Chapter 53






Poggio il piede sul pedale dell'acceleratore e l'auto saetta come una scheggia nel buio della notte.

La lancetta fluorescente del tachimetro avanza pericolosamente verso la soglia dei centro chilometri orari; occorre un effimero momento a far memorizzare alla mia mente la scena lampante che è in atto sui sediolini posteriori: Mathias ha la mani ficcate nella bocca di Serena e il colorito di quest'ultima è violaceo.

Emetto un urlo e il terrore inghiottisce la mia parte razionale. «Frena! Frena!» Sbraita Mathias.

Scosto il piede dal pedale dell'acceleratore per poggiarlo su quello adiacente ritrovandomi con la testa a pochissimi centimetri dal volante.

Mathias, tempestivamente, è riuscito ad aggrapparsi al poggiatesta proteggendo Serena dall'impatto. 

«Sofia! Esci dall'auto e chiama i soccorsi.» Una luce tenue e verdastra illumina l'entrata della Clinica, che si presenta come un grosso campus dove ergono cottage gli uni di fianco gli altri e attraversati, nel mezzo, da una distesa di prato su cui crescono vari alberi oscurati dalla notte. 

Sorpasso il cancello elettronico fregandomi della guardia all'interno della guardiola e giungendo quindi all'ingresso.

Sbraito sbattendo i pugni sullo spesso vetro e due uomini, vestiti da infermieri, si affacciano e goffamente raggiungono la mia posizione. 

«Cosa c'è?» Domanda l'infermiere dal viso butterato.

«La mia amica sta avendo una crisi epilettica... ha assunto dell'ecstasy... si è ingoiata la sua stessa lingua.» Parlo con una velocità tale da colmare la fuoriuscita di proiettili di una mitragliatrice.

«Dov'è adesso?» Domando l'altro accigliandosi. 

«In quell'auto. Vi prego aiutatela!» Congiungo le mani e lo stormire delle fronde raggiunge i miei capelli turbati.

Il cuore ansima una tregua ed esaudisco il suo desiderio appoggiandomi alla parete d'ingresso.

Le lacrime sgorgano mentre i due infermiere, allarmati, chiamano a raccordo l'intero equipe medico della Clinica.

Tutto scorre a rallentatore davanti ai miei occhi: le rotelle di una barella rumoreggiano sulla stradina, un gruppo di quattro infermiere sfreccia verso l'auto, poi si aggiunge un dottore ed infine un'altra dottoressa.

Sento un gran vociare ma il mio corpo inabile ha deciso di rimanersene in disparte ad aspettare gli eventi futuri. 

La vedo arrivare: Serena è distesa sulla barella e un respiratore le copre metà del viso mentre uno sciame di foglie secche abbandona i rami adagiandosi sul terreno umido.

La mia vista è ombrata e le mia labbra sono affette da convulsioni, così come il resto dei miei muscoli.

Reprimo un urlo disperato premendomi le mani sulle labbra.

La barella viene trainata a gran velocità, ma la dilaniante idea che la mia amica sia deceduta, mi spinge verso di lei.

Mi infrango contro due uomini nerboruti, che si oppongono creando una diga umana.

«Lasciatemi passare! È LA MIA AMICA!» Mi dimeno cercando di fare irruzione nel locale.

La barella si allontana, ora sempre di più; poi, d'un tratto scompare e con essa l'aria che mi circonda.

Boccheggio ma i miei polmoni agognano sempre più ossigeno.

Avverto delle calde braccia cingersi intorno alla mia vita per poi stringerla.

Vengo trascinata via, ma il mio folle desiderio di accertarmi delle condizioni di Serena mi spinge ad urlare e a dimenarmi. 

«Sofia, basta! Ehy...» I suoi bicipiti lievitano per arrestare la mia insania.

I nostri sguardi si trovano e Mathias non aspetta un solo secondo a carpirmi nella sua morsa e farmi sentire il suo petto accogliente.

Singhiozzo bagnando la sua felpa e assaporando l'odore soffice della sua pelle.

***

Trascorre un lasso di tempo indefinito ed io resto protetta dal suo corpo; sollevo il collo trovando conforto nelle sue iridi cariche di speranza. 

«Lei non morirà. È una tipa dura. Deve ancora rinfacciarmi il modo in cui ti ho trattata.» Sostiene Mathias strappandomi una risata fra i denti.

«Che ne dici se aspettassimo in macchina? Dovresti sederti un po'.» Mi sussurra premuroso, ma io scuoto la testa rifiutandomi all'idea di allontanarmi dall'ingresso.

Ho intenzione di restarmene qui finché non vedrò un infermiere uscire da quella dannata porta a due ante. 

«Allora, porterò l'auto qui. C'è troppo vento!» Esclama Mathias dirigendosi verso l'auto.

Pochi minuti dopo ritorna ed io apro la portiera, ma con lo sguardo fisso sul lungo androne della Clinica. 

«Non sospettavi che facesse abuso di quella merda?» Mi domanda Mathias con un gomito poggiato sul volante. 

«No!» Rispondo afflitta. 

«Beh... È stata una sorpresa anche per me.» Confessa e la sua sincerità mi fa voltare di scatto. «L'ho colta un paio di volte a fumare della marijuana, ma nulla di più.» Continua. 

«Sapevo anch'io questo particolare, ma... N-non avrei mai immaginato che si prendesse quelle pillole. Da Halloween non abbiamo più parlato e se lei non ce la facesse?» Domando e il panico posa una mantello nero sulla mia mente.

