9• Le brave ragazze




Rimini, 29 luglio 1984

Dopo due settimane era ormai un'abitudine consolidata che tutto il gruppo si ritrovasse fuori dal Pellicano, per il solito gelato post cena. Le tre panchine di fronte al locale avevano ormai assunto la forma dei loro sederi e nessun altro osava mai occuparle. Le palline di gelato che i ragazzi gustavano erano sempre agli stessi gusti dall'ormai lontano quindici luglio, eppure tutto era diverso rispetto alle due settimane precedenti.

Elsa era rimasta sola, di nuovo, in gelateria, perché si ostinava a voler leggere tutti i gusti prima di scegliere sempre lo stesso. L'operazione era rallentata ulteriormente perché si era incantata fissando un punto indefinito tra la zuppa inglese e la banana. Era una cosa che le capitava fin troppo spesso in quegli ultimi giorni.
Si fermava a rimuginare su cosa c'era di particolare nel modo in cui parlava con Andrea Aldobrandini rispetto a come aveva fatto, per il resto della sua vita, con gli altri ragazzi.
Le veniva naturale, eppure lei era diversa da come si conosceva.
Certo, lui era davvero bello, il che era evidente, ma non era questo che rendeva il loro rapporto unico.
Ce ne erano di bei ragazzi in giro, ma con nessuno di loro sentiva quelle emozioni che provava con Andrea.
Erano entrambi tesi, costantemente.
Eppure era un bel tipo di tensione, di quelle che ti fanno solo venire voglia di parlare di più, di farti conoscere di più, di ascoltare cosa ha da dire l'altro con maggiore interesse.
Si ritrovavano a passare il tempo insieme sempre più spesso, a scherzare con crescente intimità e a toccarsi sempre un po' di più.
Uno schiaffetto sul braccio dopo una battuta pessima di Andrea. La testa di lui che si posava sulla spalla di lei in spiaggia mentre prendevano in giro Dante. Il sedersi sullo stesso telo al tramonto durante la partita di calcio. Lo sfiorarsi con delicatezza e senza malizia nei piccoli gesti comuni e il guardarsi spesso, anche senza parlare.

Il loro rapporto non era una vera e propria amicizia - lui in un momento momento di difficoltà per lei non si era sentito di aiutarla-, ma non si poteva neanche considerare un inizio di conoscenza tra due ragazzi che si piacevano.
Lui cercava in lei consigli e approvazione, perché gli piaceva come funzionava il suo cervello.
Lei se ne sentiva onorata e si divertiva ad aiutarlo quanto a prenderlo in giro per il bisogno, talvolta eccessivo, che dimostrava di avere di lei.
Era un rapporto che nessuno dei due riusciva a caratterizzare, ma al quale non avrebbero rinunciato solo perché non aveva un nome.
Un rapporto che fintanto fosse restato  nell'indefinito limbo nel quale era nato, non avrebbe spaventato nessuno dei due e sopratutto non avrebbe fatto insospettire Giulia.
Ma a loro sarebbe bastato restare in quel limbo?

Andrea, seduto sulla panchina, si ritrovò di fronte Elsa, rimasta in piedi poiché si era attardata per l'ennesima volta davanti al bancone della gelateria.
Si chiese cosa trovasse di così interessante in quell'angusta galleria di colori e sapori, visto che finiva sempre per uscirne rigirandosi tra le mani il suo solito cono gelato alla crema.
Si fermò per un attimo a osservarla: indossava un vestitino di jeans scuro con dei bottoni dorati a pressione, che le lasciava scoperte le lunghe gambe, ormai dorate dal sole, e una cinta che le segnava il vitino da vespa.
L'unico pensiero che gli venne in mente fu quello di sfilarglielo molto lentamente, aprendolo bottone dopo bottone, preferibilmente con i denti.
Era colpa del vestito non di chi lo indossava, ovviamente, si affrettò ad aggiungere per giustificare a se stesso il suo pensiero un po' troppo spinto.

«Ma cosa hai indossato sotto questo vestito?» chiese un po' infastidito, un po' incuriosito.

«L'intimo» rispose stranita la ragazza, poi, dopo essersi ripresa, aggiunse: «e pensa un po', un completino abbinato!» concluse con un sorriso furbetto dedicato al biondo. Poi sentendosi in colpa per averlo stuzzicato si guardò intorno alla ricerca di Giulia. Fortunatamente l'amica con Sofia ben distante da resto del gruppo.

