Chapter twenty six
N/A
Sarà intenso.
Mi giro e rigiro nel letto, non potendo dare un senso ai miei pensieri, sebbene ogni collegamento sia legato ad un altro in maniera così fitta e indistricabile da tormentarmi la mente ogni minuto, ogni secondo di questa notte che sembra non passare mai.
Il cappello dentro la borsa sembra lanciarmi dei segnali che non voglio captare, non ce la faccio, perché ogni mio pensiero è così masochista da smorzarmi il respiro.
I raggi del sole che filtrano tra i buchi della persiana sono così tiepidi che riscaldano il mio corpo ancora vestito, intorpidito e immobile sulle coperte rimboccate. Ho le ginocchia strette al petto, il labbro inferiore imprigionato tra i denti e gli occhi arrossati che mi bruciano a causa della mancanza di sonno. Non ho idea di che ora sia, ma continuo a muovermi nel letto come a voler trovare la posizione giusta per porre fine al mio tormento, le certezze più nitide che mi divorano le pareti cerebrali, paralizzandomi.
Il suo sguardo verde era così profondo come se avesse voluto scavarmi dentro, perlustrandomi per capire cosa avessi, come se avesse saputo che avevo preso qualcosa di suo. Il cappello....davvero quel cappello può appartenere ad Harry? Come potrebbe essere lui ad aver fatto del male a due delle mie persone più care?
I sentimenti che provo per lui sono troppo forti per lasciarmi pensare e rimurginare su questi dati intrattabili che hanno preso posto nella mia mente, eppure la vividezza dell'accaduto, dei dettagli dei video che coincidono perfettamente con il mio ragazzo...
Mi metto seduta di scatto, alzandomi. Il cuore è chiuso in una morsa e di certo c'è solo una persona con cui posso parlare.
Scendo giù al piano di sotto, lasciando un post it sull'isola della cucina così che Jennifer possa vederlo appena si alza.
Prendo la borsa con la mano che mi trema, assicurandomi che ci sia il cappello. Esco di casa con il sole che mi colpisce il volto assonnato ma immobile.
Prendo la macchina parcheggiata e guido rapidamente verso il dipartimento, con le punte della dita fredde contro il volante che tengo ben impugnato come se potessi scaricarci sopra tutta la mia tensione, la mia paura.
Non ho davvero idea di che ora possa essere, eppure quando parcheggio ed entro nell'edificio, c'è già un sacco di gente. Rimango immobile nell'ingresso, vedendomi intorno.
Molti poliziotti trafficano con le loro carte sulle scrivanie, servendo clienti e altri impiegati, eppure l'unica persona che cerco non c'è. Ingoio a vuoto e una signora con un cartellino appeso alla tasca sul petto mi si avvicina. "Buongiorno" mi saluta, mettendosi davanti a me. La guardo impassibile. "Posso esserle d'aiuto?"
"Ehi, che succede?"
Chiudo gli occhi speranzosi, dando le spalle alla donna e girandomi verso le porte scorrevoli dell'ingresso. Liam le ha appena oltrepassate, sfilandosi la giacca nera dalle spalle muscolose. Quando mi vede in viso si immobilizza, senza mai togliere gli occhi da me. Socchiude leggermente le palpebre, poi si gira per appendere la giacca e mi prende per un gomito, guardandomi dalla sua altezza. "Mi occupo io di lei, Muriel."
"Ok, signor Payne." E la donna si dilegua, lasciandomi nell'ingresso con Liam.
Ho la gola secca.
"Cosa è successo?" mi chiede lui, perlustrandomi il volto. "Hai scoperto qualcosa?"
Annuisco. "Ho-" La voce mi esce rauca, a malapena udibile dalle mie stesse orecchie. Mi schiarisco la gola, non distogliendo lo sguardo dagli occhi color cioccolato di Liam. "Devo farti vedere una cosa." E la consapevolezza di quello che sto facendo mi fa rabbrividire. E' giusto così. O almeno lo spero, sebbene il cuore mi urli di non farlo. Ma credo che a questo punto il cervello debba avere la meglio. Ricordo una volta in cui Harry mi ha detto "Il mio cuore e il mio cervello sono in lotta" e per la prima volta, sento chiaramente questo conflitto avere come teatro di azione il mio corpo sfinito.
