4• Polaroid
Rimini, 19 luglio 1984
Quel venerdì pomeriggio in spiaggia i ragazzi erano più del solito. Per far giocare tutti toccava che qualcuno andasse a sedersi in panchina per dare il cambio a un altro.
Elsa, Giulia e Sofia, sedute su un telo da mare, fungevano da panchina, ma più che altro erano perse nei loro pensieri.
Quelli di Sofia erano incentrati su un ragazzo, che aveva la sua stessa età, dai folti capelli castani come i suoi gli occhi e con un'innata capacità di giocare a calcio.
Quelli delle due maggiori erano, invece, un po' più complessi.
La gamba destra, era tutto ciò che Giulia Mondini continuava a ripetersi. Le ultime parole di Pietro Torre le erano rimaste fisse in mente e non faceva altro che riascoltarle nella testa, come un eco. Una risonanza che aveva lo stesso tono caldo e basso che aveva utilizzato il ragazzo, che le lasciava anche lo stesso calore sulle guance.
Solo in quel momento, quando riformulò la frase per la trentesima volta richiamandola nella memoria, Giulia si accorse che Pietro Torre non aveva per nulla l'accento di un ragazzo della Romagna.
Non si stava neanche rendendo conto di quanto, nonostante lo conoscesse da più o meno mezz'ora, fosse già ossessionata da quel ragazzo. E questo era un bene.
Elsa osservava le sagome scure dei sedici ragazzi correre dietro al pallone sullo sfondo del tramonto. Non si sarebbe mai immaginata che la scena potesse essere così rilassante: i ragazzi apparivano come figure scure poiché in controluce, mentre il sole colorava il cielo all'orizzonte di rosa e arancione rendendo il mare increspato delle sei, luminoso. La calma del tramonto contrastava in maniera piacevole con gli sfottò e i cori urlati dai giocatori.
Elsa si ritrovò a fissare sempre la stessa sagoma: quella alta e slanciata di Andrea Aldobrandini. Continuava a rimuginare su quel ragazzo dagli occhi color del mare, ma non solo. Pensava a se stessa, che per la prima volta si trovava interessata a voler conoscere di più su una persona. Si rendeva conto, solo in quel momento, di aver osservato il modo di fare di Giulia, delle sue amiche, delle eroine dei libri, e delle protagoniste dei film, molto più di quello che credeva, perché sapeva esattamente che aveva flirtato con Andrea Aldobrandini. Ed era altrettanto sicura che anche lui lo avesse fatto con lei. Ovviamente, aveva considerato che con buone probabilità quello era il modo di fare abituale del ragazzo. Pensava che anche lei, se fosse stata così bella, avrebbe regalato sorrisi e moine a tutti, anche solo per regalare un po' di autostima a chi la circondava.
Andrea Aldobrandini era consapevole di essere quasi l'esatto contrario di un asso del calcio, giocava per il puro piacere di stare in compagnia, eppure quel pomeriggio si impegnò più del solito. Sapeva di avere gli occhi di Elsa fissi su di lui. Li sentiva, anche se non si era girato a guardarla neanche una volta, poiché troppo concentrato a non rovinare la sua immagine di macho inciampando nei suoi stessi piedi e finendo con la faccia nella sabbia. Riuscì addirittura a fare un goal, che dedicò alle tre ragazze in panchina, come erano soliti fare tutti ogni volta che segnavano, soffermando inconsciamente lo sguardo più su Elsa che sulle altre due.
Andrea Aldobrandini, contro ogni aspettativa, non fu triste quando venne il suo turno in panchina. La prospettiva di andarsi a sedere tra le tre ragazze non gli sembrava così deprimente come lo sarebbe stata quella mattina, quando sapeva che in panchina ci sarebbero state solo la sorella minore e Giulia Mondini. Gli avrebbe fatto piacere parlare nuovamente con Elsa, scambiare quelle battute veloci poco prima lo aveva piacevolmente colpito. Aveva la stessa età di Giulia Mondini, eppure sembrava molto più matura. Qualcosa nella sua postura elegante e nel suo modo di rispondere a tono senza far trasparire il desiderio di attirare l'attenzione su di sé come facevano le altre ragazze lo incantava. Era naturalmente elegante e aveva un piacevole modo di parlare, come se quasi cercasse d'invitare lui ad avvicinarsi senza però esporsi. Un fascino naturale, che solo un anno fa non avrebbe mai notato.
