6• Off Limits
Rimini, 20 luglio 1984
Nel tardo pomeriggio una pioggia scrosciante si abbatté su tutta la costiera romagnola.
Dante una volta aveva letto che coloro che odiavano la pioggia non avevano mai provato la gioia di ballare sotto di essa. Ancora non sapeva come sarebbe stato ballare, ma correre sotto un temporale estivo con Elsa, Giulia e Andrea verso casa Mondini fu decisamente divertente.
«Dante, ti prego, non mi tirare così!» urlò Giulia al fratello che correva tenendola per mano costringendola al suo passo.
«Dai, Giulia non fare la nonna!» le disse Andrea correndo più veloce per poterla superare e farle una linguaccia.
Dante, che con una mano teneva quella di Giulia e con l'altra quella di Elsa, scoppiò a ridere. «Ragazze, ci siamo fatti superare da quel rammollito!» esclamò aumentando il passo, «Dobbiamo rimediare, forza!».
«Provateci se volete, ma per qualcuno perdere due volte in un giorno potrebbe essere imbarazzante» esclamò il ragazzo continuando a correre sul lungomare costellato di villette a schiera di Rimini.
Elsa arrossì vistosamente. Fu contenta come mai della pioggia battente che nascondeva il suo umore contrastante.
I signori Mondini distesi sul divano della sala si scambiavano baci dispettosi e non avevano idea che un temporale estivo si stava abbattendo oltre le pareti del loro nido d'amore.
«Quindi il proprietario del lido ti ha fatto delle avance stamattina?» indagò il signor Mondini mentre lentamente scopriva un seno della moglie, facendo scivolare lungo le braccia le spalline sottili del prendisole.
«Ero con i ragazzi, sola, con il mio bel prendisole, perché non avrebbe dovuto provarci?» rispose la donna alzando il mento come se si volesse elevare da lui, «È una cosa che capita spesso, sai?» insistette.
Il marito intanto aveva sostituito le mani con le labbra, «Significa che dalla prossima volta al lido arriveremo sempre insieme».
«E perché mai?» chiese la donna in un soffio reprimendo un ansito.
«Perché solo io posso farti le avance» le rispose guardandola negli occhi mentre passava i polpastrelli sul solco dei seni della donna e le denudava l'addome abbassando ulteriormente il vestito.
L'uomo riprese ad assaggiare la sua pelle dorata dal sole. La signora Mondini sapeva che aveva ancora poco tempo prima di perdere il controllo della situazione: «Perché privi quel pover'uomo della gioia di avere a che fare come me?».
Lui spostò in un attimo la bocca dalla zona ombelicale della moglie alle sue labbra. Solo dopo un lungo bacio il signor Mondini ribattè a quell'insinuazione: «Tu lo sai dove gliela infilo la sua gioia».
«E cosa ti fa pensare che la tua presenza lo faccia desistere?» rispose dopo aver ripreso fiato da quel bacio passionale.
Il signor Mondini sorrise come colui che sa come farsi valere, e la donna scoppiò a ridere baciandogli il mento e il contorno delle labbra.
Sarebbero stati felici se avessero potuto continuare così, tra baci e morsi, tra lo stuzzicassi e lo scappare via, tra il correre e il rincorrersi. Insomma, essere beccati in fragrante dai figli non era esattamente l'epilogo che avevano programmato.
«Andrea è un pappamolla!» urlò Giulia con l'intonazione di una filastrocca dopo che Elsa ebbe spifferato dell'epilogo della sfida di quel pomeriggio. «Per caso da queste parti c'è un donatore di midollo? C'è bisogno di voi. Qui c'è un bagnino smidollato che se la è fatta addosso per paura di perdere una gara di nuoto contro una sedicenne!» scoppiò a ridere Giulia.
«Non ci credo che hai barato per battere Elsa!» rincarò la dose dell'umiliazione Dante mentre si scostava le ciocche bagnate di capelli dagli occhi, «è troppo imbarazzante, a questo punto non so se vorrò ancora farmi vedere in giro con te» concluse.
«Pappamolla, chi è un pappamolla? Lui!» continuava a urlare Giulia indicandolo e saltellandogli intorno.
«Signore e signori, per il premio pollo della settimana, vince a mani basse... momento di suspence, prego» disse Dante rivolto ad Elsa e Giulia, che cominciarono ad intonare un "oh-oh" di attesa e a far tremolare le mani davanti a loro. «Andrea Aldobrnadini!» dichiarò a voce alta Dante.
«Ma voi non state bene!» esclamò disperato Andrea scuotendo la testa mente due fratelli se la ridevano.
