Riccioli corvini

Nota autrice pt. 1

Ve propongo un gioco, così almeno compensiamo ai TRAUMI de 'sta storia.

Provate a indovinà i vari punteggi dei personaggi.

E vediamo se ci avete azzeccato!

Un bascino!









Non avevo la più pallida di come comportarmi e men che meno di cosa pensare della scena che avevo davanti.

Max era ancora accasciato a terra, a stringersi alla pancia dolorante, con le lacrime agli occhi, un energumeno di almeno un metro e ottantacinque, dal peso che sicuro raggiungeva i cento chili, era stato messo a terra da una ragazza terribilmente magra e piccolina, dallo stile gotico e dark, che adesso gli stava sibilando contro come un serpente.

«Com'è che ogni giorno riesci sempre a dimostrarmi che sei più coglione di quanto tema?» gli disse. Aveva una voce così femminile e aggraziata che, nel sentirla, dubitavi davvero provenisse da lei, vista l'espressione in perenne stato d'acciglio e di ira e il suo look tutt'altro che conformista. Quasi sospettai una fatina si fosse nascosta sotto i suoi lunghi capelli grigi e stesse parlando al posto suo. «Che cazzo ti metti a gridare in quel modo? Che vuoi combinare altri casini? Non ti bastano tutti quelli che già produci solo respirando?»

Sollevai le sopracciglia, stupefatta.

«Amore...» gracchiò Max, ancora preda del dolore. «Ma... perché? Lo sai... chi è quella ragazza... com'è che-»

«Certo che so chi è, lo so decisamente meglio di te, proprio per questo te sto a di' che stai a fa' il coglione» ringhiò lei, il volto inferocito. «Tu manco conosci la storia per bene, te limiti a leggere i post su Facebook e i commenti deficienti dei settantenni che danno la causa de tutti i problemi del mondo ai vaccini e le scie chimiche. Sei così scemo che per anni hai creduto sul serio alla teoria che Avril Lavigne fosse stata sostituita da una sosia e te piace pure pensa' de esse in diritto de spaventatte così per una tizia che manco conosci?»

«Wow» sentii dire accanto a me da Dory, che aveva iniziato ad applaudire insieme al suo gemello.

«Come al solito, Minnie se conferma la migliore» proseguì Dorian, quasi commosso fino alle lacrime.

«Stronza totale al cento per cento, per questo è 'na gnoccolona anche lei.»

«Me farei sbatte da lei come Thaty sbatte l'albume delle uova.»

Persino in un momento simile erano capaci di farmi sorridere, non potevo crederci.

«Minnie, amore...» singhiozzò Max, mentre tentava di risollevarsi in piedi. «È normale spaventasse se ti ritrovi la figlia de un-»

«La figlia de cosa?» Lo interruppe Minnie con voce funesta. «Che me stai a di' che basta nasce da uno stronzo per esse automaticamente stronzi a propria volta? Allora vatte subito a buttà in discarica, testa di cazzo, perché in tutta la sua vita di merda quel lurido del tuo babbo ha saputo solo collezionà malattie veneree una dietro l'altra andando a puttane e schizzandosi merda in vena.»

«Wow» Dory aveva ripreso ad applaudire. «Anche lei sì che è 'na gran donna, però non come te, Thaty, tu rimani la più gnoccolona de tutti.»

«Sìsì, Thaty, non te preoccupà. Minnie è 'na gran donna, ma troppo cattiva pe' noi.»

«E poi non sa cucinà bene come te, quindi comunque volemo te.»

«E soprattutto sei ricca, non lo dimenticare.»

Ero a bocca aperta.

Mai mi era capitato di incontrare una persona, una totale sconosciuta, disposta a difendermi in quel modo, pur conoscendo la storia dietro i crimini di mio padre. E Minnie non solo mi stava difendendo, ma lo stava facendo contro quello che era evidente era il suo fidanzato.

Non sapevo cosa pensare.

Era la prima volta che accadeva, da quando il mio mondo era crollato. Gli occhi avevano ripreso a bruciarmi, sbattei più volte le palpebre per scacciar via quella terribile sensazione.

«Amore...» Max si era rialzato in piedi, la guardava ancora con le lacrime di dolore sulle ciglia folte. «Ti sembra il caso di dire simili crudeltà? Sono il tuo ragazzo, non puoi dimme 'ste cose. Guarda che non è che solo perché ti amo alla follia, allora passerò sopra a tutte-»

«Va bene» lo interruppe lei, decisa. «Allora te mollo, ora e subito.» Il volto di Max sbiancò in un attimo, perdendo l'abbronzatura naturale della sua carnagione. «Adesso che sei single posso ditte tutto il cazzo che voglio.»

La mascella mi cadde a terra nello stesso istante in cui anche Max lo fece, in ginocchio ai piedi di Minnie, a stringerle le gambe tra le braccia con forza disumana, il capo tra le ginocchia di lei mentre singhiozzante le diceva: «No, amore, ti prego, non farlo. Ti amo con tutto il cuore, non mi mollare, ti scongiuro. Lo sai che sei la mia vita. Me sto zitto, te lo giuro, me sto zitto per sempre.»

E a lasciarmi ancor più senza parole non fu solo vedere quell'uomo, quel John Cena mancato, prostrarsi a terra così per una ragazza che era una nana da giardino, ma soprattutto scorgere il modo in cui Minnie parve del tutto indifferente alla disperazione del suo ragazzo, mantenendo quell'espressione di ira mista a disgusto che, ormai era evidente, era il suo marchio di fabbrica.

Per non parlare di come tutti, i gemelli inclusi, sembravano più che abituati a scenette del genere. Dante, ancora alla parete dove prima aveva inchiodato il suo migliore amico, nel vedere quest'ultimo in un simile stato sospirò e si massaggiò le tempie.

«Fratello» lo chiamò Dorian, indicando Max ancora in lacrime a supplicare perdono alla sua ragazza, «prendi esempio.»

Dante lo fulminò con un'occhiataccia.

«Sìsì, così se fa» insisté Dory. «Se chiedi scusa così, magari potrai smette de martellarti i coglioni.»

«Le tue palle saranno salve.»

«Potrai sfornà bambocci.»

Lui aprì la bocca per insultarli, ma la voce di Minnie, rivolta al fidanzato piangente, lo interruppe: «T'ho capito, coglione, adesso basta. Non sei più single, ora, ma lo tornerai subito se continui a piagne come un poppante in 'sto modo. C'ho la mia dignità, che te credi.»

E solo nel sentire quelle parole, Max si risollevò di scatto a terra e strinse Minnie in un abbraccio, tempestandola di baci su tutto il viso inviperito, con un sorrisone gigante.

Non ci capivo più nulla.

«Non te spaventà, Thaty, Maxinculo è super coglione» mi spiegò Dorian. «Letteralmente le sue palle sono il suo cervello.»

«Sìsì, novantanove percento delle cose che dice le sparano le palle.»

«L'altro un percento lo spara il cazzo direttamente.»

«L'unica capace de pensà è Minnie.»

«Ancora non ce spiegamo come mai stanno insieme, giuro. Manco sa cucinà, lui, anzi.»

Dory fece una smorfia. «È pure malato.»

Li guardai confusa. «M-Malato?»

«'Na malattia gravissima» confermò Dorian, un'espressione così seria in viso che mi spaventai.

«Incurabile.»

«Orrenda.»

«È vegano.»

L'ansia che mi avevano messo con quei volti così severi scoppiò in una risata pazzesca. «Esser vegani non è una malattia» replicai.

«Ma fa schifo la roba vegana» si lamentò Dory.

«E poi a noi piace magnare la ciccia» confermò Dorian.

«Ci sono tanti piatti vegani buonissimi» ribattei io, e loro mi guardarono per nulla convinti. «Davvero, ce ne sono un sacco, e hanno dei sapori fantastici, bisogna solo imparare a cucinarli. Inoltre, la dieta vegana, per quanto possa essere molto difficile da seguire e comporti tanti sacrifici, non è una semplice dieta, per molti è una vera e propria filosofia di vita etica e morale con cui-»

Mi paralizzai sul posto, quando mi ritrovai la faccia di Max davanti a me con un sorriso gigantesco sulle labbra. «Tu» dichiarò a quel punto, «sei una gran donna. Perdonami per avette trattata così, non te lo meriti. So' stato un coglione.»