Si mise seduto accanto a Giulia, il più lontano possibile dalla sorellina, che non faceva altro che fissare un ragazzino prodigio del calcio, che frequentava il primo anno del suo stesso liceo scientifico lì a Rimini. Andrea non lo aveva neanche mai notato prima, ma adesso si rendeva conto che gli stava maledettamente antipatico, con quel ciuffo di capelli ridicolo e quel modo di muoversi come se la spiaggia fosse di sua proprietà.
Rimase colpito quando Giulia non gli rivolse neanche un cenno di saluto. Solitamente era così vitale, allegra ed esuberante. Gli sembrava strano che stesse lì buona, seduta composta a fissare il tramonto con le figure dei ragazzi che correvano dietro al pallone e si prendevano in giro tra di loro. Forse era ancora sotto shock per l'incidente in acqua, pensò. Eppure, da quello che gli era stato raccontano da Elsa, aveva capito che non era successo niente di ché.
Pietro Torre, che si era beccato il turno dei tre giorni infernali del fine settimana, era il bagnino che ogni lido avrebbe voluto avere. Nuotatore professionista nella squadra della sua città in Lazio, neo diciottenne, sbarcava il lunario facendo il bagnino in estate. Era uno dei ragazzi del lido con il quale Andrea aveva stretto di più.
Giulia era stata molto fortunata che ci fosse lui di guardia quel pomeriggio, tutta l'operazione di salvataggio era durata meno di due minuti. Sicuramente meno di quanto era durata la scenata di Dante, si ritrovò a pensare Andrea. Anche se non si sentiva certo in diritto di biasimare l'amico, quando lui stesso, in quel preciso momento, avrebbe volentieri sotterrato sotto la sabbia quello stupido calciatore in miniatura che la sorella sembrava adorare come un dio, solo perché esisteva.
Mentre faceva tutte queste considerazioni si trovò a fissare involontariamente il profilo di Elsa. In quell'esatto momento lei girò il volto nella sua direzione come richiamata dagli occhi cerulei del ragazzo. Avrebbe potuto distogliere lo sguardo, ma ormai lei aveva visto che la stava guardando, quindi tentò un sorriso timido che la ragazza ricambiò con naturalezza.
Trascorsi un paio di minuti in cui i due si guardarono negli occhi scrutandosi curiosi, Andrea decise d'iniziare la conversazione mantenendosi su un territorio a lui ben conosciuto e quindi abbastanza sicuro: «Dici che Giulia entro la fine del mese si riprenderà dal mancato annegamento?».
«Non sono così convinta che sia quello il problema».
«E quale sarebbe?».
Elsa si morse la lingua. Per non fare la figura del pesce lesso aveva risposto la prima cosa che le era passata in mente: la verità. E adesso non poteva certo dirgli che pensava che quella di Giulia fosse stata tutta una messinscena per farsi notare da lui, e che il suo piano oltre ad essere fallito le aveva anche fatto conoscere un bel fusto. Si girò a osservare l'amica che aveva ancora lo sguardo perso, giusto per prendere tempo. Poi decise di dire comunque la verità, anche se non era quella che aveva che intendeva prima.
«Non so, ma ha parlato tanto con il bagnino che l'ha aiutata, anche dopo aver litigato con Dante» disse a voce bassa senza dare troppi dettagli.
«Anche noi abbiamo parlato: sia prima che dopo» le fece notare con ovvietà Andrea.
Elsa sorrise, «Ma tu non hai quasi perso un occhio nella mia scollatura mentre mi tenevi in braccio» gli spiegò con innocenza.
Quella era stata la prima impressione che aveva avuto Elsa quando aveva visto Giulia palesarsi, in mezzo alle onde, accoccolata tra le braccia di Pietro Torre. Ai suoi occhi era apparsa come una versione rivisitata eroticamente della Nascita di Venere di Botticelli.
«Solo perché non ti sei fatta salvare da me».
«E cosa ti fa credere che io debba essere salvata? So nuotare benissimo» lo punzecchiò, anche se era sollevata dal fatto che il ragazzo avesse cambiato argomento.
