Chapter 68




Le manette costringono i miei polsi a rimanere uniti e avverto un dolore provenire dalla mie ossa.

Maledetto Thomas!

Non è poi così diverso da suo figlio Zeno.

Poco dopo aver portato via da me Mathias, un agente si è preso la briga di ammanettarmi e depositarmi in una stanza maleodorante. 

Non dovevi ribellarti, Sofia. È stato uno sbaglio! Mi rimbecca la vocina della coscienza.

Ti sei fatta valere dimostrando che non ti arrendi davanti a nulla. Mi incita la vocina malefica. 

Il termosifone è guasto e il freddo comincia ad ibernare la mia pelle.

I miei piedi sono cibo congelato tanto che non sento più la sensibilità.

Mi hanno lasciata qui, ponendo il divieto di far entrare chiunque che non sia un mio familiare.  Thomas mi ha avvisata che si è messo in contatto con la mamma.

Mi sto lambiccando il cervello per escogitare una bugia plausibile. Ma quando la sagoma di mia madre di delinea oltre la porta, constato che il tempo è terminato. 

La porta si apre e un gelido soffio di vento investe il mio viso.

L'espressione della mamma è sconvolta come se qualcuno (io) le avesse dato la delusione più grande dalla sua vita.

Le rughe hanno preso possesso della sua pelle e ne distinguo alcune vistose sulla sua fronte oscurata.

Dietro di lei, un agente si appresta a slegarmi liberandomi dalle fastidiose manette, che hanno lasciato scavato una fossa rossa sulla mia pelle. L'agente si ricorda le buone maniere chiudendo la porta.

La mamma si avvicina cautamente accomodandosi su una sedia instabile.

Tento ogni via di fuga dal suo sguardo ferito, ma il mio cuore dà il meglio di sé comandando alle mie lacrime di esplodere in un pianto a dirotto.

Calo lo sguardo coprendo gli occhi con le mani.

Ho deluso anche lei, e d'ora in poi la mamma mi reputerà una persona inaffidabile.

«Anch'io una volta sono stata lì al tuo posto!» afferma biascicando.

Sollevo il capo e il pianto sembra prendersi una pausa.

La mamma sorride e delle grinze giovani compaiono ai lati della bocca; poi leva lo sguardo su un punto della parte e le sue iridi sono intente ad rievocare un qualcosa di appartenente al suo passato. 

«Come...?» Domando confusa.

«Sì... anche io una volta sono stata presa in custodia. Una sciocchezza! Violazione della privacy. Una ragazza gironzolava intorno a tuo padre e così mi recai a casa della tipa, che aveva entrambi i genitori magistrati. Lei minacciò di chiamare la polizia. Ma non volli sapere niente e continuai a redarguirla. Così le chiamò veramente la polizia e mi ritrovai in caserma ad aspettare che mia mamma venisse a prelevarmi. Un aneddoto davvero buffo, ma quella lì stalkerava, come si usa dire al giorno d'oggi, tuo padre.» Si esibisce in un sorrisetto amaro. 

E strappo anch'io una risata all'idea di mia madre alle prese con la sue crisi di gelosia. 

«Ho ricevuto la chiamata di Thomas, sei qui per quel Mathias, vero?» Mi domanda alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a me.

Occorre un piccolo sguardo di mia madre e ricado in nuovo pianto iniziando a spiegarle tutti i fatti che mi sono accaduti. 

«...Assurdo! Sai chi potrebbe aver incastrato Mathias?» Domanda lei preoccupata non prima di essersi scollata da un lungo abbraccio. E in risposta scuoto la testa. 

La mamma sospira poggiandosi stanca sul bancone grigio. «Tesoro, ti conosco fin troppo bene. Ora, per quanto tu possa amare questo ragazzo, sembra esserci qualcos'altro che ti turbi. Ti ha dato fastidio che Thomas ha cenato con noi, vero? Oppure perché non vedi spesso tuo padre? Se vuoi parlarne con me, io sono qui.»

Singhiozzo e nel mentre mi asciugo le lacrime. «Mamma, n-non voglio c-che tu soffra ancora, e s-se t-ti confessassi q-questa c-cosa, accadrebbe.» Lo sguardo glaciale di Zeno mi compare davanti e la minaccia di morte recata a mia madre, uccide il coraggioso.

E se glielo dicessi a Zeno farebbe davvero quello che ha promesso? Ma il peso è troppo pesante da sostenere. 

«Se soffri tu, soffro anch'io, quindi io alla fine soffrirò sempre.» Sentenzia lei ridanciana. 

«Mamma! Non è vero. Io non soffro spesso, solo pochi giorni alla settimana.» Ribatto contraria e strozzando una risata.

«Diciamo sei giorni su sette.» Fa lei facendomi rimanere sbigottita. «Questa "cosa" che devi dirmi riguarda la viglia di Natale. Quando sei scappata di casa senza una spiegazione?» Domanda.

