Chapter 44




Stamattina alla nostra classe è toccata la rotazione e di conseguenza sono sfuggita al pericolo Mathias.

Sono conscia che recarmi a scuola con l'idea che ci sia lui seduto all'ultimo banco non può darmi alcun beneficio.

Ieri ho chiamato Serena esponendole la mia presunta idea di cambiare classe, o addirittura, se fossi costretta, virare su un altro istituto nonostante stia all'ultimo anno;

"andrò a casa di Mathias o di Raoul, ovunque lui si trovi, con un carro armato e raderò al suolo tutto. Ci siamo intese? Ora cestina l'idea di cambiare classe e fagli capire cosa ha perso" Questa è stata la sua risposta e io ho acconsentito poca convinta.

Ho cercato di far capire alla mamma, con giri di parole immensi, che la mia testolina è orientata a cambiare istituto, ma la mamma ha centrato subito il nocciolo del discorso.

"Tu vorresti cambiare classe o addirittura scuola, per un ragazzo? Se lo fai potrei diseredarti come figlia" Questa, invece è stata la contro risposta della mamma.

E così mi sono convinta che dovrò farmi il fegato fradicio e resistere finché l'ultima sessione dell'esame di Stato si concluderà; considerando che siamo alla fine di ottobre, mancano ancora parecchi giorni.

Ce la farò ad essere indifferente? A reprimere la mia rabbia ogniqualvolta il mio sguardo si incrocerà con il suo? 

Dovrai prendere le distanze e conoscere l'indifferenza; dopotutto chi essere umano è nato indifferente, lo si diventa vivendo. Afferma la vocina della coscienza. 

L'anello debole dell'essere umano sono i sentimenti. Cara Sofia, tu potrai anche laurearti in "Indifferenza" ma non esiste alcuna laurea che ti insegni come reprimere i sentimenti. Immagina lo sciabordio delle onde che si stagliano sulla spiaggia, ma ad un tratto le onde vengono risucchiate poiché uno tsunami sta per infrangersi sulla riva. Chiudi gli occhi e tenta di focalizzare la veemenza dell'onda anomala. Ora usa la tua immaginazione e posiziona un ipotetica persona al ridosso dell'onda; avrebbe vie di fughe? La risposta è NO! Ecco lo stesso fenomeno accade con i sentimenti, mia cara. Non esiste lozione, antidoto che possa fermarli, sono come uno tsunami e tu non puoi far altro che carpire la vita stessa che essi racchiudono.

Ribatte la vocina della tentazione facendomi un esempio pratico di quante possibilità ho di scacciare via i sentimenti che Mathias, con il suo sguardo, scaturisce dentro di me.

Tirando le somme ed escludendo le probabilità, sono fregata; ma solo per questa serata vorrei dimenticare tutto ciò e concentrarmi sull'imminente appuntamento che ho con Raoul.

La mamma si è offerta di accompagnarmi, ma ha sottolineato che devo accelerare i tempi con la scuola guida e riuscire a prendere la patente nel minor tempo possibile. 

Il bar in cui Raoul ha stabilito di incontrarci è situato in un vialetto adornato da alte palme che rimandano ai paesaggi dell'East Coast degli Stati Uniti.

Al di là della sfilza degli appariscenti lounge bar sento lo sciabordio lento delle onde e la mia pelle si accappona a causa di un refrigerio di vento. 

«Chi ti accompagna al ritorno?» Domanda la mamma mentre il suo carré viene sbatacchiato al vento  e i capelli finiscono per ostruirle la vista. «Questo posto assomiglia a Miami Beach.» Constata poi distorcendo la bocca. «Te l'ho sempre detto che questa via non mi è mai piaciuto.»

«Mamma, solo perché tu ami l'Inghilterra e tutto ciò le riguarda, non significa che questo posto è "brutto"» Le rispondo annoiata. 

«Sì, ma ho molti amici che ribadiscono quanto vivere in America sia angosciante e caotico.» Si ostina lei guardandosi attorno circospetta per poi inforcarsi un paio di occhiali da sole nonostante il sole abbia abbandonato il cielo da un bel pezzo. 

«Mamma non c'è il sole, potresti anche toglierti gli occhiali.» Le faccio notare chiudendo la portiera, ma lei un attimo dopo preme il pulsante automatico del finestrino. 

«Cara, promettimi che non andrai mai in America. L'Inghilterra fa a caso tuo. Potresti conoscere un belloccio english.» La mamma si bighellona di me ed io, come risposta, la pianto in asso.

Lei preme il clacson e io sobbalzo. 