«Co-»

Non feci in tempo a rispondergli, Dante lo afferrò per il colletto della giacca chiusa e lo trascinò indietro. «Quante cazzo de volte te devo di' de rispettà lo spazio personale altrui, Cristiddio?» tuonò, stupendomi ancora di più. Non pensavo sarebbe scattato subito per allontanarlo così da me.

«Daglie un calcio nei coglioni, Da', magari gli si spegne anche quello che c'ha al posto del cervello» sibilò Minnie, osservandoli, le braccia incrociate al petto.

In tutto ciò, Rosemary dal divano si era accesa la tv e stava guardando l'ennesima telenovelas, non sembrava affatto interessata alla situazione e men che meno preoccupata da essa.

«Andiamo! È la prima volta che in 'sto posto trovo qualcuno che me comprende!» si lamentò Max, con Dante ancora a trascinarlo lontano da me per il colletto. «Sei vegana anche tu?» domandò poi, gli occhi rivolti a me.

Mi sembrava di essere finita in una terribile sit-com anni '80.

«No, mi dispiace, io... adoro la carne» ammisi alla fine, incerta e ancora confusa, e lui storse un po' la bocca, palesemente deluso. «Ma... mi è capitato spesso di dover... cucinare piatti vegani per... eventi e occasioni importanti. Alcuni amici di Be-» Mi bloccai, strinsi le mani tra di loro. «Alcune persone... che conoscevo lo erano e quindi...»

«Beh, poco importa» commentò lui alla fine, una volta che Dante lo ebbe liberato, lasciandolo al fianco della fidanzata. «Una che comprende la mia filosofia merita comunque solo apprezzamenti da parte mia.»

Era davvero un tipo assurdo, quel ragazzo, persino più di quanto non lo fosse già Dante ai miei occhi. Non mi stupiva fosse il suo migliore amico. «Perdoname de nuovo, Agatha. So' coglione, purtroppo, come dicono tutti qua dentro. Ma c'ho un cuore, lo giuro. Il mio amore lo può confermare.» Abbracciò da dietro Minnie, avvolgendole le braccia attorno al collo e posando il retro del capo di lei sul suo petto, per poi scoccarle un bacio in fronte.

Lei rimase con l'espressione incazzata di sempre. Parve totalmente indifferente davanti alle manifestazioni di affetto del suo ragazzo, posò gli occhi su di me ed io sussultai. Mi era davvero difficile comprendere cosa pensava, visto che sembrava furibonda il 100% del tempo, ma anche così, non mi sentivo a disagio come al solito sotto il suo sguardo, e forse questo era dovuto proprio al fatto che aveva preso le mie parti pur non conoscendomi affatto.

«Ehi» mi chiamò. «Senti, c'è 'na cosa che ho sempre voluto chiederti, da quando ho visto la tua faccia in tv.»

Mi irrigidii. «I-»

«I tuoi capelli» mi bloccò, la voce velenosa di sempre, ed io mi accigliai, «so' naturali?»

Ero stupefatta. «I... I miei capelli?»

Lei annuì, mentre il suo ragazzo continuava a tempestarla di baci sul capo. «È la prima cosa che me so' chiesta quando t'ho visto la faccia, puoi abbassatte il cappuccio? Voglio vedelli dal vivo.»

Aggrottai la fronte. «Vuoi vedere... i miei capelli?»

Annuì di nuovo. «Subito.»

Il suo tono, pur imperioso, non mi spaventò. Mi chiesi se fosse dovuto al fatto che ormai il mio spirito di autoconservazione era quasi del tutto sparito – mostrandosi solo in presenza di Dante – o se invece era perché, inconsciamente, volevo fidarmi a tutti i costi di quella sconosciuta che mi aveva difesa con così tanta furia.

Esitai un istante, per poi sollevare la mano e abbassare il cappuccio. Gli occhi di Minnie si sgranarono, quando scorse i miei ricci esplodere nell'aria. «Cristiddio» commentò, e con una gomitata allo sterno di lui interruppe i migliaia di gesti d'affetto del fidanzato, che arretrò all'istante con un gemito sofferente. Mi si avvicinò a passo veloce, ma si fermò a mezzo metro da me, lo sguardo fisso ancora sulla mia chioma immensa, stupefatto persino con le sopracciglia aggrottate. «So' la cosa più erotica ch'abbia mai visto in tutta la mia vita.»

Spalancai la bocca.

«Ehi!» tuonò indignato Max alle sue spalle. «Ce sta il tuo ragazzo qua!»

«Statte zitto, tu, coglione. Lavoramme capelli del genere me donerebbe più orgasmi de quanto tu non abbia fatto in sei anni de relazione.» Ero sempre più attonita, e lei continuava a studiare i miei ricci ciocca per ciocca. «So' praticamente la sfida massima de qualsiasi parrucchiera con un po' de orgoglio nel cuore.»

«Ve'?» udii Dory dire al mio fianco. «Pensa a palpalli che goduria.» Non avevo neanche bisogno di guardarla per sapere che di nuovo aveva imitato il gesto con le mani.

«A toccalli te passerebbero i coglioni girati da Dante e Maxinculo messi assieme» confermò Dorian, e rimasi sconvolta quando Minnie annuì, concordando con le parole di entrambi.

Lei proseguì con l'analisi dei miei ricci, senza vergogna. «Se non ricordo male» disse all'improvviso, fissando per qualche secondo gli occhi sui guanti alle mie mani, «tu se' afefobica, ve'? Non puoi toccà la gente con la pelle nuda.»

Ero... sorpresa. In pochi si ricordavano quel dettaglio, visto quanto i giornali avevano tentato di non tirarlo in ballo.

«Io... sì, lo sono.»

«Quindi...» Il tono apparve improvvisamente rammaricato. «Me stai a di' che nessuno manco può toccatte la testa.»

«Ehm... già.»

Schioccò la lingua. «Dannazione» sibilò. «Me sarei gasata un casino a lavoratte tutta 'sta massa de ricci.»

«La-Lavorarmi?»

«Minnie è 'na parrucchiera» mi spiegò Dorian. «È lei che ce taglia sempre i capelli.»

«Sìsì, Thaty, ed è davvero brava.»

«Non so' brava, io, so' la migliore» la corresse Minnie subito. Si indicò i suoi capelli grigi. «Pure questi so' tutta opera mia.»

«Oh» esalai alla fine, sorpresa. Ora mi spiegavo come fossero così curati, era la prima cosa che saltava all'occhio di lei, dopo il suo look dark e gli orecchini giganti. «Sono... davvero belli» confermai, per poi arrossire quando lei aggrottò ancor più le sopracciglia e tornò a fissarmi negli occhi.

«Io so' Minerva» si presentò a quel punto. «Minerva Obrien. Quella stronza de mi' madre era fissata co' quello spocchioso so-tutto-io de Topolino e il mio nome è il risultato de ciò. Non ha fatto in tempo a pentisse de avermelo dato, però, perché ha smollato a me e il mi' babbo per un altro prima che potesse scoprì il mio carattere di merda. Chiamame pure Minnie, tu, è la sola cosa dolce che c'ho da offrì alla gente che non me sta sul cazzo.»

«Ah, capisco, è... è un piacere conoscerti, Minnie...» Non sapevo cosa rispondere. «Io sono... beh, lo sapete già. Agatha.»

«Se vuoi posso dà un altro pugno in pancia a quella testa di cazzo» mi disse a quel punto, sollevai le sopracciglia, sorpresa. «Se lo merita tutto, non te preoccupà.»

«Ma mi so' già scusato!» si lamentò Max, indignato al massimo.

«Ogni scusa è bona per menatte.»

Erano senz'altro una coppia... singolare, quei due.

«No...» dissi alla fine. «Non è... Non è un problema, immagino... che sia naturale esser sorpresi... nel trovarmi qua.»

«Non c'è un cazzo da sorprendersi, sei solo 'na tizia come tante, è lui che è un coglione deficiente che non sa mai tenesse la bocca zitta e la usa ogni giorno per sparà stronzate.»

