Blackout
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«Che Cavolo!»
Se non fosse che Todd Brotzman riconoscerebbe la voce di Dirk Gently in qualunque caso, con quel buio improvviso che è appena sceso nel salotto di casa sua, probabilmente non sarebbe riuscito ad attribuire quella voce a un volto, perché non si vede niente di niente. Un allarme suona lontanissimo e la sua eco arriva fino alla sua finestra, che è l'unica fonte di luce, sebbene pure i lampioni sulla strada siano vittime del blackout in corso.
Sollievo. Non gli hanno staccato la luce ma è un problema del quartiere, almeno una cosa positiva può dire di poterla raccontare, questa sera, sebbene la serata stava proseguendo in modo abbastanza tranquillo. Forse per questo l'universo ha deciso di interrompere la cena che ha organizzato a casa sua con quel buio pesto. Dopotutto Todd non è mai stato famoso per la sua fortuna.
«Che cavolo, proprio adesso!», ripete Dirk, con una vena di piagnucolio nella voce; l'accento inglese rende tutto ancora più squillante e teatrale. Non può vederlo, ma sa che si è appena seduto tragicamente sulla poltrona, perché il rumore del suo didietro contro l'ecopelle del sedile si è sentito chiaramente.
Tragico, come al solito.
«Non è successo niente di che, sarà un guasto, vedrai che qualcuno avrà già chiamato per metterlo a posto», è al voce tranquilla di Amanda che interviene, che tenta di rassicurare Dirk, ricevendo da quest'ultimo un lamento simile a quello di una mucca che sta partorendo due vitelli. Todd affoga una risata nelle guance.
Poi una piccola luce si accende e, nel buio, finalmente le loro sagome si possono distinguere. È il cellulare di Farah, quello che si è appena acceso. Lo appoggia con lo schermo all'ingiù sul tavolinetto del salotto, e Todd si rende conto che nessuno ha cambiato la sua postazione a parte Dirk. Prima del blackout se ne andava su e giù per la stanza raccontando cose che, sentite da persone che non lo conoscono, risulterebbero totalmente fuori di testa.
Okay, Todd pensa ancora che alcuni dei suoi racconti siano fuori di testa, ma almeno sa che sono veri e, dopotutto, in un paio di questi c'era pure lui. Impossibile negare, dunque. Alla fine si è abituato a questa vita e, da quando hanno aperto l'agenzia investigativa olistica, la sua vita ha ripreso a pulsare.
Insomma, ha smesso di sopravvivere e basta e fa finalmente qualcosa che lo fa sentire parte di questo mondo, e non solo una pedina mossa dall'inerzia.
«Ottimo lavoro Farah, ora oltre ad essere una serata rovinata c'è anche il valore aggiunto dell'horror!», commenta Dirk, aggrappandosi ai braccioli della poltrona e scivolando in basso, guardando la ragazza imbronciato, mentre lei ridacchia.
«Quale assurdo segreto nascondi legato al buio? Cosa succede nel buio che ti spaventa tanto?»
«Non poter vedere è una risposta soddisfacente? Credimi, nel buio la gente ti può accoltellare. È successo! E non una volta, ma ben due. Non è una bella esperienza, credimi!»
«Sei stato accoltellato nel buio due volte?», chiede Todd, abbastanza stupito da quel fatto, sebbene il ricordo più atroce che ha di Dirk è quello di averlo visto trafitto da due frecce che davano la scossa elettrica; un miracolo che siano ancora lì a poterlo raccontare.
In realtà ci sono tante cose che sono successe e che miracolosamente possono raccontare.
Tutta la faccenda di Lydia Spring, tutta la faccenda di Wendimoor e di Poncho... no, com'è che si chiamava quel tizio coi capelli rosa? Pancio? Panto? Non gli entra proprio in testa! Oppure quella volta in cui hanno dovuto scastrare un divano da una rampa di scale (e Dirk odia ammettere che non si sono mai riusciti e che alla fine hanno dovuto segare in due, quel povero sofà. Chissà perché il tizio che li ha ingaggiati pensava che fosse una faccenda olistica...).
«Sì! Cioè, non proprio. Diciamo che ci hanno provato. E diciamo che non ero io quello che veniva accoltellato, ma...»
«Dirk», lo riprende Todd, spiaccicandosi una mano sulla faccia, ridendo però al pensiero che, come sempre, gira intorno a dei discorsi che capisce solo lui.
«Okay, è solo un vago ricordo di un qualche caso che ho dovuto risolvere qualche tempo fa», ammette alla fine, poi sbuffa aria verso l'alto nel tentativo di spostarsi una ciocca di capelli che gli è finita davanti agli occhi. Non ci riesce, e continua a farlo, senza prendere in considerazione l'idea di usare le mani.
Sarà una roba da gente olistica... o semplicemente pigrizia, chi lo sa.
«Un caso che hai risolto?», chiede Amanda, e Todd la vede poggiare i gomiti sulle ginocchia e sporgersi verso di Dirk, curiosa.