«Domani, giuro che contatterò il più illustre psicologo che popola questo pianeta e ti affiderò nelle sue mani.» La mamma nel frattempo si affianca e mi guarda da sotto gli occhiali da sole. 

«Beh... Se è single ben venga.» Dice lei, ma di colpo un subitaneo risentimento fa mutare i tratti del mio viso.

Ancora devo accettare l'idea che mia madre sia sul mercato dei single; dovrò abituarmici alla svelta poiché nulla ritornerà come il passato. 

«Cosa ho detto, tesoro?» Domande lei interrogativa. 

Scuoto la testa; dopodiché la saluto e lo compie lo stesso gesto.

Ho fatto la scelta giusta a declinare l'offerta di mio padre per accettare quella di Raoul? Non lo saprò mai. 

Percorro la passerella in legno, mentre alle mie spalle sento un frinire ininterrotto.

Il bar non è altro che un enorme bungalow che d'inverno viene coperto con un altrettanto enorme telone bianco che crea un'atmosfera intima.

Alcuni tavolini sono amache mentre altri semplici sgabelli ad assetto ribassato.

Il locale non è particolarmente affollato: c'è una coppia che discute e una gruppetto di amici che bevono delle Tennent's, l'unica birra che riconoscerei da chilometri di distanza poiché molto spesso mio padre ne beveva qualche goccio. 

Nascosta dalla penombra, avvisto una sagoma scura rannicchiata e intenta a mangiucchiare delle noccioline.

È Raoul poiché in questo momento un faretto bianco ad intermittenza, che si accende dal pavimento, illumina il suo volto; non mi ha notata e mi soffermo a osservare il suo piede battere freneticamente sul pavimento in legno.

Ora una cameriera in camicia hawaiana a maniche lunghe si avvicina a lui per poi andarsene, e nel momento in cui Raoul alza il capo mi distingue.

Sono impiantata nel bel mezzo del locale di fianco a due tamburi e a delle collane hawaiane; in sotto fondo c'è una musica blues di un artista che non conosco ma che constato possiede una gran bel timbro di voce.

Raoul, chiaramente in imbarazzo mi fa segno con la mano, ma sappiamo entrambi che i nostri occhi si sono già incrociati. 

Mi divincolo fra i tavoli mentre Raoul continua a martella il piede sul pavimento. 

«Ciao.» Fa lui teso in volto. 

«Ciao.» Rispondo pacata. 

Per qualche minuto ci soffermiamo a osservare ogni singolarità dei nostri volti, e noto che Raoul ha parecchi foruncoli sulla fronte; dopodiché lui si raschia la voce distogliendo lo sguardo.

La sua gamba trema e con essa anche il tavolino tondo in legno. 

«Innanzitutto come stai?» Domanda Raoul buttando timidamente un'occhiata verso di me dal basso verso l'alto.

Stendo le braccia sul tavolino e mi lascio andare in un sospiro agognato.

Sto male, vorrei fuggire e non vedere mai più il volto di Mathias, scappare da tutti e abbandonare i miei problemi; così dovrebbe essere la mia risposta, ma in verità faccio tutt'altro. 

«Abbastanza bene.» Dico fiacca e quell'attimo sfuggente mi appare nitido davanti agli occhi.

Quelle viscide labbra di Ginevra appoggiate su quella di Mathias, e le mani di lei adagiate sul suo petto, quello che credevo avrei soltanto avuto io il privilegio di toccare. 

«Non stai bene. Sei amareggiata, delusa e soffri parecchio.» Resto in silenzio mentre la stessa cameriera ritenta la fortuna dell'ordinazione. 

«Per me un tè.» 

«Anche per me, alla pesca, grazie.» Informo cordiale alla ragazza e lei ammicca annotando l'ordine sul tablet.

«Te lo si legge in volto.» Riprende Raoul con una voce comprensiva e i miei occhi si bagnano, ma questa volta la vocina della coscienza esplode in tripudio, poiché sono riuscita a reprimere l'emozione.

«Sì. La ferita è ancora fresca.» Rispondo solenne. «Tu, invece. Come l'hai presa?» Domando interessata e riuscendo a fuorviare l'attenzione su di me. 

Raoul si gratta l'arruffio di peluria che popola il suo mento per poi guardarmi negli occhi con le sue iridi nocciola. «Ci siamo lasciati, ma dovevamo già da quando ho capito una cosa.»

Lo sguardo di Raoul è rigido e d'improvviso afferra dolcemente le mie mani.

La sua pelle è oleosa come se avesse spalmato delle crema sui suoi arti. Aggrotto le sopracciglia e degli strani pensieri offuscano la mia mente. 