Il mio cuore ebbe un sussulto, strinsi le mani tra di loro, attorcigliando le dita, mentre il volto mi si arrossava di nuovo. Una tizia come tante. Mai avrei creduto che mi sarebbe capitato di potermi sentire definita così di nuovo, come se quell'evento di quattro anni fa che aveva fatto crollare tutta la mia esistenza non fosse mai accaduto. Di nuovo, gli occhi tornarono a bruciarmi, e fu con smania e tormento che feci cadere le lacrime in gola, per impedir loro di gocciolarmi dalle ciglia.

«Lo vedi, fratello?» sentii dire da Dorian. «Così avresti dovuto comportatte pure tu.»

«Già, già, se l'avessi fatto, a quest'ora non te staresti a martellà i coglioni.»

«E invece eccote, con le palle rotte e il martello in mano.»

«Senza più dignità

«A soffrì.»

Dante arrivò dietro di loro di nuovo come un uragano e iniziò a tirarli per le orecchie con forza, ignorando le lamentele di entrambi i gemelli. Minnie, nell'osservare insieme a me quella scena, si limitò a sollevare un sopracciglio. «Cazzo sta a succede?»

«Ha fatto il coglione» risposero tutti e due i gemelli insieme, ancora torturati dal fratello maggiore, e lei riabbassò il sopracciglio, tornando ad aggrottarlo. Sollevò gli occhi su Dante, per poi passarli lentamente a me, che mi impietrii ancor più sul posto, e infine schioccò la lingua.

«Mo' capisco tutto» commentò. «Beh, se lo merita.»

Max comparve d'improvviso alle sue spalle per avvolgerle il collo con le braccia e farle posare di nuovo il capo contro il suo petto. Dante, preso com'era a litigare coi gemelli, non badò a loro e a quel che disse Minnie l'attimo dopo.

«Il tuo migliore amico ha fatto di nuovo il coglione, ma non c'è da stupirsi, è amico tuo, in fondo.»

Lui le scoccò un bacio in fronte: «Capiscici, siamo usciti entrambi dai coglioni sbagliati.»

Davvero, mai mi era capitato di incontrare una coppia così.

Dory e Dorian avevano iniziato a dare calci alle gambe di Dante.

«Mmm...» mormorai a quel punto, e Minnie tornò a guardarmi. Era... strano. Solitamente, una ragazza del genere mi avrebbe intimorita come non mai, ma non era così, con lei. «Grazie...» balbettai alla fine. «Per... per avermi difesa così, prima.»

«Non c'hai nulla da ringrazià, riccioli corvini» rispose subito, sempre accigliata, mentre Max le scoccava un altro bacio in fronte. Quel soprannome per me mi lasciò smarrita. «Io so' 'na grandissima stronza, dico sempre tutto quello che penso a chiunque, me ne sbatto i coglioni se è il mio ragazzo, può esse pure Gesù Cristo risorto, per quel che mi riguarda, e comunque continuerei a sbattermene i coglioni.»

Mi venne da ridere, pur essendo lei serissima, e a quel punto Max intervenne: «Ahimè, sì, è verissimo. Ma t'assicuro che c'ha un cuore puro come la prima rosa sbocciata in primavera. Dentro è un pasticcino dolcissimo.»

«Continua a parlà e al prossimo pompino te stacco il cazzo a morsi.»

«Ha un non so che di interessante come minaccia» replicò Max, per nulla turbato dalla dichiarazione della sua ragazza.

Inevitabilmente, mi ritrovai a sorridere, mentre una voragine di dolore mi rinasceva nello stomaco. Il modo in cui Minnie mi aveva difesa, colpendo così Max, mi aveva ricordato tutti i calci volanti che Betsy aveva dato nel corso degli anni a chiunque aveva osato prendermi in giro. Sebbene quelle due fossero terribilmente diverse di carattere e stile, avevano lo stesso approccio nei confronti di chi ritenevano stesse facendo un torto a una persona innocente.

Sbattei le palpebre per rinfrescare gli occhi brucianti, mandai giù un grumo di saliva denso come la colla, Non avevo dubbi che se Betsy avesse mai incontrato Minnie, l'avrebbe adorata all'istante, probabile anzi che si sarebbe presa una cotta stratosferica per lei, solo per il suo aspetto così particolare.

«Grazie... lo stesso» sussurrai a fatica. «È la prima volta che... sai...» Ma non riuscii a proseguire.

Minnie aggrottò ancor più la fronte. «Sì, posso immaginarlo, il mondo è pieno di stronzi più stronzi de me» rispose alla fine. «Ma t'assicuro che non so l'unica a fallo. Suppongo che, vista la tua situazione di merda, tenti de stare sui social il meno possibile, ma ce stanno un sacco di gruppi online che te difendono la tua innocenza.»

La guardai meravigliata, lei continuò a far finta di non star ricevendo tre milioni di baci dal ragazzo, gli occhi sempre fissi su di me. «So' 'na fanatica del true crime, io» mi spiegò. «Me faccio milioni di ricerche ogni giorno, ascolto ogni genere de podcast esistente sulla cronaca nera e me so' guardata tutti i documentari al mondo su questi argomenti, perciò so' molto informata anche sul caso de quel pezzo di merda del tu' babbo. Se la gente facesse come me, invece che limitasse a leggere gli articoli de giornale che vogliono fa apparì qualsiasi cosa estrema e sospettosa, pure lei capirebbe che non c'ha un cazzo da ditte. 'Sto coglione qua» indicò col pollice il suo ragazzo che ancora la stava sbaciucchiando, «è uno di quei dementi.»

Mi sembrò che qualcuno mi stesse bucando i polmoni con centinaia di spilli sottilissimi, perché il respiro pareva quasi scappare da loro, quando entrava in essi. Da appassionata del true crime, senz'altro sapeva che mio padre era stato trasferito al carcere di quella città per la sua condanna, quindi già poteva immaginare il motivo per cui mi trovassi lì.

«So che stai a pensa'» mi disse, ed io sussultai. Max le scoccò un altro bacio sulla guancia destra, lei continuò a ignorarlo e a fissarmi. «So' brava, io, a capì che pensa la gente, un talento necessario per continuà a fare la stronza figlia di puttana. Come hai già sentito, io c'ho 'na sola regola de vita massima: fatte sempre i cazzi tuoi. Il motivo per cui stai qui non me riguarda, so' cazzi tuoi, per l'appunto. E solo un coglione gigantesco che usa il cazzo al posto del cervello penserebbe mai che è un'ammissione de colpevolezza da parte tua.»

Strinsi con più forza le mani tra loro. «G-Grazie» balbettai ancora, le sue sopracciglia si corrugarono di nuovo.

Un grido indignato si levò alla mia destra, voltai il capo in quella direzione, scorgendo Dante e i gemelli che si insultavano a vicenda.

Mi aveva difesa anche lui.

Dal suo migliore amico.

Non me lo aspettavo proprio, ad esser sincera, per niente, men che meno che lo facesse con una persona così importante per lui, e una parte di me voleva a tutti i costi credere che l'aveva fatto perché mi riteneva a sua volta innocenta, ma c'era ancora il dubbio profondo, instillato nelle viscere, che la vera ragione per cui si era comportato così, in realtà, era quella di evitare di finire lui nei guai, se qualcuno avesse scoperto che la sua famiglia frequentava una come me.

Rosemary mi aveva rassicurata in merito a ciò, lui stesso mi aveva ribadito che lo conoscevo poco o niente; tuttavia, ero anche pienamente consapevole di quanto, a differenza di Minnie, Rosemary e i suoi fratellini, Dante ancora giudicasse la mia scelta di andare a trovare mio padre, e questo mi induceva a esitare nel credergli, pur desiderandolo con ogni mia particella. Era uno dei motivi per cui mi sentivo così a disagio in sua presenza, per cui non ero mai certa su cosa rispondergli quando mi poneva delle domande che riguardavano la mia vita, perché nella mia vita, che gli piacesse o meno, mio padre era stata una figura costante, presente e da me amata con l'anima e il cuore.

Il vero motivo per cui tuttora non riuscivo solo a odiarlo, per cui, pur detestandomi per ciò, continuavo ad amarlo, nonostante mi avesse portato via Betsy, nonostante mi avesse rovinato la vita, persino dopo quanto mi aveva confessato al nostro ultimo incontro.

