Chapter 10




Posso considerare la riappacificazione con Alberto come un degli avvenimenti più teneri ed emozionanti che ho provato sulla mia pelle. Nonostante gli abbia mentito, credo che restare con lui sia l'azione più giusta da prendere, eppure qualcosa mi suggerisce che non lo ami più come un tempo. 

L'ho mai amato?

Mathias mi ha svelato il suo meschino intento che aveva verso la nostra relazione e sto rimuginando ancora su quelle parole velenose.

Stamattina non ho voglia di andare a scuola poiché già so che lui entrerà dalla soglia con quell'espressione tronfia. Potrei esplodere e cantargliene quattro. 

No, mia cara. Devi andare a scuola e fargli vedere che tu sei più forte di lui e che nonostante ti abbia ferita, tu sei risorta più forte di prima.

Forse la vocina della mia coscienza ha ragione. Dovrò mettermi l'anima in pace e accettare che per il resto dell'anno scolastico i miei occhi dovranno posarsi almeno una volta al giorno su quelli di Mathias. 

Riuscirò a sfuggire alla tentazione di perdermi in quell'universo di emozioni tempestose?

«Sofia, oggi non tornerò a pranzo. La mamma di tua cugina Chiara mi ha invitato a cena. Ha urgente bisogno di parlarmi. Sai che scocciatura!» La mamma sbuffa in una smorfia seccata.

«Mi accompagni a scuola?» La butto lì, ma di solito rifiuta sempre. Si inventa milioni di scappatoie, ma il motivo ne è uno: si annoia di guidare.

La mamma mi scruta ponendosi una mano sotto al mento e brontolando dei continui "Mhh" che le donano un aspetto dotto.«Ad una condizione...» Sbotta venendo a capo dell'enigma. 

«Non mi dire? Ti devo scattare una foto.» Le rispondo in un urlo di sorpresa flaccido. 

«Ora sì che riconosco la me giovane che è in te. Brillante e intelligente.» Conclude additandomi.

Non è a conoscenza che meno di ventiquattro ore fa ero in una discoteca ad ingollarmi cicchetti e che al termine della serata ho dormito sul letto di uno sconosciuto.

È orgogliosa di me, e mi distruggerebbe sapere che in un futuro non troppo lontano cominciasse a reputarmi come un'adolescente senza cervello. Non voglio e farò di tutto per non perdere la fiducia di mia madre. 

Le scatto la foto prima di raggiungere la sua Opel Agila. Di recente la mamma ha voluto cambiarsi l'auto liberandosi della sua ormai vecchia Seat Ibiza.

«Appena avrò la patente fra le mani, questo gioiellino sarà mio.» Le dico mentre lei è intenta a fare retromarcia. La mamma è la prova vivente che noi donne sappiano portare l'auto in modo impeccabile.

«Certo, contaci tesoro. Io credo che quando ti prenderai la patente l'unica macchina che avrai a disposizione sarà la Fiat panda di tuo nonno che risale alla Prima Guerra Mondiale.» Risponde a tono e nel suo solito tono ironico. 

«Ma... Mamma, quella macchina è un catorcio.»

«Be', non lo dire a tuo nonno. Potresti fargli venire un accidente.» Mi fa l'occhiolino ed io esplodo in una risata.

***

Il mio volto diventa serio appena l'edifico grigio della scuola compare davanti al parabrezza.
ISTITUTO CLASSICO STATALE UGO FOSCOLO è affisso sull'enorme tabellone dal fondo blu e di fianco alla scritta compare il simbolo del Ministero dell'Istruzione italiana. 

La mamma mi saluta sventolando, fiera, la sua mano e immettendosi nella corsia.

Un lieve accelero del battito cardiaco si verifica nel mio corpo e percepisco la causa: Mathias.

La Golf di Serena non è parcheggiata in nessuno spazio adibito alla sosta delle automobili e mi domando se si ricorderà del nostro acceso diverbio avvenuto sabato, ma ho i miei dubbi.

Forse ci sono andata giù un po' troppo pesante, ma ero inferocita. La nostra amicizia si è imbattuta spesso in litigi simili, ma siamo uscite sempre più forti di prima. Affondiamo, ma riemergiamo imponenti e credo che anche l'ultima discussione possa considerarsi parte del "passato". 

La campanella comincia a gracchiare e mi incammino verso l'aula. Una fila di studenti si dirama nelle rispettive classi come uno sciame di api. 

Stranamente non  c'è nessuno e così mi precipito a spalancare la finestra a causa dell'odore di stantio.

