Chapter 37






Sono tra veglia e sonno e avverto una vocina che sussurra di svegliarmi.

Spalanco lentamente una palpebra e il viso della mamma è prima sfocato, poi frego un occhio e il suo carré diventa nitido.

«Tesoro, c'è Serena di là. Ieri sera ho ricevuto una sua chiamata: era preoccupatissima. Mi domando chi le avrò detto dell'aggressione che hai subito.» E mi pongo anch'io il medesimo interrogativo.

Infilo un pantalone alla svelta per poi gettarmi dell'acqua gelida sul volto. Tasto la spalla e un dolore spossante mi fa contrarre il viso.

La porta della stanza si apre cigolando e subito dopo Serena si affaccia timidamente. «Sofy.» Sussurra.

Mi ritraggo dal bagno indietreggiando sino alla camera. «Ehy.» La saluto cercando di essere quanto più solare e possibile.

Dopodiché mi accingo a trascinare la bacchetta in legno della tenda e alcuni raggi penetrano obliqui illuminando parzialmente metà capezzale.

«So che domandarti "tutto bene" è stupido...» Inizia chiudendo la porta alle sue spalle.

«Sto abbastanza bene.» Rispondo raschiandomi la voce. «Solo un livido sulla spalla, ma nulla di che.»

«Dio, metterei un manifesto: "RICERCATO RAPINATORE CHE PASSEGGIA CON IL PASSAMONTAGNA; €100.000 IN PALIO".» Dice lei mordace.

Rido per qualche secondo stringendomi le mani in grembo. «La gente si accalcherebbe.»

Ma d'improvviso Serena assume un'aria costernata e grigia. «È stato lui ad avvisarmi di chiamare tua madre per appurarmi che fosse tutto okay.» Rimugino e un dolore intenso si espande nel mio stomaco, ma a differenza dell'ecchimosi non esiste nessun palliativo per lenirlo.

Come ha potuto fregarsene? Ha superato la strafottenza, questa è pura insensibilità. Perché non ha avuto il coraggio di presentarsi da me? Eppure conosce il mio indirizzo.

Perché voleva lavarsi le mani, stile Ponzio Pilato. Per lui era una scocciatura venire ad appurarsi delle tue condizioni, aveva di meglio da fare. Compare astiosa la vocina della coscienza.

Emetto un sospiro assaporando l'incredulità della situazione. «Ha mandato te perché non aveva il coraggio di ammettere che la colpa è anche sua.» Sbotto inferocita.

Serena mi osserva stralunata. «Perché è colpa sua?» Ribatte lei ignara della vicenda.

Le spiego tutto e Serena cambia animale da personificare: da gattino amichevole si trasforma in una leonessa affamata. «Che razza di coglione. Mi ha spiegato solo quello che andava comodo a lui.»

«Cosa ti ha riferito a te?» Le domando incuriosita. E la rabbia di Serena si stempera come d'incanto.

«Ehm... Che sapeva chi era l'aggressore.» Mi risponde lei riluttante.

«Cosa?» Chiedo sbigottita.

Mathias sa chi è stato ad aggredirmi? Com'è possibile?

«Sì. Ha detto così.» Conferma Serena buttando il capo verso il basso.

I suoi occhiali scivolano sulla punta del naso e lei è costretta a sistemarseli. «Hai pensato ad Alberto?» Insinua Serena avvicinandosi.

I miei occhi sono sgranati e la mia mente è assorta nel pensare Mathias come diavolo abbia fatto a trovare il colpevole.

«Sofy, ci sei?» Serena sventola una mano sotto ai miei occhi facendomi rinsavire.

«Sì.» Dico riassestandomi. «Non credo, non lo so. Il ragazzo aveva una sorta di neo sul collo, al ridosso dei capelli. Non mi sono mai soffermata a guardare Alberto in quella posizione.» Le rispondo sbattendo la testa come un pendolo. «Ricordo che mi ha detto una frase "La prossima volta chiama tuo padre, non chiamare il tuo fidanzato", e quelle parole rimbombano nella mia mente. Ho il presentimento che mi conoscesse, non lo so.» Dichiaro afflitta e buttandomi sul letto per l'esasperazione.

