10• Come Sorelle


Rimini, 29 luglio 1994

Andrea si offrì di riaccompagnare le due amiche a casa così da poter lasciare più privacy a Dante e Petra. O almeno con questa spiegazione si congedò dai ragazzi del gruppo che avevano iniziato a fischiare non appena si era allontanato con le due ragazze.
Per quanto fosse una persona che quando aveva gli occhi puntanti addosso si sentiva più che a suo agio, l'evoluzione di quella serata non lo aveva soddisfatto.
Non avrebbe mai pensato che il chiedere un appuntamento a Elsa Martini sarebbe diventato una questione di stato. Men che meno che avrebbe potuto scatenare un tale caos.

Erano già quasi arrivati a casa Mondini quando Elsa si avvicinò a lui di soppiatto distanziando di pochi passi Giulia, con la quale durante il tragitto non aveva scambiato neanche una sillaba.
Elsa non aveva visto di buon occhio la presenza di Andrea.
Aveva bisogno di parlare con Giulia, di chiederle scusa, di dirle cosa le stesse facendo perdere la testa così tanto da rischiare di litigare con la sua amica del cuore.

Giulia, dal suo canto, sembrava più un automa che
un'amica arrabbiata, fortunatamente.

«Dovrà essere l'appuntamento migliore del secolo viste le premesse, lo sai vero?» lo minacciò Elsa sussurrando. Sperò vivamente di non aver calcato la voce sulla parola appuntamento.
Ancora non riusciva a credere che Andrea Aldobrandini, il bagnino più biondo di Rimini, avesse chiesto di uscire a lei.
Non lo aveva chiesto a Giulia, anche se non era sicura che il ragazzo avesse intuito che questa millantasse di avere un'enorme cotta per lui, non lo aveva chiesto ad una delle svedesi, che ormai facevano parte del gruppo, e neanche a qualche sgallettata in spiaggia, che ancheggiava passeggiando davanti all'ombrellone rosso dei guarda spiaggia.
Aveva chiesto di uscire a Elsa Martini.
La ragazza più semplice, poco estroversa e meno appariscente che si potesse immaginare al fianco di uno come Andrea.
Elsa si sarebbe descritta intelligente, sveglia, riflessiva, accondiscendete con le persone alle quali voleva bene, ma non certo una bellezza da copertina patinata. E neanche una ragazza che camminando per strada potesse attirare gli sguardi dei ragazzi come calamita con il metallo. Non la classica ragazza che ci si sarebbe aspettata di vedere affianco ad Andrea.

«Esci con me, pensi che ci siano altre opzioni?» le rispose scherzosamente altezzoso Andrea.

«Ho un brutto presentimento».
Come succedeva fin troppo spesso in sua presenza Elsa si lasciò sfuggire un pensiero ad alta voce. Un tempo era molto più brava a tenersi per sé i suoi processi mentali, si rimproverò.

Eppure Andrea l'aveva notata proprio per quello, perché non filtrava le idee un sua presenza. Era se stessa e lo aveva colpito, senza sotterfugi, senza maschere, senza buonismi. Negli ultimi giorni invece non era più stata così. Si era allontanata da lui in modo subdolo, cercando di non farglielo notare. Era stata presente, ma in modo diverso. Sembrava che gli parlasse più per cortesia che per piacere.
Quello era il motivo per il quale aveva deciso d'invitarla a uscire. Se era cambiata nei suoi confronti significava che anche lei aveva notato che c'era effettivamente qualcosa di più tra di loro di una semplice simpatia amichevole.
Poi Pietro, uno dei ragazzi per quali nutriva più stima, aveva appoggiato in pieno la sua idea e quella sera gli aveva dato anche manforte. Sicuramente sapeva qualcosa in più di lui, ficcanaso com'era sguazzava negli intrecci amorosi altrui senza però raccontare mai i suoi.
«Eh no! Adesso non dirmi che ti tiri indietro, una tragedia greca per chiedere di uscire a una ragazza non mi era ancora mai capitata» disse agitando le braccia come a indicare un'esplosione che stava avvenendo davanti ai suoi occhi.

