Chapter 58
Canzone per il capitolo:
Giusy Ferrerei ~ Ti porto a cena con me
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L'abbraccio tra Serena e sua madre mi ha colta di sorpresa, tanto che mi sono dovuta voltare per reprimere le lacrime.
Nonostante Bianca non sapesse nulla del periodo di disintossicazione di Serena, inconsciamente, l'ha stretta forte a sé come se sua figlia fosse tornata da un tenebroso viaggio.
In effetti, le ha propinato numerose domande e Serena è andata in difficoltà.
Sono intervenuta nel discorso avvisando Serena che aveva molte pagine di Storia da recuperare, e così la madre ha alzato le mani affermando che la scuola viene prima di tutto.
Siamo salite dritte in camera sua, dove Serena mi ha raccontato quanto facesse schifo quella Clinica. L'unica persona che si prendeva cura di lei era l'infermiera Iolanda.
Ma non ho resistito più alla tentazione e così l'ho stretta con tutta la forza che possedevo e le ho giurato che se fosse ricaduta nel circolo vizioso della droga, l'avrei mandata in esilio proprio come Napoleone.
Dopodiché Serena, timidamente, mi ha confessato che Max le ha fatto visita una o due volte e che si sono chiariti, ma la loro relazione è cessato di esistere.
Da pochi giorni sono iniziate le vacanze natalizie, le mie ultime da studente e devo ammettere che un po' di nostalgia si è accumulata alla miriadi di emozioni che provo sulla mia pelle ogni giorno.
Mathias, ormai è sparito come se non fosse mai esistito.
A volte casco nella trappola velenosa di credere che la nostra storia è stata vissuta dalla mia mente e non dal mio corpo, ma un secondo dopo ritorno al normalità sentendo la sua inconfondibile fragranza sotto al mio naso.
Ogni singola sillaba di Mathias risuona limpida nei miei timpani; per l'ennesima volta mi ha abbandonata in un limbo oscuro e per giunta senza una valida motivazione.
È partito verso chissà quale meta e chissà con chi.
Altre mani che toccano le sua pelle sono motivo di incubo per i miei pensieri.
Non sopporto l'idea che un'altra ragazza possa assaporare le sue labbra.
Se solo mi soffermo e immagino Mathias fra le braccia di un'altra, sento un vuoto avvilupparsi nel mio stomaco.
Per un intero mese non ho fatto altro che fingere, recitare la parte di un'adolescente spensierata, ma non sono riuscita a sfuggire ai momenti in cui pensavo al suo radiante sorriso.
Credo che un mese di penitenza ti sia bastato e adesso è ora di guardare al futuro con uno sguardo diverso e pieno di speranza. Mi suggerisce la vocina della coscienza.
Ma da un paio di giorni a questa parte la vocina malefica è ritorna all'attacco con le sue frasi provocatorie.
Sofia, forse bisogna ragionare un po' sulla questione: Mathias è partito, ma non con una ragazza. E instaurare una relazione non è sinonimo di incatenare una persona. Tutto sommato hai motivo di pensare che ti abbia tenuto all'oscuro del suo improvviso viaggio, ma forse sarà partito per chissà quale importante obiettivo. Non essere precipitosa: amare non significa privare, amare significa rendere liberi. Obietta la vocina malefica.
Fuori, dei leggiadri fiocchi di neve danzano nell'aria creando una coreografia mistica e guidata da un misterioso direttore d'orchestra.
Tra la fioca neve si intravede una pallida luna adornata da fulgide stelle che sbrilluccicano nel cielo.
In ogni angolo della città è possibile ricordare che il Natale è alle porte, poiché affisso ad ogni negozio o abitazione, c'è un addobbo, che sia Babbo Natale oppure una semplice stella cometa.
Un tempo non molto lontano, amavo l'aria natalizia, ma adesso che la mia vita ha cambiato forma, ha subito un'evoluzione drastica, trovo tutti così dannatamente patetico; festeggiare un giorno per poi ritornare alla normalità.