Liam annuisce e mi trascina nell'ufficio in cui ormai abbiamo piantanto entrambi le radici. Chiude la porta alle spalle, i computer sono spenti e non c'è nessuno dentro. Mi sposto nel centro della stanza, mettendomi esattamente di fronte a Liam che ha entrambe le spalle appoggiate contro il legno della porta. Sfilo la borsa dalla mia spalla, faccio scorrere la cerniera e con mani gelide stringo il tessuto, capovolgendola. Tutto il contenuto della borsa si riversa sul pavimento di linoleum, ogni cosa, incluso il cappello che cade silenziosamente sui miei oggetti personali. Liam ha le labbra schiuse, gli occhi fissi per terra. Appena il suo sguardo si posa sul cappello, si fionda su di esso, sollevandolo con l'indice. Vedo chiaramente il colorito roseo abbandonare la sua pelle. I suoi occhi scuri si posano sul cappello, controllando ogni dettaglio, e poi si scontrano con i miei.
"E' il cappello del video" dice con voce monocorde.
Annuisco con il capo, appoggiando la mia borsa vuota sulla scrivania.
"D-dove l'hai trovato?" mi chiede, soppesando il mio sguardo e prendendo finalmente il cappello con entrambe le mani.
Quello che sto per dire mi fa tremare il labbro inferiore. "Nella macchina del mio ragazzo, Harry Styles."
Liam indurisce la mascella, abbassando le braccia ai suoi fianchi. "Sa che sei in possesso del suo cappello?"
Scuoto il capo, puntando però il mio sguardo per terra. "Non credo."
Liam respira più pesantemente, poi improvvisamente si gira impugnando la maniglia della porta. Mi getto addosso a lui, bloccando il movimento. "No!"
"Cosa no!?" mi urla ad un palmo dal naso. I nostri respiri si scontrono nello spazio minimo che separa i nostri volti ormai pallidi. "Dobbiamo andarlo a prendere, almeno per sottoporlo ad interrogatorio e sapere se lui c'entra qualcosa in tutto questo!"
Non oso staccare la mia mano dalla sua. "Non puoi fare così, Liam!"
"E' nelle procedure, è un obbligo" mi risponde con voce dura, e non posso dargli torto. Ma non posso nemmeno lasciare che prendano Harry così, di punto in bianco.
"Possiamo fare un'altra cosa, invece-"
"Jessica." La sua voce mi blocca e i suoi occhi sono fissi nei miei, come se volessero inchiodarmi a terra. "Se è davvero lui, ti ricordo che ha cercato di uccidere due persone, strozzandone una e investendo violentemente l'altra. Ah, e poi ha rubato la macchina di un dipendente della tua azienda. Ti rendi conto, vero, che non posso perdere tempo?"
"Non ti sto dicendo di fare quello che so benissimo si dovrà fare, ti chiedo solo di ascoltare quello che ho da dirti. Non ho dormito stanotte e ho eleborato un'idea."
"Non sei una poliziotta, questa parte dell'indagine non deve più importarti. Hai fatto bene a dirmi questa cosa, ora tocca solo a me e alla mia squadra agire."
Mantengo la mano ferma sulla sua, ingoiando a vuoto. "Ti prego, Liam. Non permetterò che tu non faccia il tuo lavoro, ti prego solo di sentire."
Passano secondi interminabili in cui il suo fiato pesante si scontra alla mia fronte, ma poi lo sento rilassare la presa intorno alla maniglia.
"Veloce, però" dice, arrendendosi.
Ingoio a vuoto e inizio a parlargli.
Rimango al dipartimento per circa quattro ore, prendendo un caffè ogni due per non crollare a terra da un momento all'altro. Liam ha raccolto intorno a sè un gruppo di uomini, esponendo il piano dopo aver ricontrollato infinite volte i video sui computer per accertarsi che il cappello sia effettivamente quello. Dico loro che la corporatura, il tratto di viso scoperto dal naso fino al mento coincidono con lui, dopodiché mi hanno lasciato andare via, preparandosi all'azione. Liam mi ha chiesto di andare a pranzare, e nonostante sia chiusa da Starbucks con il panino in mano da quasi quarantacinque minuti, la mia mente è persa su quello che sta succedendo. Ho spiegato a Liam anche alcuni dettagli che non mi tornano, e dopo che me ne sono andata, ha detto che sarebbe andato alla Horan Industry a studiare il curriculum di Harry.
Guardo l'orologio appeso al muro, dando il secondo morso al panino che si è raffreddato nuovamente nella mia presa. Mancano dieci minuti.