E proprio non avevo idea di come far scemare quel giudizio che Dante poneva ogni volta sul mio affetto per mio padre, non sapevo come fargli comprendere che l'amore che provavo nei confronti dell'uomo più odiato d'America era un'ustione antica e primitiva nell'anima, a temprarmi l'essenza, impossibile da ignorare e ancor più impossibile da medicare.

Sebbene bruciasse come l'inferno stesso, sebbene mi facesse marcire ad ogni passo, sebbene mi provocasse un dolore costante e inenarrabile, tale da farmi credere di essere già morta, quell'ustione era parte di me, viveva con me e respirava con me, e per quanto fosse fuoco puro, altrettanto era calore, lo stesso calore che mi aveva scongelato dalla solitudine e la paura dell'infanzia, quello che mi aveva donato insieme al mio primo paio di guanti quand'ero solo una bambina.

Dante scostò gli occhi dai gemelli che ancora lo stavano calciando sulle gambe e li portò su di me, e in automatico io tornai a guardare Minnie, con le guance a fuoco, mentre ogni pezzo di me sottopelle s'attorcigliava.

Che l'avesse fatto per proteggere la sua famiglia o la mia innocenza, comunque mi aveva difesa da Max, perciò dovevo ringraziarlo, al di là di qualunque fosse stato il suo reale fine.

Solo che non avevo idea di come farlo, mi vergognavo a morte, non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi e sapevo bene quanto già questo lo irritasse.

Minnie sollevò di nuovo un sopracciglio. Fece passare lo sguardo dove si trovava Dante, per poi riportarlo a me. Mostrò il suo primo sorriso: sadico e crudele, spietato come non mai. «Ah, quindi è così che ha fatto il coglione» disse, la voce empia. «Tipico, lo immaginavo, demente com'è. S'è messo nella merda da solo, se lo merita.»

«Di che stai parlando, amore?» gli domandò Max, mentre proseguiva a sbaciucchiarla.

«Di quant'è coglione il tuo migliore amico» rispose lei, e vidi che era tornata a guardare Dante, ma non ebbi il coraggio di fare altrettanto. «Gliel'avevo detto che doveva risolvere quel cazzo di problema, non m'ha voluto ascoltare, il deficiente, ed ecco i risultati. Spero che soffra atrocemente per i prossimi mesi.»

«C'hai poco da recriminarmi, tu, Minnie» sentii dire da Dante, mentre le voci dei gemelli scemavano, ed io puntai gli occhi ai miei piedi. «Non sei nella posizione per mettete a fare la dispensatrice de consigli non richiesti.»

«C'hai ragione, ma intanto quello che se dovrà spaccà i coglioni per i prossimi mesi sei tu, non io. Poco male, la giusta punizione per avere usato quelli al posto del cervello.»

«Già, già» sentii dire da Dory. «Incredibile, fratello, Minnie è riuscita a a guadagnà più punti in un giorno di quanti ne abbia guadagnati tu in tre settimane. Che vergogna, che disonore per 'sta famiglia.»

«E pensa che dici sempre che la sola cosa che è buona a fare è tagliacce i capelli e la stronza» continuò Dorian. «E comunque t'ha battuto uguale.»

«Tre settimane?» Max smise di baciare la fronte di Minnie, i membri di quella coppia assurda si scambiarono un'occhiata. Lui sorrise sardonico alla sua ragazza. «Ahhh... adesso me spiego tutto.»

«Perché quella demente c'aveva quella faccia» continuò Minnie. «'Na goduria infinita, c'ho avuto orgasmi multipli solo a vedella. Almeno sette uno dietro l'altro.»

«Non dire così, amore» si lamentò lui. «Mi offendo, lo sai.»

«Offenditi, allora. Non smetterò de venì davanti alle facce disperate di dementi come quella. Lo sai che so' 'na stronza infinita.»

«Si può sapere che siete venuti a fare?» Dante avanzò verso di noi, affiancando la coppia ancora abbracciata, puro rancore a scavargli gli occhi. «Oltre che rompere il cazzo come al solito.»

«Ce deve essere un motivo?» gli chiese Max, per nulla spaventato dalla sua irritazione. «Semo amici da quando siamo in fasce, eh, non dirmi che te ne sei dimenticato.»

«Magari fosse possibile dimenticasse de un coglione come te» replicò tagliente Dante.

«Fa' poco il superiore, che come coglione so' io, così lo sei tu» ribatté lui.

«Almeno Maxinculo s'è scusato subito» Dory sbucò al lato destro di Dante.

«Vero, vero, l'ha fatto subito» Dorian sbucò al lato sinistro di Dante.

«Tu quanto c'hai impiegato?»

«Giusto, tre settimane

«Tre lunghe e tragiche settimane» mormorò Dory con voce melodrammatica.

«E ora c'hai il destino segnato» proseguì il gemello, posandosi una mano sul petto e fingendo di asciugarsi una lacrima.

«Martello e coglioni spaccati.»

«Spaccoglioni, così te chiameremo d'ora in poi.»

Dante afferrò di nuovo le orecchie di entrambi e riprese a tirarle con violenza, ignorando i lamenti dei suoi fratellini.

Minnie fece vagare lo sguardo nell'appartamento, ancora a venir venerata dal fidanzato, e mi accorsi che posò gli occhi sulla penisola della cucina, dove Dante aveva posato il vassoio con la torta che avevo preparata, già mezza mangiata dalla famiglia. Una luce improvvisa le illuminò gli occhi, diede un'altra gomitata allo sterno del suo ragazzo per liberarsi della sua stretta e si mosse veloce verso la torta.

«C'ho le allucinazioni?» domandò poi, fermandosi davanti ad essa. «Che minchia ce sta a fare qua una banoffee pie? In 'sta casa dove quel coglione de Dante è già tanto che sa mettere sulla piastra un paio de fette de pollo.»

Ero stupefatta che una ragazza come lei conoscesse il nome di quel dolce.

«L'ha preparata Thaty!» rispose Dory, l'orecchio destro ancora a venir tirato dal fratello maggiore.

«Thaty è 'na gran cuoca, oltre che una gran donna» confermò Dorian, nella stessa situazione della gemella.

«Per questo stiamo a fa' in modo che Dante se la scopi.»

«Così, oltre che cucinacce, ce dà i suoi soldi. È pure ricca, non lo dimenticare.»

«Però Dante è coglione, quindi ha perso la sua opportunità de scopassela.»

«Dimentichi di nuovo il dettaglio che non voglio farlo, Lilith» sibilò Dante.

«Fa' poco lo sborone, tu» replicò tagliente Dorian.

«Lo sapemo che in testa te stai a prende a calci in culo da solo. AHIA! Smettila di tirare! Bestia!»

«Animale! Chiamiamo gli assistenti sociali!»

«Violenza domestica!»

«Abusi su minori!»

Il fatto che conoscessero i significati di quelle parole mi preoccupava, ma non ebbi modo di pensarci su troppo, perché l'istante dopo Minnie si mosse nella cucina, tirò fuori dai vari cassetti coltello, forchetta e piatto, e si servì una fetta di torta, come se quella fosse casa sua. Addentò il primo boccone con il suo sguardo incazzato di sempre, tutto d'un colpo.

«Agatha» mi chiamò Max, e io lo guardai confusa, stava scrutando la sua ragazza con un sorrisetto più divertito che mai, «sei condannata.»

Perplessa, aprii la bocca per chiedergli cosa intendeva, ma la voce di Minnie mi fece sussultare sul posto. «Riccioli corvini» mi chiamò con tono severo, ed io tornai a fissarla. Aveva le sopracciglia così contratte, adesso, che sopra il naso si era formata una ruga a v, sembrava volermi uccidere sul posto. «Dammi subito il tuo telefono.»

Sbarrai gli occhi.

«C-Come?»

Lei prese un gigantesco pezzo della torta, se lo mise in bocca e lo divorò in fretta. Poi riposò il piatto sulla penisola e mi venne incontro a passo veloce, il rumore dei suoi tacchi sembrò quello di veri e propri zoccoli di legno. Sollevò una mano davanti a me, il palmo rivolto al soffitto. «Il cellulare» dichiarò, sempre con quell'espressione super incazzata, «dammelo subito.»

«Obbedisci, Agatha, ti conviene» mi disse Max, la voce sghignazzante.

«Io...» Sbattei le palpebre, perplessa. «A cosa... A cosa ti serve?»

«D'ora in poi io e te siamo amiche» sentenziò lei, durissima.