Per fortuna, o per sfortuna, la voce di Giulia era abbastanza acuta da poter essere riconosciuta dalla distanza di duecento metri. I signori Mondini ebbero il tempo di rimettere in ordine vestiti e capelli prima che i quattro ragazzi irrompessero nell'ingresso rumorosi e fradici.
Agli occhi degli amici completamente bagnati e sorridenti i signori Mondini apparvero incredibilmente accaldati e tesi.
La signora Mondini invitò Andrea ed Elsa ad andare per primi a cambiarsi nei due sanitari della casa. Si rivolse pratica ai figli: «Allora, ragazzi io e papà abbiamo una commissione urgente da svolgere, quindi prendiamo la macchina. Torniamo per cena» poi guardò il marito ancora raggiante nel suo abbigliamento casual e i capelli scompigliati e si corresse «o forse no. Potete preparavi dei toast, c'è tutto in frigo. Dante fai da padrone di casa. Giulia, tu non fare nulla, ti prego. A dopo».
La signora Mondini si avviò velocemente verso la porta d'ingresso seguita a pochi passi dal marito.
Felici come due bambini a Disneyland si misero a correre sotto la pioggia.
Quando furono in vicinanza dell'auto, che era parcheggiata sul viale del lungomare davanti la villetta, il signor Mondini aprì galantemente lo sportello del passeggero alla moglie
«Non mi sarei mai aspettato di ritornare a farlo in auto come da ragazzini» scherzò il signor Mondini.
Bagnati dai capelli fino alla punta delle scarpe, non si tolsero le mani da dosso per tutta la notte.
Elsa si asciugò in fretta e furia e infilò un completo intimo pulito. Appena ebbe finito andò a chiamare Giulia che era distesa sul letto dei suoi genitori con lo sguardo perso sul soffitto. Neanche le rispose quando Elsa le disse che il bagno era libero e che l'avrebbe aspettata in salotto.
Rientrò in sala più o meno asciutta avvolta in un morbido accappatoio e si sedette sul divano posando il libro, che si era portata da Budrio, tra le gambe incrociate.
«Ma chi è che si porta in vacanza, a casa dell'amica, un libro?» Le chiese Andrea, appena uscito dal bagno del piano terra con indosso una felpa nera della squadra di basket di Dante, Virtus Bologna.
Elsa notò che il nero gli donava in modo particolare, gli faceva risaltare i capelli biondi. Ma poi ricordò della prima volta in cui lo aveva visto con quel maglioncino blu navy, che rendeva i suoi occhi irreali. E di come era carino con la maglia bianca che evidenziava l'abbronzatura. Per non dimenticarlo a petto nudo in spiaggia quella mattina.
Elsa si arrese all'evidenza dei fatti. Andrea Aldobrandini sarebbe stato bello anche vestito da babbo natale.
«Tutti» rispose senza più alzare gli occhi dal libro.
«Tutti i pazzi intendi?» ribadì buttandosi a peso morto sul divano al fianco di Elsa.
«Sei proprio un bruto!» si lamentò la ragazza cercando di stringersi il più possibile sul divano per fargli spazio.
«Sarò anche bruto, ma non brutto», e rincarò la dose con un occhiolino ammiccante.
«Non lo hai detto per davvero, non lo hai fatto. Dimmi che non lo hai fatto!» esclamò Elsa coprendosi la faccia con le mani vergognandosi per lui.
«Fai vedere cosa leggi» cambiò argomento Andrea divertito e si allungò per prendere il libro che aveva tra le gambe Elsa.
«Baudelaire» rispose mentre, un po' per gioco, un po' perché non le andava che lui leggesse quel libro, prendeva il tomo in mano per allontanarlo da Andrea e se lo portava dietro le spalle.
«Il poeta maledetto?» cercò di distrarla il bagnino facendo conversazione mentre si distendeva su di lei per prendere il libro.
«Sì, ma, insomma, non chiamarlo così!» rispose Elsa con un tono acuto che non le apparteneva, dovuto allo sforzo per contrastare Andrea nella guerra che era appena iniziata.
«Secondo me a lui piaceva» disse Andrea quando finalmente ebbe avuto successo, rigirandosi il libro tra le mani.
«Ti piacerebbe essere ridotto ad un nomignolo per il resto dei secoli?»
Elsa continuava a parlare e a fare domande, quasi a vanvera, cercando di non dar peso alla vicinanza che si era creata tra loro.
Quella scena le appariva troppo intima, troppo bella, eppure troppo sbagliata.
