If you can't take the heat, don't tickle the dragon (I)

Storia scritta per il 16° Italian P0rn Fest

Fandom: Kimetsu no Yaiba/Demon Slayer

Personaggi: Akaza/Kyojuro Rengoku

Prompt: Dragon!Rengoku e Dragon Slayer!Akaza


Sotto il sole cocente di mezzogiorno, Akaza aveva finalmente trovato una piccola radura riparata in cui riposare le membra e prendere un attimo di respiro. Quel giorno il caldo era davvero insopportabile e l'armatura da Dragon Slayer che aveva deciso di indossare per la sua nuova missione gli stava arrostendo la pelle lì dove era presente del metallo.

Arrivato in prossimità dei primi alberi, vagò con lo sguardo nel fitto del sottobosco finché le sue iridi chiare non intravidero i raggi del sole infrangersi contro uno specchio d'acqua cristallina e riflettersi sulla superficie appena mossa dal leggero venticello. Esultò felice e ringraziò mentalmente ogni divinità esistente per avergli dato modo di trovare quel lago alimentato da un fiumiciattolo che scendeva direttamente dalle fredde montagne innevate: un bagno rinfrescante era proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.

Si avvicinò a un grande masso posto poco lontano dalla sponda e lasciò andare la propria sacca da viaggio contro il terreno. Depositò anche la grossa e pesante spada che aveva portato con sé, liberandosi subito dopo di bracciali, corazza e spallacci. Un sospiro di sollievo abbandonò le sue labbra quando appoggiò le pezze dell'armatura sopra la pietra ruvida, sentendo la pelle accaldata venire percorsa dalla leggera brezza che lo fece rabbrividire piacevolmente. Non era abituato a quel tipo di vestiario. Raramente indossava ciò che veniva prodotto nella fucina del clan con le pelli e le squame dei draghi che aveva ucciso nel corso degli anni, ma quando aveva dichiarato di voler accettare quella missione, il Master era stato categorico.

Akaza era il miglior Dragon Slayer della zona, il più forte e il più agile, ma il drago che si stava apprestando ad andare a uccidere era conosciuto per essere il più grande di tutti i tempi. Chi aveva avuto la sfortuna di incontrarlo, non era più tornato indietro; chi l'aveva fatto, invece, raccontava di quanto fosse imponente quella bestia. Nessuno, in quegli anni, era riuscito a sconfiggere il grosso rettile alato, tanto che era entrato a far parte delle leggende popolari con il nome di "Dio dei draghi di fuoco". Proprio per quel motivo il Master aveva imposto ad Akaza di partire preparato e di non sottovalutare quella missione. Non voleva di certo perdere il miglior Dragon Slayer solo perché questi era una testa calda e affrontava quei mostri a suon di pugni, indossando nient'altro al di fuori di un paio di braghe in tela e una camicia altrettanto leggera.

Dopo essersi liberato dei cosciali e delle schiniere, decise di sfilare senza ulteriore indugio anche gli indumenti sottostanti, restando completamente nudo e pronto per tuffarsi in quell'acqua fresca che lo avrebbe rigenerato. Flettendo appena le braccia e le gambe attraversate dal grosso tatuaggio che aveva deciso di farsi imprimere sulla pelle quando era entrato a far parte dei Dragon Slayer, Akaza fece un balzo ed entrò nel lago facendo schizzare ovunque l'acqua di quello specchio cristallino che riluceva placido sotto i raggi del sole. Rimase sommerso per un lungo momento, nuotando fino a toccare il fondale e beandosi della meravigliosa sensazione di frescura che stava provando e che lo avrebbe rinvigorito totalmente nel giro di pochi istanti.

Odiava le armature e avrebbe davvero fatto a meno di indossare quella che il Master gli aveva indicato come più adatta per quell'incarico. Le squame che la rivestivano erano sì dure e capaci di proteggerlo da colpi mortali, ma erano anche pesanti e scomode, nonché ingombranti. Per uno che era cresciuto allenandosi nel combattimento corpo a corpo, abituato a doversi muovere con agilità e velocità, quel vestiario risultava davvero fastidioso. Lo rallentava e gli impediva di muoversi liberamente per come voleva – oltre al fatto che indossarlo con quel caldo torrido aveva come unico risultato quello di cuocergli la pelle peggio delle fiamme di un drago.

Restò sott'acqua ancora qualche minuto, dedicandosi alla cattura di alcuni molluschi e piccoli pesci da poter arrostire per il pranzo. Aveva portato qualche scorta di cibo, ma preferiva di gran lunga procurarsi da mangiare tramite la caccia e la pesca. Era decisamente molto più gratificante cuocere ciò che aveva catturato con fatica, con le proprie mani, rispetto al cibarsi di carne essiccata e sardine sotto sale. E poi la selvaggina aveva di gran lunga un sapore migliore, fresco ed invitante; nulla a che vedere con ciò che aveva nella sacca da viaggio.