«Sofia, sei pronta? Dai che il concerto inizia fra poco.» La mamma irrompe nella stanza e la sua espressione subisce una netta variazione. «Oh Signore! Ancora devi vestirti.» Fa lei sconvolta.
«Non verrò al concerto.» Ribatto fiacca.
Ogni anno il sindaco organizza un evento per festeggiare il Natale e quest'anno gli è venuta la brillante idea di cavalcare l'onda del successo di una boy band dall'accento inglese e di invitare il gruppo ad esibirsi.
«Cosa? Quei ragazzi sono dei gran fighi! Potresti far colpo su uno di loro.» Insinua la mamma faceta.
«Non sono interessata.» Proseguo voltando il capo verso la leggera neve al di là della finestra.
«Sei lesbica? Potresti parlare con tua madre di questa faccenda.» Domanda la mamma con il suo solito sguardo inquisitorio.«Non c'è nulla di male. La sessualità è personale, semplice!» Fa risoluta esibendosi in una alzata di spalle.
«Mamma!» Esclamo sconvolta. «Sono etero al 100%.»
«Beh... Non mi interessa granché. L'importante è che ti protegga dalla malattie veneree, tesoro.»
«Perché stiamo parlando di malattie veneree e sessualità due giorni prima del Natale?» Le domando e la mamma spalanca le orbite per poi fuorviare l'argomento.
«Ho sentito Bianca, ci sarà anche lei con Serena.» Insiste la mamma e noto che nel suo tono c'è un motivo di supplica.
«Okay, mamma... Qual è il motivo per cui vuoi che venga?» Domando scialba issandomi dal letto.
La mamma distoglie lo sguardo e per un secondo i suoi capelli si muovono dall'alto verso il basso. Il suo collo è protetto da una pelliccia di visione così come il resto del suo corpo.
«Va bene... Arrivo al nocciolo del discorso. Non pensavo l'avessi fatta così difficile.» Si sistema i capelli e deglutisce.
«Okay, ti voglio presentare Thomas.» Confessa liberatoria.
«E vorresti presentarmelo ad un concerto? Rimarrai sempre la persona più strana del mondo.»
«Anche la più bella!» Prosegue la mia frase mandandomi un bacetto e le rispondo con un'espressione disgustata.«Era difficile da dirtelo.»
Sfoggio un sorrisetto soddisfatto prima di parlare: «Non ti ho mai detto che conosco Thomas, vero?» La mamma aggrotta le sopracciglia e la sua fronte diventa una specie di curva sinuosa.
«Cosa? Conosci già Thomas?» Chiede sbigottita.
«Certo... L'ho-» Ma il telefono interrompe la mia frase: scorgo il nome di Serena dal display mentre l'espressione della mamma ora è diventata perplessa.
«Sofy, ci sarai anche tu al concerto? Mamma ha letteralmente rotto le palle e così ho ceduto. Ti prego, dimmi che mi farai compagnia. Non accetto un NO come risposta.»
Tento di elaborare le informazioni nel minor tempo possibile, ma Serena disturba la mia operazione. «Okay, quando taci significa che acconsenti. Bye, sei sempre la mia preferita.»
E riaggancia precludendomi dall'avvalermi del mio diritto alla parola.
Resto impalata per qualche secondo sbattendo le palpebre a cadenza regolare.
«Allora verrò!» Confermo disinvolta e la mamma corruga la fronte.
«Figlia mia, hai avuto l'onore di essere messa al mondo da me, ma non hai altrettanto l'onore di essere compresa.» Si esprime per poi uscire dalla stanza.
Indosso un giaccone pesante con sotto degli stivali invernali di camoscio; somiglio alla mascotte della Michelin.
Nel contempo che la mamma si litiga con la sua auto, io messaggio con Serena e decidiamo di incontrarci nei pressi dell'Albero Secolare, ovvero il tronco che è stato piantato al centro della piazza quasi cinquecento anni fa.
Dopo vari tentativi, la mamma riesce a far partire l'auto, non prima di aver giurato di andare alla concessionaria appena fossero terminate le festività.
