Chapter 40






Ora sono a conoscenza della vera magnificenza delle stelle.

Credevo che solo nei miei sogni avrei potuto passare una serata magica come quella della notte scorsa. Ogni particolare defluisce limpido nella mia mente come se stessi rivivendo il passato.

Ho avvertito che nell'aria era presente un involucro che proteggeva me e Mathias da qualsiasi catastrofe potesse abbattersi.

Credo di aver avuto l'occasione di accarezzare le stelle, ma ero assuefatta dal sentire i suoi "Ti Amo" sussurrati.

Siamo rimasti distesi quasi tutta la nottata e i miei ricordi si sono smarriti fra le luci delle costellazioni.

Ho dimenticato l'imminente divorzio dei miei genitori e l'apprensione per il ritardo di Serena;  c'eravamo soltanto io e lui e tutto era perfetto.

Una notte fatata, una di quelle che si immagina sin da bambini e si è consapevole che non diverrà mai realtà. Lo credevo anch'io, sino a pochi mesi fa, ma Mathias ha stravolto le regole e ha accesso il mio spirito ribelle.

I nostri versi di piacere risuonano ancora nella mia mente e mi nutro di quell'esatto momento per riuscire a tenere gli occhi aperti.

Mi sento come una bambina che ammira per la prima volta un planetario e si accorge che il mondo è più vasto di quanto si creda, che le emozioni da provare sulla propria pelle siano intellegibili e che la vita non sia poi così brutta da vivere. 

Osservo il cielo – azzurrino con velature di piccole nuvolette –  dalla mia stanza e bramo al desiderio del calar della notte: per molti il buio è fonte di profonda tristezza, ma credo che se lo si affronti con qualcuno, con una persona speciale al proprio fianco, ogni singolo evento della propria vita, anche il più noioso (come le lezioni di matematica) posso trasformarsi in un ricordo unico. 

Tutto questo è racchiuso in uno sguardo, un grigioverde che all'apparenza può sembrare glaciale, ma analizzato più nel profondo è un mare di emozioni.

La latente sensazione di una vita senza Mathias viene surclassata dallo scorrere infinito dei rivoluzionari sentimenti che superano la velocità della luce.

Non riesco a sradicare dalla mente il rumore delle sue labbra al contatto con la mia pelle, il suo sguardo voluttuoso e intrinseco di perverso desiderio, la forma peccatrice dei suoi muscoli e il sapore spossante delle sua pelle che saprei distinguere anche tra una marea di rose.

Sento qualcosa di forte invadermi appena i suoi atomi circolano nel mio raggio d'azione, un sentimento che ti lascia inerme ma al tempo stesso ti permette di schivare una pioggia di proiettili.  

«Sofia, dovresti darti una mossa. Somigli ad una pazza uscita dal manicomio con quei capelli rizzati.» La mamma interrompe la mia pausa riflessiva facendomi prendere uno spavento. 

«Sei a conoscenza che bisogna bussare prima di entrare in una stanza?» Mi volto verso di lei, ma la mamma frema dallo scoppiare a ridere e le sue guance si riempiono come una mongolfiera.

«Cosa c'è?» Le domando alzando le spalle con aria vaga. 

«Devo farti una foto. Sei troppo buffa con quei capelli.» Lesta, estrae il telefono dalla sua veste verde bottiglia, ma io mi frappongo schermendomi con le mani.

«MAMMA, sei impazzita?» Bercio isterica come una scimmia impossessata da uno spirito egiziano. 

«Okay! Va bene, non ti scatterò la foto. Che figlia egocentrica.» Dice delusa accennando delle smorfie. Levo lentamente le mani dal volto, e la mamma non perde tempo a immortalarmi. 

«Ti ho fregata!» Sogghigna osservando la riuscita della fotografia dal suo smartphone.

«Umpf! Sei insopportabile. Mamma, non ti azzardare a pubblicarla perché potrei querelarti.» La redarguisco. 

«Parola mia. Solo su Facebook.» Assume un'aria solenne poi tenta di convincermi. 

«NO! Non se ne parla.» Le rispondo come se avesse violato una dei principi fondamentali della Costituzione.

La mamma mette il broncio, poi sembra che la sua mente venga illuminata da un'idea. «Oggi va' ad iscriverti a scuola guida. So che sarai un pericolo pubblico.» Dice roteando gli occhi. 

«Grazie!» Ammicco. «Sei di incoraggiamento.» Fingo un sorriso propizio. 

«Realista, mia cara.» Ribatte lei sollevando le sopracciglia. 

«Beh... Io ho già portato l'auto e me la sono cavata egregiamente.» Mento poiché conosco il punto debole di mia madre.