Qualcosa non andava il quel divano morbido che li accoglieva. Un dettaglio che non riusciva a identificare, nella sua posizione distesa con la testa sul bracciolo, era scorretto. Andrea non doveva essere appoggiato in parte allo schienale del divano e in parte a lei con così tanta naturalezza. I movimenti sicuri e fluidi del biondo mentre sfogliava il suo libro preferito e incrociava gli occhi ai suoi erano imperfetti. Anche la mano di Elsa ferma sulla spalla di lui aveva qualcosa di profondamente inadeguato ai suoi occhi.
«Se fosse un nome figo come lo è poeta maledetto, perché no?» rispose distratto mentre si allungava ancora un po' verso Elsa.
Andrea posò il libro sulla pancia di lei e lo sfogliò fino a che non incontrò una pagina con una piccola orecchietta nell'angolo superiore. Viste le condizioni maniacali in cui sembrava essere stato conservato, quel piccolo difetto non doveva essere certo casuale.
Vi erano due poesie in quella pagina e lui incominciò a leggere quella che gli saltò all'occhio.
«Ma la dolce guerriera misericorde è al pari che bellicosa e fiera*» lesse ad alta voce. Poi staccò gli occhi dalla pagina e fissò quelli grigi di Elsa.
«Mi piace questa frase». A Elsa scese un brivido dalla noce del collo lungo tutta la colonna vertebrale nel sentire i versi di una delle sue poesie preferite pronunciate da Andrea.
«Mi dà l'idea che ti descriva bene».
In quell'esatto momento ogni gesto, posizione, parola divenne perfetta. Non c'era più niente di imperfetto, esclusi due ragazzi su un divano che si guardavano negli occhi con intensità.
Andrea avvertiva la mano di Elsa sulla sua spalla. Le dita morbide di lei che poco prima lo spingevano lontano, in quel momento sembravano essere lì per trattenerlo in quel limbo di sguardi.
Voleva baciarla.
L'avrebbe baciata.
E lei ci sarebbe stata.
E sarebbe stato bello.
Per lei, forse, nuovo.
Per lui probabilmente soddisfacente.
Sarebbe stato tenero.
E imprevisto.
Imprevisto come il libro che in quel momento cadde dalle sue mani toccando il suolo con un tonfo sordo.
Elsa è off limits, ricordò.
Sarebbe stato sbagliato.
Sbagliatissimo, si ripetè Andrea ormai fuori dal perimetro di desiderio che si era chiuso intorno a loro.
Sperò vivamente di averle percepite solo lui quelle strane emozioni contrastanti, perché nel caso contrario si sarebbe complicato tutto. Andrea Aldobrandini non voleva complicazioni quell'estate. Voleva divertirsi, stare con il suo migliore amico, conoscere gente, magari scopare senza impegni e lavorare per poter conquistare la sua rossa preferita.
«Che poi lo sai che solo il due per cento degli italiani che leggono almeno un libro all'anno leggono poesie?» buttò lì a caso sperando che il tempo riprendesse a scorrere come doveva.
«Sì» rispose Elsa leggermente confusa dal cambio di argomento, «È triste non trovi?».
«Non tutti hanno voglia di leggere e di analizzare ogni virgola, parola e frase» rispose sincero Andrea.
«Forse, però se lo facessero più del due per cento ci sarebbe meno mediocrità in giro» lo gelò Elsa.
Andrea in quel momento si chiese se quel cambio di umore fosse dovuto alla tensione di poco prima. Eppure era così sicuro che fosse stato un sentimento e un desiderio univoco che non riuscì a giustificarla.
«Come sei rigida» rispose lui prendendola un po' per i fondelli, cercando di alleggerire nuovamente il discorso.
«Vorrà dire che farò stretching » rispose Elsa con un alzata di spalle e indicò il televisore che era di fronte al loro divano, sotto al quale c'era la preziosa collezione della signora Mondini di cassette delle lezioni di aerobica di Jane Fonda.
Andrea scoppiò a ridere ed Elsa lo seguì a ruota.
Quando Dante uscì da bagno trovò Elsa e Andrea seduti ai due lati opposti del divano, ma abbastanza vicini da sfiorarsi, in completo silenzio.
Per rompere quel muro che si era creato li invitò nella sua stanza per ascoltare qualche disco. Elsa rifiutò dicendo che avrebbe aspettato che Giulia uscisse dal bagno leggendo; Andrea invece preferì immergersi nel rumore dei bassi con l'amico.
Giulia aveva trascorso tutto il tempo che reputava necessario sotto la doccia, ma quando finirono anche i minuti di posa del balsamo, si rese conto che avrebbe dovuto affrontare la realtà. Sarebbe andata ad asciugare la bava che colava dalle labbra di Elsa quando guardava Andrea.
