Chapter 55
Abbiamo setacciato la strada più e più volte, ma il misterioso lanciatore della pietra si è volatizzato.
Quando Mathias sostava con i fanali puntati verso la boscaglia, mi giravo e rigiravo circospetta controllando se ci fosse qualche sagoma sospetta nei paraggi.
Per l'intera nottata non ho fatto altro che rimuginare se l'emittente del messaggio fosse la medesima persona che ha fracassato il vetro dell'auto; Mathias, invece, non si è dato pace continuando indefessamente la sua ricerca.
La sua indagine è durata una mezz'oretta, ma alla fine sono riuscita a fargli ritornare il lume della ragione.
Come spesso accade nella mia vita, tutto scorre senza una logica precisa, senza che nessuno ti avvisi che il pericolo è dietro di te; gli eventi della scorsa notte non hanno fatto altro che avvalersi di questa confusionale legge dell'Universo.
Al mio ritorno a casa ho incontrato la mamma mentre saliva le scale, è stranamente aveva un'aria radiosa nonostante fuori fosse buio pesto.
«Sono ritornata anch'io ai miei anni da rubacuori.» Mi ha sorriso. « Tu invece?» Ha continuato sornione; ho tentato di fuorviare la domanda fiondandomi direttamente in bagno.
Appena l'acqua ha raggiunto il livello adatto, mi sono immersa lasciandomi coccolare dal torpore della temperatura bollente.
Ma quando mi sono recata in cucina, ho intravisto la mamma appollaiata sul divano con in mano una tazza fumante.
«Sofia, dovresti sapere una cosa...» Ha iniziato ed io mi sono accigliata in volto.
«Siediti.» Ha sprimacciato il guanciale del divano invitandomi a prendere posto.
«Cosa c'è mamma?» Le ho domandato infervorata.
«Nulla di preoccupante. Sto uscendo con un uomo.» La sua confessione ha scaturito un senso di stranezza nella mia mente, ma dopotutto quello che ha passato, ho creduto fosse opportuno non farle pesare la sua nuova relazione.
«Beh... Allora sei davvero una rubacuori! Il tuo nuovo ragazzo ti obbligherà a cancellarti da Facebook?» Le ho chiesto sdrammatizzando.
«Lo lascerò di punta in bianco. No, scherzo, è una brava persona, un detective, precisamente. L'ho conosciuto al supermercato mentre facevo la spesa; abbiamo iniziato a parlare e lui mi ha rivelato che sua moglie, da un giorno all'altro, è partita scomparendo dalla circolazione. Tutto sommato abbiamo un passato piuttosto simile.»
Ha spiegato il tutto ponderando accuratamente le sue parole. «E così una settimana fa siamo usciti per la prima volta ma, da persone mature, abbiamo deciso di prenderci ognuno il proprio tempo. Anche il nome non è male: Thomas; suo nonno era inglese.»
«Sono felice per te mamma!» Le ho rispondo senza troppi indugi e tutt'ora sono entusiasta che abbia trovato una persona che la faccia sentire serena.
«Mia figlia che confessa di essere felice per la sua vecchia madre? C'è qualcosa che non va. Ti senti bene?»
«Sì.» Le ho confermato nascondendole ancora una volta tutti i miei infiniti tormenti.
Le ha ammiccato convinta. «È da un po' che non vedo più Serena, come sta?»
Ho rassicurato la mamma che andasse tutto a gonfie vele, sia a scuola che nel campo delle relazioni sociali e ho trovato un pretesto per filare a letto.
Poco fa sullo schermo del mio display è comparso un numero sospetto, e riluttante a rispondere, ho temporeggiato, ma alla fine ho ceduto alla tentazione.
Era Bianca, la mamma di Serena; mi ha chiesto se per caso avessi visto sua figlia ed io ho ribattuto che Serena è andata in montagna per qualche giorno con la sua amica, sottolineando che il cellulare non avrebbe preso da quell'altura.
Bianca, gentilmente, mi ha ringraziata per poi riagganciare.
