Capitolo Diciassettesimo: Il sonno dei giusti
La campanella suonò, annunciando così il termine della prima ora di lezione. Il professor Graziosi si alzò, raccolse la sua roba e si diresse verso l'uscita. Io rimasi fermo, seduto al mio posto, ibernato. Non riuscivo a ragionare, non riuscivo a parlare ma soprattutto non riuscivo a muovere un solo muscolo. Sentii in lontananza le chiacchiere dei compagni.
- Oh, raga, avete visto? L'ho lasciato lì di merda il prof. Non sapeva più che dire. -
- Petris, stavolta hai superato te stesso. Ha dato di matto, avete visto? Per me un po' matto è comunque... -
Iniziai a respirare a bocca aperta, dovevo reagire, dovevo pensare. Nel frattempo la professoressa Colicelli di italiano era entrata in classe.
- Buongiorno. Allora, vogliamo sederci e fare silenzio? Petris, al tuo posto, finiscila per cortesia. Ecco bravo. Tutto bene, ragazzi? -
Scarica di adrenalina.
- Prof, non mi sento molto bene. Potrei uscire un secondo per cortesia? -
- Eh se proprio... mamma mia che faccia Piccoli. Sì vai dalla bidella a farti accompagnare in infermeria. Fatti dare un'aspirina. Vai, tesoro, vai. Ecco noi oggi invece parliamo della Divina Commedia canto XVI... -
Uscii in corridoio. Deserto, di Graziosi neanche l'ombra. Feci qualche passo ma poi dovetti appoggiarmi al muro. Dunque, occorreva un piano d'azione. In primo luogo bisognava chiamare Clara Segni che mi aveva lasciato il suo numero di cellulare. Eccolo, sì, nel portafoglio. Bene. Ma chiamarla con cosa se il mio cellulare era polverizzato? Sì potevo andare nella classe di Andrea e Beppe e chiederlo a loro. Tanto il prof non avrebbe fatto storie, bastava che mi guardasse in faccia. Poi dovevo chiamare casa, certo.
- Piccoli ? -
La bidella mi aveva visto dalla parte opposta del corridoio.
- Piccoli, non stai bene? Vieni qui. -
- No, tutto a posto. Adesso vado in 2a C a cercare i miei amici. -
- Ma no, dai, vieni qui, no? Ti accompagno in infermeria. -
Mi voltai verso di lei e le dissi nuovamente:
- Ma no, grazie, non si disturbi. Vado dai miei amici un secondo. -
La bidella mi guardò poi scrollò le spalle e tornò dietro l'angolo a occuparsi dei suoi affari. Sentii una mano che mi afferrò per il fianco. Graziosi mi aveva bloccato le braccia con la sua mole.
- Ohilà, Piccoli non vorrà mica svenire qui. Non si preoccupi, l'accompagno io in infermeria, stia tranquillo. Venga, Piccoli, caaaro vieni. -
E poi sottovoce:
- E non farti venire strane idee che ho davvero una pistola qui sotto. -
Era vero. L'avevo vista quando si era messo vicino a me. A pensarci ora avrei potuto urlare, dimenarmi, scappare. Ma in quel momento ero totalmente in palla, non sapevo ciò che stavo facendo. Il terrore aveva preso il sopravvento sulla razionalità e facevo tutte le cose idiote che si vedono nei film di serie B, quando la vittima non reagisce e tu che lo guardi ti chiedi perché diamine non riesca a far altro che subire. Oltrepassammo l'infermeria scendemmo verso l'ingresso secondario e uscimmo nel retro. Ero quasi sicuro che in tutto il percorso non vi fossero telecamere. L'auto del professore era parcheggiata proprio lì davanti, già accesa. Graziosi poi aprì la porta posteriore.
- Coricati dietro i sedili. -
Così feci. Graziosi bloccò le portiere, salì a sua volta e partì. Nessuno ci aveva visto uscire, nessuno ci aveva visto insieme. Lavoro pulito, me ne resi conto mentre ero coricato in auto.
