I wouldn't mind
"Ci pensi mai al futuro?". "Oh no, ci risiamo con le domande esistenziali, Hanji?".
La donna si lasciò cadere sull'erba, incrociando le braccia dietro la testa, e si soffiò via una ciocca di capelli dalla fronte. "Non mi hai risposto". "Se per pensare al futuro intendi pensare a sopravvivere per più di cinque minuti allora...". "Lo sai benissimo che non mi riferivo a quello".
Levi alzò gli occhi al cielo. "Il nostro lavoro non ci permette di pensare molto al futuro. Potremmo morire anche oggi, per quel che ne sappiamo".
La spedizione organizzata da Erwin li aveva spinti in un territorio delle montagne fra il Wall Rose e il Wall Maria, una zona impervia in cui persino prima della caduta di Shiganshina pochissimi osavano vivere, e che adesso era del tutto disabitata.
"Quindi la tua risposta è no". "Ma che brava, quattrocchi, ci sei arrivata!". "Però... non rifletti mai su cosa avresti fatto della tua vita se non fossi entrato nel Corpo di Ricerca?". "Probabilmente sarei dietro le sbarre o morto, quindi non ci penso" ribatté sibillino il capitano.
Hanji si strinse nel proprio mantello. "Mi piacerebbe avere una famiglia. Sai, avere dei bambini, una casetta in campagna...". "Che stronzata".
La donna scattò a sedere. "Che hai detto scusa?". Tch. Ho detto che è una stronzata, Hanji. Credi davvero che possa essere possibile? È questo lo stupido futuro che sei in grado di immaginare?". "Non...". Levi rinfoderò la lama che stava affilando e si alzò in piedi.
"Probabilmente morirai prima di quarant'anni, esattamente come me. E se anche il tuo futuro si avverasse, i tuoi figli morirebbero divorati da...".
Fu allora che Hanji lo schiaffeggiò. Levi non se lo aspettava. "Tu...". La donna strinse i pugni. "Non hai capito niente vero?". "Cosa c'è da capire?". "No, hai ragione. E comunque, solo perché sei troppo occupato ad essere uno stronzo egoista incapace di guardare oltre ai propri interessi, non significa che tu debba gettare in faccia agli altri tutto il tuo disprezzo per una vita che ritieni stupida e impossibile!".
Detto questo Hanji fece scattare i rampini e si allontanò. Levi non provò nemmeno a seguirla.
Tra cinque minuti tornerà indietro. Magari non mi rivolgerà la parola per qualche giorno, ma chissene importa? Stupida quattrocchi...
In realtà gli importava più di quanto gli piacesse ammettere. La loro amicizia era probabilmente l'unica cosa che non era cambiata negli ultimi dieci anni, più o meno. Le persone attorno a loro morivano, invecchiavano, ma loro sembravano rimanere identici a come si erano conosciuti la prima volta. Se non fosse stato per quella strana sensazione che, col tempo, si era fatta sempre più spazio in Levi ogni volta che stavano assieme.
Prima la sua risata quasi lo infastidiva, e disprezzava tutte le volte in cui Hanji non gli rispondeva perché era immersa in un libro. Ma col tempo aveva imparato a tollerare le sue squallide battute, e persino ad apprezzarle; aveva iniziato a smettere di disturbarla mentre leggeva, rimanendo in silenzio a guardarla, e ogni tanto aveva persino osato dare uno sguardo anche lui a quei vecchi volumi polverosi.
La loro amicizia, con il tempo, forse era diventata qualcosa di più.
Ma non ha importanza, almeno, non per lei. E poi non possiamo permettercelo, non con i rischi che corriamo ogni giorno.
Dopo ciò che era accaduto a Isabel e Furlan, aveva promesso a sé stesso che mai più si sarebbe legato così tanto a qualcuno che avrebbe sicuramente rischiato di perdere. Non soffrirò di nuovo le pene dell'inferno.
Levi fu strappato dalle sue riflessioni quando sentì un fruscio diverso da quello del vento. Con un movimento fluido sguainò la spada e trafisse un grosso lupo grigio che stava per attaccarlo alle spalle. "Merda!". Guardò il cielo: il sole stava tramontando, e Hanji ancora non si vedeva. "Merda, merda, merda!".
Si calò in testa il cappuccio, rinfoderò la spada e passò al movimento 3D, andando nella stessa direzione verso cui si era precipitata Hanji solo poche ore prima.
Dove sei, quattrocchi di merda?
Sfrecciò fra i rami facendo saettare lo sguardo da una parte all'altra del bosco, senza curarsi dei rami che lo graffiavano: uno di essi gli procurò un bel taglio sotto l'occhio sinistro, ma a Levi non importava. Doveva trovare Hanji.
E poi la vide: era circondata da una decina di lupi, e altrettanti giacevano morti o impossibilitati a muoversi nella radura sottostante. La donna teneva la mano sinistra premuta sul fianco, e Levi notò con orrore la grande quantità di sangue che le inzuppava la camicia.
Nella mano destra c'era quella che doveva essere la sua ultima lama, mentre il meccanismo per il movimento tridimensionale giaceva inutilizzabile a pochi passi di distanza.