I sensi di colpa corrodono il mio stomaco e avverto il fastidioso sentimento delle scuse crescere sulla mia lingua. «Scusa per aver reagito in quel modo. Ero nervosa!»

«"Non è vero. Io non soffro spesso".» Mi canzona. 

«Okay, hai ragione. Soffro perennemente.» Le do atto. 

«E sono fiera di questo "difetto", perché significa che sei una donna intelligente! Pensi e allora soffri.» Afferma lei e un raro segno di orgoglio le illumina il viso spento. 

Gioco freneticamente con le mie dita mentre prendo di mira il mio labbro inferiore. Devo confessarle le parole di Zeno, la mamma è l'unica persona che può aiutarmi a sostenere questo peso.

«Quello che sto per dirti, riguarda quella sera e in particolare il figlio di Thomas.» Inabisso il capo fra la braccia, ma la mamma drizza la mia postura e costringe il mio mento a rimanere rivolto verso l'alto. 

«Non guardare mai il terreno, tesoro. Abbi sempre il coraggio di guardare in viso le persone e se anche fossi in errore chiedi loro scusa, ma non chinare mai la testa. Tu sei una donna e lì fuori, il mondo è pieno di uomini misogini che non aspettano altro che sottometterti. Cosa è successo con Zeno?» Domanda lei aggrottando la fronte. 

Tentenno nel disperato tentativo di racimolare saliva, ma le scorte in magazzino sono terminate.

«Mamma, è lui!»

«Lui chi?...» Ma la mamma ha un attimo di esitazione e le orbite subiscono una dilatazione; dopodiché si piazza una mano davanti alla bocca. «Cosa? Perché non me l'hai detto quel giorno?» Domande lei ansante. 

«Perché mi ha minacciata! Non devo più vedere papà altrimenti lui...» Ma mi blocco poiché un dispettoso nugolo alla gola non mi permette di parlare. 

«Lui...?» Chiede la mamma bramosa.

«Lui ti avrebbe sventrata come un maiale!» Le confesso, ma la mamma non perde un solo secondo facendomi sentire il suo calore.

Le sue mani tremano. Nonostante Zeno ci abbia ferite, noi ci rialzeremo difendendoci l'un l'altra a denti stretti. 

***

Serena mi ha aspettata e nel contempo che le mie mani erano legate, si è data da fare urlando contro gli agenti. Raoul, invece, ha seguito il camioncino blindato che ha trasportato Mathias in un carcere nei pressi di Carco, una cittadina limitrofe ad Ertera.

Trascorrono settimane formate da trecentosessantacinque giorni e il numero di Raoul compare sporadicamente sul mio cellulare. "Sofia, la polizia non ha trovato nessun altro sospettato e il ritrovamento della pistola nella casa di Mathias, lo rendo imputabile. Mio padre si è messo in azione promettendomi che prestò rivedrò Mathias libero"

Una piccola speranza si è riaccesa in ma sino ad adesso l'intervento del padre di Raoul  non ha smosso nulla.

Mathias è sempre imprigionato e se solo penso a tutte le barbierie che si consumano nei carceri, il mio stomaco si consuma.

Chi è stato a mettergli quella pistola in casa? Alberto? Si spingerebbe così oltre? Non ne ho idea, ormai ho appreso che la mente umana è imprevedibile come quella di un leone vezzeggiato.

La mamma si è presa del tempo per riflettere sulla migliore decisione da prendere, ma alla fine ha deciso di confessare tutto a Thomas.

Il giorno dopo la confessione, Thomas si è recato a casa di persona; ha espresso tutto il suo rammarico e ha anche aggiunto che se mi servisse qualcosa lui  farebbe di tutto per aiutarmi.

Alla notizia che Zeno è stato portato via da Ertera e rinchiuso in una camera d'isolamento di una nota clinica psichiatrica, ho avvertito che la mia mente si è alleggerita.

Durante questi giorni ho pranzato anche con papà, che era entusiasta di vedermi. A lui ho deciso di non raccontargli nulla, poiché ormai l'incubo che Zeno possa fare del male a mia madre, si è dissolto.

Una ventata d'aria fresca l'ha portata Serena, aggiornandomi sul suo nuovo status sentimentale: impegnata con Abel; sembra che ce l'abbia fatta a carpire il ragazzo, nonostante Max le stia perennemente dietro. 

Dopo un'altra spossante e lugubre settimana, mia cugina Chiara mi ha invitata a pranzo nel suo nuovo appartamento, presso l'Isola di Labino, a pochi chilometri da Ertera.

Così mi sono imbarcata e ho raggiunto la piccola isoletta situata nel bel mezzo delle acque italiane. Il battelliere mi ha domandato se era la prima visita all'isola e alla mia risposta positiva mi ha informata che la popolazione è di circa duemila abitanti. 

Ovunque mi giri, il limpido blu risalta ai miei occhi e le onde si stagliano dolci contro la scogliera.