«Cosa? È stata Serena?» Dice febbrile e annerendosi in volto. Ha abboccato alla mia trappola.

«Ciao, ciao. Vado a farmi la doccia.» E la saluto altezzosa dirigendomi verso il bagno mentre lei, vittima della mia millanteria, continua a ripetere quanto sia pericoloso portare l'auto senza patente e di quanto sia cresciuto il tasso di morti giovanili sui veicoli. 

Dopo aver stemprato la sua furia, la mamma si avvicina alla porta e pronuncia una frase che mi porta alla definitiva realtà dei fatti: «Io e tuo padre divorzieremo a breve.  A lui farebbe piacere se un giorno di questi voi due vi incontraste.»

Rimugino su due muniti e un vecchio dolore germoglia da un breve letargo.

Mi lacera l'anima pensare che mio padre possa amare una persona che non sia mia madre. Mi sento come se fossi in una foresta buia e senza mappa. Forse sarebbe più opportuno avere rispetto della mia mente e farla riprendere dallo smacco.

Dovresti prenderti del tempo per riflettere e magari quando la ferita si sarà saturata, ti incontrerai con tuo padre. Mi suggerisce la vocina della razionalità. 

È così che il mondo va in rovina. La pusillanimità non è ben accetta, Sofia, dovresti affrontare il tuo vecchio e dirgli quello che covi dentro. Ti aiuterà a sentirti meglio con te stessa. Se rimanderai l'incontro ti farai inghiottire dai rimorsi. Dice spietata la vocina della tentazione.

«Ti farò sapere.» Rispondi dopo un fastidioso silenzio. 

«Se ti può interessare, tuo padre ti ha lasciato un regalino. Questo è il terzo smartphone.» Ride per smorzare la tensione.

Mi lavo e in meno di venti minuti sono linda e raggiante al pensiero di incontrare Mathias a scuola.

Faccio colazione; dopodiché osservo il "regalino" lasciatomi da mio padre sulla credenza della cucina. La busta è rossa con del filo in oro; apro il pacco e come predetto della mamma è l'ennesimo cellulare.

«Dobbiamo sbrigarci, altrimenti faremo tardi.» Trilla lei dall'ingresso.

***

L'ultimo banco della fila di destra è vuoto e, quando constato che Mathias non è venuto a scuola, una fitta colpisce il mio stomaco.

Serena si è già accomodata ed ha iniziato a ripetere per l'interrogazione di italiano (dovrà essere interrogata sul Naturalismo).

Io rimango spaesata per qualche minuto e la professoressa mi rimbecca intimandomi di andare a sedermi.

Giulia sghignazza sussurrando perfida qualche parolina alla sua compagna di banco, ma io la ignoro proseguendo dritto. 

Per l'intera durata delle lezioni i miei pensieri vengono invasi da oscuri presagi sul luogo in cui si trovi Mathias: ho pensato che si trovasse con qualche ragazza anche se ho trovato nella paranoia il pretesto per fuggire dall'idea. 

L'ha confermato anche Serena aggiungendo: "Hai bisogno di un viaggio, il troppo sesso con la stessa persona storpia".

L'ho guardata allibita prima che la professoressa di latino ci abbia colto in flagrante del reato numero uno del regolamento scolastico, ovvero "Disturbare la lezione". 

Dopo che la campanella è suonata, Serena mi ha accompagnato a casa dicendomi che passerà a prendermi alle 16:00 per accompagnarmi a scuola guida.

Il tempo passa in fretta e l'ora di iscriversi alla scuola guida scocca puntuale. Nel frattempo ho cercato in tutti i modi di mettermi in contatto con Mathias, ma appena componevo il suo numero scattava il salamelecco della segreteria.   

Serena mi aspetta al solito posto, e appena intravede il mio viso afflitto cala il finestrino non attardandosi a propinarmi una domanda: «Sei terrea, amica mia! Cosa caspita ti è successo?»

Compio mezzo giro dell'auto per poi aprire la portiera e sgattaiolare dentro.

Ora constato che su nel cielo, un team di nuvole bigie incombe un acquazzone rovente rendendo complicata la vita dei fasci di luce.

«Ciao!» Respiro affondo come se stessi per affrontare una seduta di yoga. «Non risponde di nuovo. Ci ha ripensato, vero? Non mi vuole più?» Le domando avvinghiata dalla mano del terrore. 

Serena resta interdetta per qualche minuto. «Non ero a conoscenza di questo tua profonda depressione.» Si esprime e io inabisso la testa fra le spalle. 

«Così non mi sei d'aiuto. Sto impazzendo. Io non lo capisco. Sparisce senza che nessuno sappia dove sia.» Ribatto immergendomi le mani nei capelli. 

