capitolo 3
Eile
E sono di ritorno dal terapista.
Ma stanotte ho sognato qualcosa di diverso per la prima volta dall'incidente.
Io ero qui,c'era l'uomo in grigio che dava fuoco ai miei capelli ridendo mentre io guardavo l'ambulatorio bruciare dalla poltrona dei pazienti. Ma una mano si posava sulla mia spalla e una voce profonda mi diceva: "Non è finita Eile." Mi giravo e un'ombra nera faceva a botte con l'uomo in grigio.
Ma non dico tutto questo all'ometto nel camice bianco seduto davanti a me, perché oggi mi rifiuto di parlare.
"Eile lo sai che non puoi stare in silenzio durante tutta la seduta?"
Sorrido.
"Invece si che posso."
Dopo un tempo che mi sembra un'eternità, a stare seduta in totale silenzio le infermiere mi riaccompagnano in camera, dove mi siedo sul letto e inizio a suonare Bohemian Rhapsody.
Forse sono davvero pazza, una pazza omicida. Forse mi sono davvero convinta io stessa di essere innocente. Forse il mio terapista ha ragione.
Ma è anche vero che forse posso essere salvata. Forse Sherlock Holmes può provare che avevo ragione per tutto questo tempo.
Avevo solo tredici anni quando ho perso tutto, quando mi svegliai in questo stesso letto con le braccia ustionate dalle fiamme e le manette. Quando mi accusarono di aver ucciso la mia famiglia e di essere una psicopatica.
Psicopatica forse ma assassina di sicuro no. Ok, forse neanche psicopatica adesso che ci penso, sarò strana ma non sono una psicopatica.
Allora non smetto di suonare fino a quando fuori è buio e tutti dormono e quando non sento più un rumore, scassino la porta chiusa a chiave con il mio fermaglio per capelli.
Che cretini, mi lasciano in camera di notte con un fermaglio ma non con il cellulare. Non ci avevano pensato. Una volta ho fatto un test, tre anni fa quando avevo l'influenza - non uno di quei test da rivista di gossip, un test sul sito dell'Oxford college- ed è saltato fuori che sono più intelligente del 60% della popolazione. Chiaramente devo fingere ogni giorno di essere stupida, anche se nei momenti di noia hackerando il cellulare ho imparato lo spagnolo, il francese e un po' di giapponese che è sempre utile.
Esco dalla stanza, attraverso il corridoio semi illuminato fino alla stanza dei documenti e scassino anche quella porta. La stanza dei documenti contiene una decina di scaffali alti fino al soffitto pieni zeppi dei documenti, cartelle cliniche e cellulari dei pazienti, rigorosamente in ordine alfabetico.
Tra le ultime lettere trovo quello che mi serve. Accedo al wifi, vado sul sito di Watson, scrivo una richiesta a Holmes e la mando. Poi elimino ogni traccia della mia passeggiata e torno in camera.
Finalmente sarò salvata.
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