Il traffico ci costringe a restare impiantate per più di mezz'ora ed io colgo l'occasione per contemplare la patina di neve che si è venuta a creare sul fondo stradale: è di un candore luccicante ed è priva di qualsiasi impurità; all'apparenza sembra seta che casca da cielo, ma secondo le leggi della natura è tutt'altro.
Dopo lo stressante tempo trascorso in auto, arriviamo nei pressi di un parcheggio custodito: la mamma precisa al custode che la sua auto è nuova di zecca e che se solo troverà un graffio gli farà causa; l'uomo annuisce, un po' per indifferenza e un po' per compassione.
Le luci del palco solcano le nuvole facendo intravedere ora la quasi invisibile nevicata che si abbatte sulla piazza Secolare.
Le persone sono accalcate per accaparrarsi i primi posti, nonostante il concerto sia in fase di preparazione.
Un gruppetto di bambini, sotto la stretta supervisione dei genitori, si divertono a gettarsi le palle di neve e la lunga schiera di pub, pizzerie e trattorie, pullulano di persone.
«Uh, ecco, Thomas. Lo vedo!» La mamma solca un sorriso radioso e allo stesso tempo sventola sua manina come se fosse un adolescente che avvista il suo fidanzatino.
Vederla sorridere mi riempie di gioia ma sopratutto capire che ha cancellato il suo passato, mi imprime una speranza per il mio futuro.
Sento una vocina acida che chiama la mia attenzione e quando mi volto, noto Serena munita di vistosi paraorecchie rosa; corre verso di me salutandomi.
«Mal di orecchie. Mi dispiace solo che Idro sia rimasto solo a casa.»
«Sofia, lui è Thomas. Thomas, mia figlia Sofia.» La mamma raggiunge me e Serena con al suo fianco Thomas.
«Piacere.» Dice lui possente ponendo la sua mano, poi sembra avere un attimo di tentennamento. «Ti ho già conosciuta?» Dice sforzando la memoria.
«Sì, sono venuta alla stazione una volta.» Confermo vagamente, ma ricordo di non aver raccontato nulla alla mamma riguardante la vicenda dei messaggi anonimi.«Ho accompagnato lei.» E trascino Serena al centro del discorso.
«Me?... Ah certo! Furto d'auto. Una Mercedes appena uscita dalla concessionaria.» Continua sagace Serena.
«Davvero? Ti hanno rubato l'auto?» Domando la mamma scandalizzata.
«Sì, nulla di che. Era assicurata!» Fa Serena con un gesto di diniego.
«Ora, io e Serena dovremmo andare. Ci si vede in giro.» Liquido la mamma e il suo nuovo fidanzato dall'aspetto marcato.
«Cos'è questa storia della stazione?» Mi domanda Serena una volta sfuggite.
«Ho denunciato l'autore dei messaggi anonimi, per questo motivo ti ho inviato il mio nuovo numero.» Sussurro.
«C'è anche Max qui!» Mi fa segno Serena, e in disparte, seduti sotto un gazebo di fianco ad una stufa ad ombrello, noto un gruppetto dei ragazzi del nostro istituto tra cui Max; c'è anche Giulia con il suo fidanzatino Giacomo.
«Avete chiuso per sempre, vero?» Domando, ma l'attenzione di Serena è rivolta verso un ragazzo slanciato e snello e da un colorito di occhi verde pastello.
«Ti è chiaro vero il concetto che non faccio sesso da un bel po'?» Dice retorica e io le riservo un'occhiataccia.
Potresti anche confessare la tua voglia, Sofia. Non ce n'è da vergognarsene. Sei un essere umano e come tale hai la necessità di soddisfare il tuo bisogno sessuale.
Ma denigro le parole della vocina malefica concentrandomi sul bersaglio di Serena.
Il ragazzo, che ora osserva un punto fisso del palco, è poggiato sul cofano di un auto parcheggiata sul prato.