Nei primi giorni dopo che Giulia le aveva confessato i suoi sentimenti nei confronti di Andrea, lei si era leggermente allontanata da lui. Stava un po' meno al gioco, cercava di non restare mai sola con Andrea, rispondeva con meno sagacia alle sue battute. Eppure il loro rapporto si era automaticamente evoluto a sporadiche battutine a doppio senso grazie al modo di fare sfacciato del bagnino.
Elsa sapeva che quella era una sua caratteristica, non un sintomo di desiderio nei suoi confronti. Questo la rassicurava a tal punto da renderla attiva nel gioco di battute, senza sentire il continuo timore di apparire fuori luogo o stupida. E sotto sotto a farla sentire meno in colpa con Giulia.
Riusciva a mostrare a lui quella sua parte più sfacciata perché sapeva che lui non l'avrebbe mai giudicata. Il fatto che il ragazzo sembrava apprezzare non era assolutamente influente.
Le donava una certezza che fino a quel momento non aveva mai avuto. Quella che aveva sempre invidiato a Giulia.

Andrea, incantato da come Elsa facesse uscire solo con lui quel lato provocatorio del suo carattere, fece per abbassare la testa in modo plateale, fingendo così di voler osservare questo fantomatico completino da sotto la gonna.
Elsa se ne accorse, saltò all'indietro e fece per tirargli un buffetto con la mano libera dal gelato. Lui le bloccò il polso in aria e lei perse l'equilibrio. Così per non cadere posò la mano sulla spalla di Andrea sbilanciandosi verso di lui.

«Ragazzi, vi rendete conto, ci conosciamo da una decina di giorni e già mi mette le mani addosso in pubblico!» scherzò rivolgendosi ai suoi amici seduti sulla panchina.

Il feeling tra Andrea ed Elsa non ci aveva messo molto a diventare evidente anche agli occhi dei ragazzi del gruppo, i quali ormai partecipavano attivamente al loro stuzzicarsi. Qualcuno scommetteva su del sesso selvaggio in spiaggia, qualcuno su quello nelle cabine del lido, qualcuno puntava sul letto di Dante, molti altri sul nulla di concluso entro la fine dell'estate. Perché insomma Elsa non era esattamente il tipo di ragazza che avrebbe potuto far perdere la testa ad Andrea Aldobrandini. Eppure Andrea non era il tipo di ragazzo da avere rapporti con il genere femminile che non riguardassero la presenza di un letto. Il biondo non aveva mai avuto amiche perché se le era sempre fatte tutte, ribadiva la fazione che scommetteva sul sesso.

Elsa fece per scostarsi, in evidente difficoltà, ma lui la teneva ancora bloccata per il polso e la invitò a sedersi sulle sue gambe.

«Ma allora sei davvero imbecille!» esclamò Elsa scuotendo la testa con aria fintamente affranta, mentre continuava a leccare il suo gelato seduta di sbieco sulle gambe di Andrea.
Le piaceva stare sulle sue ginocchia, le piaceva quella vicinanza, e non avrebbe mai voluto doverci rinunciare. Invece avrebbe dovuto per rispetto nei confronti di Giulia.

Andrea le si avvicinò all'improvviso, la guardò fisso negli occhi e le rubò una lappata alla crema, senza smettere di guardarla.
Elsa ci mise più tempo del normale per riprendersi da quella vicinanza e da quello sguardo così intenso con il quale l'aveva scrutata.
Si chiese se fosse legale quel gesto che aveva appena fatto. Non poteva incastrare gli occhi cerulei nei suoi e poi leccare qualcosa che non fosse lei!
Arrossì per il suo stesso pensiero, ma si riprese in tempo per reagire oltraggiata, ribadendo che nessuno poteva rubarle il gelato.
Ebbe così inizio un'altra piccola discussione che divertì tutti i ragazzi che si trovarono ad ascoltarla.