Ogni qualvolta mento spudoratamente, la vocina della coscienza mi ha accusa di essere una pessima persona, ma adesso la mia mente è impegnata a debellare i forti impulsi nervosi.
Mathias mi sta aspettando ma non sono pronta per affrontare un discorso con Serena.
Raccolgo la borsa e tutto l'occorrente, prima di controllare ogni singola stanza per appurarmi di essere sola; sono conscia che da ieri sera il mio indice di paranoia ha subito una brusca impennata.
Percorro di gran fretta le scale raggiungendo Mathias; lui approfitta del mio attuale stato di confusone totale, stampandomi un dolce bacio sulle labbra.
«Sei preoccupata?» Domanda ingranando la marcia.
«Non esiste un termine per esprimere il mio stato d'animo.» Rispondo sbuffando.
«Beh... Allacciati la cintura.» Sono le sue ultime parole, poiché la forza della velocità inghiottisce il mio stomaco, facendomi però sentire un po' meglio.
***
Dopo una quarantina di minuti di viaggio, arriviamo alla Clinica.
Ora, la vasta prateria è illuminata da sporadici raggi di sole, poiché delle nuvole dispettose ostruiscono il lavoro della stella nana. Adesso che la notte sembra essere solo un vecchio ricordo, mi accorgo che la Clinica si occupa anche di persone affette da psicosi e patologie legate alla psichiatria.
Sulla grossa tabella fissata all'entrata, in corsivo, appare la scritta "centro psicanalisi".
Forse dovrei prendere in considerazione l'idea di far compagnia a Serena per un periodo di tempo; magari incontrerò una reincarnazione di Sigmund Freud che saprà darmi un resoconto di tutte le gravi patologie di cui è affetta la mia mente.
«Non vuoi vedere la tua amica?» Mi domanda Mathias alle mie spalle.
Passa la mio fianco con le mani ficcate nel giubbotto e noto che si è appena inforcato degli occhiali da sole.
Un'infermiera gli lancia un'occhiata dalla reception, ed io, spinta da una corrosiva forza, mi appresto a raggiungere la sua posizione.
«Gelosa dell'infermiera?» Mormora lui guardando avanti.
«Io? No, assolutamente.» Mento facendo mille mimiche facciali.
«Era una bella donna!» Afferma lui tronfio e arrogante.
«Cosa?» Sbotto avanzando il passo sul lindo pavimento lucido.
Mathias sghignazza alle mie spalle ed io, imbestialita, raggiungo l'ascensore.
Dal dispaly automatizzato compare la freccia verde rivolta verso il basso affiancata dal numero due. Poco dopo le ante si schiudono producendo uno strascichio e Mathias si infila all'ultimo secondo.
Ora sfoggia un sorrisetto irritante.
«Non abbiamo chiesto informazioni alla "bella donna" alla reception.» Virgoletto acida e Mathias pigia il pulsante per il terzo piano.
Dopodiché mi costringe a rifugiarmi in un angolo dell'ascensore; mi osserva, ma io non riesco ad ammirare le sue iridi a causa di quegli stupidi occhiali da sole.
«Abbiamo pochi secondi, e considerando che sei ansiosa di parlare con Serena, ti offro una cura piuttosto efficace.» Con estrema abilità le sue dita scavalcano i miei jeans e senza neanche accorgermene, me le ritrovo pronte per esplorare il mio sesso.
Ansimo, mentre il display segna che abbiamo raggiunto il secondo piano.
«S-sono anch-he...» Magicamente la cura sta avendo effetto.
«Anche?» Si diverte lui.
«P-preoccu-upata per i-ieri.» Irrigidisco la mia schiena serrando le palpebre. «E poi hai detto c-che l'infermiera è bella.» Alzo leggermente il tono della voce.
Il din dell'ascensore precede l'apertura delle ante e Mathias, lesto, ritrae la mano dal mio jeans.
Un uomo tarchiato e stempiato ci osserva perplesso mentre si sistema la sua ingombrante montatura di occhiali.
