Chapter 18


Ci rimettiamo in macchina e Alberto accompagna prima Giulia, che stampa un bacio bavoso sulle labbra di Giacomo e poi accompagna il suo amico.

Prendo posto al suo fianco e lo guardo nella sua posa seria mentre è alla guida. Un livido bluastro è apparso sul setto nasale gonfio e anche l'occhio è conciato piuttosto male.

«Cosa ti dirà tua madre?» Domando preoccupata e guardando i suoi tratti tumefatti, ma nonostante ciò conserva la sua bellezza limpida.

«Piuttosto a te cosa dirà tua madre. La mia non presta molto attenzione a queste cose.» Rintuzza lui buttando il suo sguardo verso di me.

Il suo viso è genuino e i suoi occhi sono così dolci.

Mi sforzo di provare qualcosa ma il mio corpo è apatico, non reagisce ai forti impulsi che emettono le sue pupille.

Non so cosa rispondere alla sua domanda e quindi opto per il metodo che ultimamente uso spesso: mentire. «Nulla. Starà già dormendo a quest'ora.» Abbasso lo sguardo e poco dopo Alberto accosta nei pressi del cancello.

«Sei sicura di voler rincasare? Ce ne restiamo io e te un po' accoccolati.» Avanza la proposta con uno sguardo famelico.

«Sono stanca. Ho bisogno di riposare.» Rispondo baciandolo freddamente. La sua espressione è un po' delusa ma Alberto si premura di sfoggiare un debole sorriso di assenso.

Certo che è sicura di rincasare caro Alberto. Lei vuole tuffare la testa nel cuscino e piangere. Oh... ma non per te, per un'altra persona di cui io faccio il tifo. La vocina malefica mi spinge ad aprire la portiera dell'auto ed io non esito a farlo.

«Buonanotte.» Allunga il suo collo per contemplarmi un'ultima volta e io sventola una manina flaccida.

L'occhio ha ripreso pulsare e quando apro la serratura sento la macchina di Alberto allontanarsi. Lo scoppiettio del motore rimbomba amplificato nella mia testa.

Serro la palpebre formando dei cerchi immaginari sulle mie tempie con l'uso delle dita.

Dopodiché mi avvio di chetichella ad aprire la porta d'ingresso e una volta spalancata, mi affaccio sia in salone che in cucina e sospiro quando scopro che la mamma è andata a coricarsi.

Butto giù un po' d'acqua liscia che disseta la mia gola, poi affondo entrambe la mani nei capelli e il solitario tic dell'orologio da parete riesce a rilassare un po' i miei nervi.

Il pigiama – rosa chiaro con raffigurazioni di piccoli elfi – lo indosso poco dopo e come previsto della vocina malefica affondo la testa nel cuscino.

Non voglio controllare lo stato del mio occhio, anche perché la pulsazione ormai si è quasi estinta.

Rifletto, rimugino e mi scervello sulla giusta decisione da prendere.

Il grigioverde, mare in tempesta pieno di insidie che mi attrae e non poco. Sull'altro fronte, il nocciola chiaro che acquieta i miei sensi e li assopisce del tutto.

Ma di mezzo c'è un'improvvisa emicrania che si affianca a una stanchezza che grava sulle mie spalle e così non ci impiego molto prima di precipitare in un sonno irrequieto.

Grigioverde, colore assai raro ma al contempo ignoto e misterioso. Sei sicura di lasciarti rapire?

***

La sveglia trilla a squarciagola pescandomi da un sogno bizzarro. Una signora dalle origine sconosciute mi stava parlando, ma la suoneria ha infranto tutto.

«Sofyyyyyy!» Incalza la mamma armoniosa, ma io tiro fin sopra alla testa le coperte.

Di colpo vengo presa di mira da un'ansia insolita. Avverto che l'occhio si è gonfiato e non ho intenzioni di spiegare l'intera vicenda alla mamma.

Le sue rumorose ciabatte strusciano al suolo e me la ritrovo di fianco.

Intravedo i deboli raggi insidiarsi nella stanza, ma i miei occhi sono coperti dalle morbide e profumate coperte.

La mamma spegne la sveglia e cerca di levarmi le lenzuola, ma io tiro su con tutte le mie forze.

«Sofia, faccio palestra e sono molto più allenata di te.» Afferma con voce strozzata e riuscendo ad annientare il mio scudo.

La sua voce gaia si strozza in gola e l'espressione della mamma diventa simile alla protagonista del film horror quando si imbatte per la prima volta nel serial killer.