«Questo devi dimostrarlo».
«Va bene, adesso?» Accettò la sfida Elsa più spavalda di come fosse in realtà, imitando in tutto e per tutto la follia di Giulia. Fece anche il gesto di alzarsi dal telo sul quale era seduta.
«No, domani tanto sono libero. Il primo che arriva alla boa gialla? Lo stile lo scegli tu» rispose più sicuro di sé di quanto non fosse in realtà. La sicurezza di Elsa lo aveva spiazzato. Se Dante fosse venuto a sapere che dopo aver sfidato una ragazza si voleva tirare indietro lo avrebbe ucciso.
«Andata. Ti dimostrerò che non avrò mai bisogno di te. E che al massimo, se e quando, sarà, sarò io a salvare te».
«E da cosa mi dovresti salvare?» le chiese divertito, immaginando una scena in cui Elsa Martini se lo caricava sulle spalle per portarlo via da un boogeyman, come quello di Nightmere*1.
«Oh, il mondo è pieno di pericoli, giovane fanciullo» usò la voce spiritata tipica delle cartomanti per rispondergli.
«Dimmene uno. Uno soltanto, dal quale mi potrebbe salvare uno scricciolo come te» la prese in giro anche se aveva già notato che lo scricciolo misurasse almeno centosettanta centimetri.
«Beh... potrei iniziare salvandoti dai tuoi compagni di squadra che ti reclamano per la sostituzione, ma oggi salto. Il fine settimana non si lavora. Me l'ha insegnato un amico». E così dicendo gli strizzò l'occhio.
Andrea si ritrovò a pensare che il suo turno in panchina fosse durato troppo poco, quando si dovette alzare dalla sua postazione di beato tra le donne.
Fece un segno di saluto vago alla panchina mentre correva verso il campo improvvisato dando il cambio proprio al ragazzino prodigio che tanto sembrava piacere a sua sorella. Non si stupì quando lo vide sedersi proprio accanto a Sofia, ma ciò non gli fece rinunciare a mimare il gesto di una sgozzatura nella sua direzione.
Dante Mondini aveva giocato la partita di calcio peggiore di sempre. Era distratto, pensieroso, teso, nervoso e per di più preoccupato per Giulia. C'era una sola cosa che lo avrebbe potuto distrarre. Finita la partita disse alla sorella di avvisare i genitori che quella sera avrebbe cenato fuori e si diresse senza esitazioni all'hotel di Petra, la sua amica svedese.
La ragazza aprì la porta della stanza senza sapere cosa aspettarsi.
Si trovò davanti al volto di un ragazzo bruno, alto almeno venti centimetri più di lei, che le sorrideva scoprendo, con le labbra carnose, una dentatura perfetta. La bionda si sciolse davanti a quel sorriso, che per quanto bello, non aveva raggiunto gli occhi che restavano distaccati come se fossero lontani chilometri da lì.
Lo tirò a sé e gli diede un lento bacio sulle labbra cercando di farlo tornare anche mentalmente nella sua camera d'albergo.
Lui fermò il bacio e le mise le mani sulle guance, mantenendo la minima distanza necessaria tra i loro volti per poterla guardare negli occhi.
Era bella, ma senza dubbio la cosa che gli piaceva di più erano i suoi occhi. Occhi azzurri, ampi ed espressivi, che in quel momento chiedevano solo di diventare languidi per il piacere.
Dante però, negli occhi della sconosciuta, ne vedeva altri, sempre blu, ma completamente diversi: più chiari, più glaciali, più conosciuti.
Ricominciò a baciarla, con passione crescente.
Petra fece dei passi indietro guidandolo verso il letto, mentre lasciavano nel percorso vari indumenti sul pavimento. Lui le sfilò velocemente il prendisole color pastello, lasciandola con addosso solo gli slip del costume, mentre lei per prima cosa tirò in alto il lembo inferiore della la t-Shirt, scoprendogli così gli addominali per poterli ammirare meglio. Una volta sfilatagli la maglietta la ragazza si stese sul letto.
I lunghi capelli biondi si aprirono a ventaglio sulle lenzuola bianche.
Dante, ancora in piedi davanti a lei, osservava il suo seno sodo, che spiccava poiché non abbronzato come lo era il resto del corpo.