Le mie guance avvampano e calo lo sguardo inspirando il nauseante odore di disinfettante.
«Stavamo facendo sesso, problemi?» Domanda sfacciato Mathias.
Vorrei possedere la facoltà di teletrasportarmi e sparire da questa situazione.
L'uomo bofonchia delle parole mentre io mi dirigo fuori dall'ascensore rossa per l'imbarazzo.
«Conosci il reparto di Serena?» Domanda lui, ma la rabbia di colpo sfocia dentro di me.
«NO! Perché ha detto a quel tizio che stavamo facendo sesso?»
«Ehy, calmati. So che potrebbe essere un atto osceno in luogo pubblico, ma non c'è nulla di male. Mi diverto a immortalare le facce sconvolte delle persone quando pronuncio la parola sesso.» Fa lui.
«Sarei anch'io sconvolta se trovassi una coppia a fare sesso in un'ascensore, e poi non stavamo affatto facendo sesso.» Ribatto contrariata e corrugando la fronte.
«Perlustravo il sottofondo.» Continua lui tronfio, ma io gli do le spalle.
«Sofia!» Si avvicina per poi girarmi verso di lui. «Lì fuori c'è gente che preferisce drogarsi e questa clinica n'è la prova evidente.» Le sue labbra sono contratte.
«Comunque è da cretini dire ad un tizio che stavamo facendo sesso.» Rispondo.
«Cretini sono loro che non si godono la vita.» Ribatte Mathias accarezzandomi la guancia.
Chino il capo, ma la pressione della sua mano non mi consente di fare alcun movimento.
«Nell'ascensore volevo soltanto dire che sono preoccupata per quello che è accaduto la scorsa notte.» Confesso fuorviando l'argomento.
«Troverò il coglione. Ora va' dalla tua amica, Sissy.» Mi stampa un bacio caldo sulle labbra donandomi il privilegio di distaccarmi dalla realtà per qualche secondo.
«E comunque sei più attraente dell'infermiera al primo piano.» Mi sussurra suadente nell'orecchio.
Reprimo la gioia avviandomi verso il lungo corridoio dove ai lati sono affissi vari quadri che ritraggano storie di persone uscite vittoriose contro la lotta alla droga.
Una scrivania moderna e di un colore nato dall'incrocio del bordeaux e del viola, è occupata da un uomo in gabbanella bianca, che sfoglia le pagine di un giornale sportivo.
«Salve. Ieri sera ho trasportato la mia amica in questa clinica. Questo è il piano giusto?»
L'uomo si affaccia dalla carta rosa scrutandomi. «La nuova arrivata? Dovrebbe essere nel corridoio due stanza dodici.» Mi informa l'uomo ritornando alla sua priorità.
Ammicco compiendo un passo in avanti.
Un'infermiera traina una rumoreggiante sedia a rotelle su cui un uomo con la testa penzolante è seduto sopra.
Osservo la scena sconvolta, mentre l'espressione della donna sembra essere fiacca come se tutto facesse parte della normalità.
Un foglio stampato e protetto da una bustina di plastica mi suggerisce che devo svoltare a destra per intraprendere il corridoio due; le stanze si susseguono una dopo l'altra e sulla destra scorgo, dalle finestre spalancate, i rami delle betulle che oscillano al passare del vento.
Strizzo gli occhi. Mi sembra di aver intravisto una persona nascosta dietro a un albero, ma il mio è un tentativo vano.
Il ragazzo è ancora lì, con uno sguardo vitreo rivolto verso la finestra.
I capelli, di un giallo canarino slavato, svolazzano a causa del vento.
Mi blocco e presa da un vuoto di inquietudine, comincio a correre controllando il progredire del numero delle stanze.
Stanza tre, quattro, cinque; il ragazzo dal basso mi osserva senza distogliere lo sguardo; stanza sei, sette, otto, nove, dieci, undici ed infine la dodici.