«Oppure si tratta di un semplice passante che ha deciso di rapinarmi, tutto qui. Sto uscendo fuori di testa.» Sbuffo.

«Un semplice passante che si ferma al tuo fianco e ti dice quelle parole? Io non credo.» Si espone Serena meditabonda. «Cosa ti ha rubato?»

«Telefono e portafogli.» Ribatto con lo sguardo rivolto verso il soffitto bianco perla e la mani volte a proteggere la mia vista da eventuali abbacinanti raggi di sole.

«Mhh... Cosa avevi nel portafogli?» Chiede lei con fare investigativo.

«Non lo so... Soldi... Ehm... Tessera della biblioteca. Perché queste domande?»

«Tu sforzati a pensare. In una serie TV sono risaliti all'assassino usando questa tecnica.» Fa lei sagace e io le rivolgo un'occhiata scettica sollevando fiaccamente il collo.

«Avevo anche una carta prepagata e una foto che ritraeva me e mia madre.» Annovero.

«Una foto? Io direi di andare sul luogo del delitto!» Esclama entusiasta.

«Da quando sei diventata più nerd di me?» Le domando con una voce biascicata.

«Da quando ho deciso di fidanzarmi!» Risponde assumendo un'espressione ridanciana.

Mi alzo di scatto dal letto . «Non ho capito.» Faccio la finta tonta ma ho afferrato appieno la sua affermazione.

«Non farmi ripetere la frase, ti prego. Io e Max ci siamo fidanzati e facciamo tanto sesso. Cosi ti è chiara la frase?»

I miei occhi brulicano di felicità e non perdo un solo secondo ad abbracciarla, scombinandole la acconciatura.
«Vorrei che Mathias fosse come Max.» Le dico affranta una volta distaccatami da lei.

«Se lui fosse come Max, tu non ti saresti di certo innamorata.» Mi risponde Serena.

«Siamo cadute in basso. L'amore ci ha colpite amica mia, ma adesso dobbiamo svelare il colpevole. Rechiamoci sul posto.» Esclama divertita ed io rido acconsentendo alla sua richiesta.

«La pazzia, però, Max non è riuscita a farla scomparire.» Constato sorridendo.

«Si dovrà impegnare parecchio.» E ride anche lei a sua volta.

Finisco di vestirmi e Serena nel frattempo parla con la mamma; le dico che dovrò iscrivermi a scuola guida e lei afferma che i pedoni dovranno guardarsi le spalle poiché ci sarà un altro pericolo per le strade. 

«L'ho lavata. È un vero gingillo, non trovi?» Mi domanda Serena appena ci imbattiamo nella sua auto. Io annuisco poco convinta. «Che auto ti prendi una volta passato l'esame di guida?» Chiede lei aprendo la portiera.

«Lo sai che non do molta importanza alle auto. Una qualunque, l'importante che ci sono quattro ruote.» Rispondo e Serena scoppia in una risata convulsa.

È domenica: il sole risplende in cielo e alcune famigliole si recano a messa. Mi accomodo sul lato passeggero e Serena non tarda un solo secondo a sfrecciare in direzione del luogo in cui sono stata rapinata.

***

Giungiamo "sul luogo del delitto" e la stradina anche nelle ore diurne è piuttosto isolata.

«Avresti dovuto portarti una lente di ingrandimento.» Le dico ironica mentre percorriamo il marciapiede.

«Shh. Non distrarmi dalle indagini.» Risponde Serena con un gesto di diniego.

«Sere, stiamo perdendo solo tempo. Non troveremo mai nulla.» Dico pessimista, ma lei, vigile, setaccia ogni punto.

«Ecco, qui è accaduto.» Mi impianto e inevitabilmente la mia mente rivà a ieri; ricordo l'impossibilità di muovermi a causa del terrore e la paura che l'aggressore, da un momento all'altro, potesse accoltellarmi.

