Chapter 69




Le mie palpebre si sono raggelate.

I miei occhi cercano disperatamente un appiglio, una qualunque via di fuga per scappare dall'incubo cui il cellulare di mia cugina riproduce.

Proprio Chiara, preoccupata, ritrae il dispositivo e la visione scabrosa scompare.

«Sofia, ti senti bene? Sei piuttosto pallida.» Dice scrutandomi, ma il mio sguardo, vagabondo, è impegnata ad errare per le parati mal dipinte della stanza.

Stupida! Dopo tutto questo tempo, finalmente hai preso contatto con la realtà. Ecco chi è Mathias, un ragazzo che sa solo MENTIRTI! Il tempo che hai trascorso con lui è stato soltanto una finzione, una messa in scena. Compare la vocina della coscienza distruggendo ogni piccola speranza che covavo dentro.

«Sofia... Ehy, ci sei?» Chiara sventola la sua mano e una leggera ventata mi attraversa il viso riportando metà della mia mente nel presente.

«Ti ricordi il nome del locale?» Le domando e lei colta da un improvviso spasmo, ritrae il capo.

«Ehm.... Aspetta... Sì, Paradise Island. È quello?» Termina ponendosi una domanda fra sé e sé. «Sì, ne sono sicura! Perché sei interessata al nome del locale?» Domando poi curiosa.

Cosa le dovrei rispondere? Quel ragazzo che hai immortalato sul quel palo è il medesimo che mi ha fatto perdere la testa, lo stesso che mi ha sussurrato dei ti amo con delle labbra turgide di desiderio, quel ragazzo che mi ha mostrato quanto fosse straordinario un tramonto ammirato da due punti di vista e lo stesso che mi ha portato alla conclusione che la vita senza amore è come un prato senza rose, triste, inguardabile, scolorito.

Ma trattenendo una piena di lacrime, le rispondo "per pura curiosità", mentre dentro di me è in atto un terremoto catastrofico.

«Riprendendo il discorso di prima... Volevo dirti che quel ragazzo era una divinità. Le ragazze ci accalcavano come disperate per tentare di sfiorarlo e-»

«Chiara devi scusarmi, ma adesso dovrei ritornare a casa.» La interrompo poiché avverto che tra non molto il mio stomaco esploderà.

«Cosa? Già te ne vai?» Fa lei sconvolta.

«Sì, mi sono dimenticata di dirti che alla cinque ho un appuntamento con la mia amica Serena. Quest'anno dovrò diplomarmi, se ci riesco.» Mento inscenando il copione della ragazza smemorata.

«Che peccato! Ti avrei fatto visitare l'isola di Labino se ti fossi ricordata prima del tuo appuntamento.» Dice svigorita.

«Sì, ma possiamo incontrarci di nuovo.» Mi avvicino sempre di più alla porta.

«È vero! Aspetta che ti accompagno.» Ma blocco le sue intenzioni raccattando il giubbotto alla svelta e aprendo la porta d'ingresso.

«Non preoccuparti! Grazie per il pranzo.» Le mando un bacio e lei, confusa, esita prima di alzare un mano e salutarmi.

Mi lascio mia cugina alle spalle affrettandomi ad immergermi tra le fredde folate di vento.

Non posso crederci! Quello non era Mathias, non era lui! Mi ostino a convincere la mia mente, ma i miei occhi hanno constato l'identità: Mathias era il soggetto di quella foto.

Il cellulare vibra nella tasca, ma la curiosità di scoprirei chi mi cerca è scomparsa; ora il mio unico obiettivo è raggiungere il Paradise Island.

Sopraggiungo di fretta e furia sul battello e all'ultimo minuto riesco ad imbarcarmi.

Con il cuore che pulsa all'impazzata, percorro l'androne dell'imbarcazione mentre il porto di Ertera si avvicina.

Come ha potuto? Sono stata di nuovo soggiogata dalle sue menzogne.

Mi sento smarrita, abbandonata in mezzo al nulla come se mi fossi appena risvegliata ad un sonno durato decenni..

Il suono fragoroso del battello annuncia che la destinazione è stata raggiunta e, inghiottita dall'ansia, intraprendo una corsa furiosa arrivando anche ad investire un'anziana signore, che mi inveisce contro.

Percorro vialoni interminabili e carichi di minacciosi abeti oscuri.

All'orizzonte, il sole si avvia verso il suo lento declino e la notte predispone il suo macabro panorama.

Corro più forte avvertendo che il mio fisico è allo stremo delle forze e che il mio viso è appiccicoso a causa delle lacrime.

I suoi sorrisetti erano falsi. TUM!

Quel suo modo di guardarmi era teatrale, TUM!

I suoi occhi mi hanno resa fragile. TUM!

Mi blocco ponendo le mani sulle ginocchia e riprendendo fiato.

Una signora si avvicina chiedendomi se mi sento bene, e ancora una volta rispondo di sì. Ma mi sento morire dentro.

Vorrei incontrare Mathias e studiare quegli occhi per riuscire ad appendere quando mentono. Vorrei osservare la sua espressione quando gli dirò cosa ho scoperto.

Rodo dentro e invasa dalla rabbia ricomincio a correre arrivando al Paradise Island.

Mi apposto dietro ad un albero permettendo ai miei polmoni di rigenerarsi.

Un uomo sulla quarantina e con indosso un cappotto nero all'inglese, sta appena aprendo il locale e prima che possa infilzare la chiave nella serratura, mi frappongo davanti facendolo quasi sobbalzare.

«Salve!» Esclamo tristemente radiosa.