Le finestre sono alle mie spalle e quando poggio una mano sulla maniglia di acciaio, la curiosità mi spinge a voltarmi.
Avvisto il tronco, ma il ragazzo è sparito.
La mia mente viene affastellata da pensieri e quando la porta di spalanca, sobbalzo. È Serena in un orrendo abito da notte e con un colorito smorto.
«Cazzo, perché sono qui?» Domanda inferocita mentre il mio cuore ansima nel petto.
«Perché ieri notte mi hai chiamata.» Rispondo a tono e Serena sembra perdersi nei suoi pensieri; dopodiché china il capo e i capelli oleosi le cascano sulle sopracciglia.
Retrocede inoltrandosi nella sua camera.
Entro, una volta che Serena si è appoggiata sul lettino gracchiante.
Il sole penetra dalla piccola fessura riuscendo a svolgere a metà il suo dovere.
Chiudo la porta alle mie spalle per poi accorgermi che un piccolo fascio di fiori è posto sul comodino di Serena.
«Chi te l'ha mandato?» Domando a primo acchito.
«Li ho trovati quando mi sono svegliata.» Risponde disinteressata. Ammicco avvicinandomi di soppiatto alla fonte dell'effluvio.
«I miei lo sanno?» Domande Serena.
«Ho detto a tua madre che eri in montagna per qualche giorno.»
«Max, lo sa?»
«Lo sappiamo soltanto io e Mathias.» Ribatto agguantando il bigliettino nascosto tra i fiori.
Brava, hai svolto un ottimo lavoro. Ora lui è libero e sarà soltanto mio. La foto è sotto sequestro così non potrò mai dimenticarmi il tuo viso e quello di tua madre.
«L'ho letto anch'io. È un messaggio criptico!» Constata Serena.
La foto che ritraeva me e mia madre, mi è stata sottratta dal rapinatore e da quanto mio padre mi ha potuto dire, l'individuo deve essere la persona con la quale lui ha tradito la mamma. In parole semplice: il suo amante.
Era lui quel ragazzo che mi osservava? Papà mi ha detto che l'individuo era a piede libero e che la polizia l'avrebbe acciuffato.
«Sarà stato qualche pervertito!» Sentenzia Serena risoluta.
«Sento come se la mia mente fosse vuota, priva di ricordi. Cosa diamine mi hanno prescritto?»
Resto ad osservare il bigliettino, ma noto di sottecchi Serena che mi osserva in attesa di una risposta.
Faccio le spallucce. «Noi ti abbiamo trasportata fin qui e nel mentre hai avuto una crisi epilettica. Se non ci fosse stato Mathias adesso non saremo a parlare.»
Serena si volta ritornando a rimirare i raggi come se fossero una miniera di diamanti; esplode in una risatina tra i denti, poi si interrompe. «Non poteva che compiere un azione peggiore.»
«Ti ha salvato la vita, Sere!» Sbotto risentita.
«La mai non è più vita.» Risponde lei afflitta.
«Perché? Io non riesco a capire. Tu hai tutto: una bella auto, un ricco conto in banca, un futuro già assicurato, un cane e un ragazzo che ti ama. Perché hai deciso di assumere quelle maledette pillole?» Dico con vigore.
Ma lei scuote la testa facendo accrescere i miei dubbi.
«Io non ho nulla.» Alza le spalle esprimendosi a voce usurata. «Io non ho NULLA.»
«Tu hai TUTTO, invece!» Affermo adirata e compiendo il giro del letto.
«Dalla scorsa volta non è cambiato nulla, Sofy, nulla. E come se i beni materiali avessero macchiato la vita facendomi dimenticare i sentimenti. Sofy, io non lo amo Max, non l'ho mai amato. Non provo nulla, il vuoto più totale. Io... Io, non ho mai saputo amare.»
Mi inginocchio cercando di incontrare il suo sguardo. «Io invece sai cosa credo, Sere?» Le domando con voce sottile.
Lei scaccia vie le lacrime.