- Dove mi sta portando? -
- Stai zitto devo ragionare. -
Silenzio. Poi:
- Sai, Piccoli? Tu pensi di aver capito tutto ed invece non hai capito proprio nulla. -
Non so se fu la posizione, la certezza di non aver più nulla da perdere oppure un improvviso attacco di coraggio e di incoscienza che mi spinse ad iniziare a rispondere come si deve.
- Ah è per questo che mi ha rapito, vero, pezzo di merda? -
- Ti ho rapito perchè sei un fesso e ti sei avvicinato troppo al fuoco. E adesso bisogna provvedere. Mi spiace tanto. -
- VAFFANCULO -
Mi alzai e cominciai a prendere a cazzotti il professore che fermò la vettura subendo i miei pugni. Fin quando non ne parò uno con la mano sinistra e con la mano destra me ne assestò uno in pieno volto. Il pugno mi stordì. Graziosi prese la pistola e mi colpì con il calcio sulla zona "occipitale", come aveva detto il medico. Caddi indietro sul sedile posteriore, totalmente rintronato. Graziosi riprese la guida, io volevo rialzarmi e fare qualunque cosa ma non riuscivo, le gambe e le braccia sembravano macigni. Vidi che nel frattempo eravamo entrati in un cortile. Graziosi scese e si guardò intorno, poi aprì la porta posteriore e mi tirò fuori.
- Presto. -
Il cortile era deserto. Entrammo in un edificio anch'esso deserto. Lo riconobbi. Era il palazzo disabitato. Dovetti sedermi per terra. La testa mi girava ma avevo ripreso il controllo delle braccia. Con la mano mi toccai la testa e sentii la sensazione appiccicosa del sangue. Il cellulare di Graziosi squillò:
- Pronto? ... Sì. E' qui con me ... Al palazzo disabitato ... Come? ... Ma sei impazzito? ... Nello scantinato sì. No là sotto non lo trovano ... Guarda che è solo per colpa tua se siamo in questo casino ... Pronto? Pronto? -
Graziosi gettò a terra il cellulare, furioso.
- Santiddio, santiddio, santiddio, santiddio... -
Stava piangendo a dirotto. Prese la pistola e me la puntò addosso.
- Io non ho mai ucciso un cazzo di nessuno, Piccoli... Ma devo farlo... Lo capisci no? -
Non risposi. Stavo raccogliendo le forze. Graziosi si alzò e riacquistò il controllo. Si girò e aprì una porta. C'era una scala che scendeva. Si girò verso di me:
- Vieni figliolo, vieni. -
Fece due passi avanti per raccogliermi. ORA!!!
Mi diedi slancio con le gambe e affondai la testa nel suo ventre. Sentii un lamento soffocato mentre Graziosi rotolava dietro di me. Ero caduto a mia volta. Mi rialzai claudicante e vidi il telefono, lo raccolsi e andai verso il cortile. Non riuscivo a correre, ma sentii Graziosi vomitare dietro di me. Alla luce del sole feci il numero della Segni mentre urlavo:
- AAAAAHHH AIUTOOOO!!! -
Suonava libero. Intanto il professore si era rialzato, acciaccato e confuso anche lui . Tre, quattro squilli. Avanti rispondi. Cinque. Segreteria telefonica. Riattaccai e rifeci il numero. Urlai di nuovo.
- AAAAHHHHH -
Graziosi si stava dirigendo verso di me. Io mi dovetti sedere a terra in mezzo al cortile. Portai il cellulare all'orecchio. Graziosi era a sei metri da me. Due, tre squilli. Non riuscivo a muovermi, girava tutto e non avevo le forze. Graziosi a tre metri. Quattro squilli...