Giulia, in disparte rispetto al gruppo, fingeva di ascoltare gli sproloqui di Sofia, cercando d'ignorare il più possibile l'esistenza di Pietro Torre. Farlo, però, non si stava rivelando facile come aveva immaginato in un primo momento. Sopratutto perché lui era ovunque.
Occupava tutto lo spazio disponibile nel suo raggio visivo.
Era un maledetto gas.
La verità era che, molto semplicemente, Pietro le aveva fatto aprire gli occhi, ma lei non era pronta a vedere la luce.
E poi c'era quel piccolo dettaglio riguardante il fascino del nuotatore al quale la ragazza doveva ammettere di non essere totalmente indifferente. E a voler essere esageratamente puntigliosi c'era anche quella svedese che gli girava continuamente intorno, che lo portava ancora più sotto ai riflettori.
Come un escremento di cane per strada, da solo non fa tanto scalpore, ma se ci volano le mosche intorno diventa più evidente, pensava Giulia complimentandosi con se stessa per l'esattezza dell'immagine che aveva evocato.
Poi c'era da dire che lui la ignorava dall'ultima volta che avevano parlato in spiaggia, ma questo non era certamente il punto cruciale!
Per quanto le dolesse ammetterlo, era evidente che Pietro Torre fosse diventato il centro dei suoi pensieri.
Non sapeva come, né quando era successo, ma ne era terrorizzata oltremisura.

Era sempre stata Giulia Mondini ad avere il coltello dalla parte del manico. Era lei a scegliere i ragazzi, a scherzare ad avvicinarsi, per poi fuggire appena la situazione non era più di suo interesse o diventava insostenibilmente seria.
Cambiava cotta ogni due giorni ed era felice così. Amava il non avere mai nessuno per la testa, essere libera da ogni schema o convenzione. Faceva il possibile pur di non doversi mai aprire del tutto nei confronti di nessuno.
Invece dal giorno del finto incidente non aveva più quel maniacale controllo su di sé.
Aveva incominciato a capire che il suo comportamento non fosse un segno di forza, che la sua leggerezza non fosse dovuta alla sua età, ma con buone probabilità solo alla sua immaturità. Insomma Pietro torre in una settimana l'aveva capita, analizzata e distrutta con la velocità di una fiamma su un pezzo di carta di giornale. E lei era rimasta inerme, vittima di quel fuoco distruttivo.
L'aveva resa vulnerabile, aveva distrutto le convinzioni con le quali aveva convissuto per quindici anni. E aveva avuto ragione su ogni singola parola che le aveva rivolto.
Ovviamente niente di tutto questo sarebbe mai stato ammesso dalla ragazza ad alta voce.

Giulia, esasperata dalla presenza costante di Pietro nel suo campo visivo, decise di andare a chiamare la sua migliore amica: l'ora del loro coprifuoco punitivo si era pericolosamente avvicinata.
Una volta arrivata nei pressi delle panchine, con Sofia trotterellante alle calcagna, si ritrovò ad ascoltare una conversazione che mai si sarebbe aspettata.

Elsa era seduta sulle gambe di Andrea con estrema naturalezza, sembravano una coppia consolidata da anni che faceva un gesto di tenerezza nei confronti dell'altro senza malizia.
«Non ci sono più le brave ragazze di una volta!» esclamò Andrea affranto, scuotendo la testa teatralmente.

Elsa si alzò in piedi, mise le mani sui fianchi e abbassandosi su di lui, fino a porsi ad una distanza minima dal volto dell'interlocutore, lo minacciò con uno sguardo furente: «Te la faccio vedere io la brava ragazza!».
Si sentiva come colta sul fatto per quel pensiero fatto su Andrea e la sua lingua.

«Me la potresti far vedere domani sera» le rispose indisponente Andrea, bloccando gli occhi cerulei in quelli grigi di Elsa.
La ragazza non capì e gli restituì uno sguardo confuso.
«Esci con me domani sera?» chiese con lentezza e addolcendo il tono di voce, come se stesse parlando con un bambino di pochi anni.

«Usciamo insieme dal primo giorno che sono arrivata qui» anche se tu te ne sei accorto solo dopo quattro sere, aggiunse mentalmente Elsa, non ancora guarita del tutto da quella ferita stupida al suo orgoglio.

Andrea quasi scoppiò a ridere. Sembrava non voler capire che lui la stesse invitando fuori, eppure non aveva spostato di un millimetro il volto da quello di lui. Questa cosa lo faceva impazzire.
Se gli avessero chiesto cosa gli piacesse di lei avrebbe sicuramente parlato del modo in cui lo guardava, fisso intenso, senza vergogna.
«Non da soli» le fece notare con ovvietà, evidentemente divertito da questo nuovo gioco.

«E perché mai dovremmo uscire da soli?» chiese confusa dall'evoluzione folle che stava avendo quella conversazione.

«Così se mi metti le mani addosso non lo verrà a sapere nessuno» le sussurrò con un tono di voce appena udibile per poi ammiccare.

«Sai cosa me ne frega di ciò che pensano gli altri, loro già lo sanno che sono una brava ragazza» scattò Elsa punta dal doppio senso di Andrea.