Le sensazioni sono troppo vivide per essere archiviate.

Cerco di ricostruire la scena e mi sprono a ricordare quanti più particolari e possibili. Un refolo di vento piega i rami e alcune foglie si innalzano nell'aria per poi depositarsi al suolo con una danza oscillante.

Mathias sa chi è l'aggressore e io ancora stento a crederci.

Assorta nei pensieri più lugubri, non mi accorgo che il detective Serena ha cominciato a setacciare la boscaglia attigua alla stradina. È qualche metro più avanti di me e con il capo chino, scruta ogni particolare.

«Detective, trovato nulla?» Tuono da lontano, ma lei mi ignora continuando diligentemente la sua ricerca.

Passa una berlina e poco dopo Serena emette un urlo di vittoria. Sobbalzo e il mio cuore pulsa ad una velocità infernale. «Sere cos'è successo?» La raggiungo e lei brandisce fra le mani il mio portafogli.

Mi rivolge un'occhiata soddisfatta allargando le labbra quasi sino gli zigomi. «"Sere, stiamo solo perdendo tempo. Non troveremo mai nulla."» Mi canzona con delle smorfie. «Ecco qui una prova chiave.» Inalbera il portafogli tronfia in volto.

«Stai compromettendo la prova. Non indossi i guanti.» Le faccio notare e lei sembra quasi intenzionata a far cadere l'oggetto.

«Vero, ma sono dettagli. Sei troppo minuziosa.» Dice distorcendo la bocca. «Okay, vediamo se l'aggressore ti ha rimasto il suo numero di telefono.» Si pronuncia sarcastica levando il terriccio sulla pelle di cui l'oggetto è composto. Apre la cerniera e io affaccio il capo per scorgere in primo piano.

«I soldi non ci sono più.» Fa lei rovistando all'interno. «Aspetta... la foto, dov'è?» Domanda Serena stranita.

Agguanto il portafogli. La foto è sparita con i soldi; i documenti e altre carte non sono stati toccati.

Che senso ha rubare i soldi e una fotografia? Mi domando navigando con la mente in un mare remoto e oscuro.

«Te l'avevo detto. Il mio intuito non sbaglia mai. Però... Mi sa... Che questo ritrovamento non gioverà all'indagine.» Dice Serena grattandosi la nuca e assumendo un'espressione buffa.

«Perché prendere la foto?» Le domando socchiudendo leggermente gli occhi.

«Ah non me lo chiedere. Sul campo "psicologia criminali" faccio pena. Sono soltanto una trova indizi come quel gioco sulla Nintendo DS in cui portavi il tuo cagnolino a spasso e ti imbattevi in un dono. Una cosa simile.» Fa lei strappandomi una risatina smorzata.

«Forse è davvero soltanto un semplice passante.» Insinua Serena ridiventando seria.

Io scuoto il capo. «No! È strano. Cosa se ne fa un "semplice passante" di una foto?» Le chiedo e lei fa le spallucce.

«Forse si è detto: "Wow! Che fighe. Io non potrò mai avere delle donne così al mio fianco, quindi meglio tenermi questa foto per ricordo e rammentarmi ogni santo giorno che sono un parassita della società".»

«Oddio Sere! E se fosse un maniaco?» Le chiedo avvolta dalla tenebre.

«Se fosse un maniaco lo investiamo con l'auto.» Sentenzia sciolta prima di recarsi verso la sua Golf dalla vernice luccicante. «Ora però è meglio se facciamo delle domande alla cassiera del McDonald's. Forse sapranno dirci qualcosa.»

Do un ultimo sguardo al portafogli come se volessi rievocare la giornata di ieri e scovare la persona che si nasconde dietro il passamontagna; poi raggiungo Serena.

***

«McDonald's di domenica?» Le domando mentre lei, con occhi da falco, tenta di trovare un posto in cui parcheggiare.