«Ti ho già detto che questo segreto che sto per dirti non l'ho mai detto a nessuno e ci tengo che tu lo chiuda in una porta della tua mente priva di serratura.» Ora la mia preoccupazione cresce e mi stuzzica il desiderio di divincolarmi dalle sue mani troppo lisce. 

Raoul inumidisce la sua labbra deglutendo. «Ricordo la tua espressione confusa quando sei venuta la prima volta a casa mia? Ti ho preceduta, poiché eri sul punto di chiedermi come io e Mathias fossimo amici.» Raoul inabissa lo sguardo e nei suoi occhi compare una velatura di malinconia, mentre le sue mani sono ancorate alle mie. 

«Avevo cinque anni e in quel periodo, specialmente in questo paese, era difficile apparire normale dal momento che avevo la pelle nera ed ero stato adottato. Venivo escluso da tutti i bambini e quando tornavo a casa piangevo e chiedevo a mia madre il perché fossi diverso da tutti gli altri. Lei mi rispondeva che la diversità spaventava le persone e che chi è diverso avrebbe affrontato il mondo da un altro punto di vista. Resta il fatto che un bambino di cinque anni non avrebbe potuto capire appieno il significato di quelle parole e così urlavo e mi dimenavo fra le braccia di mia madre.

Anche se senza saperlo tutti i bambini erano razzisti, forse perché i padri dicevano loro che le persone di colore in passato erano sempre state schiavizzate, li spiavo mentre giocavano a "Nascondino", oppure a "Mosca cieca" e versavo lacrime. Mi domandavo perché non mi lasciassero giocare con loro. La risposta era semplice, no?»

La voce di Raoul diventa fine quasi percettibile. Stringe ancora di più la presa esercitata sulle mie mani.

«Ma il mio piccolo cervello lavorava in continuazione senza però trarre una conclusione. La mamma mi diceva che avrei trovato, un giorno, un amico che avesse giocato volentieri con me, magari un bimbo con lo stesso colorito della mia pelle. Ma non fu così...» Raoul ingoia saliva e il suo pomo d'Adamo va giù e poi risale come un secchio immerso in un pozzo inesplorato. 

«Svolgevo il mio solito compito, ovvero spiare da una corteccia i bimbi che ridevano a squarciagola, ma ad un tratto, di sfuggita, mi accorsi che una piccola figura era intenta ad osservare il calare del sole. E così mi recai verso questa sagoma incognita, e quando la raggiunsi per le leggi fisiche avrebbe dovuto essere una piccola figura, mentre per me era una figura mastodontica. Quel bambino possedeva un'aura particolare, lo percepivo nell'aria, era parecchio evidente. Cercai di parlare, ma lui mi precedette; lì per lì pensai che avesse un occhio dietro la testa.

"Se sei venuto qui per giocare a Nascondino o per altre sciocchezze simile, allora puoi anche smammare". Ero tutt'altro che intimorito dalla sue parole, anzi ero incantato. Lui era diverso.

Così gli riposi che no, non avevo intenzione di giocare a Nascondino o altre sciocchezze simili e che sì, invece, ero in cerca di un nuovo amico. Lui accetto sciolto e senza indugio e io, sbalordito dalla sua risposta, gli chiesi di ripetermi la frase.

Lui disse: "Ho detto sì. Possiamo essere amici.".

"Piacere Raoul" Mi presentai porgendogli la mano, ma lui non si voltò, era troppo impegnato a cogliere ogni minimo particolare del tramonto.

"Mathias". Rispose dopo un po'.

"Ti piacciono i tramonti?" Gli domandai. Ero euforico poiché ero riuscito a farmi un amico. Lui si girò verso di me solo quando il sole scomparve dal cielo e mi guardò così intensamente che quello sguardo è rimasto impresso nella mia mente.

"NO!" Rispose. "Aspetto solo che risorga". Da quel momento capii che sulla Terra c'erano persone "diverse", come me. E così ci incontravamo, ma non spesso quanto avrei desiderato. Ricordo di un periodo in cui Mathias scomparve per qualche settimana. Ero furibondo, cominciai ad odiarlo poiché la mamma mi disse che molto probabilmente il mio unico amico si era trasferito.

Ce l'avevo con tutti e durante l'estate, precisamente nel periodo nel campo estivo, un bambino mi sfidò a tuffarmi a mare e a prendere il largo senza braccioli. Avevo intenzione di tirarmi indietro poiché non sapevo nuotare, ma quando gli indici di tutti i presenti additarono la mia faccia, fui colto da un senso represso di ribellione e così, senza perdere un solo secondo mi lanciai in acqua e presi il largo ad ampie falcate. In poco tempo i miei polmoni si stancarono e fui costretto a fermarmi. Per un istante mi guardai intorno e constatai che la spiaggia era troppo lontana, poi buttai la testa verso l'orizzonte e fui invaso da un senso di panico. Iniziai a sbraitare e a dimenarmi nell'acqua. I bambini di norma avrebbero dovuto urlare e chiamare i soccorsi, vero?»

