2• Il Pellicano

E45 Budrio- Rimini, Rimini, 15 luglio 1984

Il signor Mondini amava guidare la sua ALFA ROMEO 33 verde scarabeo, quasi gli dispiaceva che la distanza Budrio Rimini fosse così contenuta.
Erano partiti alle otto di mattina, riempendo fino all'orlo il suo gioiellino. Quasi sentiva lamentarsi la sua bambina per il troppo carico che doveva portare. Due adulti nei sedili anteriori, due ragazzine adolescenti e un giovanotto ben piazzato nei posteriori, e il bagagliaio riempito con tre valigioni rigidi in cuoio. Il signor Mondini le promise che appena arrivati le avrebbe passato la cera per rendere più lucente il suo bel verde scarabeo.

La casa di villeggiatura dei Mondini si trovava sul lungomare di Rimini, era una graziosa villetta a un solo piano con mansarda. Lontana anni luce architettonicamente dai palazzoni circostanti, costruiti dieci anni prima nel boom edilizio del dopoguerra. Immersa nel verde, presentava un porticato e un ampio giardinetto ben curato con conifere e sempreverdi. Al piano terra vi era un piccolo ingresso che dava a destra su un salotto con tutti i comfort e il tavolo da pranzo, a sinistra si collegava a una cucina non troppo grande, ma moderna. Vi era al centro dell'ingresso un corridoio che portava a due camere da letto e a un bagno, in fondo una scala a chiocciola.  La mansarda era costituita da un secondo sanitario, la camera matrimoniale dei signori Mondini, e un gran terrazzo illuminato praticamente durante tutto il giorno, che si trovava in corrispondenza del porticato e che offriva una vista su tutto il litorale di Rimini.
La casa era già stata preparata dalla domestica una settimana prima, era stata fatta arieggiare, spolverare ed era stata portata la biancheria pulita.

Una volta arrivati a destinazione ognuno dei passeggeri si divise un compito: la signora Mondini si occupò della dispensa; Giulia ed Elsa di mettere i contenuti dei bagagli negli armadi e nei cassetti; Dante andò all'alimentari più vicino per prendere le casse d'acqua e qualche bene primario che avevano dimenticato; il signor Mondini, ovviamente, si dedicò all sua auto, promettendo di raggiungere in un secondo momento il figlio.

Dante, camminava a testa alta per le stradine di Rimini come se ne fosse il padrone, un po' se ne sentiva il padrone. Aveva sempre la strana sensazione di essere più a casa sua in quella cittadina che a Budrio, dove in realtà era nato e cresciuto. Decise di deviare il suo percorso per andare a trovare il suo migliore amico, prima di recarsi all'alimentari.

Andrea Aldobrandini stava infilando la t-shirt rossa con scritta Lifeguard in bianco che gli avevano dato al lido per andare a svolgere il suo turno di lavoro, che sarebbe iniziato di lì a mezz'ora. Aveva già da due anni il brevetto di bagnino, preso più per noia che per vero interesse, ma solo quell'anno si era deciso a lavorare in un lido. Per lui l'estate era sempre stata sacra, solo mare, sole, divertimento e belle ragazze, ma da quando aveva perso la testa per una moto vista in una pubblicità sul giornale la sua visione dell'estate cambiò. I turisti erano un'innegabile fonte di guadagno per tutta Rimini, così Andrea decise che avrebbe fatto di loro la sua ricchezza.
Non che la famiglia Aldobrandini non potesse permettersi, con qualche sacrificio, di comprare la Moto Guzzi V7 California rossa fiammante al figlio, ma Andrea stesso reputava più soddisfacente esaudire da sé il suo desiderio.

Quando Dante Mondini entrò di soppiatto nella camera di Andrea, che sembrava aver appena subito un attacco atomico, trovò quest'ultimo intento a rimirarsi mentre gonfiava i muscoli dei bicipiti davanti allo specchio dell' anta dell'armadio di ciliegio.
Scoppiò a ridere, rinunciando così all'effetto sorpresa.
«Meno di tre mesi che non ti vedo e già sei diventato più stupido!» Dante voleva dare un tono più mogio alla sua voce, ma proprio non ce la fece. «La mia assenza ti fa male, amico!».

Andrea si girò di scatto riconoscendo al volo la voce dell'amico: «Oddio, ma chi ti ha fatto entrare, sfigatello?».

«Tua sorella, facendomi gli occhi dolci» rispose il bruno facendogli l'occhiolino.

«Mia sorella non è così stupida!».
Dante lo guardò con finto fare oltraggiato e Andrea decise di continuare sulla stessa linea goliardica: «Quindi ora Giulia dovrebbe ricambiare il favore nei miei confronti?» chiese senza smettere  di gonfiare i bicipiti.