Depositando poco lontano dalla sponda ciò che aveva pescato a mani nude, Akaza si immerse un'ultima volta per catturare un altro pesce da aggiungere al suo piccolo bottino, pregustando già il momento in cui lo avrebbe ripulito dalle interiora per metterlo a sfrigolare sul fuoco scoppiettante. Si tirò fuori dall'acqua con un movimento fluido, tenendo saldamente per la coda l'animale che continuava a dimenarsi nella sua mano nella speranza di potersi liberare e salvare dalla triste fine che lo attendeva. Il Dragon Slayer mosse un passo verso la riva, le iridi chiare fisse sulla grossa trota che era riuscito a prendere e un sorriso vittorioso sulle labbra, quando un ringhio catturò tutta la sua attenzione.

Akaza ebbe il tempo di spostare lo sguardo dal pesce verso ciò che aveva emesso quel suono minaccioso, prima di fare istintivamente un passo indietro e mettersi sulla difensiva: un grosso orso dalla pelliccia bruna rugliò con forza a pochi centimetri di distanza dal suo viso, spalancando le fauci e mostrando una dentatura affilata che sarebbe stata in grado di strappargli via il braccio con un solo morso. Quella bestia era davvero enorme, più grande e massiccia rispetto agli orsi a cui era abituato e che era solito uccidere con estrema facilità.

L'orso si mise in piedi sulle zampe posteriori e si lasciò andare ad un ulteriore urlo minaccioso, puntando Akaza e ciò che aveva in mano, evidentemente affamato e attratto dall'odore del pesce che aveva depositato vicino alla riva quasi servendoglielo su di un piatto d'argento. Il Dragon Slayer cercò di stare calmo e analizzare al meglio la situazione, tentando di trovare un modo per attraversare velocemente il grande lago e raggiungere le sue armi che aveva lasciato dall'altra parte della sponda. Correre lungo il margine di quella pozza naturale o attraversarla a nuoto era del tutto fuori discussione. Per quanto potesse essere agile e veloce, l'orso lo avrebbe raggiunto senza troppi sforzi con poche falcate, attaccandolo alle spalle e uccidendolo senza troppe cerimonie. L'unica opzione che gli rimaneva era quella di affrontarlo – seppur nudo e disarmato, confidava molto nelle sue capacità nel combattimento corpo a corpo.

Dopo aver passato al setaccio tutte le opzioni possibili e aver deciso di scontrarsi con il grosso mammifero, un ghigno si stampò sul volto di Akaza, in netto contrasto con lo sguardo serio con cui continuava a fissare la bestia. Sapeva che sarebbe bastato un passo falso per uscirne gravemente ferito – nel migliore dei casi –, ma quello non lo fermò dal lasciarsi pervadere dal brivido della lotta e dal prepararsi a lanciarsi contro quell'orso bruno. Piantò meglio i piedi nella fanghiglia dalle riva del lago e sciolse i muscoli delle spalle muovendo appena la testa da una parte e dall'altra, senza compiere movimenti bruschi per non far scattare l'animale nella sua direzione prima che potesse farlo lui.

Stringendo saldamente la trota nella mano, la lanciò contro l'orso con l'intento di distrarlo e crearsi un'opportunità per correre verso di lui e penetrare nella sua guardia. Il grosso mammifero afferrò al volo il pesce che gli era stato lanciato e ricadde sulle quattro zampe, permettendo così ad Akaza di scattare in avanti e approfittare di quella postura per salirgli in groppa e cercare in qualche modo di colpire i suoi punti vitali a suon di pugni e calci – sapeva che non sarebbe stato possibile uccidere a mani nude quell'orso alto quattro metri e grosso il doppio di due uomini adulti messi insieme, ma sperava di riuscire quantomeno a tramortirlo per correre a prendere le armi e finirlo in quel modo.

Il Dragon Slayer si mantenne in equilibrio sulla possente schiena dell'animale stringendo le cosce nude attorno ai suoi fianchi, sentendo la pelliccia appiccicarsi contro il proprio corpo bagnato d'acqua, cosa che rendeva ancora più difficoltoso mantenersi aggrappato per attaccarlo. Digrignando i denti per lo sforzo di restare ancorato e di non scivolare via dalla groppa della bestia, giunse le mani l'una contro l'altra e le strinse in un pugno. Alzando entrambe le braccia verso l'alto, si lasciò andare ad un urlo liberatorio e schiantò con forza gli arti contro la nuca dell'orso, nella speranza di colpirlo abbastanza forte da stordirlo e farlo stramazzare al suolo.