«Lo spero bene!» rispose Elsa sorridendo.

«Vuoi essere già considerata speciale?» fece il marpione Andrea, sempre parlando sottovoce.
Il fatto che riuscissero a scambiarsi ancora delle battute così intime e naturali, anche dopo quel disastroso invito, li stava rassicurando. Forse Andrea aveva fatto bene a superare la linea di sicurezza che si erano autoimposti. Forse, a discapito delle premesse, non sarebbe stato un completo disastro.

«Ma te sei scemo! Ho detto che lo spero bene perché se no non avresti più amici» gli spiegò Elsa come se si fosse ritrovata improvvisamente a parlare con ragazzo troppo stupido o con un bambino troppo piccolo. «Ti rendi conto che per questo appuntamento Giulia e Pietro si sono scannati, tua sorella è trattata come se fosse la peggiore ruota di scorta e Dante ancora non sa niente, ma figurati se non nascerà un'altra discussione anche con lui?»

Andrea, a parte la questione di Sofia, che sapeva avrebbe dovuto risolvere al più presto con una chiacchierata con Giulia, non si sentiva così tanto preoccupato.
Dante avrebbe sicuramente fatto una scenata, denigrandolo come il peggiore donnaiolo e il migliore degli imbecilli, per poi minacciarlo di una lenta e dolorosa morte anche nel caso in cui, per colpa sua, un'ape avesse punto Elsa, la sua pupilla.
Per quanto riguardava Giulia e Pietro non aveva notato niente di strano. Anzi quel battibecco aveva solo avvalorato la sua tesi: Pietro era interessato a Giulia Mondini.
Non ci voleva certo un genio per notare la quantità di sguardi e attenzioni che rivolgeva alla ragazza.
Non si doveva essere particolarmente perspicaci per notare lo sguardo furioso e carico di delusione che Pietro aveva le aveva rivolto quello scorso incriminato mercoledì della sbronza. Inoltre, ragazzo si era preoccupato fin troppo nei giorni successivi d'informarsi sulle condizioni di Giulia.
Certo, l'aveva anche incolpata dello strano comportamento di Elsa nei confronti di Andrea senza dare a questo una spiegazione e non aveva mai perso occasione di bofonchiare qualcosa di poco gradevole nei confronti di lei, ma insomma si parlava di Giulia Mondini, una ragazza capace d'irritare anche Madre Teresa!
Andrea conosceva abbastanza l'amico da capire che tutta quell'attenzione nei suoi confronti non fosse casuale, che non fosse solo dovuta al suo innato senso di giustizia.
Pietro era sempre stato bravo a starsene per i fatti suoi, quando qualcosa non gli andava a genio la allontanava senza pensarci due volte. Sicuramente non era un ragazzo da battibecchi, né tantomeno uno di quelli che si metteva a discutere con qualcuno. Determinate situazioni le ignorava dimostrando una naturale superiorità.
A Pietro interessavano gli scoop e le scenate solo quando questi non lo riguardavano.
Proprio par questo reputava una prova schiacciante ciò che successo durante la serata del karaoke dopo che le ragazze erano andate via con Dante.
Si era lentamente avvicinato al cameriere, gli aveva sfiorato la spalla e con uno sguardo gli aveva fatto capire che aveva bisogno di scambiare due chiacchiere in privato con lui.
Andrea li aveva osservati avvicinarsi, Pietro si era fermato a pochi passi da lui ma aveva parlato con un tono così basso da non fargli cogliere neanche una parola.
Una volta finita la loro chiacchierata ragazzo era fuggito a gambe levate prima della fine del suo turno.

«Sto combattendo contro il mondo intero per te. Dovresti sentirti in colpa per essertela tirata così tanto» ironizzò il ragazzo.