«Ti voglio troppo bene per augurarti una cosa del genere», Dante cercò di ritrovare un po' di serietà: «E poi quest'estate si è portata un'amica: la vedremo meno spesso di mai».

«Amica carina?» indagò Andrea alzando un solo sopracciglio e facendo muovere i pettorali da sotto la maglietta rossa.

«Elsa è off limits.» Fu la risposta secca di Dante.

Andrea subito pensò che l'amico avesse una cotta per la ragazzina: «No, ti prego, non fare lo sfigatello innamorato. Quest'estate si scopa!» disse cantando l'ultima parola come se fosse Pavarotti.

«Ma che idee ti fai!» riuscì a dire Dante tra una risata e l'altra, «Non mi piace l'amica di mia sorella, non la consoci, non puoi capire, lei è proprio una off limits».

Andrea non gli credette, ma decise di lasciar cadere l'argomento con un'alzata di spalla.
«Se lo dici tu» concluse il biondo spingendo l'amico fuori dalla porta della sua camera e poi di casa. «Adesso sparisci, disturbatore nullafacente. Qui c'è gente che deve andare a lavorare» ticchettò il dito sul Casio che portava al polso.
Si salutarono con uno scontro petto a petto, secondo loro molto virile.
«Il primo che limona una in spiaggia questo pomeriggio vince un gelato al Pellicano?» propose Andrea che già camminava verso il lido, sicuro di vincere, armato della sua bella canotta da bagnino, degli occhi blu, dei lucenti capelli dorati e dei sui splendidi bicipiti.

•~•~•~•~•~•

La prima cena a casa Mondini quel giorno fu veloce e piena di racconti. La signora Mondini aveva ottenuto la prenotazione per l'ombrellone del bagno Emilio in seconda fila per tutto il mese, ed era molto soddisfatta. Il signor Mondini dopo undici mesi di duro lavoro, finalmente si era goduto un sonnellino dopo pranzo. Elsa e Giulia ancora erano eccitate per tutto ciò che sarebbe potuto succedere quell'estate e non riuscivano a smettere di sorridere e sghignazzare per ogni cosa. Dante, invece, aspettava con ansia che la cena finisse per farsi offrire il famoso gelato dall'amico. Avrebbe ordinato la taglia più grande disponibile.

La gelateria che aveva scelto Andrea era nel centro storico del paese, aveva aperto quello stesso anno e già era diventata il fulcro della vita notturna di Rimini. Si trovava in un posto strategico, aveva orari notturni, e un arredamento moderno e colorato, oltre che taglie enormi di gelato.
Dante e le due ragazzine arrivarono in via Mentana con mezz'ora di ritardo, dovuta essenzialmente al tempo che aveva richiesto la scelta del vestitino che Elsa doveva indossare. Perché, come aveva già ripetuto mille volte all'amica e al fratello, era fondamentale attirare le giuste attenzione fin dai primi giorni, così da potersi godere le conoscenze durante il mese restante senza perdere tempo in timidezze inutili.

«Amico, poi mi spiegherai come hai fatto a battermi. Dove l'hai trovata quella ragazza? Eri lì a parlare con me sotto l'ombrellone dei bagnini, e un secondo dopo avevi la lingua nella bocca della svedese!» si stava lamentando Andrea per la scommessa persa mentre si rigirava tra le mani la coppetta media nocciola e pistacchio.

«Lei si è avvicinata, mi ha chiesto informazioni riguardo i locali più alla moda, e poi è successo. Sarà che sono più bravo nelle lingue pratiche che in quelle parlate» rispose Dante che nell'intanto dimostrava le sue doti leccando oscenamente il suo cono gelato, di dimensioni enormi, al ridicolo gusto puffo.

«Non so se sei più imbarazzante tu o il tuo gusto di gelato preferito» gli fece notare l'amico, mentre questo gli rispondeva con una linguaccia colorata di blu.

Sorvolando sulla battuta, Dante continuò: «Oppure anche in Svezia è arrivato il mito dei bagnini italiani sciupa femmine e idioti. O, ancora più semplicemente, tu eri troppo preso dall'aiutare gli anziani bagnanti e i bambini a non morire in spiaggia durante il tuo turno di lavoro».
Andrea rabbrividì ricordando lo sguardo lascivo di un'anziana signora sul suo corpo.
«Se fossi stato furbo adesso quella coppetta pistacchio e nocciole sarebbe stata offerta dal sottoscritto. Invece hai deciso di non limonare con la vecchia signora. C'est la vie!».