«Gli infermieri ti avrebbero già informata.» Risponde lui disinvolto come se fosse del tutto normale. Lo rimiro per qualche secondo e i miei neuroni duellano a braccio di ferro per resistere alla tentazione di domandare. 

«Sei prevedibile!» Afferma sorridendo fiaccamente. «Ti stai chiedendo come faccia a sapere questi particolari.»

Non smentisco la sua insinuazione poiché sono davvero curiosa di scoprire.

«Ho visto parecchie persone soffrire per la droga...» Si blocca distogliendo lo sguardo per poi rialzarlo e fissarmi con il suo penetrante grigioverde. «All'inizio sembra sia bello: lo sballo, il divertimento e l'adrenalina che il corpo prova; ma con il passare del tempo si cominciano a vedere i segni: denti fradici, alito fetido, pelle rinsecchita, pupille dilatate, ma sopratutto le persone che ti vogliono bene vedono il lato peggiore di te e soffrono.»

Sottolinea la sua ultima frase con un tono grave. «Sai cosa penso?» Mi chiede ed io, assuefatta dalle sua parole, scuoto la testa.

«Che le persone che si drogano sono egoiste, perché devastano le esistenze degli altri. Dovrebbero sparire e non farsi più vedere dai propri familiari.» I suoi occhi brillano di furia mentre la mia mente ricorda il grado di decadimento in cui versava Serena.

Fuori il vento sibila sulle imponenti betulle portandosi con sé maree di foglie, ma ogni mio atomo è sintonizzato sul viso contratto di Mathias, e di colpo la sua attenzione si concentra verso un punto al di là del finestrino dell'auto.

Ruoto il collo anch'io, indecisa su cosa fare e scorgo di sfuggita l'infermiere con le mani ficcate nel camice. Apro la portiera veemente e con lena mi dirigo verso l'uomo. 

«Allora? Come sta?» Gli rifilo due domande mentre il muscolo cardiaco martella in petto. 

«È in condizioni stabili. Il pronto intervento di quel ragazzo le ha salvato la vita.» Mi informa l'uomo.

Non riesco a reprimere un sorriso poiché la gioia straripa al mio interno; cingo le braccia intorno all'infermiere e lui, confuso, compie lo stesso gesto ma parco. 

«È viva!» Esclamo sospirando.«Posso vederla?» Chiedo poi speranzosa e reprimendo la felicità.

«No, adesso non è cosciente. Piuttosto dovresti avvisare i genitori.» Insinua l'infermiere quasi con un'aria di rimprovero. 

I genitori di Serena saranno preoccupati, ma riusciranno a reggere alla notizia?

«Appena si riprenderà chiameremo i genitori.» Soggiunge Mathias distaccato e l'infermiere ci sorride per poi ritirarsi all'interno del locale.

Le ante si chiudono con un tonfo e Mathias si ficca le mani in tasca; il suo ciuffo viene sconquassato dal vento, ma nonostante ciò è attraente. «Sei... stato tu a salvarle la vita.» Mormoro disturbata dal parlottio di una raffica. 

«Siamo pari io e lei.» Risponde lui modesto. 

«Credo che ora sia lei ad essere in debito con te.» Ribatto e Mathias si avvia verso l'auto. 

«Conosco molto bene questa Clinica. Non ti faranno vedere Serena sino a domattina, quindi se vuoi restartene lì, fa pure.» Dice burbero. 

Osservo la Clinica, e mi accorgo che proprio in questo momento qualcuno ha acceso l'illuminazione di una stanza al secondo piano.

Mathias è già nell'auto e non ci impiego molto a raggiungerlo, ma prima di entrare in auto, scorgo una sagoma nera imboscata al ridosso di un tronco.

Le iridi mi ricordano vagamente qualcosa di familiare e un senso di impotenza prende inspiegabilmente di mira la bocca del mio stomaco.

«Vuoi che il vento sconquassi la mia acconciatura perfetta?» Mi domanda ironico Mathias e distolgo lo sguardo dalla figura per osservare il suo viso ridanciano. 

«Era questo il mio intento.» Rispondo mesta e quando riposo lo sguardo oltre il prato, quegli occhi inquisitori sono stati trascinati via dalla forza del vento. 

«Ti accompagno a casa?» D'improvviso il mio cellulare vibra una volta, poi la seconda ed infine la terza. 

Ammicco pescando il cellulare dalla mia borsa.

È stata la prima buona azione che abbia fatto nella sua vita. E questo è il primo dei tanti messaggi anonimi che ti faranno conoscere Mathias. Preparati Sofia, perché il gioco è appena iniziato!

Rileggo attentamente ritraendo il collo. 

«È successo qualcosa?»Nota Mathias interrogativo. 

«N-no, nulla.» Rispondo di rimando cominciando a perdermi nella banca dati dei miei pensieri. 

Chi sarà stato ad inviarmi il messaggio anonimo?

Ma ho un vago sentore di chi sia l'emittente, poiché nella mia mente sovraffollata, al momento, compare un solo volto, quello di Alberto.

[SPAZIO AUTRICE]

Eccovi un nuovo chapter 😊😊.

Ragazze, Serena è salva; fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo.

Vi aspetto più calorose che mai il prossimo aggiornamento. Vi voglio bene. ❤❤❤

-LaVoceNarrante💙

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