L'orso rugliò con ira e si alzò nuovamente sulle zampe posteriori, dimenandosi per cercare di liberarsi della cosa che lo aveva appena attaccato. Akaza cercò di aggrapparsi con le braccia al collo del grosso mammifero, provando a circondarlo per intero e stringerlo fino a soffocarlo, ma lo schianto improvviso della propria schiena contro il tronco ruvido di un albero gli fece mancare l'aria nei polmoni e perdere la presa. Rantolando in cerca di ossigeno, finì contro il terreno del sottobosco con un tonfo sordo e un fruscio di piante, sentendo la schiena bruciare per via dei graffi che si era sicuramente procurato a causa della corteccia che gli si era infilata dolorosamente nella pelle.

Ringhiò con rabbia e si tirò a sedere per ripartire all'attacco, carico di quell'adrenalina che gli avrebbe permesso di non badare troppo al dolore. Tuttavia, quando si mise nuovamente in posizione eretta, si ritrovò a sgranare le iridi chiare e a trattenere bruscamente il fiato, conscio del fatto che ormai non potesse fare più nulla per difendersi e uscire vivo da quella situazione: il muso dell'orso si trovava letteralmente a due centimetri di distanza dal suo viso ed emanava un forte tanfo di morte e putrefazione. La grossa bestia mostrò nuovamente i denti minacciosi con un urlo furioso e protese la zampa dagli artigli affilati verso l'alto, pronto a colpirlo. Da quella distanza, sarebbe stato impossibile per lui evitare di finire dritto nella traiettoria del poderoso attacco che l'orso avrebbe sferrato da un momento all'altro.

Akaza si diede mentalmente dello sciocco, trovando ignobile per un Dragon Slayer del suo calibro andare incontro a una fine del genere.

"Morire per colpa di un insulso orso troppo cresciuto".

Lo avrebbero deriso per generazioni, quando si sarebbe scoperto perché non aveva più fatto ritorno al suo clan. In anni di missioni, non aveva mai rischiato così tanto la vita come in quel momento. Nessun drago lo aveva messo alle strette in quel modo, né si era trovato a guardare la morte direttamente in faccia solo perché si era allontanato troppo dalle armi con cui avrebbe avuto modo di difendersi e salvare la propria pellaccia.

"Morire così è veramente da stupidi".

Mentre si preparava mentalmente a lasciare il mondo terreno per finire direttamente dritto tra le fiamme ardenti del Jigoku – era estremamente convinto del fatto che, una volta morto, non gli spettasse altro che un posto in prima linea tra le regioni di fuoco; in fondo, sin da quando era venuto alla luce, era stato etichettato come demone solo perché era nato con i canini già ben formati e appuntiti in bocca oltre che con un'insolita capigliatura rosa –, un forte ruggito si librò nell'aria, facendo tremare gli alberi e il terreno circostante come se fosse in corso una violenta scossa di terremoto. Akaza spalancò le palpebre all'inverosimile per la sorpresa e si sentì attraversare da un brivido di eccitazione pura, oltre che dai tremiti che sentiva propagarsi in ogni terminazione nervosa e rimbombargli nelle orecchie per via di quel fragore assordante. Puntò lo sguardo chiaro verso il cielo e ghignò, sentendo la familiare frenesia della caccia prendere possesso di ogni cellula del suo corpo.

L'orso ricadde nuovamente su tutte e quattro le zampe, lasciando perdere l'iniziale intento di attaccare Akaza e guardandosi attorno con il terrore ben visibile nelle iridi marroni. Dandogli le spalle, l'animale ignorò definitivamente il Dragon Slayer e si lanciò di corsa nella direzione opposta, diretto verso il fitto bosco che si vedeva al di là del grande lago cristallino. Forse il mammifero aveva capito che qualcosa di decisamente molto più grosso e pericoloso di quell'uomo stava per arrivare e sperava di riuscire a mettersi in salvo perdendosi tra i tronchi massicci degli alberi o tra i folti arbusti del sottobosco, ma Akaza sapeva che scappare a quel punto sarebbe servito a ben poco.

Come prevedendo ciò che sarebbe accaduto, il Dragon Slayer percepì un violento spostamento d'aria che lo costrinse ad accovacciarsi contro il tronco e reggersi forte alle radici dell'albero, prima di vedere un grosso drago scendere in picchiata e afferrare l'orso tra le imponenti zampe dagli artigli affilati. Il terreno vibrò nuovamente con un forte boato, quando il rettile alato atterrò tenendo il mammifero schiacciato contro il manto erboso, e molte querce vennero sradicate dalla possente coda sinuosa che si agitava sferzando l'aria.