Il sole risplende in cielo illuminando il piccolo giardinetto all'ingresso della scuola.

Dopo di me tutta la classe si precipita ad occupare i posti. Li guardo tutti ad uno ad uno salutandoli, ma Mathias non appare dalla fiumana.

Una parte di me si rammarica, mentre l'altra tira su un grosso respiro di sollievo.

Neanche Serena si è presentata oggi, e credo che le manderò un messaggio appena la professoressa Valente – che ora è entrata in classe augurandoci un "Buongiorno" a trentadue denti giallognoli – termina la noiosa lezione di matematica. 

Temo che Mathias sia in ritardo, ma la preoccupazione rimane chiusa nella mia testolina, poiché Mathias è UFFICIALMENTE assente;  è così che la professoressa proclama prima di annotarlo sul registro. 

***

Dopo due tediose ore la prof., (finalmente) decide di abbandonarci e colgo l'occasione per inviare un messaggio a Serena, senza ricevere risposta. Ritento ma invano. Si sarà ricordata delle brutte parole che le ho detto? È questa la prima domanda che mi pongo.

Sono seduta sola all'ultimo banco e constatò che quando Serena è assente la mia giornata scolastica è più noiosa del solito.

Trascorro le ultime ore ad ascoltare le spiegazioni del professore Girolamo, ovvero l'introduzione degli autori latini del quinto anno e appena la campanella suona, mi fiondo ad uscire dalla classe.

Sorpasso il cortile e con una mano tento di raccattare, dalla mia cartella abitata da libri, le mie cuffiette.

Il chiacchiericcio è disorientante e mi domando cosa abbiano di tanto importante da parlare.

Imbocco la strada e la mamma mi avvisa che non passerà a prendermi. Alberto mi ha confessato che oggi sarebbe partito per Milano, poiché il padre aveva bisogno di lui per motivo di lavoro.

Un gruppetto di ragazzi di prima, a pochi passi da me, si divertono e ridono a squarciagola. Faccio per sorpassarli con le cuffiette che mandano "Love me like you do" di Elle Goulding, ma sono vittima di sberleffi da parte dei ragazzini, che mi lanciano un pacchetto di fazzoletti.

Annerita faccio per voltarmi, ma a pochi metri da loro, una Fiat Fullback sterza di sbotto e i ragazzini indietreggiano impalliditi.

Intravedo il volto furioso dei Mathias dal vetro opaco, e pochi secondi dopo, esce dall'auto lasciando la portiera spalancata. «Chi è stato a gettare il pacchetto di fazzoletti?» Il suo sguardo inferocito mi incute timore, tanto che temo per l'incolumità dei ragazzini.

Proprio mentre sto per scandire la prima vocale, i ragazzini se la danno a gambe, troppo impauriti per rispondere. Cosa significa questo gesto plateale? 

È semplice. Il suo divertimento non deve essere toccato. Finge di essere geloso per riconquistare la tua fiducia.

E se davvero il gesto dei ragazzini l'avesse ingelosito?

Provo un un sadico senso di sollievo all'idea che dietro a quei freddi occhi si nasconda un animo umano.

Sofia, sii imbronciata e fagli capire che deve smammare. Mathias avanza verso di me – l'auto ancora accesa – e lo svuotamento di stomaco raggiunge l'80%.

«Me la sapevo cavare da sola.» Dico sulle mie.  Lui sorride e avverto che la mia espressione subisce una variazione e si scioglie come crema. Perché madre natura gli ha dipinto quelle fossette?

«Lo so, ma ne erano in tre.» Risponde fissandomi con le mani ficcate nel suo jeans chiaro. 

«Okay, allora grazie.» Con un immensa prova di coraggio, mi volto dandogli le spalle e per un frangente di secondo sono soddisfatta di me stessa, ma quando le sua mano liscia e ruvida al tempo stesso, si avvinghia dolcemente impedendomi di proseguire, lo stomaco completa lo svuotamento. 

Mi volto, avvertendo le guance divampare e incontro il vasto mistero che ci cela al di là di quelle iridi luccicanti.

La pressione che esercita sul mio polso basta a far accapponare la mia pelle.

Mi rimira ed io, imbarazzata, cedo alla tentazione di calare lo sguardo. La nostra discussione di colpo è stata cancellata dalla mia memoria, ora scorgo soltanto l'asfalto grigio del marciapiede e so che i suoi occhi mi fissano imperscrutabili. «Voglio parlarti, ma non qui.» Dice in un sibilo che fa attizzare i sensi.

Sollevo il mento scavando negli scaffali della mia  mente in cerca di parole, ma quest'ultima è momentaneamente fuori servizio. 