« Io non me la sono tirata!» esclamò Elsa, sfacciatamente colpevole. Se Andrea avesse capito cosa c'era effettivamente in ballo per Elsa non le avrebbe certo rivolto quello sguardo eloquente che stava mostrando in quel momento. «Tu non capisci» ribadì scuotendo la testa.

«Giulia, scusami, puoi dire alla tua amica che se la è tirata tantissimo prima di accettare di uscire con me?» Andrea si rivolse improvvisamente alla ragazza bruna, che era stranamente rimasta in silenzio fino a quel momento.

Giulia era stata volontariamente in disparte.
Elsa le aveva detto che si sarebbe allontanata per chiedere una cosa ad Andrea e lei aveva annuito, senza aggiungere nulla di più. Aveva bisogno di ascoltare cosa si dicessero quei due quando pensavano di non essere ascoltati, di capire cosa si fosse fatta sfuggire fino a quel momento.
Non aveva mai sentito Elsa così sciolta nel parlare con nessuno. Prima pensava che fosse una ragazza un po' insicura e timida, dopo aver quella la scena intima davanti al Pellicano, non ne era più così sicura.
E se Elsa fino a quel momento non avesse trovato un ragazzo che effettivamente la interessasse?
E se quando le diceva di non aver nulla da dire ai ragazzi che lei le propinava nelle loro uscite a quattro, non stesse mentendo? Se effettivamente quei ragazzi non scaturivano il suo interesse?
Non aveva mai preso in considerazione questa folle opportunità, eppure alla luce dei nuovi fatti non le sembrava più così assurda.

«Ha fatto bene».
Giulia sorrise furba ad Andrea. Il povero ragazzo non aveva idea del fatto che da quel momento Elsa aveva una scaltra consigliera amorosa alle spalle, che avrebbe tramato per fargli perdere la testa.

«Ma dai, non lo pensi davvero» si lagnò Andrea, evidentemente convito che a un suo invito ogni donna avrebbe dovuto sempre e comunque dire di sì subito.

«Cosa non ti è chiaro del fatto che io sarò sempre dalla parte della mia migliore amica?» Giulia parlò tenendo fissi gli occhi in quelli di Elsa. Era il suo modo per chiederle scusa, l'amica le sorrise capendo al volo.

Discutevano spesso, per stupidaggini la maggior parte delle volte, e il loro modo per riappacificarsi era sempre stato un sorriso, una battuta.
Quella che si sentiva più dalla parte del torto compiva un gesto qualunque per dimostrare di essere pentita e l'altra lo riconosceva. Lo comprendeva sempre.

«Ma devi essere anche oggettiva» continuò Andrea come un bambino che la mattina di Natale non aveva ricevuto il suo balocco.

«No, ha fatto benissimo, devi sudartela una ragazza come Elsa» lo freddò Giulia, poi strinse in un abbraccio l'amica. «E non sono neanche sicura che te la meriti una così.»

Andrea era così lagnoso, immaturo nel suo modo di giocare. Così borioso nella sua autoironia con la quale cercava di nascondere, Giulia ne era sicura, il suo sentirsi davvero sopra la media.
Il solo guardarlo in faccia iniziava a irritarla. Cosa ci aveva trovato di così bello nei giorni precedenti? Quale parte di lui l'aveva resa così cieca da non notare l'interesse della sua amica nei suoi confronti?
Non le era mai interessato per quindici anni, cosa ci aveva visto nell'ultimo mese non risuscita più a ricordarlo.
Aveva una voce strana un po' acuta, non baritonale come quella di Pietro. Era troppo filiforme per essere un nuotatore. Il suo modo di vestirsi così curato la inquietava e per quanto assurdo fosse lo trovava troppo bello. Insomma a chi piacciono le persone con un volto perfetto? Nessun difetto, niente che lo rendesse unico o particolare, era troppo bello per essere vero.
Quando la volpe non arriva all'uva, sentì per la prima volta nella sua testa una voce che la criticava, una specie di Pietro Torre personale che fino a quel momento aveva sempre inibito o ignorato senza pietà.
Giulia si rese conto che non era vero, non stava denigrando Andrea perché non era riuscito a conquistarlo, si era resa semplicemente conto di non volerlo.
Non aveva mai provato qualcosa di reale Andrea Aldobrandini. Le piacevano i suoi bicipiti eppure ne aveva visti di migliori quell'estate.
Si stava rendendo conto che voleva accanto a sé una persona diversa in tutto e per tutto da Andrea Aldobranini.
Non era la volpe, era una ragazza alla quale per la prima volta piaceva davvero un ragazzo. Un altro ragazzo.