Conto le abitazioni che si ergono su questo piccolo pezzetto di terra dimenticato dal mondo e ne distinguo sporadiche, mentre gli starnazzi degli uccelli marini riecheggiano in lontananza.

Dovrei prendere anch'io in considerazione l'idea di venire ad abitare su quest'isola, anche se le ventate di freddo sono piuttosto pungenti.

La mano di mia cugina sferza l'aria e lo squillante campanellino della bici mi fa notare la sua presenza.

Chiara sarebbe riconoscibile anche in una folla di milioni di persone: la sua folta chioma riccia le copre il viso cavallino, e le sue iridi ghiaccio sembrano confondersi a tratti con il mare. 

«CUGINA!» Esclama euforica poggiando la sua bici contro un paletto e correndo ad abbracciarmi. 

«Dopo tanto tempo ho deciso di venirti a trovare.» Rispondo sorridendo. «Noto che sei ricoperta di tatuaggi. Ti ricordavo con la pelle rosa.» 

«Una volta trasferitami qui, mi sono data alla pazza gioia! Sembra che siano molti, ma in realtà ne ho soltanto sei.»  Risponde ridendo e rivelando un anello metallico nel labbro superiore. «Andiamo a casa, che su quest'isola la temperatura è bassa!» Esclama mettendosi un cappuccio ricoperto da pelliccia.

La casa di Chiara si chiama tale solo per convenzione, poiché è un vero è proprio tugurio dove ogni oggetto, arredamento o quel che sia, non è al suo posto. A discolpa possiede una vista sul mare da far dimenticare le ridotte dimensioni dell'appartamento.

«Cugina, menù a base di pesce. Solo per l'occasione.» E adagia sul tavolo traballante alcune pietanze dal fresco odore di aromi. «Pesce spada e gamberoni conditi con ogni spezia che Google mi ha suggerito di aggiungere.» Dice disinvolta ed io scoppio a ridere. 

Il cibo era ottimo e di una qualità impeccabile. E per di più Chiara ha cucinato il tutto con un tocco di maestria. «Dovresti fare la chef.» 

«Per piacere. Gli esami all'università mi hanno prosciugato la vita sociale.» Ribatte lei con un gesto di diniego. 

«Sei a buon punto?»

«Me la sto cavando. In parecchi esami ho preso il massimo, ma con alcuni mi sono dovuta accontentare di voti miseri.» Fa quasi offesa. «Tu cosa mi dici? Sai che non molto tempo fa sono venuta ad Ertera?»

«Davvero? Perché non me l'hai detto?» Sorseggio dell'acqua mentre Chiara corre a prendere il suo smartphone.

«Le motivazioni erano molteplici...» Urla dall'altra stanza, poi ritorna a sedersi. «Uno mi sono  organizzata all'ultimo secondo e due ho fatto del sesso spudorato con un ragazzo. Dio che figo! Erano quattro mesi che davo importanza agli esami mettendo in secondo piano i miei bisogni sessuali.»

Fa scorrere delle immagini dal suo cellulare per poi mostrarmi il ragazzo in questione: moro, capigliatura sbarazzina e un fisico asciutto paragonato a quello di Mathias;

chissà cosa starà facendo in questo momento? Mi capita spesso durante le giornate di pensare a quel grigioverde.

Lo spirito di libertà che solo Mathias è capace di instillarmi, mi manca maledettamente! "Mancanza", è questa la parola che racchiude ogni sentimento che Mathias mi ha insegnato a conoscere. 

«SOFIA, CI SEI?» Chiara mi riporta al presente. 

«Sì.» Scuoto la testa distrattamente. «Cosa stavi dicendo?»

«Io? Beh... Nulla, solo che nella discoteca in cui sono andata c'era un altro figo, ma questo qui  batteva i guinness dei primati.» Afferma Chiara. 

«Un altro? Di recente sei divent...» Ingoio. 

«A differenza di quello con cui ho fatto sesso, questo qui facevo lo spogliarellista.»

Continua Chiara mostrandomi una foto, ma la sua espressione diventa interrogativa.

Il mio respiro si interrompe per qualche secondo come se fossi caduta da mille metri d'altezza e cascata nei fondali degli abissi marini.

È Mathias, con indosso soltanto dell'intimo rosso fuoco ed è in piedi ad esibirsi su un palo usato dagli spogliarellisti.

[SPAZIO AUTRICE]

Non uccidetemi per il ritardo, in cambio vi ho dato pane per i vostri denti 😈😈😈.

Cose ne pensate della rivelazione? 😱😱

Ragazze siamo agli sgoccioli. Comincio già ad avvertire la mancanza di scrivere questa storia 😔😔. Ancora pochi capitoli, non so quanti di precisone, ma preparatevi psicologicamente😔😔

Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento. Vi voglio bene, sempre ❤️.

-LaVoceNarrante 💙💙

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top