«Sei tradizionalista e poi lo stomaco non è a conoscenza che è domenica. In oltre aggiungo che il Mc va oltre i giorni festivi e robe varie. Sai bene che anche a Natale non rifiuterei un Happy Meal.»

Ho le mani serrate attorno al portafogli; Serena continua a parlare ma le sue parole ronzano nella mia testa. Ora la mia mente è sintonizzata sul canale "PENSIERI NEGATIVI"

«Ehy, amica.» Mi chiama a sé; mi volto e lei indica il gesto medio. «Semplicemente VAFFANCULO per non aver ascoltato una sola parola di quello che ho detto.» Fa un sorrisetto fugace.

«Scusa Sere. E solo che questa faccenda mi sembra così contorta.» Rispondo in tono angosciato.

«Il mio fiuto da detective/stalker mi dice che non devi preoccuparti, perché la mia auto è molto abile ad investire la gente.» La osservo per qualche secondo per poi cominciare a ridere.

La sontuosa M giallo canarino è poggiata sul tetto dell'edifico tinteggiato di un rosso acceso. Il locale è quasi vuoto e alcune commesse parlottano tra di loro.

«Mi occupo io delle ordinazioni, tu va' a prendere il posto. Sempre il solito panino giusto?»

«Ma... Non c'è nessuno, e sì, sempre il solito.» Le rispondo sbigottita.

«Tu va' lo stesso.» Risponde Serena burbera.

Le riservo una smorfia per poi prendere posto su un divanetto color carminio.

Nell'aria aleggia un odore mescolato tra disinfettante e cibo fritto.

Serena discute con la commessa indicando i menù, ma un secondo dopo infila la sua mano nella borsetta per sfilare lo smartphone.

Resta china per qualche secondo a messaggiare, mentre dall'entrata, una coppia si tiene per mano e si accinge ad ordinare.

Tasto la lividura sulla spalla e un dolore illanguidisce l'intero braccio. Che male!

Mi soffermo ad osservare come i raggi del sole giocano con i vetri del locale creando un effetto caleidoscopico.

«Boom!» Sobbalzo.

«Sei impazzita, Sere?» Poso una mano sul mio petto respirando affannosamente.

«Questo è per te, assistente.» Mi pone il vassoio marroncino sul quale è appoggiato il cibo.

«Non mi hai raccontato la dichiarazione di Max.» Le do di gomito e lei è infastidita.

«Vuoi davvero saperlo?» Fa lei con uno sguardo malizioso.

«Cosa significa quello sguardo?» Le domando intimorita.

«Significa che quando Max si è dichiarato abbiamo fatto del sesso FA-VO-LO-SO.» Sospira solenne. «Te l'ho già detto che è superdotato?» Continua interrogativa.

«Sì, e io ti ho già detto che non voglio sapere i particolari?» Le rispondo contrariata.

«Ma dai Trilly, che anche tu ti sei chinata e l'hai succhiato.»

«Ma sei impazzita?» Mi guardo circospetta appurandomi che nessuno abbia sentito.

«Perché ti guardi intorno? Tutte hanno fatto un pompino e se non l'hanno fatto, beh... Non hanno vissuto appieno la magnificenza del sesso.» Appena la parola "sesso" giunge ai miei timpani, la mia mente perversa non può che pensare a Mathias, e al suo corpo nudo.

Confessa i tuoi peccati, sorella. Ti avviso che non andrai più in Paradiso, quindi se la tua terra premessa sarà l'Inferno, allora meglio che ci dai dentro. Sibila la vocina della tentazione.

«Basta, Sere. Ti prego.» La supplico aprendo l'Happy Meal. Sono conscia che questa è una tattica per placare il mio incontrollabile istinto sessuale verso Mathias.

«C'è un'ultima cosa che dovrei dirti...» Di colpo lo sguardo di Serena diventa cupo.

«Se riguarda il sesso, preferisco non sapere.» Rintuzzo gesticolando.