Petra spostava incantata lo sguardo dal suo torace definito dagli allenamenti di pallacanestro, alla fossetta che gli era apparsa sulla guancia nel momento in cui le aveva sorriso sensuale fissandola.
Dante si inginocchiò sul letto infilandosi tra le sue gambe. Si abbassò su di lei incominciando a ricoprirle il collo di baci, scendendo verso la clavicola e passando i polpastrelli tra il solco dei seni fino all' ombelico, per poi risalire lentamente.
Petra attorcigliò le gambe intorno alla sua vita strusciandosi contro di lui e carezzandogli i pettorali portando la mano verso il basso.
Dante senza staccare le labbra dalla pelle della ragazza la tirò a sedere sul suo bacino. Fissando lo sguardo nei suoi occhi, prese il portafogli dalla tasca anteriore del costume a fantasia che portava. Fece per sfilare il preservativo, ma insieme a quello uscì anche una piccola fotografia.
La foto, stampata da un'istantanea, cadde e finì al fianco della giovane svedese.
Lei la prese incuriosita, se la rigirò tra le mani. Ritraeva una ragazza bruna, inquadrata a mezzo busto, con le braccia alzate e sullo sfondo la fontana di Trevi. Unico dettaglio che riconobbe.
Sul bordo bianco, simbolo riconoscitivo delle polaroid, vi era scritto in corsivo, con inchiostro nero: Virginia a Roma, 22 dicembre 1983.
Petra girò la foto e notò che anche dietro vi erano delle parole, scritte dalla stessa mano, le guardò senza capirne il significato.
"Monetina e voilà,
C'è chi torna e chi va!
La tua parte la fai, ma non sai che pena mi dai"*2
«Chi è ?» gli chiese in inglese, porgendogliela.
«Nessuno, solo un'amica di famiglia» disse quasi in un sussurro senza guardarla, mentre riponeva nuovamente la foto nel portafoglio.
Ricominciò a baciarle il collo, le spalle e il seno, con passione crescente. Come se volesse perdersi in lei. Forse era quello che voleva fare per davvero, perdersi o almeno perdere quei ricordi.
Con l'aiuto abile di Petra si liberò del costume e indossò la precauzione per poi iniziare a perdersi in lei.
La ragazza della foto, Virginia Settembrini, non sapeva neanche che Dante conservasse ancora quella polaroid. E così doveva essere.
Lui le aveva chiaramente fatto capire che tra di loro ci sarebbe stata solo quella notte. Aveva immediatamente messo in chiaro che quella sarebbe stata la loro prima, unica e irripetibile volta. Non voleva complicare una situazione già strana. Non voleva impelagarsi in una storia impossibile. Non voleva ritrovarsi a dover spezzare il cuore di Virginia. Come non voleva ritrovarsi lui stesso in quelle condizioni. Aveva addirittura pensato che dando sfogo ai loro desideri più bassi, l'attrazione fisica fosse scemata e sarebbero tornati a vivere con semplicità la loro amicizia. Lo aveva fatto per entrambi, non avrebbero mai potuto avere futuro. E ci teneva troppo al loro rapporto per rovinarlo con una relazione morta sul nascere. Meglio nascondere i sentimenti, più facile credere che fosse solo attrazione fisica.
Il tempo avrebbe fatto il resto. O almeno così sperava Dante Mondini.
•~•~•~•~•~•
Roma, 22-23 dicembre 1983
Dante Mondini avrebbe dovuto giocare i play-off con la sua squadra di basket nella capitale quella sera, eppure non sapeva ancora come arrivarci: i suoi compagni erano partiti il giorno prima con la società, ma la signora Mondini gli aveva vietato categoricamente di saltare più di un giorno di scuola. Peccato che la mattina del giorno della partita, all'ultimo momento, si scoprì che nessuno della sua famiglia lo avrebbe potuto accompagnare alla stazione. Il signor Mondini non poteva presentarsi in ritardo al lavoro l'ultimo giorno prima delle ferie. Giulia aveva le ultime interrogazioni del quadrimestre, e ovviamente la signora Mondini si doveva assicurare che si presentasse.