«Ciao. Sei qui perché hai smarrito il tuo cellulare, oppure le chiave di casa, oppure le chiavi della tua-» Ma interrompo la sequela.

«Non sono qui per una delle cose che ha elencato!» Sbotto decisa e l'uomo sbatte ripetutamente le sopracciglia. «Voglio un'informazione.»

«Un'informazione? Sai che un'informazione può cambiare la vita? Un'informazione ha un prezzo mia cara.» Dice lui squadrandomi dalla testa ai piedi.

«Quanto vuole?» Chiedo febbrile.

«Dimmi cosa vuoi sapere.» L'uomo si solletica la folta barba.

«Mathias Rey lavora qui?» Deglutisco.

«Questa informazione ha un bel prezzo.» Insinua l'uomo.

«Quanto?» Ripongo la domanda aggrottando la fronte.

«Non bisogna per forza pagare in monete!» Risponde lui lanciandomi uno sguardo viscido.

«Le bastano cinquanta euro?» Ribatto pescando dal mio portafogli la banconota.

L'uomo la osserva per poi prudersi il naso. «Mhh... Se proprio insisti. L'accetto.» E afferra la banconota. «Mathias... Ah bei tempi! Quando lui lavorava nel mio locale, avevo le tasche piene. Non che adesso non le abbia, ma quel ragazzo attirava persone grazie al suo fascino.» La visione delle mani che toccano il suo corpo mi provoca un brivido di freddo.

«Lavorava?» Chiedo interrogativa.

«Sì. Ormai sono mesi che non viene più. "Problemi familiari, Alex" mi disse e poi non l'ho più rivisto.» Confessa l'uomo infilandosi la banconota nel suo cappotto.

«Sa di preciso quando è andato via?»

«Vediamo... Settembre no... Ottobre, sì, verso la fine di ottobre.» Un meteorite si scaglia contro il mio corpo. «Andava anche a letto con le donne del locale?» Chiedo e la voce si affievolisce.

«Mathias? Lo chiamavano El Torero. Sai... Per quella suo aspetto sudamericano...» Non sento più il mio battito. Tutto è cessato e avverto già le tenebre impossessarsi della realtà.

«Ma lui non è mai andato a letto con nessuna. Lo vedevo diverso ultimamente, qualcosa era cambiato.» Il mio battito riprende a pulsare. «Tu saresti la sua fidanzata?» Fa lui indicandomi con aria di sussiego.

«No, un'amica.» Rispondo distaccata e lottando a denti stretti contro le mie lacrime.

«Lui, quindi si esibiva senza essere toccato?» Scuoto leggermente le spalle.

«Sì. Odiava farsi toccare, ma una volta una riccona gli infilò cinquecento euro nello slip e lui si fece toccare.»

«Dove?» Domando mordace.

«È ovvio, il suo malloppo!» Esclama l'uomo disinvolto.

Disgustata, abbandono l'uomo alle mie spalle per poi sedermi su una panchina oscurata dall'ombra di una quercia secolare.

Immergo le mie mani nei capelli e tirando su con il naso, tento di pulirmi il viso.

Che stupida sono stata! Sapevo sin dall'inizio che lui covava mistero, ma nonostante ciò mi sono gettata tra le onde senza considerare che sott'acqua gli squali aspettavano di azzannarmi.

Ora come posso riuscire a non annegare? Il mio corpo perde sangue e non scorgo alcuna imbarcazione che possa salvarmi.

Morirò annegata?, oppure gli squali mi divoreranno pezzo dopo pezzo?

Il cellulare vibra e tre chiamate perse della mamma compaiono dal display.

Tuuuuuu... Tuuuuu... Tuuuuuu....«Sofia dove sei?» Domanda la mamma dall'altro lato.

«Sono in un parco.» Rispondo rauca.

«Ti senti bene? Ti avevo raccomandato di avvisarmi appena fossi ritornata dall'isola.»

«Mi sono dimenticata.» Levo lo sguardo verso il cielo ombrato e i miei occhi si incrociano con la stazione di polizia.

Il primo nome che si forma nella mia mente è quello di Thomas, è decisa e perseguire l'obiettivo, invento una scusa e la mamma riaggancia.

Scatta il semaforo per i pedoni, e attraverso di fretta la strada per poi percorrere la scalinate di marmo della stazione. Domando nel detective Thomas, e la stessa agente che ricevette quella fatidica chiamata, mi indica il suo ufficio.

Percorro il breve corridoio che mi conduce sino alla porta socchiusa.

Mi faccio avanti scrutando circospetta la stanza e colgo Thomas impegnato in una chiamata. Appena entra in contattato con il mio viso, riaggancia la cornetta e alzandosi dalla sedia mi accoglie affettuosamente.

«Tutto bene? Cos'è successo?» Mi domanda dopo i saluti.

«Ricordi di avermi promesso che ti saresti sdebitato per le azioni di tuo figlio?» Domando e lui annuisce rimirandomi.

«Ho bisogno di un favore urgente.» Dico cercando di ponderare la parole.

«Avanti...»

«Devo parlare con Mathias!» Esclamo. Thomas si pone le mani sui fianchi e con lo sguardo acconsente alla mia richiesta.

[SPAZIO AUTRICE]

Giuri che non vi farò attendere. Oggi è un giorno double🙊🙊

Cose ne pensate di questo capitolo?

Vi aspetto più calorose che mai al prossimo capitolo (Tra qualche ora 🙊). Vi voglio bene. ❤️❤️

-LaVoceNarrante 💙💙

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