capitolo 4
So many bright lights that cast a shadow
Sherlock
Sono coricato di pancia sul divano, la faccia affondata in un cuscino, il braccio sinistro lungo il corpo e con l'altro impugno la pistola. Cerco di centrare la faccina sorridente sul muro con i proiettili.
Noia. Noia. Noia.
In quel momento John entra nel nostro appartamento coprendosi le orecchie con le mani. Deduco che dalle borse che porta è andato a fare la spesa ma ha avuto dei problemi con il codice barra sulle patatine, vista la sua faccia.
L'orologio segna le 10:30, accipicchia quanto passa veloce il tempo quando ci si annoia. John appoggia le borse sul tavolo della cucina e poi mi si piazza davanti:
"Allora Sherlock, lo so che ti annoi ma devi smetterla di sparare contro il muro!"
Il mio coinquilino allunga la mano:
"Ora dammi la pistola."
Sbuffo e gliela passo, quindi lui se la mette in tasca, va in cucina e apre il frigo per metterci dentro le arance. Forse dovrei dirgli del piede nel freezer prima che lo apra per mettere le pizze surgelate.
"John ho bisogno di un caso. Ora."
"Hai guardato sul blog?"
Mi alzo sbadigliando e sistemandomi la camicia e accendo il suo computer.
"Senti un po' qui. Oliver, 43 anni, mi chiede di scoprire con chi lo sta tradendo la moglie. E io cosa dovrei farci con questi casi!"
Prendo il computer e lo lancio come un frisbee sul divano seguito da John che subito accorre in salotto e mi guarda arrabbiato.
"DATTI UNA CALMATA SHERLOCK È IL MIO COMPUTER E TU NON LO LANCI COSÌ!" John si piega sotto la sua poltrona e mi allunga un pacchetto di sigarette.
"TIENI SE VUOI PUOI ADDIRITTURA PRENDERNE UNA BASTA CHE TI CALMI!"
"Perdonami. Ho poco controllo personale."
E il mio piano ha funzionato. Sapevo che il nostro caro vecchio John avrebbe finito per darmi le sigarette se lanciavo il suo computer.
Lui lo raccoglie e lo rimette sul tavolo mentre io infilo il pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni.
Ma in quel momento un suono annuncia che c'è una notifica sul computer.
"IL BLOG JOHN!!!"
La sua faccia esprime rassegnazione e seccatura. Colpa mia. Come al solito.
Mi butto sulla sedia davanti al computer ed effettivamente vedo che c'è una nuova richiesta sul blog di John.
Caro signor Holmes.
Mi chiamo Eile Winchester, ho 25 anni e sono stata rinchiusa in un ospedale psichiatrico sull'isola di Wight quando avevo 13anni. Dodici anni fa un uomo ha massacrato la mia famiglia, dato fuoco a casa mia e mi ha lasciata tra le fiamme con l'arma del crimine in mano. Inutile dirle che sono stata considerata colpevole e rinchiusa qui dentro. Il caso è stato chiuso dopo che la polizia ha ritenuto che avevo ucciso io tutti. Ma il caso quello vero è ancora aperto, data la mia innocenza. Prima di tutto dovrei uscire di qui. Aspetto una sua risposta per indagare sul mio caso.
"I poliziotti sono tutti degli emeriti idioti." mi dice John, che ha letto la richiesta da dietro la mia schiena.
"Ma Sherlock siamo sicuri che sia davvero sana di mente?"
"Insomma John, le emozioni celate nel testo! Questa ragazza è determinata e arrabbiata, tutto tranne che pazza."
"Tu cosa ne sai di emozioni?"
"Niente appunto."
Infilo il mio cappotto nero e la sciarpa blu.
"Il gioco è appena iniziato John."
"Sherlock dove stiamo andando?"
Sorrido.
"Sull'isola di Wight."
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