Il ragazzo scoppiò a ridere per la reazione esagerata di Elsa e incalzò: «Io invece non lo so, quindi, seguendo il tuo ragionamento per dimostrarmelo dovresti uscire con me, giusto?».

«Non ho detto ancora né di sì né di no. E l'unico ragionamento che dovresti seguire è quello in cui ti dico che ci sono modi più carini per chiedermi di uscire» continuò parlandogli a pochi centimetri dal volto.
Mai come in quel momento si sentì bisognosa di una via di fuga. Di solito si chiudeva nel silenzio, ma con Andrea e la sua insistenza sembrava impossibile. Per di più non sapeva con quale coraggio a avrebbe potuto rifiutare il suo invito.

Non poteva tradire Giulia.  Non voleva litigare con la sua migliore amica di una vita per un ragazzo. Eppure egoisticamente si rendeva conto che non voleva rinunciare al rapporto ancora indefinito che aveva con Andrea.
In fondo lei non gli sarebbe mai piaciuta, sarebbe stata una serata come le altre: risate, battutine, sguardi intensi e tante chiacchiere futili. Non ci sarebbero certo stati baci e coccole, quindi non avrebbe tradito Giulia, e neanche se stessa rinunciando a passare del tempo con una persona che le interessava per davvero.
Eppure quello che Andrea le stava chiedendo era un appuntamento e lei non era così ingenua da non capire che le avesse chiesto di uscire come qualcosa di più di due semplici amici.
Se non avesse accettato... no quest'opzione non era contemplabile neanche in un universo parallelo.

«A me basta che tu mi dica semplicemente "sì, voglio uscire con te, Andrea"» ribadì l'invito per la terza volta.
Non riusciva a capire la sua reticenza: quell'appuntamento sarebbe stato la loro prova del nove. Solo loro due, senza tutti quei contorni. Senza l'ingombrante presenza di Giulia,  senza Dante che gli ricordava quanto lei fosse off limits, senza quegli imbecilli dei suoi amici che scommettevano su di loro. Avrebbero capito se si piacevano o meno e alle conseguenze avrebbero pensato poi.
Era la soluzione perfetta. Quasi si dispiaceva di esserci arrivato così tardi.

«Elsa, mamma non te lo permetterà mai» intervenne Giulia con un tono di voce quasi contrito, che la fece congratulare con se stessa per le sue doti recitative.

Elsa si rialzò di scatto, non aspettandosi di vedere Giulia al suo fianco. Si era insolita nella sua bolla di battute ed intimità ambigua con Andrea e si era addirittura dimenticata di essere in pubblico, con il volto a pochi millimetri dal faccia di un ragazzo. Si allontanò da Andrea, come se si fosse resa conto solo in quel momento di essere troppo vicina ad una gomma, riassumendo una postura eretta.

«Da quando sei così diligente, Giulia?» intervenne Andrea innervosito da quell'interruzione. Anche se, ora che ci pensava, sapeva che Giulia ed Elsa fossero in punizione per la sbronza dello scorso mercoledì.

«Da quando sono in punizione, immagino» lo freddò Giulia piccata.

Andrea le aveva rivolto a stento uno sguardo in tutta la serata, forse meno di cento da quando erano bambini fino a quel momento. Sicuramente meno di quanti ne aveva dedicati ad Elsa in solo due settimane. Anche mentre le rispondeva l'aveva guardata per un quarto di secondo scarso
Niente a che vedere con gli sguardi intensi e fissi che si scambiava con Elsa.
Stavano minuti interi a guardarsi e a dirsi poco e nulla, come se avessero raggiunto un'intimità che non aveva bisogno di troppe parole. Come se con uno sguardo si potessero conoscere meglio che parlando.
Elsa era sempre stata più un tipo da osservo in silenzio e traggo le mie conclusioni, a differenza sua. Lei la gente neanche la guardava per troppo tempo in faccia, era superficiale anche in quello, si trovò a pensare.
Come aveva potuto non accorgersi prima di quell'intimità? Come aveva fatto a credere che ad Elsa non piacesse Andrea? Come aveva potuto non rendersi conto che per lui sarebbe sempre stata la sorellina di Dante, quella che si metteva le dita nel naso e gli spiaccicava le caccole sotto la scrivania mentre i due amici giocavano.