Bofonchia qualcosa e guarda sbigottita il mio occhio gonfio. «Chi è stato? Sei stata stuprata? Andiamo immediatamente dalla polizia.» È su di giri e il suo viso precipita nel caos.

«Mamma, calmati.» Mi tiro su drizzando la schiena. «Non sono né stata picchiata né stuprata.»

I suoi lineamenti si appacificano e tira un grosso sospiro di sollievo. «Allora cos'è successo?» Domando aggrottando la fronte.

La osservo e mi arrendo alla tentazione di raccontarle tutto. Ometto che io Mathias in un senso contorto ci stiamo frequentando, ma la mamma quando parlo di lui assume un'espressione sornione come se avesse intuito qualcosa.

«E così è stato Alberto a colpirti involontariamente?» Fa lei sedendosi con la mani unite e fra le gambe.

«Sì, ma la colpa è tutta di Mathias.» Le rispondo ostinata e infervorata, ma lei è poco interessata alla spiegazione dello svolgimento dei fatti.

Osserva l'occhio gonfio e deduco che nella sua mente strampalata stia già escogitando i rimedi per alleviare il mio dolore. «Ti si è formato un gran bel ematoma.» Constata con un'espressione più rasserenata. «Sembri uno di quei mostri nei film fantascientifici.» Si prende gioco di me.

«Sei divertente.» Ribatto sarcastica facendo una smorfia di disappunto.

«Dovrei avere un palliativo per gli ematomi nella dispensa delle medicine.» Dice pensierosa. «Sì! Una crema. Vado a prenderla, tesoro. Non muoverti.» Balza di scatto dal letto e le molle ondeggiano.

«Agli ordini.» Confermo fiacca. I fiochi raggi bagnano il pavimento creando delle strisce esile e allungate.

La mamma ritorna correndo, pronta a spalmarmi della crema maleodorante e giallastra sull'occhio livido.

«Mamma, ma sei proprio sicura che funzioni?» Le domando disgustata e arretrando con la testa.

«Fidati di chi ti ha messa al mondo. Anche se gli istinti omicidi non mi mancano.» Fa lei scherzosa.

Comincia a insudiciare la mia pelle con la sostanza giallastra e a cadenza regolare emetto dei gemiti di dolore. «Ahi, mi fa male.» Ripeto piatta.

«Lo so amore. Se avevo intenzione di renderti felice ti regalavo la mia auto.»

«Ti detesto.» Le dico sbuffando

«Allora... Questo Mathias che tipo è?» L'inaspettata domanda delle mamma fa spegnere temporaneamente i circuiti del mio cervello.

«C-cos-sa v-vuole dire: che tipo è?» Chiedo stranita.

«Prima pronunciavi il suo nome in un modo particolare.» Continua con occhioni arguti

«È-è un ragazzo.» Balbetto vistosamente e il fastidio causato dal tocco di mia madre scompare.

«Lo sapevo che era un ragazzo, ma secondo la mia lunga esperienza non è solo "un" ragazzo.» Insinua spalmando diligentemente la pomata oleosa.

«Mamma io sono fidanzata...» Mi esprimo scandalizzata.

«Anch'io lo ero un tempo, prima di incontrare tuo padre ovviamente.» Spiega solenne muovendo il braccio automaticamente.

«Una delle tue storie.» Strabuzzo gli occhi annoiata.

«Questa non te l'ho mai spiegata. È vietata ai minori di diciotto anni.» Mi fa l'occhiolino e una viva curiosità mi permette di lasciarle continuare il racconto.

«Beh... Tu lo sai che ho abitato per un paio d'anni a Parigi, la capitale dell'amore. E proprio lì incontrai il primo amore della mia vita. La nonna e il nonno erano restii a farmi scendere, ma io mi opponevo e me ne uscivo di nascosto. È così mi fidanzai con un ragazzo, di cui adesso non ricordo neanche il nome. Era uno sveglio ma che non mi suscitava delle vere emozioni.» Il mio battito aumenta; la mia mente collega in un frangente "vere emozioni" a Mathias e la mia anima si infiamma.

«... Un giorno ero in biblioteca e casualmente mi girai. Il mio sguardo entrò nell'orbita di quello di Jérémy, il suo nome eccome se lo ricordo. Aveva qualcosa di speciale che mi attirava. Era anticonformista, diverso dagli altri, seppure all'apparenza si ostinava ad essere come la massa.» Si prende una pausa spingendo del gel dallo stick per poi accoglierlo sulle sue dita.