Il percorso dal centro storico di Rimini alla loro villetta a schiera sul lungomare non era mai stato considerato così lungo da Giulia. Alla tensione data dal non sapere se Elsa l'avesse perdonata o meno, si aggiungeva l'eco assordante che faceva la nuova scoperta nel suo cervello.
Quasi sospirò quando Andrea le salutò davanti casa.
In silenzio suonò il campanello e attese che la porta venisse aperta. Da quando erano in punizione la signora Mondini aveva sequestrato le chiavi alla figlia.
Elsa alzò il polso e controllò sul casio se effettivamente fossero ancora nei limiti del coprifuoco punitivo. Giulia la guardò interrogativa e l'amica annui per rassicurarla.

La signora Mondini aprì la porta con un cipiglio sul volto.
Ancora non si era capacitata delle condizioni in cui le due ragazze si erano presentate in casa pochi giorni prima. La donna si era illusa che Elsa potesse mantenere sulla retta vita la figlia, invece il carattere incontenibile di Giulia aveva fatto deragliare la pacata Elsa.
Aveva avuto una forte discussione con il signor Mondini su come gestire la situazione. Quest'ultimo, come sempre, si era dimostrato meno rigido della moglie e così le ragazze ebbero come punizione da scontare solo solo una settimana di aiuto in casa il pomeriggio per preparare pranzo e cena e un coprifuoco serale rigidissimo.

«Il boicottaggio della Russia in queste Olimpiadi si sta facendo notare*, nessun altro avrebbe potuto gareggiare contro gli americani!» si lamentava il signor Mondini davanti alla televisione che era in salotto. «Hanno vinto un'altra medaglia oro!» continuò disperato davanti all'immagine del podio della specialità del salto in alto, sport nei quali da sempre regnava sovrana dell'Unione sovietica.

Giulia salutò la madre con un cenno per poi raggiungere il padre sul divano per chiedere notizie sulla gara di fioretto che si era svolta quella stessa sera.
«Doppio oro per l'Italia: squadra e singolo. Che i francesi continuino a duellare con le baguette, e lascino a noi le spade!» scherzò il padre.

Finite le ultime premiazioni Giulia chiese l'esonero dal coprifuoco per Elsa per il giorno successivo.
La signora Mondini rimase così colpita dal gesto di altruismo, rarissimo, della figlia da accettare senza chiedere più spiegazioni del dovuto sulle motivazioni della richiesta.

Al buio nella loro stanzetta Giulia non ce la fece più stare in silenzio.
«Sei sveglia?»

«Sì» sussurrò Elsa, che si stava torturando la spallina della canottiera del pigiama. «Tu?»

«No, sto dormendo» scherzò Giulia.

Elsa rise: «Sogni?» continuò stando allo scherzo.

«Sì.»

«Che cosa?»

«Sogno di chiederti scusa» continuò Giulia con lo sguardo perso nel buio, ma rivolgendosi verso il letto di Elsa.

Elsa fu stupita da questa risposta. Infondo avevano già fatto pace a modo loro e Giulia non era esattamente una persona che amava chiedere scusa per i suoi errori. Piuttosto preparava una torta, organizzava una gita che sarebbe piaciuta a colui con il quale si sarebbe dovuta scusare, faceva un regalo estremamente costoso, ma non pronunciava mai quella parolina.
«Perché?»