Fuori da ogni aspettativa fu proprio Giulia a trovare la soluzione al problema ricordandosi, all'ultimo minuto, che Virginia Settembrini, una sua compagna di scherma, quella mattina sarebbe partita con la famiglia per andare a Roma per trascorrere le festività con i parenti che abitavano lì.
In quattro e quattr'otto Dante si ritrovò seduto sul sedile posteriore della Renault 9 della signora Settembrini.
Sui sedili anteriori vi erano la signora Settembrini, Vittoria, la primogenita e Viola, la più piccola di poco più di un anno; sui posteriori, avvolti dal profumo di tortelli e pane di Natale, classico dolce emiliani, fatti in casa, Dante e Virginia.
Da quando Dante l'aveva vista le prime volte in palestra pochi anni prima, era cresciuta e cambiata tantissimo. Non era più la ragazzina dagli occhi azzurri luminosi e sempre spalancati, che arrossiva per nulla e pendeva dalle sue labbra. Era diventata una bellissima ragazza, spigliata, affascinante, alla mano e sopratutto consapevole del suo sex appeal.
Le cinque ore di viaggio, che in altre situazioni sarebbero sembrate interminabili, ai due ragazzi sembrarono volare. Parlarono di tutto, ricordarono i loro primi incontri, la prima volta che si rivolsero la parola anni prima, il rapporto di amicizia che si era formato tra i due.
Prima di salutarsi Virginia promise a Dante che sarebbe stata la sua cheerleader personale quella sera.
Dante fu lasciato davanti all'albergo dove alloggiavano i ragazzi della sua squadra per poter avviarsi con loro al palazzetto per riscaldarsi. I Settembrini, invece, raggiunsero i parenti nella zona di piazza Bologna.
Prima dell'inizio della partita tutti i Settembrini avevano già preso posto in ottime posizioni nel parterre per sostenere gli under 16 della Virtus Bologna.
Quel giorno la squadra giovanile di pallacanestro emiliana non raggiunse la finale, ma uno dei giocatori ottenne una prima, lenta e romantica notte d'amore.
Dante abbandonò i compagni alla loro sbronza post serata per consolarsi tra le gambe di Virginia nella sua stanza d'albergo.
Fu una serata piena di parole dette senza crederci e di silenzi che nascondevano sentimenti.
Fu una notte dolce, fatta di gesti naturali, di dolcezza e di passione.
La mattina Dante, svegliatosi per primo, chiamò la reception dell'hotel per farsi portare la colazione in camera, per poi iniziare a stimolare il risveglio della ragazza con gesti dolci ma sensuali.
Tra le lenzuola bianche inamidate dell'hotel la bellezza di Virginia spiccava in un modo illegalmente perfetto. Lo incantava anche quando non faceva nulla, con i suoi capelli così scuri da sembrare neri, tutti scompigliati e i lineamenti delicati, che solo lui sapeva quanto potevano diventare provocanti.
Le carezzò la caviglia sottile, disegnando con le dita il profilo dei polpacci, le solleticò il naso delicato con un soffio, la scoprì lentamente dal lenzuolo per osservare meglio il suo seno e mangiarlo con gli occhi alla luce del mattino.
Virginia per un po' finse di non essersi ancora svegliata, fino a che le delicate attenzioni di Dante al suo corpo non le resero la farsa impossibile.
Trascorsero la mattina coccolandosi e stuzzicandosi, cercando di convincere l'altro a far cadere la promessa del "oggi e mai più" fatta il giorno prima.
In fine, però, nessuno dei due cedette alle lusinghe dell'altro. Così decisero di trascorrere il pomeriggio nel centro della capitale tra fotografie con la polaroid, arte e shopping. Restarono fedeli alla loro promessa, convinti che una sola notte non avrebbe mai modificato il loro rapporto, crogiolandosi della superficiale idea che i sentimenti potessero assopirsi dopo una notte d'amore.
Mai scelta fu più sbagliata.
Dante e Virginia lo imparano a loro spese.
*1 Nightmare - Dal profondo della notte (A Nightmare on Elm Street) è un film Horror del 1984 . È il primo capitolo di una lunga saga.
*2 Sotto i riflettori di Sanremo 1983 i Matia Bazar, propongono "Vacanze romane"che vince il premio della critica.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top