Akaza rimase per un lungo momento come incantato di fronte alla magnificenza del drago che era appena arrivato: era decisamente il più grosso che avesse mai visto in tutta la sua vita, con il corpo ricoperto di squame rosse e dorate che rilucevano accecanti alla luce del sole, le ali dalla membrana spessa e frastagliata, la coda lunga dalla quale spuntavano delle minacciose spine di ossa capaci di maciullare la carne e radere al suolo un intero villaggio con una sola frustata, la grande testa dalla forma allungata sopra la quale faceva sfoggio di sé un massiccio paio di corna scure e ricurve, i denti aguzzi e la lingua serpentina. Non aveva alcun dubbio sul fatto di avere davanti agli occhi proprio il "Dio dei draghi di fuoco" che stava cercando.

Il Dragon Slayer guardò quella belva divorare l'orso in un solo boccone, sentendo le ossa dell'animale venire rumorosamente tritate dalla possente mascella del drago. Quello schiocco lo fece trasalire, riportandolo con i piedi per terra dopo quel lungo momento passato a studiare la maestosa creatura che si era presentata davanti ai suoi occhi. Si insultò nuovamente da solo, quando si rese conto di aver perso del tempo prezioso che avrebbe potuto sfruttare a suo favore per preparare un attacco. Sbuffò contrariato – altro che stupido, in quel momento capì di essere definitivamente un coglione e si ripromise di picchiarsi da solo, se fosse riuscito ad uscire vivo da quella situazione – e scattò agilmente in direzione dell'armatura e della spada che aveva abbandonato vicino al lago. Sperò con tutto sé stesso che il drago fosse troppo impegnato a mandare giù il suo pasto, per notarlo mentre correva proprio verso la sua enorme coda così da passarvi sotto e raggiungere velocemente la sponda dove si trovava il grosso masso.

Lanciandosi in scivolata sulla fanghiglia, Akaza riuscì a superare il drago senza che questi lo degnasse di un solo sguardo. Seppur sporco dalla testa ai piedi e con la pelle adornata da graffi arrossati e sanguinanti, sorrise vittorioso quando raggiunse la sacca da viaggio che aveva portato con sé. Frugò frettolosamente al suo interno ed estrasse la balestra che vi aveva infilato dentro poco prima di lasciare il villaggio. Non era un'arma di chissà quale potenza, né tanto meno la più grande del suo repertorio, ma era la più silenziosa ed efficace.

L'aveva caricata con delle frecce create appositamente dalle abili mani degli artigiani della fucina del clan e rese dure abbastanza da poter perforare la pelle squamosa di quelle belve – il loro alchimista era stato in grado di creare un intruglio miracoloso, capace di rendere quasi adamantini i minerali e i metalli di cui erano composte, cosa che aveva reso la caccia dei Dragon Slayer decisamente più facile e proficua. Avrebbe potuto semplicemente prendere la spada e partire all'attacco con tutta la foga che aveva in corpo, ma non voleva rendere vano il suo tentativo di passare inosservato.

"Fossi in te, non lo farei."

Akaza trasalì e rischiò di perdere la presa dalla balestra che aveva puntato in direzione del collo del drago. Una voce roca e suadente, dal timbro basso e caldo, gli aveva riempito le orecchie e lo aveva fatto fremere senza controllo dalla punta dei capelli rosa fino al mignolo del piede nudo. Incredulo, puntò le iridi azzurre verso l'imponente creatura che continuava ad ignorarlo completamente, come incurante dell'ambiente circostante, e la guardò con le sottili sopracciglia aggrottate. Non poteva essere stato il grosso rettile alato a parlare, era impossibile.

Si convinse di aver avuto un'allucinazione per via di tutta l'adrenalina che aveva in corpo e che gli faceva battere il cuore in maniera frenetica, facendogli venire le vertigini e portandolo a sentire la testa leggera come una piuma. Imbracciò nuovamente la balestra, l'alzò prendendo la mira e si preparò a far scoccare la freccia. Tuttavia, non riuscì mai a premere la leva di sgancio: con un veloce colpo di coda, il drago lo disarmò strappandogli l'arma da lancio dalle mani e facendola volare via in un punto imprecisato della foresta. Il movimento sinuoso era stato così preciso, che le grosse spine non sfiorarono nemmeno per sbaglio il corpo nudo del Dragon Slayer. Lo spostamento d'aria, però, lo fece sbalzare di lato, portandolo a rotolare contro il sottobosco per un paio di metri.