Porta un capello sportivo, da cui si riescono a vedere i capelli lisci. Il suo viso è snello e liscio e le sue labbra sono piccole ma carnose.
«Sere' cosa hai intenzione di fare?» Le chiedo impiantandomi sul terreno reso scivoloso dalla temperatura.
«Non è plausibile la cosa?» Mi guarda per poi guardare lui. «Nelle mie parti remote acclamano a gran voce una lingua.» Esclama lei schietta.
«Oh Dio!» Mi volto dandole le spalle.
«Sofy, anche tu dovresti prendere in considerazio-»
«Non ti azzardare a continuare.» La interrompo con fare minaccioso.
«In te c'è ancora quella santarellina frigida. Ci penserò io ad annientarla definitivamente.» Sogghigna Sere e nel contempo, scorgo che una figura familiare affiancarsi al ragazzo che Serena aveva preso di mira.
«C'è un piccolo problemino. Il ragazzo che volevi ti facessi quella cosa, non è dell'orientamento sessuale che tu desideri.» Addito alla sue spalle e Raoul circonda ora il suo braccio intorno al ragazzo; dopodiché si stampano un bacio sulle labbra.
L'espressione di Serena dovrebbe essere immortalata e stampata su una cartolina: ha l'aria di una persona che ha perso una battaglia all'ultimo secondo.
«Ciao Raoul!» Lo saluto e lui alza la mano. Serena è ancora profondamente scossa tanto che ha dischiuso le sua labbra per lo stupore.
«Sere' riprenditi.» Le do di gomito, ma lei resta cristallizzata.
Poi ad un tratto biascica una frase : «Che peccato!»
«Come va?» Domando a Raoul una volta avvicinatomi.
«Tutto sommato, bene. Sono tornato qui da poco per le feste natalizie, l'università mi devasta i neuroni.» Risponde sorridendo. «Che sbadato, lui è Abel.» Indica il ragazzo dalle iridi verdi pastello.
«Abel... Anche il nome era eccitante.» Soggiunge Serena.
Abel le rivolge un'occhiata e Serena sembra quasi intimorirsi. «Non faccio coppia fissa con un uomo, c'è spazio anche per le donne.» Scandisce ogni parola con uno strano accento e devo ammettere che è piuttosto sensuale.
«Ma adesso è occupato!» Esclama Raoul sorridendo.
«Non per molto!» Sibila Serena in un inno di battaglia che solo io riesco ad udire.
«Hai detto qualcosa?»Domanda Raoul rivolgendosi a Serena.
«Dobbiamo riandarcene!» Risolvo la questione risoluta e con una nota di sarcasmo, ma Raoul mi chiama a sé costringendomi a voltarmi.
«Sapevo dall'inizio che tu saresti stata un avversario imbattibile.» Il suo messaggio criptico giunge ai miei neuroni come un monito di avvertimento.
Cosa significa questo, che Mathias è ritornato?
La mia mente precipita nel baratro della paranoia e Serena mi rinsavisce sussurrandomi che riuscirà nell'impresa di scoparsi Abel, precisando che la sfida è piuttosto eccitante.
Ma non presto particolare attenzione alle sue parole poiché sono offuscata dai pensieri malsani. Cosa ha voluto dirmi Raoul?
D'improvviso le luci dei lampioni diventano fioche e tutto a un tratto la piazza Secolare viene inghiottita dal buio.
I primi flash si cominciano ad intravedere, mentre alcun ragazzine strillano a squarciagola il nome della boy band.
«Andiamo a prendere posizione.» Mi intima Serena euforica avvinghiando la mia mano e insieme ci inoltriamo nella giungla delle mani alzate.
Non ho notato la mamma e solo adesso che agguanto il cellulare, apprendo che ha deciso di andare in un ristorante insieme ai genitori di Serena.
I fari cominciano a spaziare nel cielo e una voce anticipa l'ingresso della band.
Quattro ragazzi, imbacuccati sino al collo, sfrecciano come saette sul palco infiammando la platea.
La folla è in visibilio e le transenne fanno fatica a reggere il peso della ressa.