Per l'amore del cielo! La tua risposta DEVE essere NEGATIVA. Ordina la coscienza. 

Sei stuzzicata dall'idea. Io lo so, a me puoi confidare il tuo segreto. Dà di gomito la vocina malefica. 

«Non vorrei che ti mettessi ad urlare facendomi passare per uno stupratore.» Dice scherzoso.

Mi scappa una piccola e isterica risata. 

Sapevo che finiva così. Gli hai sorriso ed ho fallito nel mio tentativo di razionalizzarti. La vocina coscienziosa proclama la resa, nel momento in cui accetto la proposta di Mathias. 

***

«Dove siamo diretti?» Gli domando mentre lui ha lo sguardo vigile sulla strada. Per fino il suo naso è delicato e di profilo rimarrei ore ed ore a osservarlo.

Ieri ho capito che soltanto Alberto è innamorato di me, mentre i miei sentimenti sono orientati verso un luogo ignoto e privo di certezze, che mi spaventa da morire. 

«In luogo dove possiamo parlare soli e indisturbati.» La sua risposta mi inquieta, ma ormai ho accettato e per il resto del tragitto me ne resto in silenzio con il fuoco che arde dentro. 

Mathias percorre delle stradine in salita e intravedo la villetta in cui mi sono risvegliata ieri, ma non si ferma continuando a marciare.

Fremo dalla voglia di domandargli di chi sia quell'abitazione, ma mi trattengo giocando convulsamente con le dita.

Parcheggia l'auto in altura, precisamente sulla ghiaia.  Un parapetto in legno è stata costruito per ammirare la Cascata di Ertera, che si riversa su piccolo laghetto cristallino.

Mathias scende dall'auto e io timorosa, imito la sua azione. Ha parcheggiato la macchina di sbieco, anche perché poco più avanti la strada termina con l'inizio di un cancello in ferro.

Metto a fuoco il panorama e la vegetazione regna da padrone intorno a noi.  Cinguettii e farfalle che svolazzano nell'aria.

«Seguimi.» Ordina in quel suo tono autoritario. Le sue scarpe riproducono un acciottolio di pietruzze. 

«Non possiamo parlare qui?» Chiedo, ma stranamente non ho paura che lui mi possa fare qualcosa, anzi il mio corpo mi incita a seguirlo. 

«Non è magico come lì.» Si volta socchiudendo i suoi cristalli, che si ritrova come occhi e indica la cascata che sgorga riproducendo un rumore a cadenza. 

Oltre il cancello, c'è un piccolo sentiero scosceso che termina a valle con una piccola baita sorretta da una struttura in legno scuro.

Decido di seguirlo, contemplando il maestoso artificio della natura. Il rumore della serratura si espande in un eco infinito, ma qualche minuto dopo il prorompente getto della cascata si impadronisce dello scettro. 

Mentre percorro il declivio, con a destra e manca alti abeti, mi domando come Mathias si entrato in possesso delle chiavi per aprire il cancelletto. Le avrà rubate...

Mathias si cristallizza davanti alla baita come se quel luogo gli avesse evocato dei fantasmi. 

«Dammi la mano.» Ordina poi rinsavendosi. Rimango colpita da quel gesto così inusuale ma al contempo dolce. Ubbidisco senza blaterare.

Ora la cascata è a pochi metri da noi, e il rumore diventa ancora più assordante. Non è molto imponente, è piuttosto piccola se la si vuole paragonare a quelle degli altri paesi, ma nonostante ciò  è magnifica. 

Mathias raggira la baita tenendo stretta la mia mano. Ha paura che io mi perda?  Avverto una venatura di paura al contatto con la sua mano.

Dopodiché si appronta a mettere un piede su un sentiero roccioso al ridosso delle cascata, ma io mi pietrifico assumendo un'aria meditabonda. «Dove stiamo andando?» Avrà avvertito il tremolio delle mie mani. 

«Fidati di me e non rimarrai delusa.» Risponde voltandosi. Vorrei prenderlo a sberle per come mi ha trattata la scorsa volta, ma non ci riesco, il mio corpo si rifiuta.

Ci avviciniamo sempre di più alla cascata e l'acqua comincia a zampillare sui miei indumenti.

Spalanco leggermente le labbra, quando constato che alle spalle alla cascata si cela una piccola caverna munita di illuminazione e un letto e vari ornamenti, tra cui anche delle mensole in legno affisse alle pareti levigate.

Gli interrogativi aumentano, ma continuo a restarmene in silenzio aspettando trepidante la sua prima mossa.