«Riguarda, ma si tratta di un argomento più serio.» Serena agguanta una patatina per poi immergerla nella maionese e addentarla. Arcuo le sopracciglia aspettando il continuo della sua spiegazione.

«Ho un ritardo.»

Rimango allibita a osservarla.  Poi mi piazzo due mani davanti alla bocca per reprimere lo sbigottimento.

«È una settimana, ma... è pur sempre un ritardo.»

«Oh Dio! E adesso? Cosa farai?» Le chiedo.

«Non lo so. I miei non mi direbbero nulla. Il problema è che un bambino creerebbe scompiglio della mia vita e forse è quello che ci vuole.» Io, ancora più sbigottita, ritraggo il collo.

«Ma scherzi? L'università? Non potrai più andare a ballare o robe simili.» Sussurro infervorata nel discorso.

«Lo so, ma non ho il coraggio di abortire se dovessi scoprire che qui dentro si nasconde un marmocchio.» Indica la sua pancia.

Seguo il suo dito, ma di sottecchi vengo attirata da una sagoma familiare.

Di colpo l'odore di cibo fritto si affievolisce e il suo intenso e inebriante profumo riempie le mie narici. Ma il risentimento risale a galla come un incubo primordiale quando lo sguardo di Mathias si combacia con il mio.

«Stavi messaggiando con lui, prima, vero?» Domando austera a Serena.

«Lui chi?» Serena segue il mio sguardo fingendo di essere innocente.

«Ti ammazzo. Sere, perché?» Tento di risultare irritata, ma non ci riesco poiché lo tsunami ansia mi inghiottisce.

«Scusami. Non riesco a vederti soffrire. E so che il tuo pessimo stato d'animo risieda nel fatto che lui non ti abbia cercata. Ma l'ha fatto, Sofy, io lo so. Ciò non toglie che è un coglione e se solo ti farà soffrire un'altra volta lo attaccherò sul cofano della mia auto.» Sorride come una psicopatica.

Mathias si avvicina al nostro tavolo e Serena si appresta ad alzarsi.

«Fatti valere!» Dice con un filo di voce che a stento riesco a recepire.

Serena e Mathias si scambiano uno sguardo complice e sembra che lui le sia grato.

«Posso?» Domanda indicando la sedia rossa.

Acconsento mettendomi la braccia in grembo.

Che la guerra abbia inizio. Distruggilo Sofia. Io sono con te. Mi supporta la vocina della coscienza.

«Non devi più preoccuparti. So chi è stato ad aggredirti.» Dice Mathias appoggiando i gomiti sul tavolo.

Indossa una giacca in pelle nera e sbottonata, con sotto una t-shirt. È una tentazione succulente per il mio corpo, ma il rancore mi fa distogliere lo sguardo.

«Perché non sei venuto a cercarmi?» Domando malmostosa. Lui tentenna e il grigioverde delle sue iridi si posa sul pavimento lucido.

«Perché mi sono comportato da stronzo per l'ennesima volta.» Risponde a tono. I suoi occhi bruciano di colpevolezza.

«Sei tu che vuoi comportarti in questo modo. Ieri, il tuo amico Raoul, non mi ha permesso di venirti a salutarti, ma tu quando sei salito su con Lucas non mi ha nemmeno avvisata.» Ribatto e ora la mia voce è risentita.

Mathias scuote la testa.«Sono fatto così, non riesco a cambiare. Non mi importa delle persone-» Ma blocco la sua frase.

«Non ti importa delle persone? Bene.» Acconsento alzandomi di sbotto dalla sedia e uscendo dal locale. Mathias mi insegue intimandomi di fermarmi.

«Sofia non ho terminato di dire la frase, cazzo!» Sbotta con un tono iroso. Mi mordo il labbro inferiore voltandomi con gli occhi lucidi.

«Stavo dicendo che non mi è mai importato delle persone.» Perché ogni qualvolta che fisso le sue iridi mi convinco che Mathias stia dicendo la verità? Odio me stessa per aver creduto a tutte quelle belle parole che mi ha detto.