«Italy, are you ready?» Esplode un ragazzo dai folti capelli ricci e il pubblico bercia.
«Non li conosco, ma devo dire che sono carini.» Sbraita nel mio orecchio Serena.
Ora che li ammiro da vicino, possa affermare che la mamma non aveva poi così torto.
La boy band si esibisce e io e Serena veniamo trasportate dal ritmo delle canzone cominciando a cantare i ritornelli in inglese.
Sembra che ogni singola ragazza sappia a memoria ogni parola che esca dalle bocche di quei ragazzi; io e Serena ci abbracciamo e berciamo a squarciagola anche noi.
Le poche nuvole che ostruivano le stelle sono ormai un vecchio ricordo e la neve si è volatizzata sotto le note delle canzoni della band.
Una voce corale sostiene il palco e spesso, a turno, i ragazzi della band allungano le mani per sfiorare le dita delle ragazze che piangono dalla gioia.
Le corde vociali dichiarano forfait, ma Serena, imperterrita e con la nuvoletta di condensa che le esce dalla bocca, continua a cantare seppure con un filo di voce.
La mia gola è in fiamme e non so per quale motivo, ma sono stata trasportata dal travolgente ritmo di quelle note che sembrava conoscessi da anni.
Per tutta la durata del concerto non ho fatto altro che urlare, berciare e infine restarmene in silenzio a causa della mancanza della voce smettendo così di pensare a quella frase di Raoul: "Sapevo dall'inizio che tu saresti stata un avversario imbattibile."
La stragrande maggioranza della fan sono sfinite e nel momento in cui la boy band si esibisce con l'ultimo brano, il tragico momento dell'addio non lascia in disparte svenimenti a destra e manca.
«Neanche per un orgasmo spossante, sarei svenuta così.» Sentenzia Serena osservando una ragazza mentre viene soccorsa dai paramedici.
Il freddo secco tenta di penetrare nelle pelle, ma sono stata accaldata dall'adrenalina della musica e con me le migliaia di ragazze presenti al concerto.
Quando i ragazzi si ritirano nel backstage, di colpo, lo schermo del palco diventa nero; le persone si diradano, ma l'evento sembra essere ancora nel pieno dello svolgimento.
Una voce narrante irrompe dall'impianto stereo, lasciandomi annichilita.
Non tutti i vizi sono mortali
E di colpo una rinomata canzone parte in sottofondo.
Ti porto a cena con me... Il tuo passato non è invitato... Lascia a casa le pene... Se me lo sono un po' meritato...
Le note delle canzone cullano i miei neuroni; la folla scompare e di colpo lui compare facendo sembrare l'atmosfera fatata.
Ma ancora una volta tutto ciò è frutto della mia immaginazione, fin quando un mano si posa sul mio fianco e avverto un brivido vitale riaccendere la mia anima.
Vorrei che tra le righe tu capissi che... Che nonostante il mio sorriso...
Smarrisco la percezione del tempo poiché ritrovo l'infinito in un grigioverde oscurato dal tempo.
Ti porto a cena perché... Ho un conto aperto con il passato...
Le sue labbra mi compaiono davanti mentre la sua mano mi nutre di vitalità.
Che pagherò io perché... Il tuo futuro non sia un inganno...
Il mondo riprende a girare ora che il suo tocco soggioga la mia pelle.
«Nessun futuro e nessun passato, voglio solo che il nostro presente sia inimitabile.»
E la neve comincia a scendere dal cielo, facendomi così rimirare quegli occhi che tanto avevo bramato.
Mathias è ritornato ed è a pochi passi da me. Lo odio ma la tempo stesso amo ogni sua componente.
[SPAZIO AUTRICE]
Ragazze cosa ne pensate di questo capitolo? Voi cosa avreste fatto di fronte a lui:
Ma soprattutto Sofia lo perdonerà questa volta?, oppure darà di matto?
Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento. Non mancate. Vi voglio bene ❤️❤️
-LaVoceNarrante 💙
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