Capitolo 5
Alex
Aspettai il mio ragazzo a lungo, avevo un urgente bisogno di parlare con lui ma non lo trovavo da nessuna parte.
A mensa non mangiavo molto, non avevo una particolare fame da farmi alzare a andare in mezzo a tutte quelle persone e mangiare quel cibo schifoso.
Eren continuava a non arrivare e la mia pazienza cominciava a precipitare vertiginosamente.
"Alex."
Mi giro guardando verso la direzione per poi rendermi conto che non fosse Eren, ma il capitano Erwin.
Che cosa può volere da me?
Non ha già mio padre con cui passare le sue tristi ore di solitudine?
Oppure Hanji.
Com'è possibile che tra tutti deve chiamare proprio me?
E come diavolo è possibile che Eren quando serve non arriva mai?
Mi alzo sotto lo sguardo pungente e pronto a giudizi dei miei compagni e cammino verso il capitano.
"Comandante."
"Volevo parlarti di una cosa, ti spiace se usciamo?"
Indica fuori dalla sala da mensa ed io semplicemente annuisci con la testa.
Una ciocca di capelli corvini mi si poggia sul naso, solleticandolo e quasi starnutisce ma cerco di tenere un minimo di contegno, dato che sono in una situazione seria.
Insegnamento numero uno del papà perfetto: non fare mai qualcosa che potrebbe rovinare un momento che non controlli tu.
Trattengo lo starnuto e stringo leggermente le tasche sentendo il formicolio nel naso.
"Scusa se ti ho trascinata via ma avevo bisogno di parlare con te."
Apro gli occhi, un pò stupita ed annuisco.
"Non si preoccupi, capitano."
Non mi ero neanche accorta di quanto avessimo camminato, dato che la mia mente era concentrata a pensare ad altro.
Con la mano indica il leggero rialzo ai lati della strada percorsa, come ad invitarmi a sedermi.
Lo guardo confusa, non capendo le sue intenzioni, né tantomeno la sua richiesta.
"Perché siamo qui, capitano?"
Resto in piedi e lo guardo, mentre lui sospira e scuote la testa accennando quasi un sorriso, nascosto nel suo volto serio.
"Certo che sei proprio come tuo padre. Bella come tua madre ma hai lo stesso caratteraccio di Levi. Siediti pure."
"No capitano, preferisco stare in piedi. Che cos'è di così brutto, capitano? Devo forse preoccuparmi?"
Ovviamente mi aspettavo la solita risposta del capitano, ribadendo ancora quanto io sia uguale a mio padre e che dovevo rilassarmi un pò e che non c'era nulla di male.
Purtroppo quella risposta però non arriva.
Anzi, mi lascia in un freddo silenzio che mi inizia a far pensare a miliardi di cose che potrebbero essere successe.
Ma soprattutto: Eren c'entra qualcosa, vero?
Così si spiegherebbe il suo ritardo ed il perché non c'è mai una singola volta quando lo cerco!
Ok, questa "storia" con lui mi sta facendo perdere le staffe.
Sto diventando troppo emotiva.
Mannaggia a lui.
"Capitano? Che cosa succede?"
Allungo la testa verso di lui, involontariamente e, quando me ne accorgo, ritorno composta sui miei passi mentre lui ancora non parla.
"Deduco tu abbia già capito che io debba dirti qualcosa importante, non per questo sei una delle ragazze più intelligenti della tua età. E poi, questa intelligenza è genetica anche se ci metti molto del tuo."
"Capitano, non ci giri intorno perfavore. Potrei sapere che cos'ha da dirmi?"
Erwin ancora non parla ed un leggero livello di ansia inizia a salire nelle mie vene.
Devo trovare un modo per farlo parlare.
"Dovrei ancora finire la mia cena, perfavore. Non vorrei si raffreddaase o che Connie la dia a Sasha per non farsi mangiare il proprio pasto."
Onestamente, se fosse successo, non sarebbe stato affatto un problema.
Quel cibo faceva davvero schifo, non avevo fame e per di più Eren non c'era.
"Hai ragione, perdonami. Ti farò portare una porzione nella tua stanza."
Rimango un pò perplessa.
"Vuol dire che non mi dirà ciò per cui è venuto qui?"
"Intendevo parlarti di una decisione, molto importante. Una decisione che tuo padre deve prendere."
Lo guardo confusa per qualche secondo, non capendo, ma riesco a mettere da parte i sentimenti e a pensare più lucidamente.
Il mio sguardo si fa serio e la mia voce stranamente robotica.
"Una missione in cui mio padre potrebbe morire, quasi sicuramente, vero?"
Finalmente gli occhi chiari di Erwin si posano su di me e vorrei tanto non averli.
"Sapevo lo avresti capito subito."
"Abbiamo dato la nostra vita per questa causa, no?"
"Il fatto è che questa missione è talmente pericolosa che richiese il permesso, giustamente. Il governo non ne sa nulla. Non possiamo farglielo sapere."
"Non capisco cosa c'entro io. Non è io mio permesso che cercate, quindi non capisco."
"Il capitano Levi ha rifiutato."
Cosa?
"Cosa?"
"Si, tuo padre ha detto che non avrebbe partecipato alla missione. Io capisco che è una missione volontaria ed è un suo diritto non partecipare, ma per questa missione la presenza di tuo padre sarebbe davvero fondamentale e di vitale importanza, altrimenti avremmo ancora più possibilità di morire."
"Mi sta chiedendo di convincere mio padre a partire per una missione suicida a cui ha già rifiutato?"
"Si, è davvero importante, dovresti capirlo dato che stiamo lottando per la stessa caus-"
"Perché non chiedete a sua moglie, piuttosto che a me? Non vedo cosa c'entro io. A sua moglie da più ascolto, non crede?"
Le sue labbra si socchiudono per lasciare un sospiro.
Si gira di spalle e vedo alzarsi il braccio destro per messaggiare la fronte, forse per provare a schiarite più in fretta i pensieri o forse solo per cercare di fermarli.
Il mio tono freddo lo ha colpito, ma non ne è sorpreso.
Credo che abbia già vissuto reazioni del genere, sua da parte mia che da parte di mio padre.
Resta ancora un silenzio, per qualche lungo istante.
Non so davvero cosa fare in questi momenti di silenzio e lo guardo sperando e pregando in una risposta.
Ma che diamine succede agli uomini in questo periodo?
Quale malattia li colpisce?
Io davvero non riesco a capirli.
Diventano tutti strani, misteriosi.
Persino il capitano Erwin, che ha sempre trovato soluzioni semplici per ottenere la vittoria, ora chiede a me una cosa che non potrebbe vincere.
"Il problema è che Charlotte ha accettato."
Cosa?
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