- Pronto? -
- CLARA SONO JACOPO PICCOLI SONO AL PALAZZO DISABITATO IL PROFESSOR GRAZIOSI E' COINVOLTO SONO FERITO LUI E' QUI MI HA RAPITO MI VUOLE AMMAZZARE. AIUTO CLARA AIUTO. -
Urlai scandendo le parole e cercando di essere il più chiaro possibile. Graziosi si bloccò a due metri da me, il viso era una maschera di terrore.
- Jacopo, JACOPOO. Parenti, chiama il commissario. Io vado alla macchina. JACOPOOO... Tu, Geraci, vieni con me ma nel frattempo chiama il 118. JACOPOOO. Piccoli, Piccoli è ferito al palazzo quello di via... Come cazzo si chiama. Lì vicino a via Palestro, cinque minuti da qui... JACOP.. -
Graziosi mi aveva levato dalla mano il cellulare e aveva riattaccato. Era un uomo distrutto.
- Scusami Piccoli. -
E' finita, pensai. Ora mi finisce.
Mi guardò con la pistola in mano poi, con mia grande sorpresa, camminò verso l'auto e prese una tanica dal baule, tornò verso di me e disse:
- Uno zero sette quattro quattro cinque. Via del Collegio. -
Poi camminò uscendo dal cortile e lasciandomi lì da solo vicino alla sua auto. Mi coricai a terra perchè non ero in grado di fare altro. Cinque minuti. Clara aveva detto cinque minuti. Ma secondo me ci voleva qualcosa in più. Pazienza. Non perdevo più sangue quindi non sarei morto dissanguato. Avevo solo un gran mal di testa ma dovevo solo aspettare. Guardavo verso il cielo. Che bello, tutto limpido ed azzurro. Se Arianna mi avesse visto in quel momento... quasi un eroe. Quasi. Che bello se fosse stata lì con me.
D'un tratto sentii un colpo, credo di pistola, risuonare da qualche parte lì vicino. Curioso, pensai, il rumore della pistola. Poi vidi una colonna di fumo nero alzarsi verso il cielo. Voci, confusione. Una persona disse distintamente.
-E' l'appartamento della Actis, Chiamate i pompieri. -
Poi un altro colpo di pistola. Ancora più curioso, pensai, sembrava il popcorn quando scoppia nel microonde. Che sonno avevo. Ancora voci, ma più vicine. Erano due uomini sopra di me. Uno iniziò a toccarmi la testa.
- Jacopo, Jacopo... Mi senti?- poi rivolto a qualcuno dietro di loro - Una bella botta. Trauma cranico, prepariamo la barella. In fretta-
Dietro di loro un viso di ragazza. Arianna. Anzi no, Clara. Tentai di sorriderle, lei era preoccupata.
- Non preoccuparti - le dissi con un filo di voce - Ora faccio un sonnellino... Penso ad Arianna, però, non a te, non ti preoccupare... -
Chiusi gli occhi e sognai davvero Arianna.
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NOTA DELL'AUTORE:
Ma non avrete mica creduto davvero che il povero professor Graziosi fosse il Lupo? Eh no. La faccenda è molto, ma molto più complicata di quello che pensate.
Dunque: siamo all'incirca a metà percorso e, per me, è arrivato il momento delle tanto agognate vacanze. Ho fatto un tour de force per arrivare alle ferie con questo stato dell'arte. Nei prossimi giorni non riuscirò, per motivi tecnici, ad aggiornare questa storia che sto scrivendo con estremo piacere.
Ne approfitto per ringraziare ancora tutti per le vostre letture, le vostre stelline e i vostri commenti. Siete stati tutti simpatici ed estremamente gentili. Grazie per aver apprezzato questo esperimento di scrittura di un thriller praticamente LIVE. Spero che quanto sto scrivendo vi piaccia davvero. Io mi sto divertendo e questo forse è un tassello importante.
A settembre con il seguito delle avventure di Jacopo e dei suoi amici....
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