«Come?»

«Fottesega di chi cazzo sei. Se sai fa' dolci del genere, devi diventare mia amica per forza. Me ne sbatto i coglioni di chi sei figlia. Dammi il cellulare, ora

Non sapevo proprio come comportarmi.

«Il mio amore ha una vera e propria dipendenza dagli zuccheri, Agatha» mi spiegò Max. «La sua passione per i dolci è direttamente proporzionale al suo essere una grandissima stronza. Se sai fare i dolci, automaticamente diventi la sua anima gemella. Dopo di me, ovviamente.»

«Il cellulare» tuonò Minnie, ed io sobbalzai di nuovo. Aveva senz'altro un approccio molto strano per fare amicizia, lei. E davanti al suo sguardo feroce, il mio corpo agì da solo, sfilò dalla tasca della felpa il telefono, lo sbloccò e glielo porse in modo automatico, quasi fossi stata un robot.

Lei iniziò veloce a scrivere sullo schermo, l'attimo dopo, il cellulare che aveva nella tasca della giacca nera iniziò a squillare con la canzone...

Chipi chipi chapa chapa dubi dubi daba daba, quella del video virale del gattino che muoveva la testa a ritmo della musica.

«È dipendente anche dai gattini, ma lo sono anche io, lo confesso» continuò a spiegarmi Max, davanti al mio sguardo sempre più allucinato. «Ne abbiamo cinque in casa nostra: Biscottino, Fiorellino, Pasticcino, Tortellino e Lucciolina, l'unica femmina, quella che comanda sugli altri quattro.»

«Oh...» Non sapevo proprio che rispondere. Ripresi il cellulare che lei mi stava ridando indietro, mi accorsi che aveva già registrato il suo numero di telefono nella mia rubrica. «Sono... nomi... senz'altro... particolari.»

«Guarda che li ha scelti tutti lei, non io.»

Era davvero difficile a credersi, vista la faccia sempre adirata e il look dark gothic.

«Te l'ho detto» proseguì Max, mentre lei tornava alla penisola in fretta per finire la sua fetta di torta. Mi accorsi che se ne stava preparando una seconda da mangiare subito dopo, «potrà sembrare assatanata, sadica e stronza al massimo, e lo è eccome, credimi, ma c'ha anche un cuore puro come la prima rosa sbocciata in primavera. Il motivo per cui la amo così tanto.»

La situazione era così assurda che invece di trovarmi a disagio come al solito, mi scoprii a ridere. «Non... è vegana, lei?» chiesi a quel punto.

«Non ci riuscirebbe mai» rispose Max sereno, mentre assieme a me la osservava divorare la sua fetta di torta. «Il latte e le uova sono la sua vita, nonché ingredienti fondamentali del 95% dei suoi dolci preferiti, si asporterebbe le ovaie a mani nude piuttosto che rinunciare ad essi. Inoltre, la scelta di esse vegano è sempre stata mia, lei non c'entra niente. Non so' il tipo da imporre le mie posizioni sugli altri, men che meno la mia dolce metà.»

Sorrisi senza volerlo. Forse appariva un gesto scontato, ma la diceva lunga su quanto effettivamente rispettasse la sua ragazza e chi lo circondava.

Era... strano, stranissimo. Non capivo proprio cosa stava succedendo. Il mio mondo era crollato quattro anni fa e da allora non avevo contemplato nemmeno la possibilità che qualcuno avrebbe potuto avvicinarmisi così, anche solo per poter avere i dolci che io cucinavo.

Amica.

Il cuore mi si riempì di pietre, nel ripensare a quella parola.

La sola amica vera che avessi mai avuto era sempre stata Betsy, la mia sorella, una parte della mia famiglia, per me.

La stessa che era morta a causa mia, per mano di mio padre.

Ricordarlo fu sufficiente per far sparire la nebbia di confusione, per permettere al pentimento e la vergogna di ritornare a farsi stabili e solidi, materia, nel petto. Mi gravavano dentro, risucchiavano tutto come un buco nero, e più non riuscivo a pensare lucidamente.

Era la mia bambina! E tu me l'hai portata via!

Serrai la mascella e ogni mio muscolo, con la voce di Joanne che mi latrava in testa e le lacrime già a infiammarmi gli occhi.

Che stavo facendo?

Cosa stavo combinando?

Stavo di nuovo dirottando lontano dalla mia strada di espiazione, stavo di nuovo mancando di rispetto a Betsy e a tutte le vittime di mio padre. Ancora una volta, mi ero dimenticata del debito che dovevo finire di scontare con Dio e mi ero concessa il lusso di divertirmi quando ne ero del tutto immeritevole.

Mi ero scambiata il numero di telefono con una ragazza che aveva detto di volermi essere amica, come se nulla fosse, come se quella che era stata la mia prima e più grande amica non fosse stata uccisa proprio perché tale.

Ed era umiliante, così umiliante, rendersi conto che una parte di me ne era stata felice, quasi si fosse già dimenticata di tutti i crimini e i peccati che avevo commesso, il desiderio che avevo espresso.

Dio me l'avrebbe fatta pagare cara, per quello.

Mi risistemai i capelli sotto il cappuccio, mi infilai veloce la mascherina presa dalla borsa, sbattei le palpebre più e più volte per ricacciare indietro le lacrime. «Adesso...» dissi, schiarendomi la gola, incapace di guardare qualunque persona attorno a me, «devo... devo tornare a casa. Buona... Buona serata.»

Non ebbi coraggio di vedere le espressioni degli altri, pur sentendo i loro sguardi sulla schiena, in particolar modo quello di Dante. Li ignorai, però, e avanzai a passo veloce verso la porta d'ingresso, la aprii e scappai via.

Avresti dovuto realizzare il progetto che Dio aveva per me.

E invece sei uscita così: contaminata.

Sei solo veleno, tu.

Qualunque cosa tocchi...

La infetti.









«Agatha.»

Mi fermai con la fiamma dell'accendino proprio sulla punta della sigaretta, a bruciarla così come mi bruciavano gli occhi.

Perché ogni volta doveva sempre raggiungermi lì, fuori dal portone? Perché doveva sempre farlo quando mi sentivo più male? Stavo facendo di tutto per trattenere le lacrime, per non scoppiare in un pianto a dirotto, se fossi crollata proprio davanti a lui, sarebbe stato umiliante come non mai.

Dentro avevo bestie e animali che avevano reso le mie viscere la loro giungla, latravano, dilaniavano, squarciavano, ed io non potevo nemmeno lasciarle uscir fuori, non potevo nemmeno concedermi il lusso di soffrire, perché anche quello era sbagliato, anche quello non andava bene.

«Non... me ne sto andando per te, davvero» gracchiai, dopo aver aspirato avida dal filtro, «ho solo... solo un po' voglia... di starmene a casa, tutto qua.»

«Ti riaccompagno alla macchina.»

Mi sentii diventare pesante quanto una montagna, i piedi incastrarsi al terriccio rotto della stradicciola. Avrei voluto ripetergli per la millesima volta che non ce n'era bisogno, che non si doveva forzare ancora per conoscermi, che tanto non ne valeva la pena, ma ero stanca, troppo stanca, i pensieri, i sensi di colpa, avevano stracciato tutta la mia anima in un istante, come se avessi finito di correre la maratona più lunga del mondo e nemmeno la mente potesse restare lucida.

Buttai la sigaretta appena accesa per terra, mi risollevai la mascherina, bisbigliai a stento un «Ok» e cominciai a marciare in avanti, usando quel poco di energia e forza che mi erano rimaste per poter mettere un piede davanti all'altro, spostare le gambe, sollevarle, mandarle in avanti, e nell'udire il rumore dei suoi passi all'improvviso alla mia sinistra dovetti appellarmi ad ancora più forza ed energia.

Non osai parlare, avevo il terrore che se avessi pronunciato anche solo una sillaba, sarei esplosa in lacrime, e non volevo che lui mi vedesse in quel modo. Non volevo che nessuno mi vedesse in quel modo. Sapevo bene cosa la gente pensava, quando mostravo il mio dolore, ne ero più che consapevole.

C'era chi diceva che era l'ennesima recita e chi invece sosteneva fossi solo un'ipocrita, ad agonizzarmi così quando avrei potuto far qualcosa prima, quando avrei potuto salvare la mia amica.