«Perché devo.»

Elsa si sentì incredibilmente in colpa. Anche se Giulia sembrava aver approvato il suo appuntamento con Andrea, ciò non la esonerava dal senso di colpa per averle mentito. «Giulia, ti devo dire una cosa.»

«Anch'io» esplose la più giovane presa dall'ambiente sicuro e già carico di emotività «Prima tu?» chiese subito dopo, dimostrando insicurezza.

«Ok...» Elsa prese un lungo respiro pregando d'inalare coraggio, «riguardo a oggi, all'invito di Andrea intendo, io non ho potuto fare a meno di accettare. Lo so che piace anche a te, lo so che sono stata egoista, lo so che sono un'amica pessima perché tu mi avevi detto che ti piaceva, ma non ce l'ho fatta. Era lì, così vicino, così bello e sfacciato, eppure tenero nel chiedermi un appuntamento rischiando un rifiuto davanti a tutti, e gli ho detto di sì senza parlartene prima. Ti giuro che dopo che mi hai detto che ti piaceva ho provato ad evitarlo, gli ho fatto capire che non aveva possibilità, gli ho detto che eravamo solo amici. Mi sono comportata come faccio con ogni altro ragazzo, o ameno così credevo di aver fatto. A quanto pare hai sempre avuto ragione tu: sono una pessima bugiarda, neanche lui mi ha creduto» esplose Elsa quasi in lacrime. Prese fiato e poi continuò  il discorso.
«Insomma ha praticamente rischiato di litigare con tutti per invitarmi fuori... e io ci voglio uscire per davvero!» quasi urlò l'ultima frase, presa dalla foga del discorso come era. «Per la prima volta nella mia vita voglio passare del tempo con un ragazzo. Non pensavo neanche ci si potesse sentire così tanto con le spalle al muro quando ti piace una persona, non potevo rifiutare. E non so neanche se è una cosa che mi piace il sentirmi così poco razionale!»
Giulia restò in silenzio anche quando l'amica ebbe concluso il suo monologo.
«E poi se devo essere sincera una cotta per lo stesso ragazzo preferisco condividerla con te che con qualche vipera che mi infilerebbe nello shampoo l'ammoniaca».

Giulia scoppiò ridere e con voce colpevole ammise: «Consiglio da amica: usa il mio shampoo da oggi in poi».

Elsa scoppiò a ridere e le chiese se fosse seria, Giulia si mantenne sul vago.

Tra una risata e l'altra Elsa ricordò che anche Giulia aveva ammesso di avere una confessione da farle. «Non avevi anche tu qualcosa da dirmi?» chiese con voce seria.

«Ma non è nulla di che, volevo dirti quello che ti ho già detto» rispose subito Giulia. Già era strano che Elsa le avesse permesso di temporeggiare fino a quel punto. «Che ti chiedo scusa per essere stata egoista e ti auguro il meglio con Andrea» continuò parlando con lentezza, ostentando una sicurezza che non aveva.

«Solo questo?» indagò Elsa per nulla convinta.

«Beh, ci potrebbe essere un'altra cosa, ma magari ne possiamo parare domani» Dirlo ad alta voce l'avrebbe sicuramente resa più vulnerabile. Parlarne avrebbe reso questo suo interesse malsano reale.

«No, tu domani dovrai sopportare i miei deliri pre primo appuntamento, devi dirmelo ora!»

«Ma possiamo parlarne anche dopodomani» insisté Giulia.

«No, dopodomani dovremmo analizzare tutto ciò che è successo con Andrea la sera prima» Dire queste cose al buio della loro cameretta la faceva sentire meno stupida.

«Già ora che ne stiamo parando mi sto rendendo conto di aver ingigantito tutto. Alla fine non è niente di che, anzi non è proprio nulla» minimizzò sempre più imbarazzata Giulia.

«E allora cosa ti costa dirmelo se non è niente di che» chiese subdola e ormai sinceramente incuriosita Elsa. Quando mai le era capitato che Giulia si tenesse qualcosa per sé?