Ok, questa è un'esagerazione, ammise Giulia.
Però qualcosa di vero c'era.
Giulia la conosceva e sapeva che quello non era il comportamento che l'amica era solita avere con i ragazzi. In realtà solitamente i ragazzi come Andrea, cioè quelli particolarmente appariscenti per il loro aspetto, li evitava come la peste.
I belli non ballano, diceva, perché illudersi che possano essere interessanti? Se proprio devo guardare un bel ragazzo vado al cinema!
Quante loro discussioni erano finite con queste frasi. Cosa era cambiato? Cosa vedeva Elsa in Andrea?
Quando entrò in sala era ormai passato da un pezzo il tramonto. Elsa leggeva accoccolata sul divano, sotto la luce di una lampada da pavimento.
Giulia si accomodò sulla poltrona affianco al divano, «Elsa, mi chiedevo se per caso ti piacesse Andrea» esordì con la sua proverbiale diplomazia.
«No!» rispose Elsa sulla difensiva alzando di scatto il volto dal libro. Trovò strano che Giulia le avesse posto la domanda che lei stessa si stava facendo da quando Andrea si era alzato dal divano. Riportò gli occhi sul libro e ripetè all'amica la stessa risposta che si era data lei stessa: «Gli ho parlato per la prima volta tre giorni fa, come potrebbe piacermi una persona che non conosco?».
A Giulia, in realtà, la risposta di Elsa apparì più come un meccanismo di autodifesa. Le sembrava che avesse innalzato il suo solito muro di razionalità e che questo l'avesse portata alla negazione totale. Ma fu un'altra la cosa che la colpì di più nel suo discorso.
«A me capita sempre!» rispose piccata.
Elsa si sentì in difficoltà, aveva sempre ritenuto che le cotte di Giulia fossero frivole sbandate per un bel viso o delle belle spalle larghe. Non potevano essere neanche considerate cotte: erano semplici infatuazioni paragonabili alle fisse di Elsa per alcuni attori del cinema.
Quando aveva risposto di getto la sua intenzione certamente non era quella di sminuire l'amica. Eppure ripensando alle sue parole si rese conto che l'interpretazione dell'amica non era del tutto scorretta.
«A me, invece, non capita mai!».
«E neanche questa volta? Andrea è così bello» insinuò Giulia assolutamente non convinta dalle parole di Elsa.
«Sì, certo, lo è, ma...» ma non è solo un bel paio di occhi piantati su un bel viso, avrebbe voluto dire. Fortunatamente riuscì a correggersi in tempo, «Ma perché me lo stai chiedendo?».
«Perché vi vedo così vicini, anzi ora che ci penso non ricordo di aver mai visto Andrea così sorridente nei confronti di una ragazza».
La verità è che Giulia prima di quell'estate non si era mai soffermata più di tanto sul migliore amico del fratello. Era sempre stato un bel ragazzo, anche se ai suoi occhi era sbocciato in modo particolare nell'ultimo periodo, ma era il suo modo di fare ad averla sempre insospettita. Andrea con le ragazze era costruito.
Non le aveva mai dato l'impressione di essere genuino, restava statico nella sua recita di ragazzo un po' burlone e un po' maledetto. Sempre sotto i riflettori quando si era in gruppo, eppure mai del tutto se stesso.
Dava l'impressione di uno che al primo posto avrebbe messo sempre se stesso, al secondo i suoi parenti, poi gli amici, la moto, il cibo, il divertimento e solo a quel punto, forse, un'ipotetica donna.
Solo in quel momento, affrontando il discorso con Elsa, si era resa conto che effettivamente con lei e con Elsa non si comportava in quel modo.
Per quanto la riguardava era consapevole che influisse il fatto che l'avesse vista crescere e attraversare tutte le fasi tragicomiche della sua vita. Lo stesso però non poteva essere per Elsa.
«Davvero?» Elsa non era esattamente convinta dell'ultima affermazione dell'amica anche perché non aveva reputato neanche per un momento Andrea un ragazzo che tendesse a conservare la sua virtuosità. «Comunque io lo trovo simpatico, niente di più niente di meno».
«Io invece credo che mi piaccia» affermò Giulia con un tono flebile di voce, che non le era certamente consono. C'era in una parte recondita del suo inconscio che le stava suggerendo che fosse sbagliato dirlo in quel momento a Elsa, ma era un moto di coscienza che non voleva ascoltare. Perché Giulia voleva parlare della sua cotta all'amica, voleva che lei la spronasse e consolasse in caso di fallimento. Voleva che l'aiutasse nei suoi piani diabolici e che ne ridesse con lei, voleva essere presa in giro per le sue figuracce dall'unica persona che in realtà la prendeva sul serio e non la sottovalutava. Voleva raccontarle di Pietro Torre e della sua maleducazione, voleva che Andrea Aldobrandini, e chiunque altro, non modificasse la loro amicizia.