C'era chi chiamava le mie lacrime di coccodrillo, e chi le definiva il pianto della vipera che non è riuscita a finire di avvelenare la sua preda.

C'era chi mi diceva che non meritavo neanche quello, neanche quella sofferenza.

Non sei tu la vittima di questa storia, lo sai, tuonava la gente, e sapevo che era vero, che aveva ragione.

Non ero io quella che era stata rapita, torturata e uccisa.

Non ero io quella che aveva perso la vita.

Così fissai lo sguardo in basso, alle mie mani di nuovo con le dita intrecciate tra loro, ad ascoltare i suoni dei nostri piedi che marciavano in avanti, ma il mio cuore rimaneva indietro, a quel giorno di quattro anni prima, lì stava ancora, in quella maledetta sala interrogatori, davanti alle immagini di tutte quelle foto.

«Quindi sai fa' anche piatti vegani?»

La domanda improvvisa di Dante fu così inaspettata da riuscire a strapparmi via dalla voragine di follia in cui stavo sprofondando.

«Oh» esalai alla fine, dopo essermi schiarita la gola. «Sì, io... conosco parecchie ricette... ho dovuto impararle per alcune occasioni... ed erano interessanti da fare quindi...» Mi bloccai, con un groppo tremendo a dilatarmi la gola. «Betsy» pronunciare il suo nome ad alta voce fu come strapparmi il cuore a mani nude, «aveva molti... amici vegetariani e vegani. Lei, sai, era una che... si circondava di ogni genere di... persona, e quando capitavano le occasioni... in cui festeggiavamo tutti insieme, tipo capodanno o il quattro luglio... bisognava preparare anche per loro, perciò...»

Mi morsi il labbro. Non sapevo spiegarmi nemmeno io perché avessi pronunciato così il nome della mia amica, proprio in sua presenza, lo stesso ragazzo che mi condannava per andare a trovare mio padre. Ma il bisogno viscerale di poterla ricordare ad alta voce, di potermi assicurare che qualcuno sapesse che c'era stata, che era esistita nella mia vita e il ruolo fondamentale che aveva ricoperto, aveva sovrastato qualsiasi timore e paura di essere ancora giudicata da lui.

Non ebbi cuore di guardare che espressione avesse assunto il suo viso, sentii solo i suoi occhi addosso. «Lei non lo era?»

Torturai le dita. «No» risposi con grande fatica. «Provò la dieta vegetariana... per circa sei mesi, quando aveva diciassette anni, ma... fallì miseramente. Non... mangiare più carne le andava bene, ma il pesce... il pesce lo adorava alla follia, non fu in grado di rinunciare ad esso. Uno dei suoi piatti preferiti era... l'orata al sale. E i frutti... di mare crudi, per quelli impazziva proprio. Specie le ostriche.»

Era la prima volta che parlavo di lei a qualcuno, da quando tutto era successo, qualcuno che non fosse la polizia, e non in merito alla sua morte, al rapimento, a mio padre, ma alla ragazza che era stata un tempo. Non l'ultima vittima di Lawrence Reid, bensì Betsy George, una ragazza qualunque, come tante ce ne sono al mondo.

La mia migliore amica.

Le lacrime tornarono a calcificarsi negli occhi, le ricacciai giù nella gola, sollevandomi la mascherina per cercare di nascondere più viso possibile. «Minnie» gracchiai, «un po' me la ricorda.»

«Era acida come lei?»

Mi sfuggì una risatina, mentre il cuore urlava e piangeva. «No» sussurrai. «Ma anche Betsy... quando vedeva qualche ingiustizia, tendeva a usare la violenza. Era un prodigio... dei calci volanti, sin da bambina. Non ho mai capito... come li avesse imparati. Lei diceva che era un talento naturale, ma sospetto... che di nascosto si allenasse per darli.»

«Sarebbe andata d'accordo con le due bestie, allora.»

Sorrisi senza volerlo, con lo strazio a maciullarmi il petto. «Li avrebbe adorati senz'altro» confermai. «L'ho pensato subito... appena li ho incontrati la prima volta. Anche loro le somigliano un po', soprattutto... la totale mancanza di voglia di studiare.»

Proseguimmo in silenzio, a passo lento, mi chiesi se ancor più mi condannasse per andare a trovare mio padre, ora che sapeva di più sul mio rapporto con Betsy, o se invece, come molti, pensava che in realtà non l'avessi mai davvero amata come dichiaravamo quando ancora era in vita.

Forse era meglio cambiare argomento.

Ricordai quanto mi era imposta di fare poco prima, e sebbene mi vergognassi tantissimo per quello, visto come ero esplosa nei suoi confronti qualche ora fa, riuscii comunque a trovare la forza per dirgli: «Per quando... hai bloccato Max dall'urlare... grazie.»

Di nuovo sentii i suoi occhi su di me, e così fissai con voracità le mie mani sul grembo.

«Non ti preoccupare» rispose alla fine, «quello lì è un coglione fatto e finito, manco sa cosa dice la maggior parte del tempo, è così da che è venuto al mondo. Si starà zitto, però. Non è il tipo che va in giro a sparpaglià notizie, e se lo facesse Minnie lo pesterebbe a sangue prima ancora che lo faccia io.»

Sorrisi ancora. Davano tutta l'aria di essere quel tipo di coppia.

«Io e lui eravamo vicini di casa da bambini» proseguì, sorprendendomi. Non mi aspettavo volesse condividere così il suo passato, non con me, almeno. «Poi, quando mia madre ha avuto i due flagelli del demonio, ci siamo trasferiti in un altro appartamento.»

Riflettei su quanto mi aveva appena detto. Dante e i gemelli avevano quindici anni di differenza e padri diversi, e Dory e Dorian non avevano parlato bene di nessuno dei due, ma non sapevo altro in merito alla loro situazione familiare. Supposi però che il colore degli occhi, l'unico tratto fisionomico che li accumunava, lo avessero ereditato proprio dalla loro madre, il solo genitore in comune che avevano.

Di nuovo mi chiesi se la famosa Jane fosse proprio la madre. Le probabilità erano elevate, se ci riflettevo, visto che, citandola, Rosemary aveva parlato anche dei gemelli. Forse il motivo per cui Dante condannava così tanto le persone che non riuscivano a staccarsi da qualcuno che le feriva era proprio lei, la relazione che aveva avuto col padre dei suoi fratellini.

Ma non volevo chiedere nulla in merito a ciò, non mi riguardava, in fondo, e per quanto potesse apparire squilibrato il fatto che invece lui sapeva così tante cose sul mio conto, in realtà non lo era affatto. Di me conosceva solo ciò che veniva detto dalla telecronaca, non la realtà, ed era proprio quello il problema, il motivo per cui faticavo così tanto a parlargliene.

«È un tipetto... particolare, Max» mi ritrovai a dire invece. «Anche Minnie... lo è.»

«Uno è un coglione, l'altra un'immensa stronza» mi corresse, mentre scendevamo i gradini che davano verso il parcheggio della macchina. «Ma Minnie è una che ci sta con la testa, quando non fa la stronza, te puoi fida' di lei.»

Un'altra fitta mi travolse, mi parve di sprofondare in un oceano di tenebre così dense da non poter nuotare per risalire in superficie. «Non saprei» mormorai alla fine, grazie al cielo eravamo giunti alla mia macchina. Iniziai a cercare le chiavi dentro la borsa. «Io... come detto, non me la cavo molto... con le persone.»

«Con quei due flagelli te la cavi, e direi fin troppo bene.»

Finalmente trovai le chiavi, aprii la macchina col pulsante, e proprio in quel momento un gigantesco riccio, fuggito dalla prigione del cappuccio, mi balzò davanti agli occhi. Dopo essermi assicurata che nel parcheggio non ci fosse nessun altro a parte noi due, liberai di nuovo i capelli e mi tolsi la mascherina, per poterli risistemare meglio una volta per tutte.

«Non è merito mio» spiegai senza pensarci su molto, troppo occupata in quell'operazione difficilissima, «sono loro che sanno prenderti. Hanno un potere straordinario di risollevare il morale anche agli animi più cupi. Potresti proporli come sorta di pet-therapy per chi è ricoverato in ospedale. Una twin-therapy.»

