Capitolo 8

Levi

Quel dannato moccioso non ha voluto fare niente.

"Non voglio invadere la sua privacy."

Ma stiamo scherzando?

Che razza di persona si crede di essere per rispondermi così?

E che fratello dev'essere per non andare a vedere come sta la sua stessa sorella?

Fossi stato in lui, probabilmente avrei provato a fare qualsiasi cosa possibile per parlare con lei appena me ne sarebbe stata data occasione.

Ma ovviamente no.

Per lui no, non è così.

Pensa alla sua stupida "privacy".

Forse è meglio se smetto di pensare a quel dannato moccioso.

Più ci penso e più mi altero con lui e con me stesso per avergli provato a dare una mano, quando non lo avrei mai fatto.

Mannaggia a me, ma che diavolo mi è stato in mente, di aiutare un lurido moccioso ingrato?

Sono davvero un idiota.

Inizio a camminare avanti ed indietro non capendo per quale motivo quella dannata ragazza sia così egoista.

Quella dannata ragazza.

Ma perché mi ha sposato se poi deve fare così?

Le ho anche detto di amarla, dannazione.

Eppure mi sento un pò strano, quando penso a lei.

Sento un senso di fastidio, di vergogna e ciò mi da fastidio.

Un fastidio fortissimo.

Vorrei quasi staccarmi la pelle per non sentire più questo dannatissimo fastidio.

E, per aggiungerne un'altra, Erwin non si decide ad arrivare.

Continuo a camminare a passi svelti intorno alla stanza.

E se non volesse più parlarmi?

In fondo ha sbagliato anche lei, no?

Non ha alcun diritto di potersi arrabbiare così con me, lei non è santa.

Tch, ma a me che importa?

Nulla.

A me non importa nulla.

Cazso Erwin, ti muovi o devo venire a prendere quel tuo dannatissimo culo?

"Scusami, lo so, sono in-"

"Pieno ritardo! Se mi dai appuntamento ad un'ora è sotto inteso che tu debba arrivare per quell'orario, altrimenti ne dici un altro che ti faccia più comodo."

Sobbalzo quando sento la porta aprirsi e parlo acidamente al ritardatario.

"Hai ragione, scusami. C'è un motivo per cui stai facendo così? Per cosa vuoi sfogarti?"

"Nulla, non ho bisogno di sfogarmi di nulla. E soprattutto non lo farei con te."

"Attento o potresti ferire i sentimenti di qualcuno."

So bene che nel suo tono ironico mi ha appena mandato una frecciatina.

È pur sempre di Erwin Smith di cui stiamo parlando.

"Non me ne importa niente."

"Lo so, lo vedo. Allora, ci hai ripensato per quella missione?"

"Ti ho già detto che non verrò. Perché, tu hai intenzione di andarci?"

Il suo sguardo rimane lo stesso, per chi non lo conosce tanto quanto me lo Hanji.

Ovviamente ha pensato anche a questo e a come pararsi il culo.

E, ovviamente, sapendo che ho capito preferisce rimanere in silenzio.

"Io purtroppo non posso essere utile con il braccio ferito gravemente e le altre ferite varie, per questo ho bisogno di te."

"Ovviamente la tua vita per questa missione suicida è salva. Complimenti capitano."

Lo guardo dritto negli occhi, ma non lascia trasparire alcun minimo di compassione o di pena.

Sa benissimo che ho una figlia a cui badare, anche se se la cava meglio da sola probabilmente, e sa anche che mi sono appena sposato.

Non ritirerò mai il mio rifiuto.

E poi, ad essere sincero, ho un pessimo presentimento e non ho alcuna voglia di andare senza pensieri, incontro al pericolo.

Non quando posso evitarlo.

"Sai bene che è la cosa più giusta da fare."

Lo guardo cercando di capire il messaggio dietro a quelle dannate parole.

Il suo sguardo furbo mi fa capire che sa, ma non ho idea di cosa sappia.

Ma che diavolo sai, Erwin?

Fammi sentire i tuoi pensieri, dannato uomo impenetrabile.

"Mi sembra di averti già ribadito più volte che la mia risposta è negativa. No, non parteciperò a questa missione."

Lui non sembra affatto stupito della mia risposta e lo guardo male.

"Cambierai idea."

Mi avvicino e gli prendo il colletto.

"Che cos'hai fatto?!"

Lui mi guarda, sapendo che non avrei potuto torcergli un capello, continuando a fare quella maledetta smorfia compiaciuta e soddisfatta.

Lo conosco troppo bene per dare che il mio rifiuto non gli è piaciuto e sta cercando un qualsiasi modo per farmi accettare.

"Semplicemente ho chiesto aiuto."

Lo guardo ancora peggio e scuoto la sua giacca per farmi guardare negli occhi, nonostante lo stia già facendo.

"Hai chiesto ad Alex, non è così?! Rispondi!"

Lo continuo a scuotere e lui chiude gli occhi.

"Potresti lasciarmi andare, che ne dici?"

Serra la mascella.

"Tch."

Lo lascio andare e incrocio le braccia guardandolo pretendendo una spiegazione.

"Glie l'ho chiesto solo-"

"Hai chiesto ad Alex di convincermi a dire di si?!"

"È la cosa migliore, lo sa anche lei."

"Ha chiesto ad una ragazza di mandare il padre al macello, quando ha già visto la madre morire per mano di un gigante, capitano. Non so se io suo cervello riesce a collegare queste informazioni."

Resta qualche secondo in silenzio, trattenendo probabilmente miliardi di battute sulla mia risposta o sul mio carattere.

"Ho semplicemente ribadito un concetto che ha sempre amato e rispettato, non le ho chiesto niente di che."

Interrompe il silenzio facendo alzare solo di più la mia rabbia e la voglia di spaccargli la libreria alle sue spalle su quella testa contorta e malefica.

Non gli rispondo, mi limito a guardarlo negli occhi.

"Non dovresti riservarmi tutto quest'odio, Levi. Sai molto bene che è meglio per tutti se accetti. Io ho solo chiesto ad una persona a te vicina di poterti parlare della missione."

Gli riprendo il colletto con una mano, stringendolo e mi avvicino a lui il più possibile.

"Tu hai osato mettere mia figlia in mezzo a tutto questo e sai che ti dico? Non accetterò mai. Mai, Erwin."

Ringhio e lo guardo sprezzante e carico di rabbia e odio.

Sposta la mia mano e si aggiusta le ciocche bionde disordinate.

"Beh, le altre persone hanno accettato subito, senza alcuna esitazione. Al contrario di te, loro mantengono la promessa fatta sin dall'inizio."

Ignoro le sue parole e lo guardo sentendo la brutta sensazione tornare.

"Quali altri?"

"Gli altri soldati."

"Chi, Erwin?!"

"Sai, anche tua moglie ha accettato subito, senza alcuna esitazione."

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