E arriva... Mathias lascia la mia mano cominciando a guardarmi in un modo tutto nuovo. I suoi occhi grigioverdi sono dolci e la sue labbra ricche di carne sono unite. Ha un aspetto sobrio, mentre dentro di me si sta scatenando il terzo conflitto mondiale. 

«Perché siamo qui?» Butto fuori le prime parole, poiché le mente è occupata sul fronte occidentale. 

«Perché ieri ti ho trattata male.» Risponde con una voce graffiata. Le parole che ha appena pronunciato sembrano quasi vere. 

Sofia, sono vere. Lui è reale.

Non so più cosa dire, ma lui mi precede: «È che il tuo modo di fare così ingenuo, mi attira.» Si avvicina e le sue turgide labbra sfiorano le mie. I neuroni spiegano le sirene ed è subito allarme rosso.

Sono uno stalagmite all'esterno, ma all'interno il conflitto degli ormoni è nel momento culminante. Mi ha appena confessato, nel suo modo contorto di esternare i sentimenti, che gli piaccio?

«Mi hai ferita.» Parto con l'idea di esprimermi a voce stentorea e invece ne esce fuori un guaito.

Il suo sguardo fa aumentare il mio battito, che ora pulsa perfino sui polpastrelli. A pochi centimetri da me c'è il ragazzo che manda il mio corpo in ebollizione e io me ne resto impalata in un limbo. 

«Mi perdoni?» Chiede e la mia mente l'assimila come: "Mathias ti sta supplicando?" Questa non è la realtà, ma come se lui mi leggesse nel pensiero, prende il mio viso fra le sue mani e stampa le sue labbra bagnata sulle mie.

Sono in trappola, ma il corpo non mi ordina di fuggire, anzi la mia lingua incontra la sua.

I due muscoli si esibiscono in una danza sensuale e un impulso di elettricità vibra sulla mia pelle.

Lui mi tiene ancora fra le braccia e io, dettata dall'inconscio, poggio le mani dietro alla sua nuca.

Mathias stacca una mano dal mio viso e si inoltre del tentativo di slacciare il primo bottone della mia camicetta.

Un desiderio ardente scaturito dal contatto sulla mia pelle, affolla i miei pensieri, mentre anche il secondo bottone è andato.

Lui, d'improvviso, si stacca dalle mie labbra, senza il mio consenso, e mi stampa assuefacenti baci sul collo.

Mugolo e le sue abili dita terminano l'impresa dei bottoni.

Mi lascio andare alla gelida parete rocciosa e i miei sensi si amplificano. Sento lo sgorgare continuo delle cascata alla mia destra, ma le dita di Mathias fanno accapponare la mia pelle.

Sbottona anche la patta dei miei jeans calandoli delicatamente.

Sento la passione irrefrenabile che mi travolge, ma la paura della mia verginità si impossessa delle parole, e così senza badare ad un eventuale arresto del piacere che le sue dita mi stanno provocando, confesso: «Non l'ho mai fatto.»

Lui tentenna interrompendo i baci sul mio collo, dopodiché solleva lo sguardo. «Ti senti pronta?» Domanda con le sue labbra al sapore della mia pelle. 

«Si.» Acconsento. Voglio farlo e con lui il mio corpo è pronto.

«Okay. Allora farò piano. All'inizio sentirai un po' di dolore, ma poi ti passerà.» 

Io, arrossita, annuisco. Mathias si inginocchia e con la bocca sfiora il mio sesso, ora le sue mani sono impegnate a sfilarmi i pantaloni con dolcezza.

Poggia i suoi palmi sul mio sedere sollevandomi e posizionandomi adagio sul letto.

Io emetto un gemito, poiché nessuno mai prima d'ora mi aveva toccato il sedere, ma lui può, in questo momento il mio corpo è nelle sue mani. 

Sbottona la cerniera della sua felpa per poi levarsi la t-shirt. I suoi addominali compaiono dirompenti davanti ai miei occhi e quando si lancia verso di me, avverto che il mio sesso si umidifica.

Mathias riprende a baciarmi. Sentivo già la mancanza del suo fiato; si addentra tra l'incavatura del mio collo lasciandomi baci umidi, mentre io immergo le mie mani nei suoi capelli.

Avverto le sue dita che si posano sul mio slip e un gemito fuoriesce involontario dalla mia bocca.

Mi mordo le labbra mentre lui sfila l'intimo. Si occupa poi del reggiseno.