Un altro riccio mi balzò davanti. Forse era per via dell'umidità di quel pomeriggio tardi, supposi, mentre lo risistemavo dietro.

«Come minimo farebbero schiattare il primo malato oncologico dal portafogli pieno che trovano, dopo averlo convinto che tutti i suoi parenti so' deceduti e aver fatto mettere i loro nomi sul suo testamento.»

Non riuscii a trattenermi, l'immagine di una simile scena mi invase la mente e annullò l'orrendo mostro che mi stava squarciando lo stomaco. Alla vista di Dory e Dorian che con il loro fare teatrale e melodrammatico annunciavano al povero malato di essere i soli affetti rimasti per lui, scoppiai in una fragorosa risata, con un riccio tra le dita. Potevo benissimo vedermi Dory che fingeva uno svenimento e Dorian che lacrimava distrutto al suo funerale, per poi, in segreto, andarsi a contare con la sorella i soldi che avevano ottenuto grazie a quella truffa.

«Potrebbero fare gli attori, da grandi» proposi, ancora scossa dalle risa. Finalmente riuscii a sistemarmi i capelli, risollevai il cappuccio per nasconderli. «Ce li vedo bene, sarebbero-»

Mi accorsi troppo tardi di aver sollevato lo sguardo per incrociare il suo, e quando vidi quant'era stupito, stupefatto del tutto, realizzai a mia volta il sorriso gigantesco che mi stava sollevando le labbra. Il rossore arrivò subito, come un'infezione ad ammalarmi fino alle dita delle mani.

Ora che ci riflettevo, stava vedendo la mia faccia scoperta del tutto, ed era da un bel po' che non lo faceva, forse addirittura dal nostro primo incontro;  non c'era da stupirsi che fosse così scioccato: ero più che consapevole delle condizioni pietose in cui mi trovavo, io che di mio già avevo un aspetto tutt'altro che bello.

La vergogna mi tinteggiò ovunque, afferrai di scatto la maniglia della portiera e spalancai quest'ultima, dandogli subito le spalle. «C-Comunque» balbettai in panico, «adesso vado, ci sentiamo... domani. Buona serata.»

Non gli diedi il tempo di rispondere, entrai in macchina l'attimo dopo, mentre dentro di me mi pugnalavo più e più volte.

Mi accorsi solo una volta entrata nel mio appartamento che quel dolore acuto al petto – quell'orrenda sensazione di avere oscurità solida e cancerogena in cuore – si era affievolito abbastanza da permettermi di tornare a respirare normalmente.








Nota autrice pt. 2

L'avete sentito anche voi?

Era la prima freccia de Cupido (Dory e Dorian, obv), che ha colpito er nostro Dante nell'attimo in cui la dolce pulzella che lo sta ad evita' come io evito i convegni dei terra piattisti gli ha sorriso e riso per la prima volta.

+ 100 punti solo per questo. Nati dal desiderio inconscio che ha avuto - ve lo dico io perché lui è de coccio - e l'ha fatto pensa: "Voglio falla ride più spesso."

Me disp, Dante, dirti 'na cosa però.

Non ha riso per te. Ha riso per merito dei gemelli.

C'hai ancora de strada da fare.

Poi, aggiungiamo:

+ 50 punti per i complimenti fatti a Dorian e Dory

+ 50 punti per il fatto che Agatha è una ragazza che, per il bene di persone che neanche conosce così bene - gli amici di Betsy - si è impegnata a imparare ricette vegane e invece che criticarle subito, si è interessata comunque alla loro filosofia etica e morale dietro.

+ 50 punti perché Agatha ricorda anche i dettagli più banali della sua vecchia amica Betsy, mostrando così quanto le volesse davvero bene.

+ 50 punti perché... *rullo de tamburi*
Ha capito subito quanto Agatha stesse soffrendo, davanti all'ordin-ahem, richiesta di Minnie di diventare amiche. Gli è scattato il senso de protezione, che ce volete fa, è un bedde boih, in fondo.

Giungiamo al punteggio di Agatha:

- 40 perché l'ha voluta riaccompagnare - lei non c'aveva voglia di stare con nessuno in quel momento, figurarsi lui che lo vuole evitare.

+ 30 perché appena Max s'è avvicinato, Dante lo ha allontanato subito.

+ 70 perché Dante le ha permesso FINALMENTE di parlare di Betsy con qualcuno - vi ricordo che non l'ha più potuto fare da quando è morta, con NESSUNO.

+ 90 perché, come detto nell'ultima frase, il dolore acuto al petto si è affievolito. E in parte sa anche che è merito suo.

Riassumendo:

Agatha: + 1200 (agli occhi di Dante)

Dante: + 30 (agli occhi di Agatha)

AZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ
(ormai sta parola è un MUST quanto lo è prendere per il culo Dante)

Vabbè, oh, però ALMENO adesso Dante non è più in negativo, dai!

...

Per ora.

Ripeto: no, questo NON significa che Dante s'è innamorato perso de Agatha. Vedrete, fidatevi de me, ve ne accorgerete subito, nel caso ciò accadesse, credete a MOIS.

Passiamo poi agli altri punteggi:

Minnie: + 300 (agli occhi di Agatha)

Sì.

S'è beccata più punti Minnie in una botta sola che Dante in tremila capitoli, ma voglio di', è normale eh.

Minnie NON L'HA CHIAMATA PLURIOMICIDA.

Quindi sì, ce sta.

Max: + BOH (agli occhi di Agatha)

Ancora non l'ha capito bene a quel coglione.

E forse è proprio per il fatto che è coglione che non l'ha capito.

Ma vedrete, Muffins, sia Minnie che Max ricopriranno i loro ruoli importanti per tutti e due 'sti disagiati. So che in apparenza sembrano la classica coppia "lei che mena lui che è sottone al massimo per la sua dolce metà", ma ormai mi conoscete, no?

Sapete quanto io amo giocare con gli stereotipi e poi rivoltarli.

C'è un motivo se Minnie sta con Max, credeteme.

Minnie - da me definita come seconda BEST GIRL EVAH dopo Betsy - è come detto nei commenti un tipetto MOOOOOOOOOOLTO particolare, e avrà tanto da dire e da fare. Ha a sua volta una storia alle spalle che l'ha trasformata in quella che è ora (anche se il suo carattere di merda da stronza bastarda è piuttosto innato) e ci stanno tanti motivi dietro sul perché ha reagito in quel modo, sul perché ha difeso Agatha e sul perché se ne fotta ALTAMENTE di chi è lei.

Perché non so se l'avete capito, Minnie avrà un ruolo molto importante per Agatha.

Ve do una chicca, un dietro le quinte che non v'aspettereste mai:

Minnie ed Agatha, queste due ragazze, avrebbero dovuto avere i nomi invertiti.

Il primo nome che diedi ad Agatha, quando pensai a lei, fu proprio MINNIE.

E il primo nome che diedi a Minnie, quando pensai a lei, fu proprio AGATHA.

Ma non me convinceva, per varie ragioni.

Il personaggio di Minnie, come ormai avrete intuito, è una ragazza che è stronzissima, bastardissima e velenosissima, che però c'ha un cuore buono in fondo.

Molto in fondo.

Molto, molto, molto in fondo.

E non so, me faceva sganasciare l'idea de 'sta ragazza tutta coi coglioni, incazzutissima, che se chiama MINNIE, lo trovavo più adatto di Agatha.

Inoltre, Agatha era anche il nome di Agatha Christie - una delle mie scrittrici preferite - e così ho voluto fare questo scambio per approfittare della cosa e far sì che a darle questo nome fosse proprio SUO PADRE, in onore di tale scrittrice, in quanto grande amante dei gialli.

Che di per sé non vuol dir nulla, ma se sai che è stato LAWRENCE a darle questo nome e le ha dato proprio il nome di una scrittrice di GIALLI...

Beh.

Fa il suo effetto FAIGO, almeno per me.

Quindi, alla fine, ho invertito i nomi.

Ed IRONIA DELLA SORTE, indovinate cos'ho scoperto dopo 'sto scambio? Me so andata a cercare il significato dei nomi (un altro mio fetish, ormai lo sapete) e sapete che vogliono dire?

Agatha = buona, nobile, gentile

Minerva = saggezza, intelletto, comprensione

Me so detta: È DESTINO, STO SCAMBIO S'HA DA FA, COSTI QUEL CHE COSTI

Perciò Minnie è diventata Agatha e Agatha è diventata Minnie.