«Ma da quando ci sei tu... Cristo.» Si inumidisce le labbra con la lingua.

Provo un sadico senso di compiacimento nel vedere Mathias in difficoltà. La mia è una sorta di rivalsa nei suoi confronti.

«Mi importa solo e soltanto di te.» Si denuda nei suoi sentimenti, ma questa volta le sue parole mi sortiscono un effetto inverso.

Mi armo di audacia e incoraggiata dalla vocina della coscienza rispondo: «Non mi basta sapere questo.» La mia voce è fredda come la punta di iceberg sommerso dalle acqua gelide del polo nord. «Di cosa stavate parlando tu e Lucas?»

«Non posso dirtelo.» Ribatte lui facendo traspirare ghiaccio dalle sue iridi.

Chino il capo deglutendo, poiché le lacrime cominciano ad imperlarmi le guance.

Non ho la più pallida idea di quello che sto per dire, ma lo faccio: «A-allora la nostra relazione n-non può andare avanti.» Il mio cuore viene estirpato con forza delle sue radici e io respiro, ma per il meschino desiderio di vivere.

Lui rimane attonito.

Immergo una mano nei miei capelli temporeggiando speranzosa di ricevere una sua risposta, una segno positivo perché mi convinca all'idea che possiamo continuare a stare insieme, che quello che abbiamo passato verrà surclassato dal favoloso futuro che ci prospetta la vita; ma Mathias se ne resta in silenzio, ancora una volta.

La sua espressione è combattuta, ma c'è un ostacolo che lo frena nel donarmi una piccola speranza.

Occorre poco, soltanto una frase ed io non me ne andrò.

Ma aspetto invano che il faro della speranza illumini il mio corpo e mi riporti indietro il mio muscolo cardiaco. Piango e lui inabissa lo sguardo. Sbatto ripetutamente la palpebre. «Allora ciao.» Mi volto lasciandomi Mathias alle spalle.

È stato lo sbaglio più bello della mia vita e come tale è destinato a terminare.

Compio un passo in avanti tirando su col naso la scia del suo profumo.

Il contatto delle sue dita e d'improvviso una forza sconosciuta riporta indietro il mio cuore.

Lui mi volta veemente verso di lui e resto assuefatta dai suoi occhi. «Non ti lascerò andare di nuovo, non la seconda volta.» Mi carpisce nella sua morsa calorosa e il bisogno di baciarlo cresce bollente dentro di me.

«Sono sicuro che la verità non ti piacerà affatto.» Scuote la testa e la mia espressione diventa corrucciata.

Mi ha tradita? C'è un'altra lurida oca che gli gironzola intorno? Avverto un repellente bisogno di urlare per liberarmi del mix di sensazioni che il mio stomaco sta covando in questo preciso istante.

«Mi hai tradita?» Chiedo senza accorgermi di averlo fatto. Lui sorride e Dio solo sa quanto mi sia mancato quel fantastico sorriso.

«No!» Risponde deciso e nei suoi occhi balena la pura sincerità. «Sei sicura di volerlo sapere?» Il suo sguardo è preoccupato.

«Voglio sapere la verità.» Protesto in un disperato starnazzo, ma nonostante ciò un infido terrore mi attanaglia l'addome.

«Okay.» Sospira e il grigioverde ora è sinistro. «Il padre di Lucas ha abbandonato la sua famiglia quando lui aveva sei anni e Lucas si è dovuto accollare le redine della famiglia sulle spalle. Da un paio di mesi a questa parte ha deciso di prendere di mira le famiglie ricche di Ertera. Si è armato di macchina fotografica e ha cominciato a pedinare la persone più abbienti della nostra città. È stato scaltro poiché nessuno si è mai accorto della sua presenza. Un giorno mi ha mostrato degli scatti e mi ha raccontato che si è imbattuto in un vicolo cieco e ha immortalato una BMW grigia con due persone all'interno.» Un groppo si forma alla mia gola e faccio fatica a deglutire poiché le risorse minerarie di saliva si sono esaurite.