Gli occhi di Raoul si bagnano di grosse lacrime.

«Oh scusa, ogni volta che lo racconto finisco col piangere.» Si asciuga le lacrime prendendo un fazzoletto, mentre la cameriera poggia i bicchieri in vetro contenente del tè fresco. 

«Grazie.» Dice Raoul. 

«Non preoccuparti.» La rassicuro e lui arpiona di nuovo la mie mani. 

«I bambini non chiamarono i soccorsi, oh no... I bambini stettero lì ad osservare il bambino di colore come annegava e nella loro menti frullavano le idee che genitori avevano inculcato loro. I neri sono sempre stati schiavi e gli schiavi non possono essere soccorsi; i neri sono pericolosi quindi meglio lasciarli morire. Ma in quel momento, mentre l'acqua salata riempiva i miei polmoni, non pensavo al perché loro non venissero a salvarmi, non pensavo a nulla, l'idea di soffocare aveva svuotato i miei pensieri.

Bevvi molta acqua e la mia vista cominciò a divenire meno nitida. Era finita; inconsciamente lo sapevo, ma consciamente il mio istinto voleva vivere. E così quando i miei polmoni cedettero all'afflusso dell'acqua nel mio corpo anche i miei muscoli si afflosciarono. Ero morto, ma una mano, quella che tutti avrebbero visto come una piccolo arto mentre io la vidi come una scialuppa di salvataggio, mi afferrò riportandomi al mondo dei vivi.

"Aggrappati a me" Disse e io impiegai parecchi secondi per capire a chi apparteneva quella voce. Ero frastornato e a stento respiravo, ma venivo trasportato, forse da un essere umano oppure da un angelo che mi conduceva dritto verso il paradiso. Quando riaprì gli occhi sputai una marea d'acqua e non credevo ai miei occhi, ma ero vivo.»

Ora le lacrime imperlano anche il mio viso, e denigro la vocina della coscienza lasciando libero sfogo alle mie EMOZIONI.

«Era incredibile.» Raoul scuote la testa. «Ma lui era lì, Mathias era lì, nella stessa posa in cui l'avevo conosciuto. Intento ad osservare il tramonto, ma questa volta si girò e pacato domandò: "Stavi per lasciarci la pelle". Io mi rialzai e confuso gli domandai: "Dove sono tutti gli alti?".

"Nessuno saprà niente di quello che è successo oggi, è un segreto che solo tu ed io sapremo." E si voltò di nuovo a contemplare gli ultimi scorci del sole.»

I miei occhi sono un fiume di lacrime e questa volta stringo io le mani di Raoul. 

«Sono sicuro che... Da quel momento Mathias mi ha dato una lezione, che tra persone diverse ci si capisce e si cerca di fare branco, ma al tempo stesso si scalano le gerarchie sociali annientando la concorrenza avvantaggiata. Sofia...» Avvinghia le mie mani squadrando ogni dettaglio delle miei iridi. «Io amo Mathias.» 

Il mio cuore interrompe il suo normale compito. Boccheggio mentre le lacrime si stagliano sulle mie labbra.

«Non sono gay, ma io lo amo. Ginevra non era altro che una copertura, e credo che lui lo sappia anche, ma nonostante questo non mi ha mai allontanato.»

Ricollego ogni informazione ma i neuroni fanno falso contatto riducendo il mio cervello all'oblio più oscuro della storia. 

«Hai una faccia sbigottita.» Raoul emette un piccola risatina sardonica. «È strano da spiegarsi. Il mio è un amore indissolubile nei suoi confronti.»

Apro e chiudo le palpebre ripetutamente e non so cosa dire.

«Il tuo amore verso Mathias, era questo il segreto?» Domando cercando di trovare la parvenza della realtà.

Raoul scuote la testa. «No! La storia del mio salvataggio. Lui voleva che nessuno lo venisse a sapere.»

[SPAZIO AUTRICE]

Ragazze cosa ne pensate di questo capitolo?

Cosa pensate di Baby Mathias?

Confesso che è stato emozionante scriverlo.😭😭😭

Vi invito al prossimo appuntamento e vi aspetto più in tanti e calorosi che mai. Vi voglio bene ❤❤

-LaVoceNarrante 💙

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