«Okay! Allora, prima di chiamare un qualche programma per i dispersi, ti consigli di seguire la tua prima lezione di scuola guida. Con la patente potresti acchiappare bei fusti.» Dice Serena dandomi di gomito e alzando e abbassando le sue sopracciglia. 

«A me non interessano i "bei fusti".» Rispondo virgolettando isterica.

Perché non risponde alle mie chiamate? 

«Sì, giusto. Bella che incontra la Bestia e lo salva dall'incantesimo di cui lui è vittima e così vissero felici e contenti.» Si esprime sardonica Serena.

Le riservo un'occhiataccia mettendomi le mani in grembo e la voglia di seguire la prima lezione di scuola guida si affievolisce.

Provo a chiamarlo, ma l'incubo della segreteria si concretizza di nuovo. «Meglio che vada a scuola guida. Forse mi distrarrò un po'.» Annuncio ma dentro fremo dalla voglia di scoprire dove diavolo si sia cacciato Mathias. 

«Ecco! Così si fa. Devi essere una dura, amica mia. E così che gli uomini cadranno ai tuoi piedi.»

Ma non desiderio nessun altro e non voglio adottare nessuna misura estrema per costringere Mathias a restare con me, dopotutto è stato lui a chiedermi di provare a stare insieme.

Ma d'improvviso, riaffiorano come fiori del male le sue parole "Noi siamo tutto come non siamo niente". 

E se avesse intenzione di lasciarmi? Se ieri ha voluto fare l'amore con me per l'ultima volta? Stento a crederci poiché la nottata passata fra le sue braccia mi riempie l'anima.

«Buona prima lezione di scuola guida. Mandami un messaggio.» Fa Serena allungando il collo verso di me.

Io ammicco salutandola, ma lei si dimentica di rammentarmi un particolare: «L'istruttore di scuola guida è bello, ma è gay. Quindi non provarci.» Sghignazza.

La guardo in malo modo e Serena ingrana la marcia per poi immettersi nel traffico del centro città.

Il cozzare di nuvole intrinseche d'acqua produce dei lampi che illuminano il cielo.

Sullo zerbino appare il marchio della scuola guida (una automobile colorata di verde) e la scritta "Autoscuola Ertera" compare al ridosso in maiuscolo.

Pulisco le suole delle scarpe con il solo scopo di prendermi del tempo per evitare di entrare nell'edificio, ma compio un passo spingendo la maniglia antracite.

Una piccola reception color topo è posta di fronte all'ingresso e il logo della scuola guida è stato pitturato sulle parete bianca.

Seduta su una sedia munita di rotelle, c'è una donna dai capelli di un biondo lucente e tenuti in una maniera maniacale.

Mi osserva di tralice con i suoi piccoli occhietti blu notte, prima di schiudere le sue labbra ricoperte da un rossetto rosso fuoco. «Ciao. Sei qui per iscriverti?» Mi domanda con fare cordiale. 

«Sì.» Confermo mettendo a fuoco gli altri ornamenti presente nella stanza. Alla destra della reception c'è un lungo corridoio nella penombra su cui si affacciano diverse porte in legno chiaro. 

«Da poco è cominciata le lezione. Ora ti do un quaderno così potrai annotarti le nozioni. Per quanto riguarda i documenti da presentare, te li elencherò una volta che avrai terminato. E... Piacere Flavia.» Mi porge la mano e io la stringo. 

«Sofia.» Le rispondo. «L'aula in cui si svolge la lezione è in quel corridoio?» Addito la zona in penombra. 

«Sì, prima porta a sinistra... Scusa destra.» Ride imbarazzata. «Dare informazioni mi sta friggendo il cervello.» Cerca una scusante e le sorrido per poi avviarmi verso il punto indicatomi da Flavia.

Faccio ruotare la maniglia e il cuore subisce un improvviso arresto.

Una folta chioma castana si volta verso di me, e la memoria suggerisce al quartier generale della mia mente che il ragazzo seduta ai primi posti è Alberto.

«Che entrata da diva!» Esclama una voce effeminata. Un ragazzo sulla trentina, e con un volto affossato si para davanti ai miei occhi. «Piacere Ludovico, tu sei?» Chiede investigativo.

«Sofia.» Rispondo cercando di rimanere quanto più calma e possibile.

Alberto mi ha scredita davanti a un'intera platea di persona al locale Western Burger.

Le sue parole rimbombano come un mantra e gli sguardi indiscreti delle persone mi trafiggono il corpo. "PUTTANELLA", è il termine che non ho ancora digerito. 