«Fratellone, stai studiando la lingua per una probabile prossima conquista francese?» intervenne Giulia arrivando saltellando nel suo abito a camicione azzurro con le spalle a sbuffo.
La ragazza aveva ordinato al volo una coppetta con i soliti gusti, fragola e cioccolato, superando la fila infinita dicendo di aver perso la sorellina più piccola, per arrivare vicino ai due ragazzi, che chiacchieravano fuori dalla gelateria, il prima possibile.
Già in spiaggia Giulia aveva notato che l'amico storico del fratello fosse cresciuto davvero bene. In realtà prima di quella mattina non lo aveva mai guardato più di tanto. Troppo biondo, troppo altezzoso, lo conosceva troppo bene, il rapporto era troppo simile a quello che aveva con il fratello per attirare la sua attenzione. Ma quella mattina la canotta da bagnino l'aveva conquistata immediatamente. Il fascino della divisa, si giustificò.

«Giulietta, menomale che ci sei tu a darmi manforte con questa testa di nutria!» disse Andrea mentre la stringeva in un abbraccio stritolante, fissando l'amico dritto negli occhi con aria di sfida.

«Lo sai, c'è solo uno scopo nella mia vita: torturare Dante!» rispose la ragazza gongolando tra le braccia della sua nuova cotta.

«Direi che almeno questo ti riesce bene, sorellina» E così dicendo tirò via Giulia dalle braccia del suo amico.

«Ah, quanto invidio il vostro sano rapporto fraterno!» li prese in giro Andrea.

«A proposito, tua sorella come sta?» chiese Dante nella speranza di liberarsi della sorella il più presto possibile e chiedendosi che fine avesse fatto la sua unica salvezza: Elsa.

«Benissimo, è rimasta a casa in piena fase "Boy George è il mio idolo, devo imparare a truccarmi come lui!"» Andrea rabbrividì al solo pensiero. Poi si rivolse a Giulia, «È molto contenta che quest'anno ci sia anche una tua amica. Domani sicuramente vi incrocerete tutte in spiaggia e con buone probabilità vi vorrà usare come manichini per le prove trucco» aggiunse l'ultima frase a voce bassa, sinceramente preoccupato che ciò accadesse per davvero.

Sofia Aldobrandini era la sorella minore di Andrea, tra i due correvano quasi cinque anni di differenza. Era una ragazza simpatica e fin troppo matura per i suoi tredici anni. Anche se, bisogna dirlo, poteva scegliere meglio il suo guru di stile.
Sofia e Giulia non si erano frequentate molto negli ultimi due anni, ma quando erano più piccole erano state molto amiche. Ora che anche Sofia avrebbe frequentato il liceo, questa sperava di poter fare conoscenza dei segreti di questo nuovo mondo grazie a Giulia e la sua amica.

«E invece, tu dove hai lasciato Elsa?» le chiese Dante con voce sospettosa.

«Ehm, era indecisa sul gusto del gelato, dietro di lei si era formata una fila enorme. Arriverà, tra poco, immagino» inventò di sana pianta, per poi allungare il collo fingendo di cercarla nei pressi del bancone della gelateria.

Elsa, rimasta sola già mentre faceva la fila per lo scontrino, si ritrovò fuori dalla gelateria con un cono gelato alla crema in mano e nessuna amica al suo fianco. Era indecisa se fare una passeggiata lungo le strade del centro storico o aspettare Giulia davanti il negozio, quando davanti ai suoi occhi si aprì una scena curiosa.
Una ragazza biondissima, altissima e abbronzatissima con i capelli cotonati e un'eccentrica giacca nera e dorata con le spalline imbottite, si fiondò su un ragazzo bruno baciandolo con trasporto.
In quel momento Elsa riconobbe che il ragazzo, che stava rispondendo con enfasi al bacio con tanto di mano aperta sul sedere di lei, era Dante Mondini. Poco più lontano, altre ragazze biondissime osservavano la scena ridendo mentre si avvicinavano alla coppia.
Affianco a Dante e la bionda, c'era Giulia attaccata come una cozza a un ragazzo biondo.

Elsa rimase incantata.
Era bellissimo. Di quelle bellezze che tolgono il fiato.
Era alto, il suo busto descriveva un triangolo perfetto con le spalle larghe e la vita stretta, enfatizzati dal jeans chiaro a vita alta e dalla maglia bianca che indossava. Intorno al collo aveva annodato un maglioncino in filo di un blu Navy che richiamava i suoi occhi.
A Elsa mancò l'ossigeno quando lui posò lo sguardo verso l'ingresso della gelateria dove si trovava lei.
Aveva degli occhi irreali, del colore del mare la mattina all'alba, che è diverso da quello del tramonto.
Cercò di distogliere lo sguardo da quel ragazzo prima che lui la beccasse a fissarlo imbambolata, ma non ci riuscì.
Ammetteva che, come a ogni persona dall'inizio dei tempi, le piaceva guardare ciò che era bello, ma non era il tipo di ragazza che perdeva la testa per due begli occhioni. Soprattutto non per il ragazzo che sembrava piacere a Giulia.
Un mese di convivenza desiderando lo stesso ragazzo non era certo la più rosea delle prospettive. E poi, era uno dei luoghi comuni più ripetuti, ma anche più veri: i belli non ballano. Era convinta che se lo avesse conosciuto avrebbe perso tutto il suo fascino.
Eppure, non riuscì a smettere di fissarlo. Nel profondo sperava che anche lui con un semplice sguardo restasse incantato da Elsa come lo era rimasta lei.