«Che domande, certo che no! Non ho forse detto più di una volta che l'ottanta percento dei miei casi non sono mai stati risolti? Non presti abbastanza attenzione a quello che dico, Amanda!»
«A volte ammetto che mi riesce difficile», ride lei, e Dirk si finge indignato, ma poi le regala un sorrisetto furbo, e Todd si rende conto di quanto quel tornado vestito di giallo abbia cambiato totalmente il suo punto di vista nei riguardi della vita.
«Perché non raccontiamo una storia di paura? L'atmosfera c'è, la luce forse non tornerà prima di un'ora, dicono sul sito del quartiere», dice Farah, all'improvviso, mentre guarda le notizie sul suo telefono, che ora ha rimesso sul tavolo per fare di nuovo luce.
«Oh, sì! Mi piace un sacco quest'idea! Io ne ho un paio che...»
«Non ci pensare nemmeno, Amanda! Non me ne starò qui seduto ad ascoltare storie dell'orrore inverosimili e scontate. Mi viene la pelle d'oca solo al pensiero!»
«La pelle d'oca perché hai paura?», dice Amanda, stuzzicandolo, e Dirk sembra non voler raccogliere la provocazione. Serra la bocca e li guarda tutti, poi il suo sguardo si blocca su Todd, che nel frattempo li sta ascoltando divertito, limitandosi a godersi quel tempo insieme a loro, che diventa ogni giorno più prezioso. Un po' come se stesse recuperando del tempo perso che nessuno gli ridarà mai, eccetto se stesso.
«Todd», lo richiama Dirk, e in quel tono secco che tenta di risultare autoritario, si avverte quel leggero senso di panico e una richiesta di aiuto che a quanto pare deve risolvere.
«Niente storie di paura. Ci bastano i clienti. Quelli sì che sono dei mostri!», dice, e Amanda fa un suono col naso che ricorda il grugnito di un maiale, scocciata all'idea che la sua serata horror sia già stata vittima del voto popolare, sebbene Farah sembra d'accordo con lei ma, dopotutto, quando mai non lo è.
Dirk pare apprezzare quell'aiuto, perché annuisce e gli regala un sorrisetto, che si affievolisce e si spegne poco dopo non appena Farah apre bocca.
«E allora perché non ci racconti il tuo primo caso in assoluto, Dirk? Non mi pare che tu ce l'abbia mai raccontato!»
«Non ce ne hai raccontato nemmeno uno a dire il vero», le dà corda Amanda e Dirk sembra disposto a fare qualunque altra cosa piuttosto che quello. Todd sa riconoscere quello sguardo indurito, perché glielo ha già visto tante volte in faccia, ma solo in determinate occasioni. E quelle occasioni sono sempre legate all'Ala Nera e al periodo che ha passato rinchiuso lì, mentre un equipe di dottori senza cervello gli facevano test su test per capire se avesse qualche potere psichico o cazzate del genere – sa di averlo pensato anche lui, e di averlo messo alla prova una volta, con quel disegno del cowboy fatto sul tovagliolo, ma ha smesso quando ha capito che, testarlo, anche solo per scherzo, significa riaprire delle ferite che non si sono mai davvero rimarginate.
Lo ha capito quando lo ha visto con i suoi occhi, cosa è capace di fare l'Ala Nera pur di capire quale energia muove il cervello di Dirk Gently, e da quel momento ha deciso di smetterla di farsi domande e di seguire il flusso dell'universo anche lui.
«Il primo caso?», chiede Dirk, e il suo tono è cambiato. Stavolta è nel panico, e Todd ha iniziato a capire come funzionano i suoi sentimenti quando qualcosa che non lo fa stare bene gli diventa difficile da gestire. E ci sono poche cose che ammansiscono Dirk e lo rendono così spaventosamente fragile. E Todd ha sempre una paura indecente quando lo vede così esposto. Perché significa che le resistenze che lo tengono ancorato al passato lo stanno tirando ancora dentro a quel posto.
Perché forse Dirk Gently non è mai davvero uscito dall'Ala Nera; qualcosa in lui è lì, da qualche parte, in attesa che qualcuno lo salvi.
«Non credo di ricordarlo», dice ancora, quando vede che tutti lo guardano e aspettano da lui, come sempre, una risposta a qualcosa. Come quando tutto è collegato e per unire i punti si affidano a lui e alla sua stramba capacità di trovare dei collegamenti che alla fine hanno senso e non sono solo cose dette così, tanto per dire.
A volte dici delle cose che alla fine sono solo delle cose, gli ha detto una volta, proprio agli inizi, quando non aveva ancora visto la magia che è in grado di fare.
«Davvero?», chiede Farah, alzando le sopracciglia, visibilmente stupita da quel fatto, ma non indaga oltre. Così come Amanda, che tace e poi lo guarda, e Todd si rende conto che sta chiedendo che lui intervenga, perché non è solo il blackout ad aver reso tutto così buio, ma ora anche la tensione sta facendo il suo corso rendendo l'aria pesante.