«Mi trascinò verso di lui con l'uso di una forza di cui io non ero a conoscenza e così ci iniziammo a frequentare.» Il volto della mamma si tinge di rossore; i bei ricordi le danno un aspetto più giovane e spensierato. «Non dissi nulla al mio fidanzato, poiché lui sparì completamente dalla mia mente. I miei occhi erano solo per un'unica persona: Jérémy. Quel suo sguardo ribelle e il suo modo di fare mi fecero innamorare pazzamente di lui. All'inizio non accettai il sentimento, anzi lo rifiutai, ma con il passare del tempo capii che la vita senza di Jérémy perdeva colore. E cosa me ne facevo di un mondo in bianco nero quando avevo l'opportunità di scegliere una vastità di colori?» Seguo ogni sua parola e sono sorpresa di constatare che nonostante siano passati anni, la mamma racconta la storia come se fosse accaduta ieri.

«E cos'è successo?» Domando, anche se nel profondo avverto un senso di estraneità nel sapere che la mamma un tempo era innamorata di un altro uomo e non di mio padre.

«Facemmo l'amore sotto alla Torre Eiffel, e quello è stato l'evento più elettrizzante e ribelle che abbia mai fatto in tutta la mia esistenza.»

«Mamma!» Esclamo basita.

«Che c'è? Ormai sei adulta, puoi sapere il mio passato piccante.» Pronuncia lei con un velo di divertimento e facendo l spallucce.

Sorride e piccole rughette si affacciano ai lati della bocca. «Jérémy possedeva una strafottenza e arroganza fuori dal comune, ma a distanza di anni quando mi ritorna alla mente, avverto ancora quella forte intensità con la quale lui mi amava. Era indifferente, ma sapeva amare e non tutti hanno le piene capacità di farti provare il vero significato dell'amore.» Ora la sua voce subisce una stoccata rauca.

«E cos'è successo poi?» Domando assuefatta dall'amore travolgente di mia madre e di Jérémy.

«La nonna e il nonno decisero di partire senza avvisarmi e in un giorno mi ritrovai in Italia. Persi i contatti con lui, ma mi promisi che sarei ritornata a Parigi.» La voce della mamma nasconde una tristezza celata da tempo. È afflitta e sembra portare un rimorso antico.

«E l'hai fatto?»

Lei annuisce. «Andai in vano, poiché Jérémy non abitava più in Francia.»

«E dove era andato?»

«Non l'ho mai più saputo.» Termina di spalmare la pomata riponendo lo stick nell'apposito scatolino. «So di essere un genitore e robe varie, ma da bravo genitore, il quale sono, ho l'obbligo di levarmi dal tuo cammino sentimentale.» Nella sua frase c'è un vivido collegamento al suo passato.

Deglutisco prima di domandarle: «Se avessi avuto il privilegio di decidere, saresti rimasta?»

Lei sfoggia un debole sorriso e i raggi le illuminano metà viso. «Ho incontrato tuo padre ed è stato subito amore, ma all'epoca non poteva sapere che avrei avuto te con Bernardo. Quindi... Forse sì, sarei rimasta. Ricorda, Sofy, nessun essere umano può spezzare un legame che unisce due persone, poiché la forza dell'amore li farà congiungere in un modo o nell'altro.» Filosofa prendendosi una pausa. «Voglio informati su un fatto. Sapevo già da tempo che eri afflitta da una decisione amorosa.» Singulto spalancando le orbite, anche se quella destra si apre meccanicamente.

«Come facevi a saperlo?»

«Io sono Sherlock, tesoro.» Mi risponde fiera.

«E se fossi nella tua stessa posizione di un tempo, ma triplicando il rischio?» Le chiedo timorosa.

«Non posso darti consiglio, poiché il tuo cuore ha già deciso quale strada intraprendere.» Si volta per poi girarsi sulla soglia della porta. «Ma devi filare lo stesso a scuola. Quest'anno dovrai fare l'esame.» Abbandona la stanza e lo strascichio delle ciabatte si allontana.

Mi domando perché il cuore non mi abbia consultata prima di decidere, ma ormai è troppo tardi per cambiare idea: lui ha scelto il grigioverde.

[SPAZIO AUTRICE]

Ragazze fatemi sapere nei commenti cose ne pensate di questo capitolo.

Dall'ultima frase avrete dedotto che il prossimo capitolo, o almeno spero inconscio a parte (prendetevela con lui se succede qualche imprevisto 😈😈😈) Sofia lascerà Alberto.

Sarà davvero così? 🤔🤔🤔

Vi aspetto al prossimo capitolo sempre più calorose e in tante. ❤❤❤😍

-LaVoceNarrante 💙

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