«Che la tua è una convinzione che parte da qui.» Indico la mia testa. «e che inquina qui.» Indico il mio cuore.
«Tutti gli esseri umani hanno la capacità di amare e tu non devi convincerti che ami Max, perché non è così e non lo sarà mai. L'amore arriva all'improvviso, senza che nessuno te lo avvisi, è una sorte di interrogazione a sorpresa dove tu magicamente sei in grado di rispondere a tutte le domande che la professoressa ti chiede. E se vuoi trovareuna spiegazione, semplicemente non esiste. Immagina l'espressione della professoressa Valente: "Ragazzi interrogazioni a sorpresa!", ma rimarrebbe di stucco perché tutti saprebbero rispondere.»
Interpreto la professoressa e il mio viso diviene buffo.
Un sorriso bianco, ma triste, si affaccia sul volto di Serena. «Rimarrebbe basita, Valente.» Continua lei asciugandosi febbrilmente le lacrime.
«Posso farti una domanda?» Chiedo timorosa, ma lei acconsente.
«Da quanto fai abuso di quelle pillole?»
Lei tentenna, poi comincia a confessare: «Ho provato l'ecstasy per la prima volta, quasi un mese fa. Tu non sai nulla, ma io e Lucas ci siamo visti un paio di volte. Lui mi ha offerto le pillole ed io ho accettato. Ci incontravamo in posti in cui nessuno ci poteva vedere e facevamo sesso. Faccio schifo, ne sono consapevole. Ma quelle pillole mi facevano sentire un'adrenalina che nessuno sapeva infondermi. Quella sera nella quale ti ho chiamata, ne ho fatto abuso, perché mi sentivo maledettamente sola. Non avevo voglia di vedere Max e con Lucas ho rotto i rapporti da quando ho scoperto che pedinava tuo padre; così, mi sono ricordata che Lucas, una volta, mi ha portata in una specie di rogo per tossici e ci ho dato dentro.»
Rifletto sulle sua parole, mentre la convinzione che Lucas appartenga all'ampia fetta di persona dedite al malfunzionamento dell'umanità, si fa sempre più solida.
«Ricordo vagamente che c'era anche lui in quel posto, ma non ne sono sicura.» Finisce Serena deglutendo.
«Beh... Anch'io non me la sto passando affatto bene. Ieri ho ricevuto un messaggio anonimo in cui c'era scritto che quella di Mathias nei tuoi confronti è stata la sua prima vera buona azione, e che conoscerò il vero Mathias poiché il gioco è appena iniziato. Sono certa che sia Alberto.»
«Quel coglione avrebbe le palle di mandarti il messaggio anonimo?» Domanda Serena.
«Ad Halloween, è stato Alberto a chiamare la guardia costiera, e quando eravamo sul punto di fuggire, è comparso lui. Odia Mathias, l'ha detto espressamente.»
«Sì, ma...» Serena interrompe la sua frase poiché un vocione tromba dal corridoio. Dei passi affrettati vibrano sul pavimento e la voce austera di Max irrompe nella camera.
«Serena, dove sei?» E appena incrocia lo sguardo di Serena, le sue iridi divampano di rabbia.
«Sei soltanto una PUTTANA. L'hai fatto di nuovo? Ho le cazzo di foto. Quel fottuto coglione di Lucas, è stato lui di persona a dirmelo. Lo stesso stronzo che ho spaccato il naso.»
Serena ritrae il collo ed io, d'istinto, mi piazzo davanti. Ma Max mi investe come una furia colpendomi in pieno volto.
[SPAZIO AUTRICE]
Cosa ne pensate di questo capitolo?
Ragazze Max è entrato come un bue e Lucas l'ha avvisato di persona. Cosa ne pensate della storia di Serena?
Il ragazzo inquietante? 😈😈😈😈
Vi aspetto più in tante è calorose che mai al prossimo aggiornamento. ❤❤. Vi voglio bene
Se vi dicessi che mancano due capitoli, mi uccidereste? 😊😊
-LaVoceNarrante 💙💙
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