia madre quando era passata in macelleria in Via Palestro. Tornata a casa mi aveva raccontato tutta la tiritera.
- Dunque, professore, ecco... Talete... Sì insomma, Talete... -
- Talete? Non sia timido Petris, prosegua... -
Sì, ricordai, era quella che era bloccata al quinto piano perché la sedia non passava nell'ascensore, per cui suo figlio doveva portarle su tutto, spesa e tutto ciò di cui aveva bisogno. E lei non scendeva mai. Ecco, la "signora Actis, poverina che pena". Scrissi "poverina" accanto al suo cognome. Magari la Clara sarebbe riuscita a tirare fuori qualcosa con le sue indagini. Sembrava in gamba la tipa. Certo non era una MILF, ma mi aveva sgamato bene. Mi era bastato pensare un secondo che subito, ZAC, fregato. Poliziotta coi fiocchi. Dunque Actis, ok. Fiorillo, invece, buio assoluto. La Actis... però la Actis aveva un figlio che ovviamente non viveva lì. No c'era ancora qualcosa che non mi ricordavo.
- Sì tre rette... che... tagliano... due parallele. -
- No Petris, il contrario. Almeno faccia attenzione a quello che le ho detto poc'anzi. -
- Sì ma lo so... -
Dunque la "signoraActispoverinachepena" aveva questo figlio che le portava la spesa e tutto e il figlio... ah sì ecco... il figlio aveva fatto denuncia all'amministratore del condominio e la cosa si stava trascinando da parecchio. Vabbè, aggiunsi "denuncia" vicino a "poverina". Non si sa mai.
- ...e allora se lo sa... insomma, parli... -
- ... come trovare i termini giusti professore... come posso? -
Oh mamma. Petris stava superando se stesso nell'esibizione di quel giorno. Tornando a Fiorillo e a Arduino. Che cosa aggiungere? Che abitavano vicino a Actis, pensai. Niente da fare. C'era qualcosa di importante legato ad Actis che continuava a sfuggirmi.
- ...e come può. Come può, Petris? -
- Come posso? -
- Eh magari studiando, no? -
- Ma io ho studiato. -
- Eh diamine, si vede, no? -
- Eh si vede. -
- Ma che fa l'eco? -
- No professore non mi permetterei mai. -
- Lei non sa nulla, Petris, non hai studiato. -
Ahi, il professor Graziosi era passato al tu, brutto segno. Quattro in arrivo. D'altronde, recitare va bene in televisione, a teatro e al cinema. Ma a recitare sempre e comunque a scuola, prima o poi. Anche Graziosi che solitamente era tranquillo stava andando fuori dai gangheri. Dunque, la Actis era vedova e suo figlio ...
- Ma sì professore le cose le so. -
... Ah ecco. Suo figlio insegnava nella mia scuola e allora mia madre mi aveva chiesto se lo conoscevo. Io le avevo detto di no perché quello era il cognome della madre e quell'uomo doveva avere il cognome del padre.
- Ma cosa, Petris, santa miseria. CHE COSA SAI? -
L'aula si vuotò d'improvviso, il tempo si fermò, rimanemmo io e il professor Graziosi, non esisteva più nient'altro. Il mio cuore era bloccato, non riuscivo a respirare.
- Che cosa sai? -
- Che cazzo vuoi? -
- Vieni qui. Vieni da papino... -
L'eco delle parole udite nel palazzo disabitato mi riempì la testa. Non riuscivo a pensare e non riuscivo a muovere nessun muscolo. Alzai lo sguardo. Il professor Graziosi girò lentamente il suo viso verso di me. Se ne era accorto anche lui ne ero sicuro. Il tono di voce, l'inflessione, la rabbia era la stessa che avevo letto nelle parole pronunciate quella sera.
Ci guardammo ancora. Lui sembrò rilassarsi e curvò la bocca in un impercettibile sorriso.
- Vada al posto Petris.-
- Ma è sicuro professore? -
- Ma certo vada, vada. -
Disse il tutto senza staccare gli occhi da me. Gli altri alunni assistettero sbigottiti a questo repentino cambio d'umore senza comprendere ciò che stava accadendo, ma tutti avevano notato qualcosa di inquietante nel comportamento del professor Graziosi.
Restò in silenzio per almeno un minuto, nessuno in classe fiatava, ed io non riuscivo a staccare gli occhi da lui, quasi ipnotizzato.
Il mio era uno sguardo raggelato dal terrore.
Il suo era lo sguardo di un lupo.
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