Fra dieci minuti Liam mi viene a prendere con due pattuglie.
Non posso credere che stia succedendo tutto per davvero, esattamente come se questo fosse un film.
Cerco di finire il panino, tirando fuori il cellulare dalla borsa. Mi sono mantenuta in contatto con Harry, nel frattempo. Mentre gli scrivevo, sentivo le dita talmente intorpidite da far risultare difficile digitare i tasti del telefono. Controllo l'ultimo messaggio.
- Niente di che. Le prove sono alle cinque, no?
Prendo in bocca l'ultimo morso del panino, sebbene la nausea mi stia uccidendo. Gli rispondo di sì, cercando di non far trasparire niente di quello che sto provando in questo momento. Per lui è un giorno come un altro, come se non avesse neanche un briciolo di rimorso per quello che ha fatto.
"Soltanto una mente malata ha potuto definire una cosa del genere così nel dettaglio" aveva detto Liam. Harry è stato davvero capace di architettare una tale cosa? E a quale scopo? E' questo quello che penso più di ogni altra cosa. Il perché abbia mai potuto anche solo pensare di fare una cosa del genere. Cosa voleva, oppure chi voleva colpire? C'è senza dubbio qualcosa dietro tutto questo, e credo che ogni cosa sarà esposta alla luce del sole. Appallottolo la carta e la vado a gettare nel cestino, riprendendo la borsa e uscendo dal bar. Quando sollevo lo sguardo da terra, sento una macchina accostare il marciapiede.
Liam mi guarda da dentro, invitandomi ad entrare. E' persino in anticipo. Mentre apro la portiera, infilandomi dentro, mi capacito di quello che sto per fare, e la pelle mi si ricopre di brividi di terrore.
Quando mette in moto, ricapitola il tutto.
"Allora" inizia, tamburellando le dita della mano. "Appena raggiungiamo le pattuglie sparse nelle vie perpedicolari a quella in cui abita il signor Styles, ti verrà dato un minuscolo microfono, come un cip che sarà installato nella tasca del tuo pantalone. Quando sarai con Harry, dovrai cercare di parlargli, estrapolando quante più informazioni possibili. Appena capirai sia giunto il momento propizio, tutto quello che devi fare è schiacciare la tua tasca. Partirà un segnale che raggiugerà il mio cip infilato qui" dice, picchiettandosi la tasca al petto, "ed io arriverò. Sei sicura di poterlo fare?" mi chiede, guardandomi di sfuggita per non distogliere troppo lo sguardo dalla strada.
Mi mordo il labbro, respirando a fatica. Sono sicura? Per niente.
"Devo farlo" puntualizzo, e appena Liam parcheggia lontano dal portone di casa di Harry, sento la tensione contorcermi le budella. Liam esce dalla macchina e fa il giro, aprendomi la portiera. Le mani mi tramano. Le infilo nelle tasche della giacca per nascondere il movimento incontrollabile. "Perché siamo così distanti?" chiedo, mentre procediamo piano lungo la via. Liam si picchietta la pistola al fianco, assicurandosi che sia ben salda, ed io ingoio a vuoto. Non la userà mai, vero?
"Perché il citofono di Harry ha una visione di cento ottanta gradi, vedrebbe benissimo le pattuglie e non ti lascerebbe mai entrare" dice, indicandomi una macchina, la mia macchina che stanno parcheggiando di fronte al portone. Un poliziotto esce dall'autovettura, ci raggiunge e mi si accosta. Si blocca un attimo, estraendo il cip dal suo taschino. Attende un mio cenno di consenso per potermelo infilare in tasca. Quando si assicura che sia stato posto bene, si allontana rapidamente. Schiudo le labbra. "E poi così crederà che tu sia qui da sola, onde evitare che possa pensare ad altro" riprende Liam come se non fosse stato per niente interrotto.
Si ferma, mettendomi una mano in mezzo alle scapole. Mi volto verso di lui e mi appoggia le mani sulle spalle esili. "E' una cosa buona quella che stai facendo, Jess. Mi hai sempre detto che non avresti mai voluto che il caso venisse accantonato. Siamo alla fine, adesso, se tutto va bene. Non stai tradendo nessuno."
Sì, invece, vorrei dirgli. Sto tradendo l'uomo che amo.
Che è lo stesso che ha tentato di uccidere Niall e Jennifer, tradendomi per primo.