Il ragazzo fece una carrellata veloce di tutte le persone che erano davanti alla gelateria, poi alzò il braccio in segno di saluto sorridendo proprio nella sua direzione.
Elsa trattenne il fiato, di nuovo.
Arrossì violentemente.
Una volta che si fu ripresa, ancora emozionata, fece per alzare la mano, quella libera dal cono gelato, in risposta al cenno del ragazzo.
Mentre lo faceva un gruppo di ragazzi ben piazzati le passò affianco, e uno dei ragazzi la colpì per errore, bloccando così il suo timido gesto.
I ragazzi la superarono e raggiunsero il ragazzo dagli occhi color del mare.

Andrea Aldobrnadini stava salutando i suoi colleghi, che prima si trovavano esattamente dietro alla ragazza, e non aveva neanche notato l'accenno di saluto che gli aveva rivolto imbarazzatissima Elsa Martini.

Giulia notò Elsa, ancora impalata davanti alla porta del negozio, nello stesso momento in cui Andrea scioglieva il loro abbraccio per salutare gli amici. Andò incontro all'amica per poterla farla riunire con il gruppo.

Il duo, poi diventato trio con Giulia, adesso era un gruppo molto variegato di ragazzi della leggendaria partita di calcetto al tramonto in spiaggia, bagnini dei vari lidi e turiste svedesi. Andrea, distratto dalla proposta dei sui colleghi bagnini di giocare una partita al biliardino all'ultimo sangue, si dimenticò di salutare Giulia, andando via con loro prima che lei ed Elsa si riunissero al gruppo.
Elsa e Giulia conobbero tutte le turiste e Giulia presentò alcune vecchie conoscenze del lido a Elsa. Passarono buona parte de tempo a ridere di Dante fin troppo preso dalla sua conquista svedese.

Alla fine della serata, però, entrambe tornarono a casa leggermente deluse.
Giulia perché non aveva più avuto possibilità di farsi abbracciare da Andrea, Elsa perché non aveva potuto dimostrare a se stessa che quel ragazzo dagli occhi incredibili non fosse poi così interessante, perché, di fatto, lui l'aveva completamente ignorata andando via prima che lei si unisse al gruppo.

Ferita nell'orgoglio si continuava a sentire stupida per essersi così emozionata per quel saluto, per di più non rivolto a lei.
Elsa si rigirò più e più volte in quel letto sconosciuto, che rendeva ancora meno piacevole la nottata in bianco che la aspettava.
Si sentiva umiliata.
Sapeva di non essere bella, lo aveva accettato con una maturità fuori dal comune.
Aveva belle gambe lunghe e magre. I capelli corti, leggermente più lunghi di come li portavano i ragazzi all'epoca, di un triste biondo cenere, contornavano un viso tondo con un naso non esattamente alla francese, le labbra sottili e un taglio d'occhi particolare e allungato. Quello era l'unico tratto del suo viso che le piaceva davvero, non perché erano di uno strano color grigio, ma perché li trovava molto espressivi.
Era una ragazza normale, il ché significava, secondo lei, che poteva essere considerata sia moderatamente bella che moderatamente brutta, tutto dipendeva dal giudizio soggettivo di chi la guardava.
Il suo aspetto era un'arma a doppio taglio, ma mai le era capitato di essere ignorata così. Forse perché accompagnare sempre Giulia la rendeva comunque degna di attenzioni per la parlantina e le figure che faceva di continuo l'amica. O perché comunque si reputava una ragazza degna di attenzione in quanto sapesse bene cosa dire per far valere le sue idee. Perché aveva una grazia innata in certi movimenti, cosa che la distingueva sempre da chiunque la circondasse.
Invece quel ragazzo l'aveva umiliata senza rendersene neanche conto e il colmo era che ignorava completamente la sua esistenza mentre lei era insonne da ore per lui.
Erano circa le quattro del mattino quando accordò con se stessa che lui era, senza alcun dubbio, il cliché che si aspettava e lei non poteva non dormire per una persona con la quale neanche aveva mai scambiato una parola.

Un piccolo assaggio del sorriso del bagnino più biondo di Rimini.

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