Prima che Levi potesse agire, uno dei lupi si lanciò sulla donna, che istintivamente si difese portando avanti il braccio sinistro: il rumore della carne lacerata riempì l'aria quando la bestia le azzannò l'avambraccio, tuttavia Hanji si limitò a grugnire e lo trafisse con la spada, ma altri lupi erano pronti a scagliarsi su di lei.
A quel punto Levi vide rosso. Si gettò sugli animali con furia selvaggia, massacrandoli, troncando teste e zampe e sventrandoli senza pietà.
Spezzò due lame e ricevette una zampata sulla coscia, ma li uccise tutti. Rimase qualche istante a contemplare il suo operato, poi sentì un mugolio e un tonfo e si voltò. Il sangue gli si congelò nelle vene quando vide Hanji a terra; si precipitò al suo fianco e sparò un razzo di segnalazione. "Resisti Hanji, okay? La squadra di Mike dovrebbe essere nei dintorni".
"Avevi... ragione. Era un... un sogno stupido". "Cosa?". "Una famiglia... dei bambini... che stupidaggine". "No... Hanji, lo sai che non volevo dire questo. Io...". "Ci pensi mai all'eternità?".
Levi le premette un lembo del proprio mantello sulla ferita al fianco. "Io sì. Spesso. Credo... credo che se potessi scegliere... se potessi scegliere, vorrei passarla con te". L'uomo si paralizzò per un secondo. "Hanji...". "Era con te che... che vedevo il mio futuro. Ma... ma avevi ragione tu, alla fine. Morirò... morirò prima dei quarant'anni" rise la donna. Levi le strinse forte una mano, accarezzandole i capelli.
"Non ci provare, hai capito? Tu non morirai oggi, Hanji Zoe. Non morirai perché... perché dobbiamo ancora fare tante cose, noi due. Avrei troppi...".
Rimpianti.
Eccola. La parola che riassumeva tutta la sua vita e che spiegava la sua esitazione nella relazione con Hanji. Lui l'amava, di questo adesso ne era certo. Ma respingendo quel sentimento non l'avrebbe cancellato: no, rifiutarlo gli sarebbe solo servito a vivere con un rimpianto in più.
"Levi...". Hanji alzò a fatica un braccio e gli sfiorò la guancia. "Ti sei... ferito". Lui le afferrò la mano, intrecciando le loro dita. "Non è niente". "Levi...". "CAPITANO LEVI!".
Mike e la sua squadra erano arrivati.
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Perché mi tremano le mani?
Levi strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne; la porta si spalancò ed Erwin entrò nella stanza come un fulmine. "Levi! Mike mi ha raccontato...". "Che cosa, Erwin?". Il guerriero con i capelli neri afferrò per il colletto il biondo. "Che la tua missione del cazzo rischia di costare la vita ad Hanji? Eh? È questo che Mike ti ha detto?".
Il biondo evitò di incrociare il suo sguardo. "Come sta?". "Mi hanno detto che se ne stanno occupando i migliori, ma quando l'ho trovata non era messa bene" disse Levi lasciando andare il Comandante.
Proprio in quel momento un uomo entrò nella stanza. "È fuori pericolo, capitano. Ha avuto una leggera commozione cerebrale e le sue ferite erano profonde, ma l'abbiamo ripresa per i capelli e riportata fra noi". "Possiamo vederla?" chiese Levi.
"Uno alla volta". Erwin gli mise una mano sulla spalla. "Vai tu, Levi".
Il corvino socchiuse la porta e, silenzioso come un'ombra, scivolò dentro. "Ciao nanetto". Hanji stava sorridendo; sotto la camicia si intravedevano la fasciatura al fianco e quella sul braccio, e aveva un livido poco sotto lo zigomo. "Ciao quattrocchi di merda".
Levi si sedette sul letto accanto a lei. "Sei un'idiota. Non farlo mai più, okay?". "Aye aye, capitano". Il silenzio calò fra di loro.
Vivere senza rimpianti... è ciò che avevo promesso a me stesso.
"Hanji. Quello che hai detto prima... il discorso sull'eternità... intendevi davvero ciò che hai detto?". La donna si morse un labbro.
"Ogni parola". Fu a quel punto che Levi si avvicinò e la baciò.
Hanji ci aveva sempre sperato, ma mai se lo sarebbe aspettato... così improvviso e intenso. Il cervello le andò letteralmente in brodo di giuggiole mentre Levi le sfiorava la guancia con una mano.
Dopo alcuni secondi il capitano si staccò, e Hanji rimase senza parole. "Bastava così poco per farti star zitta?". Allora la donna si tirò su a fatica, lo afferrò per il colletto e lo baciò a sua volta.
Stavolta fu Levi a non capirci più niente mentre Hanji gli mordeva delicatamente il labbro inferiore, intrecciando le mani nei suoi capelli.
Quando si staccarono la donna sorrise. "Ti amo". Il corvino rimase a bocca aperta, poi le sue labbra si incurvarono in un mezzo sorriso.
"Bastava così poco per farti sorridere?". "Stupida quattrocchi. Anch'io ti amo". "Stupido nanetto".
Quando, ore più tardi, Erwin entrò nella stanza, li trovò abbracciati l'uno a l'altra, con Hanji che teneva la testa nell'incavo del collo di Levi e il più basso che le circondava l'addome con le braccia.
Il biondo sorrise. "Direi che era anche l'ora...".
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