Il problema è che qui non stiamo giocando a metterci l'uno al pari dell'altro. Ciò che devo fare è necessario, sebbene mi stia sentendo morire. E' per il bene di tutti, mi ripeto, sperando di risultare convincente, se non per gli altri, almeno per me stessa.
Liam poi mi circonda con le sue braccia molto rapidamente. Il suo abbraccio mi immobilizza, eppure non lo reputo per niente consolatorio. Quando si stacca, mi spinge leggermente, nascondendosi nell'angolo. "Ce la farai" mi dice, poi sparisce dalla mia vista.
Annuisco, mettendomi appena sotto al citofono, guardando fisso il cognome del mio ragazzo. Devo solo pigiare un tasto.
Respiro profondamente, chiudendo gli occhi. Devo fare l'esibizione scenica più importante della mia vita, devo lasciare le emozioni in disparte. Quando pigio il tasto e sento la voce di Harry rispondermi "Chi è?", il cuore mi batte dentro e penso: no, le emozioni mi rovineranno.
"Sono io, Harry."
"Lo so" mi dice la sua voce metallica. "Perché sei qui?"
Guardo attraverso l'ipotetica telecamera incorporata nel citofono. "Posso salire?"
"Sì, solo un minuto." La sua voce si spegne. Reprimo la voglia di girarmi per controllare che le pattuglie ci siano, poi proprio mentre sfioro la tasca controllando che il cip ci sia, il portone viene aperto, schiudendosi.
Faccio un rapido respiro ed entro. Harry abita al secondo piano.
Mentre salgo le scale, il cuore mi martella forte, non riesco a non pensare al petto che mi trema e alle mani così fredde che sembrano essere state appena in contatto con un blocco di ghiaccio.
Quando sollevo la testa, superando l'ultima rampa di scale, noto la porta accostata ai battenti, come se Harry l'avesse già aperta per me.
Busso con le nocche prima di spostarla. "Posso?"
"Certo" mi risponde la sua voce. Non chiudo la porta, ma poi la voce di Harry mi obbliga a farlo. "Chiudila, per favore. Non voglio entrino vermi."
Appena la chiudo, guardo l'ingresso. La casa è illuminata dai raggi di sole che entrano dalla finestra del piccolo salone, ma la cosa che mi cade all'occhio è il caos che alberga all'interno di questa casa. Ci sono fogli scarabocchiati per terra, polvere agli angoli delle stanze e granelli che fluttuano nella traiettoria dei raggi solari che passano attraverso le persiane. Sto bene attenta a non calpestare i fogli, molti dei quali sono accumulati uno sull'altro come se avesse tentato di mettere in ordine prima che entrassi. Mi avvio piano per il corridoio, ingoiando a disagio. "Dove sei?" chiedo, continuando a guardarmi intorno.
La sua voce mi risulta vicinissima, le porte sono disposte una di fronte all'altra lungo il corridoio. "Seconda stanza a destra" mi dice, e mi avvio cautamente in quella direzione. Le porte delle stanze sono tutte aperte. Mi avvicino a quella che mi ha indicato, sporgendo prima lo sguardo che il corpo. Quando mi metto sotto l'arcata, mi rendo conto sia vuota. C'è una finestra appena di fronte a me, un letto addossato alla parete alla mia destra e cumuli di vestiti addossati sulla scrivania sulla sinistra. Entro piano, stando attenta a non calpestare niente. Sento un sospiro provenire da dietro e mi giro piano. Le mani mi tremano mentre vedo Harry uscire dalla stanza buia esattamente di fronte quella in cui mi ha fatto entrare. Sento il sangue smettere di fluire nelle vene.
Il suo corpo è nella penombra, i contorni del suo viso sono scuri ma i suoi occhi....credo di non averli mai visti così luminosi. Si stagliano contro l'oscurità alle sue spalle. I suoi passi sono lenti, poi appena esce piano sul corridoio, noto le sue labbra piegate in un ghigno sinistro.
"Avevi detto la stanza a destra" dico, indicandomi il resto dell'ambiente alle mie spalle. La voce mi è uscita troppo tremolante.
Harry prosegue piano verso di me.
"Lo so" dice, senza far sparire quel ghigno dal volto. All'improvviso mi sembra di non conoscerlo affatto, non mi pare di riconoscere in lui il ragazzo che ho imparato ad amare, il ragazzo dolce, spiritoso. Sembra che il mio Harry sia stato sostituito da una sua versione alterata. Cerco di rammentarmi che lui sia il mio ragazzo, ma questi suoi movimenti calcolati mi stanno facendo pensare al peggio, nè danno senso ai miei pensieri. Mi sembra di star recitando una scena, una scena che non mi piace per niente.