«Ecco, se proprio ci tieni a saperlo, ma fidati non è così eclatante come ti sembrerà detto ad alta voce» Elsa alzò gli occhi a quest'ennesimo tentennamento anche se sapeva che non poteva essere vista al buio, ma non fiatò. «È solo che credo che mi piaccia Pietro Torre.»

«Ah».

Giulia che aveva Chiuso gli occhi, come quando si ha paura di un colpo forte apparve stranita. «Che risposta è "ah"?»

«Beh, avevo già pensato che fosse così, precisamente lo penso dal giorno del finto annegamento» spiegò sbrigativa Elsa.

«Ma come fai a dirlo se io stessa ci sono arrivata stasera?»

«Non è colpa mia se non avevi idea di come ci si sentisse quando ti piace davvero una persona» la prese in giro l'amica vantando un'esperienza che in realtà non possedeva.

«Ora non è che inizi a fare l'esperta di cotte improbabili alla Harmony?» scherzò Giulia.
«E perché non me lo hai detto quando ti ho detto che mi piaceva Andrea?» chiese Giulia incuriosita.

«Tu avevi due importanti vantaggi rispetto a me: la convinzione che ti piacesse davvero e molte più probabilità statisticamente di me d'interessargli. Perché avrei dovuto mettermi in mezzo con queste premesse?» espose Elsa.

«Io invece l'ho fatto: mi sono messa in mezzo, come fai a perdonarmi così facilmente?» esclamò colpevole Giulia. Per l'ennesima volta Elsa si era dimostrata una persona migliore di lei. Magari Giulia avrebbe attirato sempre più sguardi dell'amica, ma nessuna persona sana di mente avrebbe mai preferito lei. Era una persona orribile, viziata e superficiale.

«Perché siamo come sorelle. Ricordi?»

Bologna, 15 settembre 1975

«Ti odio! Io non voglio andare di nuovo in una nuova scuola! Non sei più la mia mamma preferita» aveva urlato la piccola Giulia durante il tragitto in auto.

La signora Mondini si stava seriamente preoccupando che Giulia potesse non perdonarle mai la scelta di non averle fatto continuare le elementari nella scuola privata dove aveva fatto la primina. Eppure far sì che frequentasse la stessa scuola di Dante le era sembrata la scelta meno traumatica.

Le maestre all'asilo l'avevano considerata troppo intelligente.
Le faccia fare la primina, signora, la bambina è troppo matura per l'asilo, le avevano detto.
E così aveva deciso di farle saltare un anno di asilo e d'iscriverla a una nuova scuola, un istituto privato rinomato nella zona sopratutto per i corsi di anticipazione delle scuole elementari.
La bambina rispondeva bene, aveva imparato subito a leggere e scrivere, era sveglia anche se poco volenterosa.
Capisce subito le cose, quindi si annoia e tende a distrarsi quando si ripetono gli argomenti che lei già conosce, per questo non è riuscita ad instaurare rapporti con gli altri bambini, le avevano spiegato le maestre della suola privata nella quale aveva iscritto Giulia.
Non avrebbe mai pensato che avere una figlia troppo intelligente potesse portarle tutte quelle beghe.

Non era servito neanche ripeterle che la nuova scuola era la stessa che frequentava Dante e che quindi avrebbero trascorso più tempo insieme.
A quanto pareva la cosa che dava più noia a Giulia era cambiare scuola per la seconda volta nel giro di due anni.
La bambina lamentava di non avere amiche, nonostante alle sue feste di compleanno si fossero sempre presentati tutti i suoi compagnetti.

Il senso di colpa stava dilaniando la donna mentre macinava gli ultimi metri prima dell'ingresso dell'istituto. Che le sue scelte di madre motivatrice avessero effettivamente potuto rovinare la vita di Giulia?