Dante è sempre stato Dante, invece, me disp.

Coglione prima e coglione anche mo'.

Destinato, ormai mi pare evidente, a una cotta stratosferica per cui dovrà lottare COI DENTI E COL SANGUE per riuscire ad essere ricambiato.

Dante, amore mio, facemo tutti il tifo per te, te lo giuro (tranne Agatha)

Aggiungo anche qui quanto detto in alcuni commenti:

Perché Dante non ha capito subito la reale natura del suo interesse per Agatha?

Penso che ormai si sia compreso, ma sapete quanto amo fare le mie analisi-pipponi post capitolo, perciò eccoci qua.

Ricordate tutte le cose che hanno detto i gemelli in merito alle precedenti relazioni di Dante e al perché secondo loro Agatha andrebbe bene per lui?

Dante, come ormai si sarà compreso, è un tipo MOLTO popolare con le ragazze. Lo è sempre stato in quanto gnoccolone, quindi è abituato al fatto che sono prima le ragazze ad essere interessate a LUI e che lo avvicinano proprio per questo, non il contrario. L'interesse che sviluppa il nostro BEDDE BOIH è SEMPRE secondo a quello che sviluppano prima le fanciulle che gli vanno dietro.

Questa è la prima volta che il nostro BEDDE BOIH tatuato si ritrova lui a sviluppare PER PRIMO una forma di interesse nei confronti di una ragazza, e non il contrario, e proprio a causa de ciò, essendo lui testa de coccio massima 100% - abituata sin da sempre a ruoli invertiti - fatica di più a comprendere la reale natura di tal desiderio appena sviluppato.

Detta in modo papale: proprio perché è da sempre abituato all'idea che sono le ragazze le prime ad andargli dietro, e lui a rispondere alle loro attenzioni, mai gli è capitato di essere il primo a farlo, mai ha contemplato la possibilità che un giorno questo accadesse. Perciò - da bravo testa de coccio massima - confonde questo suo interesse per Agatha (palesemente amoroso agli occhi di tutti tranne i suoi e quelli di Agatha stessa) per un interesse AMICHEVOLE.

Come già spiegato in una nota autrice, Dante NON È uno tsundere, non è Ruben che ha difficoltà a comprendere i propri sentimenti, semplicemente è uno che ha vissuto da tutta la vita in un modo e per tal motivo fatica a concepire situazioni opposte a quelle che gli si sono presentate finora.

Dante, come di sicuro avrete visto, c'ha due grossi "difetti" (possono diventare anche pregi, a seconda delle situazioni): la testa de coccio e l'immenso orgoglio.

Il primo è la causa principale per cui lui adesso scambia l'interesse amoroso per Agatha per uno amichevole.

Il secondo, invece, è quello che l'ha SEMPRE portato a fare tutto quello che vuole fare, a prendersi tutto quello che desidera, proprio perché orgoglioso e quindi smanioso di ottenere quel che vuole.

E si è potuto vedere coi capitoli precedenti. Vi ricordo che al momento Dante è certissimo di voler conoscere Agatha e approfondire la loro relazione con un fine amichevole, e comunque, pur essendo tale fine "semplicemente" amichevole ai suoi occhi, sta a fare di tutto per riuscire a realizzarlo (esempio: scene comiche lei che scappa - lui che la insegue a qualsiasi costo, al punto da tornare prima da lavoro usando i gemelli come scusa)

Da qui potete comprendere un altro aspetto del suo carattere, da lui sottolineato pochi capitoli fa: se vuole fare una cosa e la vuole ottenere, la fa a qualsiasi costo.

Potete perciò già immaginare come si comporterà quando finalmente capirà che Agatha gli interessa da un punto di vista amoroso. Se sta a fare di tutto solo per un fine amichevole, figurarsi per uno romantico.

Come specificato una volta, io AMO alla follia quando è il masculo alfa a dover inseguire la donzella e a fare di tutto per riuscire a conquistarla.

Con questo libro, ho potuto realizzare un simile desiderio.

Perché ormai conoscete bene anche Agatha, avrete già capito chi darà più "problemi" per la realizzazione di questa coppia.

Dante è "semplicemente" testa de coccio, Agatha invece è terribilmente compromessa a livello emotivo. E per tantissimi fattori qua sotto spiegati:

1) La sua afefobia: la causa principale per cui sin da ragazzina Agatha subito ha rinunciato alla possibilità di avere una relazione. Ci ha proprio messo un'intera catena montuosa sopra, CERTISSIMA che mai riuscirà a superarla con un ragazzo abbastanza da poter avere forme di contatto fisiche con lui. Il motivo per cui ha sviluppato una passione folle per i BEDDE BOIH tatuati e gli yandere, il solo modo che aveva per amoreggiare per qualcuno.

2) L'odio viscerale che prova per sé stessa: Agatha non ha "solo" una bassa autostima. NON HA PROPRIO UN'AUTOSTIMA. Ha un'opinione così orrenda di sé (non dovuta soltanto al fatto che ora il mondo la odia e ai crimini del padre) da non riuscire neanche a vedere le sue qualità come tali, ANZI, gran parte delle volte le vede come motivo di vergogna invece che di vanto (esempio: il ricettario che ha creato da quando era piccola e aveva solo dieci anni)

Non riesce nemmeno a concepire l'idea di poter piacere a un ragazzo qualsiasi, certa com'è di essere un mostro, di essere brutta e di non essere minimamente interessante. Figurarsi poi se riuscirebbe mai a concepire la possibilità di interessare a un uomo bello come Dante. Per lei è proprio una cosa impossibile e che MAI potrebbe accadere. Ed è il motivo principale per cui ancora adesso confonde le attenzioni che le dà Dante e le scambia come un suo tentativo di "controllarla" in quanto tuttora sospettoso di lei.

Mi preme sottolineare il fatto che Agatha ancora adesso non si spiega perché Betsy le volesse così bene, perché anche quando la sua migliore amica era in vita, Agatha si riteneva indegna del suo affetto.

Non vede sé stessa in modo oggettivo, l'odio che prova nei suoi confronti è troppo radicato. Quindi... secondo voi, riuscirebbe mai davvero a credere o anche solo ipotizzare la possibilità che Dante, uno gnoccolone del genere, possa provare qualcosa per lei?

Solo quanto successo alla fine di questo capitolo ne è la prova. Appena ha visto quant'era stupito Dante nel vederla ridere in quel modo, ha subito dato un'accezione negativa a tale stupore da parte di lui: ha pensato immediatamente fosse dovuto al fatto che l'ha vista in viso per bene e si è reso conto di quant'è brutta (così si definisce lei), non ha manco contemplato la possibilità che lui fosse rimasto sorpreso perché lei gli ha riso sinceramente per la prima volta.

3) I suoi IMMENSI sensi di colpa: anche questi dovuti non solo a quanto fatto da suo padre, ma pure dal suo segreto. Agatha è certa che Dio la sta punendo per il desiderio che ha espresso anni e anni fa, e che continuerà a farlo, se lei si affezionerà troppo a qualcuno - motivo per cui in questo capitolo è scappata via alla richiesta di Minnie di diventare amiche.

Aggiungendo poi quelli che il mondo le ha ficcato in testa, tali da farle credere di non meritare nemmeno di essere felice e di doversi vergognare per star vivendo "una vita normale" in compagnia dei gemelli e ridendo grazie a loro, è messa MALE MALISSIMO.

Di nuovo, secondo voi, come reagirà SE dovesse capire di essere il soggetto dell'interesse amoroso di Dante? Al momento è ancora a disagio con lui, sì, ma SE dovesse riuscire a superare questo disagio e a sviluppare a sua volta una vera e propria attrazione per lui, secondo voi riuscirà subito a seguire tale desiderio, una volta aver compreso di essere ricambiata?

...

Già.

Perciò, come già detto, la strada sarà molto tortuosa, soprattutto per Dante.

Lui è uno di quelli che fa di tutto per ottenere ciò che desidera.

Agatha è una di quelle che neanche ci prova a lottare per ciò che desidera, in quanto si ritiene immeritevole di ciò.

Potete da qui comprendere molte cose su come si svilupperà il loro rapporto.

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