«Ah, tanto?» si ritrovò a chiedere Elsa, per pentirsene il millisecondo sucessivo.
Giulia rimase colpita da quella risposta. Come poteva Elsa non essersene accorta? Anche uno sconosciuto come quel bagnino prepotente ci era arrivato, perché Elsa no?
Non era mai capitato che ci fosse bisogno di dire ad alta voce a Elsa che le piaceva un ragazzo. Elsa certe cose le notava subito.
«Si può quantizzare una cotta?» le rispose ridendo cercando di sminuire l'affermazione dell'amica.
Giulia non sapeva ciò che era successo sul divano ed Elsa non sapeva come dirglielo. Non aveva idea di come si potesse raccontare una cosa del genere, non era mica Baudelaire, non sapeva come si potevano esternare certe sensazioni. Richiamando alla mente quel momento pensò che la vera domanda da porre a Giulia sarebbe dovuta essere: "Ah, tanto quanto piace a me?".
«Immagino di sì».
«No, non è che la misuro con il bilancino!»
rispose Giulia. «Perché questa domanda?» le chiese infine cercando di capire cosa stesse succedendo.
«Nulla, volevo capire come mai non me lo avessi detto subito. Di solito passiamo ore a fantasticare sulle tue cotte» disse Elsa con un'alzata di spalle e chiudendo definitivamente il libro, dietro al quale non si poteva più nascondere.
«Non so, è che non l'ho mai considerato più di tanto prima di quest'estate, prima di averlo visto con la canottiera da bagnino» ricordò ridendo. «Volevo esserne sicura prima di parlartene».
«Da quando ti fai questi problemi prima di parlare con me, Giulia?» si dispiacque Elsa. La sua migliore amica le aveva tenuto il segreto sulla sua nuova cotta, era delusa.
«Pensavo piacesse anche a te» disse la più piccola marcando il verbo al passato.
«Ma ora che sai che non è così, possiamo continuare a parlare di tutto come prima?» le chiese Elsa alzandosi dal divano per avvicinarsi alla poltrona dove era seduta Giulia.
Voleva annullare quella distanza, voleva che la sua amica continuasse a considerarla come confidente. Desiderava continuare a scherzare con lei, a farle da spalla, a chiederle consigli, a studiare insieme, a ridere delle sue figuracce, a sentirsi leggera con lei.
«Quindi sei sicura che non ti interessi?» le chiese spostandosi per fare spazio sulla poltrona all'amica.
«Certo, e poi piace a te, non lo guarderei mai» rispose Elsa mentre si accoccolava con la testa tra la spalla e il collo di Giulia.
«Neanche se lui guardasse te?» chiese come ultima conferma Giulia non ancora convinta al cento per cento della sincerità dell'amica.
«Ma figurati se Andrea Aldobrandini, il bagnino più biondo della riviera romagnola, possa provare un interesse per me!» scherzò Elsa utilizzando il soprannome che il ragazzo stesso si era inventato per descriversi.
«Per favore, mi rispondi seriamente, Elsa?» riprovò Giulia allontanando la testa da Elsa per poterla scrutare negli occhi.
«È una domanda così assurda che non riesco neanche a darti una risposta seria» si esasperò Elsa all'ennesima richiesta di sicurezza da parte di Giulia.
Ma in fondo Giulia era così, una sbruffona che nascondeva un animo sinceramente insicuro, e non sarebbe stata mai Elsa a ferirla.
La maggiore alzò lo sguardo e spostò una ciocca di capelli scuri dell'amica verso il suo naso facendole così il solletico.
Giulia scoppiò a ridere.
«Forse hai ragione non ha senso pensarci, nessun ragazzo ci dividerà» disse infine Giulia dopo che l'attacco di risa per il solletico le fu passato.
«Certo che no! I ragazzi non valgono più della nostra amicizia» concluse Elsa mentre Giulia le stampava un bacio sulla guancia.
Un momento di tenerezza tra Elsa e Andrea.
*LIX Sisina, tratto da i fiori del male di Charles Baudelaire.
La poesia completa è nell'immagine del capitolo. L'ho presa dal mio libro, edito Mondadori, traduzione di Gesualdo Bufalino. Sarò sociopatica, e non lo metto in dubbio, ma le altre traduzioni non rendono la stessa musicalità e lo stesso significato.
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