Elsa intanto si era avvicinata a Giulia, che era in piedi di fronte la panchina.
«Potremmo domani andare a fare una passeggiata dopo che hai finito il tuo turno» disse cercando di sminuire l'appuntamento che Andrea le aveva proposto. Subito dopo desiderò mordersi la lingua. Era stato più forte di lei trovare una soluzione, era una sua caratteristica peculiare: evitare i problemi o, nel caso in cui fossero sorti, risolverli nel modo più semplice.

«Quindi accetti?» chiese Andrea rivolto a Elsa

Ovviamente Elsa aveva deciso che avrebbe accettato, lo aveva deciso subito in realtà, ma non aveva ancora trovato il coraggio di accettare le conseguenze di quell'appuntamento. E sopratutto non voleva dire di sì ad Andrea mentre al suo fianco c'era Giulia.
Da quando esattamente la sua vita era diventata così complicata?

Non ci voleva certo uno spirito di osservazione particolarmente acuto per notare che Giulia Mondini stesse implodendo dopo aver sentito Elsa accettare l'invito di Andrea.
Pietro Torre, che era sempre stato, purtroppo per lui, un ottimo osservatore non poté fare a meno di innervosirsi.
Quale sentimento esattamente gli stesse ribollendo dentro non riuscì a identificarlo.
Non era gelosia, non si può essere gelosi di ciò che non è proprio. Neanche invidia nei confronti di Andrea Aldobrandini, evidente centro delle speculazioni amorose di Giulia e di Elsa. Non era voglia di prevalere come maschio alfa, né istinto di prevaricazione. Era qualcos'altro e il non saperlo riconoscere, ironia della sorte, lo rendeva ancora più nervoso.

«Certo che accetta, e non ci sarà neanche nessun problema con i Mondini perché faremo un'uscita a quattro domani sera. Lo sai vero che tuo padre mi adora, Giulietta?» scherzò pungente Pietro Torre, appena intervenuto nella conversazione con il braccio sulle spalle di Karin, una delle svedesi amica di Petra. «Basterà dirgli che Karin parte il giorno successivo e che Elsa vuole salutarla. Poi ovviamente ci sarò io, quindi non potranno succedere cose sgradevoli, come qualcuno che torna a casa quasi un coma etilico».
Dopo l'ultima frase di Pietro, Elsa desiderò sotterrarsi nel centro esatto della terra, abbassò lo sguardo colpevole estraniandosi per un po' dalla conversazione.

«E io cosa faccio?» si ritrovò a chiedersi Giulia con voce lamentosa.
Come era possibile che si fosse ritrovata sola in quattro e quattr'otto? Era partita per le vacanze con la sua migliore amica, si era subito inserita nel gruppo dei bagnini, aveva fatto tutte le mosse giuste. Era matematicamente impossibile che non avesse più compagnia per la serata.

«Puoi invitare Sofia da te» rispose Pietro con un'alzata di spalle, sminuendo il problema che aveva evidenziato Giulia.

«Oppure posso venire con voi, che differenza fa se siete in quattro o in cinque?» chiese incapace di affrontare quel disastro sociale di cui si stava ritrovando protagonista.

«C'è differenza, fidati» le rispose Pietro facendole l'occhiolino e dando un bacio sui capelli della svedese che gli si era attaccata addosso manco fosse una cozza su uno scoglio.

«Ha ragione Giulia, deve venire anche lei con noi» intervenne Elsa.
In realtà lei voleva uscire da sola con Andrea, voleva avere il suo primo appuntamento romantico con un gran gnocco come Andrea Aldobrandini. Voleva cambiarsi dieci volte con l'aiuto di Giulia e preparare dei discorsi folli in caso la conversazione fosse venuta meno. Voleva chiedere consigli alla sua migliore amica. Voleva fantasticare sul saluto che si sarebbero scambiati a fine serata. E speculare su come reagire ad un eventuale bacio. Chiederle se era vero che "le brave ragazze non baciano al primo appuntamento" oppure se "un limone non si nega a nessuno" fosse una filosofia più giusta da seguire.
Ma tutto questo non era possibile perché lei era stata invitata fuori da Andrea, il ragazzo che piaceva a Giulia. Lei era ospite a casa sua, e per colpa sopratutto di Elsa erano entrambe in punizione.
Non poteva lasciarla sola a casa.
Non poteva uscire con il ragazzo che piaceva alla sua migliore amica.
Voleva, certo, ma non poteva.