«Ragazzi, c'è pane per i vostri denti.» Ludovico mi appioppa un complimento indiretto gesticolando verso l'intera classe – che comprende una decina di ragazzi e un dozzina di ragazze – per poi intimarmi di prendere posto.

Mi accomodo di fianco ad una ragazza con un viso malaticcio e marcato da spesso trucco nero.

Avverto gli occhioni di Alberto fissi su di me e percepisco la pressione appoggiarsi sulla mie spalle.

Per quale razza di motivo è qui? Lui ha già conseguito i due esami della patente. Forse avrà commesso qualche effrazione e gli avranno revocato la patente?

Oppure è il destino che ha bussato alla porta e tu non hai altra scelta che aprirlo. La storia con Alberto non si è chiusa definitivamente. Prorompe ottusa la voce della coscienza. 

Oppure è la coincidenza che pretende che tu lo mandi definitivamente a fanculo per le parole poco sdolcinate che ti ha detto. Risponde la vocina della tentazione, ma Ludovico ricomincia la lezione e alle spalle della sua scrivania in acciaio, mediante uno schermo, appaiono i primi segnali stradali.

Mi domando come Ludovico faccia a piacere a Serena, è un tipo slanciato dai capelli biondi e lisci e con due occhi verdi, ma non mi suscita particolare interesse.

Distrattamente distolgo lo sguardo da Ludovico, e i miei occhi incrociano quelli di Alberto.

Precipito nel panico ma colgo una parvenza di dispiacere nelle sue iridi. Sarà dispiaciuto? 

Ma non perdo molto tempo a trovare una soluzione poiché alcuni segnali richiedono la mia attenzione. 

***

«Okay, futuri pericoli delle strada. Noi ci vediamo domani; chi verrà, ovviamente. Non siamo a scuola.» Afferma Ludovico agguantando il suo iPhone quando ormai la lezione è terminata.

I ragazzi cominciano a defluire verso la porta come uno sciame d'api e io mi accingo a recarmi presso la reception, ma Alberto si pianta davanti.

«Potrei parlarti? Giuro che ti ruberò un secondo.» Dice supplichevole e io, con aria di sussiego, mi dirigo fuori.

Lui mi segue a testa china e quando mi impianto con le mani in grembo, Alberto cerca di sfuggire dal mio sguardo indignato. 

«Scusami per quella volta al Wester Burger. Ho bevuto un po' troppo, ma non penso affatto quello che ho detto.» Si esprime toccandosi la punta del naso svariate volte.

Il mio sguardo diventa meno rude e la mia anima più indulgente; in fondo, sono stata io a tradirlo e avrei dovuto chiedergli scusa e invece sta accadendo l'esatto contrario. 

«Avevo notato che eri ubriaco come quella volta in Grecia.» Rispondo senza badare alla conseguenze; Alberto si rattrista e sembra che stai lottando con se stesso per non far prevalere la rabbia. 

«Senti, lo so che da parte mia non ci potrà mai esserci un'amicizia e non sto qui a proportela. Volevo soltanto dirti che qualunque cosa ti accada, ricorda che possiedi sempre una spalla su cui contare.» Si esprime con la bonarietà che un tempo mi ha attirato fra le sue braccia.

La sua dichiarazione mi fa dimenticare i termini poco signorili con la quale si è rivolto alla mia persona al Western Burger. 

«G-grazie. Terrò a mente queste parole.» Rispondo imbarazzata. 

«È già qualcosa per me.» Riprende lui serio e il silenzio ci coglie impreparati.

«Appena hai collegato che ero seduto su quella sedia, hai reagito piuttosto male. Beh... Mi hanno revocato la patente e ora devo seguire le lezioni per un bel po'.» Continua lui raggirando l'aria tesa. 

«Sì, non mi aspettavo minimamente di incontrarti.» E di nuovo, per Alberto, le mie parole sembrano essere acuminate frecce cosparse di veleno. «Devo consegnare i documenti alla reception.» Indico il bancone di Flavia creando il pretesto per fuggire a gambe levate da questa discussione.

«Ah sì, certo. Allora ci vediamo.» Risponde Alberto alzando timoroso le sue esili dita e sorridendo.

«Certo.» Ribatto voltandomi per poi percorrere l'androne.

[SPAZIO AUTRICE]

Ragazze cosa ne pensate di questo incontro inaspettato?

So che molte di voi amano Alberto, ma sapete che Sofia ha fatto la sua scelta.

Voi condividete la decisione di Sofia? 🤔🤔

Ma sopratutto MAthias perché è misteriosamente irraggiungibile? 🕵🏻🤔

Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento. Vi voglio bene. ❤️❤️

-LaVoceNarrante. 💙

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