"Sai" continua, avviandosi verso di me. Non distoglie nemmeno per un attimo gli occhi dal mio viso, e mi ritrovo ad indietreggiare, intimorita. Continua a procedere verso di me, mentre io cammino all'indietro per mantenere un certo distacco. "Credevo che il momento avrebbe tardato ancora un po' ad arrivare."
Liam sta sentendo tutto, devo solo premere la tasca per farlo arrivare.
"Dopotutto non è passato molto da quello che è successo a tua sorella e al tuo amichetto."
Indietreggio ancora, aspettando ancora un poco sebbene il cuore abbia smesso si battermi nel petto. E' stato lui. "Harry, ma cosa stai dicendo.."
Lui ride, procedendo verso di me. Ormai sono arrivata contro la finestra e l'unica cosa che posso fare è appoggiarmi al davanzale, aggrappandomi al bordo come se ne dipendesse la mia salvezza.
"Stavo iniziando a pensare a come poter giungere a questa cosa, ma venendo qui mi hai facilitato tutto."
Harry si blocca a qualche passo da me, leccandosi le labbra. Porta una mano alla sua schiena. Quando la tira fuori, noto prima un manico di legno stretto nella sua mano, poi una lama affilata abbandona il suo nascondiglio, catturando un raggio di sole. Lo stomaco mi si contrae, e non riesco a respirare. "Un c-coltello?" dico abbastanza forte affinché Liam, qualche piano più in basso possa sentirmi attraverso il suo microfono.
Harry lo guarda, leccandosi di nuovo le labbra. Lo rigira tra le mani, sorridendo.
"E' arrivato il momento in cui io possa portare a termine quello che sono stato interrotto a fare."
Mi appiccico alla finestra, portando le mani davanti al mio corpo, in un vano cenno di bloccarlo. Il corpo, per quanto è irrigidito, mi fa male e sento il fiato mancarmi sempre di più.
"Harry, cosa stai dicendo!? Stai delirando!"
Sorride amaramente. "Me lo hanno detto spesso in questi otto mesi" mi dice, schiarendosi la voce roca che ha perso ogni sensualità avessi mai colto.
"Nessuno ti ha interrotto nel fare qualcosa!" urlo, tenendo ancora le braccia protese avanti a me.
Harry si rabbuia in volto, facendo un passo verso di me, e per il terrore aderisco alla finestra. "Sì, invece. Non mi hanno permesso di fare quello che è giusto si faccia."
"Ma di cosa stai parlando!?"
"Sai benissimo sia giusto così, Stephanie."
Sbianco ancora più di quanto un essere umano possa. Stephanie?
"Cosa c'entra Stephanie? Harry-"
"Sta' zitta prima che ti uccida seduta stante, Steph!"
Prima che possa fare un altro passo, schiaccio la mia tasca, sperando che il segnale sia partito.
"Non c'è nessuna Stephanie, Harry! Perché mi chiami così?" urlo con voce tremolante.
L'uomo che ho davanti procede verso di me, facendo un altro passo. All'improvviso solleva la mano che regge il coltello, puntando la lama verso di me. Spalanco la bocca. "Ti prego, perché, perché mi stai facendo questo? Cosa ti ho fatto!?"
Harry indurisce la mascella e vedo i suoi muscoli tendersi.
"E' la vendetta incompiuta, Stephanie. Devo portare a termine quello che non sono riuscito ancora a fare!"
"Smettila!" urlo, guardando i suoi occhi verdi dalle pupille dilatate. "Smettila di chiamarmi Stephanie, Harry! Sono io, sono Jessica!"
Ma perché Liam non arriva? E se non avesse funzionato?
Harry all'improvviso si blocca, continuando a fissarmi. La sua mano vacilla per aria, la lama trema leggermente e percepisco la pazzia scivolare via dal suo sguardo. Mi guarda, sbattendo ripetutamente le palpebre come se si stesse risvegliando da una trance durata troppo a lungo. Il suo labbro inferiore inizia a tremare e io sento il mio cuore sprofondare nel petto. "Jessica, ti giuro, io non voglio farti niente!" mi dice con voce tremolante. "Io non c'entro niente!"
Lo guardo, non riuscendo a capire. Cosa cazzo sta succedendo?