«Elsa, non ti crucciare. Giulia vuole uscire solo perché da sola non ci sa stare» continuò ad inveire Pietro. Sapeva di stare esagerando, ma quella situazione era così assurda che non riusciva a trattenersi.
Era più forte di lui cercare di fare sempre vincere la giustizia. E non essere capace di farsi gli affari suoi.

«Anche se fosse vero non farti idee strane: meglio sola che male accompagnata» gli rispose innervosita. Da quanto lo scopo di Pietro Torre era diventato distruggerle la vita?

«Cosa vorresti dire?» chiese come incapace di ignorarla.

«Mi sembra ovvio: che non vorrei mai uscire con te» sorrise vittoriosa Giulia soddisfatta della sua risposta.

«Perfetto, allora non c'è problema, basta che domani resti a casa. Poi non credo che ci saranno mai occasioni in cui io potrei chiederti una cosa neanche lontanamente paragonabile ad un appuntamento» rispose Pietro per poi voltarsi verso Karin, alzarle il volto con due dita per guardarla e sorriderle. La ragazza ricambiò il sorriso e posò nuovamente la testa sulla spalla di lui, continuando a capire poco della situazione che la circondava.

«Meno male, non vorrei mai metterti in imbarazzo rifiutandoti in malo modo» continuò Giulia incapace di stare zitta di fronte alla risposta sfacciata di Pietro.

«Ed ecco perché tu non puoi rifiutarmi un appuntamento» intervenne Andrea alzandosi dalla panchina e abbracciando Elsa da dietro, «Sopratutto ora che è diventata una questione di stato non puoi umiliarmi, non sei così meschina» continuò mentre indicava il folto gruppo di persone che ormai partecipava attivamente alla questione del loro appuntamento.

Pietro, ormai annoiato da quella situazione sussurrò qualcosa all'orecchio di Karin, che gli rispose con una risata per poi annuire. «Ragazzi io la mia proposta geniale l'ho fatta, ci vediamo domani in spiaggia» si congedò.

«Ma geniale cosa? Io resto a casa sola secondo il tuo fantastico piano» si innervosì Giulia e probabilmente fece per corrergli dietro poiché si sentì bloccare per il braccio dalle mani di Elsa.

«Come se fosse colpa mia se sei in punizione. Neanche c'ero alla serata karaoke mentre vi rendevate ridicole, purtroppo» gli rispose Pietro esasperato dal fatto he Giulia si ostinasse a non lasciargli l'ultima parola. «Prendila con filosofia: sarà una nuova eccitante esperienza per te non poter essere al centro dell'attenzione» la schermì ancora.

A quel punto Giulia fu sicura di essersi mossa, e non solo perché sentì Andrea cingerle le spalle e avvicinarla ad Elsa, stringendole entrambe in un abbraccio. Più che un  gesto affettuoso le parve di essere stata chiusa in una gabbia di contenimento.

Pietro guardò  per un attimo la scena, poi fissò gli occhi sulla figura di Giulia, abbracciata da Andrea, e la squadrò dall'alto in basso.
Si rivolse a Karin e con un tono di voce udibile anche dai tre ragazzi che erano di fronte le disse: «Honey, andiamocene che è meglio».
Si mosse nella direzione dei tre ragazzi mentre allentava il colletto della polo innervosito, passò troppo vicino a Giulia e scontrò la sua spalla con quella di lei. Tirò avanti senza neanche voltarsi per sapere se si fosse fatta male.

Aveva evitato Giulia al meglio delle sue possibilità dopo la loro chiacchierata in spiaggia, ed era stato tranquillo. Una pace. Giulia Mondini era stata completamente eclissata dalla sua monotona quotidianità.
Invece quella sera era arrivata al Pellicano con i suoi pantaloncini Levi's a vita alta che le mettevano in risalto il sedere sodo. Camminando con quel suo  passo veloce e molleggiato e il mento alto, con Sofia Aldobrandini sotto braccio, sbavando dietro ad Andrea, e lui reagiva così.
Si sarebbe voluto prendere a schiaffi.

Intanto Giulia era rimasta come paralizzata in un espressione di puro sgomento. Fosse stato meno coinvolto personalmente Pietro ne avrebbe riso fino a farsi mancare il fiato.

La verità era che quel maledetto venerdì mattina di due settimane fa, Giulia Mondini avrebbe voluto che il mondo intero la notasse.
La loro disgrazia era stata che il primo a vederla era stato Pietro Torre.


E per concludere questo capitolo c'è Pietro Torre estenuato dal mio ritardo nel pubblicare. «Andiamocene che è meglio» CIT.

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