Sospiro all'idea di essermi depilata pochi giorni fa, ma lui non mi concede il tempo di ragionare; il suo indice penetra dentro al mio stretto sesso e avverto un leggero fastidio insediarsi. 

«Sei già bagnata.» Dice lui soave incontrando il mio sguardo, ma io lo distolgo. Faccio uno smorfia di dolore e lui continua il suo compito meticolosamente. 

«Ora metterò la seconda. Dimmi se ti fa male, okay?» Annuisco e lui penetra dolcemente a due dita la mia vagina.

Lo sento andare su e giù e comincio a gemere, ma allo stesso tempo provo un fastidio via via crescente.

Va avanti per un paio di minuti fin quando secondo lui sono bagnata abbastanza per la penetrazione.

Smette di giocare con il mio sesso e si appresta a sfilarsi anche lui il jeans. Comincio a tremare e lui se ne accorge. «Ehy, se non vuoi, interrompo tutto.» Dice quando i suoi slip mi oscurano la vista. Alle sua spalle c'è la cascata che zampilla, ma la mia attenzione è concentrata sul suo pacco che scalpita di esplodere. 

«No, continua.» Gli rispondo mordendomi le parte inferiore delle labbra. Mi instilla sicurezza. 

Mathias raccata un preservativo dalla tasca posteriore dei suoi jeans; lo strappa con la bocca, dopodiché si abbassa lo slip. Il suo membro compare in tutta la sua lunghezza. 

I peli sono rasati e lui si occupa di sistemare a dovere il profilattico sul suo arnese. Lo misura, e infine si decide di scaraventare il suo slip al suolo. È nudo con il membro dritto e duro. 

«Sei pronta?» Io annuisco e lui mi tira a sé. 

«Dovrei lubrificarlo.» Indica il suo membro; dopodiché si volta verso la cascata sfoggiando il suo sedere sodo.

Scorgo l'ombra di un tatuaggio sulla sua schiena, ma non mi soffermo a cogliere i particolari.

Mathias bagna il suo sesso con l'acqua della cascata e ritorna alla ribalta.

Poggia la sua mano esperta sul glande e avvicina lentamente il suo sesso al mio.

Avverto il bisogno di sentirlo dentro, ma al tempo stesso ho timore del dolore.

Gioca con il mio clitoride facendomi avvinghiare le mani alle lenzuola ed emettere dei gemiti.

Entra a poco a poco nel mio corpo e sento la sua grandezza esplodere dentro di me; dopodiché Mathias serra la mani intorno al mio busto, catapultandomi in una nuova posizione.

Ora sono sopra di lui e il suo membro è fermo dentro di me. Avverto già il dolore e quando comincia a muoversi cresce sempre di più.

Serro gli occhi e ondeggio delicatamente su di lui. Non ho appreso questi movimenti da nessuno, è il mio istinto che mi dice cosa devo fare.  Mathias inizia a grugnire giocherellando con i miei capezzoli induriti.

Si aggrappa ai miei fianchi ed io mi getto fra le sue labbra baciandolo. Ora il bruciore è più intenso e Mathias, accorgendosi del mio dolore, fa scivolare fuori il suo membro.

Il preservativo è invaso da stille di sangue e precipito nel panico quando avvisto il colore rosso vermiglio. 

«Calmati. Ora mi levo il preservativo e ti faccio provare la sensazione più bella del mondo.» Sibila lui togliendosi il profilattico.

Ricomincia a penetrarmi, ma questa volta ad un ritmo più deciso, e un irrefrenabile sensazione di svuotamento si irradia nel mio corpo. Mi lascio andare in miagolii di piacere e quando avverto che sono sul punto di lasciarmi andare in una sensazione mai provata, emetto un ultimo gemito riversandomi su di lui.

Lui grugnisce e ci posizioniamo uno di fianco all'altro.

«Ora non potrò più sfotterti Miss.Purità. Com'è stato?» Mi domanda con l'affanno.

«È stato magnifico.» Rispondo ansimante.

«Tu non eri affatto male come principiante, ma devi imparare ancora molto.» Ribatte lui sorridendo, e quel sorriso fa placare la tempesta che in corso nella mia anima.

[SPAZIO AUTRICE]

Ragazze, non ho la più pallida idea di come questo capitolo sia venuto fuori.

Perdonatemi e vorrei tanto sapere il vostro giudizio a riguardo. Vi prego. 💙

La storia ha raggiunto quasi 5 mila views, e io stento ancora a crederci. Non so perché "Coinquilini di letto" vi stia piacendo e quindi non resta che ringraziarvi.
Vi aspetto al prossimo capitolo 😍😍😘

- LaVoceNarrante

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