"Non dire che non ti avevo avvertito."

Di nuovo, la voce roca dal timbro caldo gli invase le orecchie. Akaza si tirò faticosamente a sedere, mugugnando lievemente per le fitte di dolore che si propagavano fastidiosamente lungo le terminazioni nervose ad ogni movimento. Rami secchi e sassi avevano creato altri tagli sulla pelle, andando ad unirsi all'intricato tatuaggio scuro che gli adornava parte del busto e delle cosce, decorandogli il corpo di segni rossi e sanguinanti che bruciavano incessantemente. Le ferite non erano così profonde da creare preoccupazione nel Dragon Slayer – niente che non avrebbe potuto curare con il buon unguento ricostituente che se ne stava depositato sul fondo della sacca da viaggio –, ma pulsavano con intensità ed erano impossibili da ignorare.

Con uno sbuffo seccato, scosse la testa dai capelli rosa come i fiori di ciliegio e puntò lo sguardo azzurro sul grosso drago, trovandolo intento a fissarlo di rimando con i suoi grandi occhi vermigli, il muso squamoso pericolosamente vicino. Un brivido indistinto percorse la schiena di Akaza, nel sentirsi osservato in quel modo dalle iridi della creatura che sembravano celare una sorta di intelligenza che non pensava potesse appartenere a nessun altro all'infuori dell'essere umano. A guardarlo meglio, tutto in quel drago sembrava gridare a gran voce quanto fosse anomalo rispetto a quelli che aveva affrontato e ucciso nel corso degli anni. Già solo il fatto che non avesse ancora provato a divorarlo o ad arrostirlo per bene con le sue fiamme infernali, la diceva davvero lunga.

"Non diciamo stronzate! È una bestia feroce priva di intelletto, che agisce secondo i suoi istinti. Non può aver parlato! La mia mente deve avermi giocato solo qualche brutto scherzo."

Akaza formulò quel pensiero digrignando i denti e si guardò velocemente attorno, calcolando approssimativamente a quanta distanza dal masso su cui era adagiata la sua spada fosse finito dopo essere stato scaraventato via dal violento spostamento d'aria. Non poteva assolutamente permettersi di perdere altro tempo; anche se il drago non si era ancora mosso per ucciderlo, non voleva dire che non lo avrebbe fatto nel giro di pochi istanti. Era sicuro del fatto che lo stesse solo osservando in attesa di una sua mossa per poi attaccarlo all'improvviso – proprio come un gatto fa con le proprie prede, divertendosi a giocare con loro e sfinendole prima di divorarle in un solo boccone. Doveva trovare il modo di agire per primo, squarciargli in due il ventre senza esitazione e prendere il suo cuore come trofeo da portare al villaggio a dimostrazione della riuscita di quell'impresa.

Quando riportò lo sguardo sulla figura incombente ed imponente del drago, il Dragon Slayer rabbrividì nello scorgere un cambiamento nelle iridi fiammeggianti come lava del rettile: se pochi istanti prima aveva avuto come l'impressione di essere osservato quasi con interesse e curiosità, adesso ciò che leggeva in quegli occhi rossi e oro era pura e semplice rabbia. Che il drago avesse intuito ciò che si stava apprestando a fare? Akaza corrugò nuovamente le sottili sopracciglia, di fronte a quell'idea insensata, e non poté fare a meno di riprendere a insultarsi mentalmente. Continuava a pensare a quella bestia come qualcosa dotata di ragione e intelletto, cosa che sapeva non essere possibile. Il sole cocente doveva avergli sicuramente arrostito anche i neuroni, tanto da mandargli in pappa il cervello. Non poteva esserci altra spiegazione, di fronte all'assurdità di quella situazione e dei pensieri che avevano preso a formarsi nella sua mente.

Senza lasciarsi intimidire troppo da quello sguardo letteralmente di fuoco, Akaza scattò prontamente all'impiedi e si lanciò di corsa verso la roccia dove la sua spada riluceva placidamente sotto i raggi del sole. Riuscì ad arrivare a pochi centimetri dall'elsa e poté quasi sentire la consistenza dell'impugnatura sotto le dita, prima di venire strattonato all'indietro dalla possente coda del drago che si era attorcigliata a una delle sue caviglie e finire appeso a testa in giù come un salame. Il Dragon Slayer rimase un attimo interdetto nel rendersi conto che la stretta attorno al suo piede non era per nulla dolorosa – ferrea sì, ma non al punto da spezzargli le ossa – e che le spine appuntite che adornavano la coda non lo avevano trafitto per come si era immaginato.

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