«All'interno c'era una persona che Lucas pedinava da tempo. Così ha ricattato il diretto interessato, ma da un paio di giorni Lucas non riceve più gli assegni da parte di questa persona.» Confessa lui.

«Chi è la persona?» La mia bocca trema e il sesto senso conosce già la risposta.

Mathias tentenna per poi rispondere: «Tuo padre.»

Serro le palpebre e la Terra termina di ruotare su se stessa. La mia infanzia scorre davanti come un treno che passa su dei binari di una città mai visitata.

In tutti i miei ricordi compare il viso ossuto di papà: andavamo in biblioteca, al luna park, mi leggeva le favole prima che io mi addormentassi e adesso? Sono sicura di scoprire la verità?

La verità strazia l'anima, ma è la miglior cura per vivere. Filosofa la vocina malefica.

«Chi era lei?» Chiedo scrutando Mathias.

«Non era una lei, ma un lui.» Sentenzia e rimango sconnessa dal mondo per un po' di tempo.

Che illusa, credevo di possedere almeno una famiglia salda.

Era questo il motivo per cui mio padre tornava la sera tardi. Il lavoro era un pretesto per sfuggire al controllo di mamma.

Mi sento tradita dal suo comportamento meschino; poco importa che abbia tradito la mamma con uno uomo o con una donna.

«Ieri Lucas voleva confessarti tutto.»

«Tu sapevi?» Domando vitrea e guardandolo negli occhi.

«Non sapevo fosse tuo padre.» Risponde lui. «Per questo motivo, poco dopo che tu sei andata via, Lucas è andato via anche lui. Io l'ho minacciato, ma lui era deciso a confessarti la verità. E da quel suo atteggiamento ostinato ho dedotto che è stato lui il tuo aggressore.»

«Lucas ha un neo sulla collottola?» Chiedo di rimando senza perdere un solo istante.

Mathias è spiazzato. «N-no.»

«Allora non è stato lui, ma per adesso non voglio parlare di quello che è accaduto. Devo andare a casa.»

Afflitta mi volto di spalle, ma lui si piazza davanti immergendo una mano nei miei capelli.

«Ehy, mi dispiace. Per tutto quello che ti sto facendo passare.» Rimarrei volentieri cullata dalle sua mani soffici, ma sono logorata dentro e la mia voce dimostra tutta l'amarezza che provo in questo momento: «Voglio andarmene a casa.» Lo allontano bruscamente.

«Ma non è colpa mia.» Dice lui acuendo il suo tono.

E una rabbia incontrollabile si impossessa delle mie parole facendomi perdere completamente la lucidità. «È sempre colpa TUA!» Esplodo e il fuoco ribolle sul mio viso.

Intraprendo una corsa sfrenata verso l'auto di Serena fregandomi degli occhi indiscreti delle poche persone all'interno del fast food.

Avverto i sensi di colpa crescere a causa del mio illogico sfogo.

«Sofy, cosa c'è?» Chiede Serena sconvolta.

«D-devi a-accompagnarmi a-a c-casa.» Singhiozzo ingoiando lacrime amare.

[SPAZIO AUTRICE]

Capitolo più lungo del solito lo so, ma è colpa dell'inconscio. 😂😂

Cosa ne pensate di questa confessione di Mathias? 🤔🤔

La sua è stata un'azione per non far andare via Sofia? Secondo voi ha agito nel modo giusto?

Questa è la domanda che più mi interessa: vi aspettavate che il padre tradisse la madre?🤔🤔

Il mistero dell'aggressore resta comunque irrisolto.

Ragazze qui abbiamo sorpassato le 100.000 mila visualizzazioni e non posso che dirvi CENTOMILA GRAZIE A TUTTI VOI! È una cifra assurda. Sono senza parole. ❤❤❤

Vi aspetto più calorose che mai al prossimo aggiornamento. Vi voglio bene. ❤❤❤

-LaVoceNarrante💙💙

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