Con gli occhioni lucidi la bambina scese dall'auto al fianco del fratello una volta che furono arrivati a destinazione.
Dante salutò la madre, sporgendosi nell'auto, con un bacio sulla guancia.  Giulia lo aspettò dando le spalle alla donna, diligente e con il mento alto. I due fratellini si avviarono verso il portone d'ingresso, la signora Mondini li tenne d'occhio finché non varcarono la soglia dell'istituto.
Solo Dante, che teneva Giulia per mano, sapeva quanto la sua manina sudata tradisse la facciata spavalda della sorellina.
Superato l'ingresso Dante guidò Giulia nel corridoio riservato al secondo anno, fino a che non raggiunse la porta con su scritto 2ª G.

«Questa sarà la tua classe. Sorridi, sii amichevole e offri la tua merenda a chi te la chiede o a qualche bambino che non la ha» le consigliò velocemente abbassandosi per portare il viso all'altezza della più piccola.

«E se nessuno me la chiede?» si preoccupò Giulia stringendo le bretelle dello zaino.

«Vai tu a chiederla alla bambina che ti sembra più simpatica» rispose Dante risoluto.

«E se questa mi dice di no?»

«Vuol dire che non era lei la più simpatica» rispose il fratello con un'alzata di spalle.

Giulia annuì, finalmente convinta. Si girò verso la porta e attraverso la soglia.

La maestra era seduta alla cattedra, metà dei banchi di legno dell'aula erano già stati occupati da bambini con i grembiuli inamidati e il mocciolo al naso.

Elsa Martini, seduta al secondo banco della fila centrale, guardava fissa di fronte a sé. C'era davanti la porta una bambina sicuramente più piccola di lei, ed era tutto dire.
Aveva il grembiule sbottonato sul petto e si poteva ben vedere che sotto indossasse un adorabile vestitino azzurro, con dei fiori di pesco ricamati. Aveva un fiocco in raso rosa che girava intorno la vita ed uno messo in testa a mo' di frontino, che te le teneva in ordine i boccoli neri.
Sembrava che sua bambola preferita avesse preso vita e fosse venuta a trovarla a scuola.

La maestra guardò la nuova bambina, la salutò gentilmente, la presentò ai compagni e la invitò a prendere posto dove preferiva.
Elsa riconobbe il terrore sulla faccia della bambina. Questa non si mosse, sembrava davvero la sua bambola.
Senza rendersene conto alzò la mano: «Signora maestra, questa bambina può diventare la mia compagna di banco?».

Gli occhi di Giulia si illuminarono. Aveva un'amica. Era stata scelta da qualcuno. Non sarebbe più stata sola.
Con un sorriso che andava da un orecchio all'altro si diresse verso il secondo banco e posò davanti al posto libero la sua cartella bordeaux.

«Ciao, io sono Giulia Mondini. Davvero vuoi che sia il la tua compagna di banco?» chiese incerta mentre le porgeva la mano imitando i gesti di suo padre quando si presentava a nuove persone.

«Certo, ti ho scelta! Io sono Elsa Martini» La bimba ricambiò incerta la stretta di mano di Giulia.

«Abbiamo cognomi così simili» si ritrovò a esclamare Giulia.
Le avevano spiegato che le persone con lo stesso cognome facevano parte della stessa famiglia, ma se fossero state parenti sicuramente si sarebbe ricordata di lei.

«È quasi come se fossimo sorelle!» esclamò eccitata Elsa da quell'opportunità.

«E allora saremo come sorelle» le rispose Giulia sorridendo felice.

* I Giochi della XXIII Olimpiade sono stati una manifestazione sportiva internazionale svoltasi a Los Angeles, negli Stati Uniti d'America, dal 28 luglio al 12 agosto 1984. Caratteristica dei giochi fu il boicottaggio, quattro anni dopo quello americano a Mosca 1980, dei paesi del Blocco sovietico (ad eccezione della Romania).

Tutte noi po' come Giulia, terrorizzate all'idea di esprimere ad alta voce i nostri sentimenti.

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