Dopotutto se Dirk sa risolvere casi connettendo i punti e usando tante di quelle parole che non sembrano finire mai – «Tu non stai mai zitto!», gli ha urlato una volta –, Todd ha la capacità di riempire i silenzi che Dirk non sa gestire, perché è chiaro che sia così. È chiaro che, tacere, per lui significa fermarsi, e fermarsi significa pensare e lasciarsi braccare da una ragnatela di ricordi e di torture, di immagini che non vuole vedere e che cerca di insabbiare parlando, parlando, parlando e non fermandosi mai.
Se si ferma è perduto. Letteralmente.
Todd è convinto di non averlo mai visto nemmeno dormire. Non sa nemmeno se è in grado di farlo. Il suo cervello non smette un solo istante di elaborare informazioni. Deve essere elettrizzante, ma non per forza una cosa da considerarsi sempre bella.
«È evidente che non sia interessante!», esclama, alla fine, e tutti gli occhi sono puntati su di lui, ora. Farah e Amanda sembrano sollevate dal fatto che abbia ridato un tono a quel momento e Dirk, nel suo piccolo angolo di mondo, accenna per un secondo un sorriso di gratitudine, in attesa che i ricordi smettano di mangiarlo ancora da dentro. «L'idea delle storie horror è bella, quindi comincio io!» Prende il suo cellulare e accende la torcia, se la punta in faccia e, tentando goffamente un'espressione malvagia, li guarda tutti e tre. «Vi racconterò di quella volta in cui un divano ci ha quasi uccisi!»
Cala il silenzio, dopo quella frase e, dopo qualche secondo, Farah, Amanda e Dirk si guardano, e sbuffano.
«Di nuovo?», chiede Amanda, arruffandosi i capelli, «Ma questa non è una storia horror, è una tortura. Quante volte l'avete già raccontata?»
«Penso almeno una dozzina di volte!», le dà corda Farah, ma sta sorridendo, anche se ha alzato gli occhi al cielo.
Dirk sembra aver ritrovato improvvisamente la sua energia, quella di colore giallo, che pare aver cancellato tutte quelle cose che lo stavano trafiggendo, lasciandogli modo di tirare di nuovo fuori quella personalità sopra le righe che gli serve per non scappare da quello che l'universo gli butta addosso ogni giorno.
«Ci sono dettagli che emergono ogni volta che viene raccontata e, secondo me, è uno dei casi più interessanti a cui abbiamo mai preso parte, vero Todd?»
«Vero, non posso negarlo», ammette, ed è sincero. Non gli è mai successo di dover combattere con un divano che non vuole né scendere e né salire.
«Dettagli che emergono? Intendi forse dire bugie che vi inventate per rendere interessante una storia noiosa?»
«Nessuno ti obbliga a stare qui, Amanda! Il Trio Chiassoso non ha bisogno di te, stasera?», chiede Todd, e lei di tutta risposta alza il dito medio nella sua direzione senza guardarla, e lui ride senza riuscire a trattenersi.
«La memoria può essere una pessima amica, a volte, lo ammetto! Non nego che qualche dettaglio ce lo siamo inventato, ma questo non vuol dire che non sia interessante! Un divano in mezzo alle scale, capisci? Sono riusciti a infilarlo lì senza mai capire quale sia stata la mossa che l'ha reso... statico, immobile, senza possibilità di fuga!», esclama Dirk, e l'entusiasmo che tira fuori ogni volta che racconta quella storia sembra quello di un bambino che sta raccontando il suo episodio preferito del cartone animato di cui è in fissa in questo momento. «Come è possibile?», scandisce, poi accende anche lui la torcia del suo cellulare e se la punta addosso, e ripete: «Come è possibile?»
«Non lo so, Dirk, diccelo tu!», dice Farah, e quella domanda sembra la formula magica che ha appena messo a posto ogni cosa, almeno per ora. La serata torna spensierata, e Dirk torna ad alzarsi in piedi e camminare di qua e di là per la stanza, sbattendo contro mobili e muri siccome non può vederli – non che le cose siano tanto diverse quando la luce c'è, pensa Todd, divertito.
Si gode il centesimo racconto di quella storia che, col tempo, ha preso vita da sola e che, alla fine, mette sempre a posto le cose.
Todd spera che la luce non torni per altri due o tre ore.
Non vuole che quella magia finisca, è troppo preziosa per vederla svanire nella luce ordinaria di una lampadina.
Poi però uno scatto fa ripartire tutto: elettrodomestici, dispositivi elettrici e, purtroppo, anche il lampadario, che li illumina non appena Dirk finisce di raccontare il finale tragico dove il divano viene brutalmente diviso in due e portato via.
La sua espressione delusa dice da tutto ma, prima di sedersi di nuovo tragicamente sulla poltrona, contrariato, si lascia andare ad un commento sentito.
«Che cavolo!»
Fine
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