"Harry, posa il coltello per favore-"
"No!" il suo sguardo acquisisce nuovamente la cattiveria che lo aveva permeato fino a qualche minuto fa. Indurisce la mascella e parla attraverso i denti digrignati. "Devo farlo, e non sarai di certo tu a farmi scostare dall'intento con le tue suppliche, Stephanie!"
Liam dove sei?
Harry con uno scatto mi è quasi addosso e per il terrore scivolo contro la finestra, cadendo a terra. Harry stringe fortemente il manico, e sta per abbassarlo su di me.
No, non posso morire davvero.
Il suo gesto, però, si interrompe e crolla in ginocchio, con la mano che regge il coltello che trema visibilmente. "Credimi, Jessica. Cerco di trattenerlo, ma-" dice, implorandomi con lo sguardo. Il suo labbro riprende a tremare. E' di nuovo vulnerabile, come se fosse un'altra persona. Non riesco a connettere più niente. Strizza gli occhi, cercando di ritrarre la mano con il coltello. Gli costa uno sforzo immane, le sue labbra si lasciano scappare dei gemiti di dolore. Sembra che stia dicendo "Aiuto", ma poi riapre gli occhi, investendomi nuovamente con il suo verde. Indurisce i muscoli della mascella.
"Devo farlo" ripete con voce dura, e proprio mentre porta di nuovo indietro il braccio, con le mie mani che si spingono verso di lui per bloccarlo, sento la porta d'ingresso essere buttata a terra. Harry gira il capo, poi appena Liam e altri tre uomini appaiono sotto l'arcata della porta con l'affanno, Harry si volta di nuovo verso di me. Punta il coltello contro il mio petto, ma il suo braccio viene bloccato e un suo urlo squarcia l'aria.
Tre uomini lo prendono per le braccia, tenendole indietro mentre Liam gli strappa il coltello di mano, gettandolo via. Il petto mi è scosso da singhiozzi dolorosi, le braccia tremolanti mi circondano le gambe sollevate contro il petto. Harry viene trascinato via, in preda a degli spasmi. "Lasciatemi, è giusto così!" urla, mentre prova a dimenarsi, ma due uomini gli tengono le braccia bloccate dietro la schiena, Liam lo mantiene per le spalle, trascinandolo indietro. In tutto questo, Harry non sposta mai gli occhi da me. Le sue gambe si muovono furiosamente, poi si rilassano improvvisamente e i suoi occhi perdono la luminosità. La sua bocca è piegata in una smorfia sofferta. "Io non ti avrei mai fatto del male, Jess! Ti prego, credimi!"
Liam gli circonda il collo con un braccio, parlando al suo microfono. "Abbiamo bisogno di soccorsi!" urla, mentre Harry cerca di parlarmi ma le parole non abbandonano le sue labbra. In tutto questo, io sono immobile come una pietra, impossibilitata a parlare o a muovermi. Sento lo sguardo di Liam addosso, ma i miei occhi sono puntati sul ragazzo che, purtroppo, amo e che viene portato via da me. Quando il suo corpo trascinato riprende a muoversi spasmodicamente, un gruppo di poliziotti entra di soppiatto nell'appartamento. Alcuni di loro immobilizzano Harry, e i suoi occhi abbandonano i miei solo quando viene portato via dalla stanza, sebbene le sue urla frustranti risuonino per tutta casa. Alcuni ragazzi mi vengono vicino e mi circondano, facendomi mettere in piedi. Le mie gambe sono paralizzate, così uno di loro mi prende in braccio, sebbene i miei occhi e le mie orecchie continuino a registrare il tutto, il coltello che riflette contro la parete la luce del sole del primo pomeriggio.
N/A
Ok, so che sembra tutto surreale ma fidatevi di me.
È un confusione totale questo capitolo e vi capisco, ma sappiate che ormai le basi sono state poste e che i prossimi capitoli spiegheranno cosa sia successo e soprattutto cos'ha Harry.
Prima di tutto, leggendo questo capitolo si potrebbe pensare ci sia stata una degenerazione della trama perché non coincide con quella dei primi capitoli, ma sappiate che non è così. Fin dal principio ho avuto in mente ciò e in ogni capitolo c'è sempre stato un indizio che non avreste potuto cogliere se non dopo aver letto questo capitolo.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
P.s mercoledì inizio la maturità. Pregate per me e auguratemi buona fortuna!
Un bacio🌻
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