34 - Posta Via Gufo

Cokeworth, agosto 1976.

Un sole splendente si sta alzando alto in cielo e, al di là della finestra aperta di camera mia, non si vede altro che un paesaggio cittadino, un susseguirsi di abitazioni tutte uguali, irradiate dalla luce pallida del giorno.

Il mondo fuori mi appare quasi immobile, come un quadro appeso alla parete della stanza, se non fosse per il brusio vivace che si ode in lontananza e che penetra prepotente attraverso il pertugio creato dalle ante spalancate.

Arriccio le labbra in una smorfia contrariata nell'udire questo miscuglio di voci allegre sparpagliate nell'aria estiva. Per un istante, mi sembra persino di riconoscere il tono acuto di Petunia e della sua risata gracchiante da pettegola. Ma è soltanto un'impressione, dettata dalla semplice consapevolezza che mia sorella stamattina non è in casa, dal momento che è uscita a bighellonare per le viuzze del quartiere con alcune delle sue compagne di scuola.

Sbuffo infastidita, dando la colpa del mio improvviso malumore al caldo pesante che riempie la stanza. L'aria mi pare d'un tratto più opprimente, ma in un modo diverso dal solito. In effetti, si tratta di una sensazione che nulla ha a che vedere con l'afa generale che domina all'esterno, ma piuttosto con il subdolo disagio che, di punto in bianco, ha deciso di pungolarmi l'umore.

L'idea di Petunia intenta a godersi qualche momento spensierato insieme alle sue amiche babbane mi causa un fremito di stizza, frammista di una vaga invidia che tento costantemente di ignorare. Al contrario di mia sorella, sempre in giro a spassarsela come una qualsiasi adolescente della sua età, io me ne sto rinchiusa in camera mia la maggior parte del tempo, a combattere il lento stiracchiarsi delle ore di un'estate che si sta rivelando molto più tediosa di quel che mi sarei mai aspettata.

Non che io sia mai riuscita a farmi degli amici qui a Cokeworth. Il fatto che trascorra gran parte dell'anno lontana, in una scuola di magia celata al mondo dei babbani certo non mi aiuta a crearmi una cerchia di persone da frequentare qui, nella cittadina in cui sono nata e dove ho trascorso la mia infanzia.

Di solito, le mie vacanze estive si srotolano all'insegna di uno studio solitario della Magia, intervallato di tanto in tanto dagli incontri in riva al fiume con Severus, l'unico altro giovane mago presente in zona.

Tuttavia, quest'anno le cose sono cambiate drasticamente ed ora comincio ad avvertire il peso delle mie decisioni. Non che io abbia intenzione di retrocedere, tutt'altro. Severus si è comportato in modo orribile ed io non ho nessuna voglia di perdonarlo. La parola Sanguemarcio con cui mi ha apostrofato nemmeno un paio di mesi fa, nel parco della scuola, ancora mi rimbomba nel cuore, instillando odio e disprezzo nei ricordi della nostra ormai defunta amicizia.

Non che Severus non abbia tentato a modo suo di rimediare. Dopo il nostro ritorno a Cokeworth, si è presentato davanti alla porta di casa mia un paio di volte, nella speranza di parlarmi. Ma io, categorica, mi sono rifiutata di accoglierlo in entrambe le occasioni. Alla fine, mi sono trovata costretta a spiegare ai miei genitori cos'è accaduto a Hogwarts fra me e Sev; fortunatamente, sia la mamma che il papà hanno compreso la gravità della situazione, quanto il gesto di Severus mi abbia ferito.

Mio padre, furibondo, non ci ha pensato due volte prima di intervenire; al secondo tentativo di Severus di suonare al campanello di casa nostra, papà ha risposto palesandosi sulla soglia dell'ingresso con espressione adirata, eretto in tutta la sua statura, e intimando al mio compagno di scuola di sparire e di non farsi più vedere, se non voleva passare dei guai. Una minaccia che, sicuramente, sarà suonata alle orecchie di Severus vana e priva di valore, considerando il fatto che è stata pronunciata dalla bocca insignificante di un babbano; eppure, deve aver sortito comunque un certo effetto, perché da quel giorno Severus non ha più osato avvicinarsi a casa mia.

Tuttavia, so per certo che, se dovessi per caso avventurarmi nella piccola macchia di vegetazione che costeggia il fiume che, come un'arteria, attraversa il paese, troverei Severus lì, magari nascosto dietro un albero, pronto a tendermi un agguato e ripropinarmi tutte quelle insulse scuse a cui ormai ho smesso di credere da mesi.

Per questo motivo, trascorro i miei giorni di vacanza accuratamente chiusa in casa; metto piede fuori soltanto lo stretto necessario per non soccombere alla noia, in modo da annullare quasi totalmente il rischio di imbattermi, anche solo per errore, in colui che una volta consideravo il mio migliore amico.

Ciò, naturalmente, rende le mie giornate fastidiosamente lunghe, interminabili; le ore si esauriscono con una lentezza allucinante. Se non altro, posso dire di essere decisamente a buon punto con i compiti quest'anno. L'unico diversivo in grado di levarmi, anche solo in parte, questo pesante senso di tedio di dosso, paradossalmente, è lo studio; per la prima volta nella mia carriera di giovane apprendista strega, mi ritrovo ad aver quasi completamente terminato di scrivere e di leggere l'ingente mole di temi e testi magici a più di tre settimane in anticipo rispetto l'inizio delle lezioni.

Distesa sul mio letto, sbuffo spazientita in risposta alla latente insofferenza che mi serpeggia in corpo; eppure, resto immobile, non cambio nemmeno posizione, limitandomi a scuotere la testa nel vano tentativo di sedare questo mio costante malumore, e affondando con maggiore avidità lo sguardo nelle pagine porose del libro di Storia della Magia. Tuttavia, la mia capacità di concentrazione sembra essersi di colpo volatilizzata, i miei occhi continuano a saltellare impazienti dal capitolo (ormai incomprensibile) alla finestra.

Il fatto è che non è soltanto la noia ad assillarmi, di recente. Altri pensieri mi ingombrano la mente, rendendomi terribilmente inquieta.

All'improvviso avverto, al di fuori della finestra lasciata rigorosamente aperta, un fruscio concitato di ali. Un suono che ho imparato a riconoscere all'istante, da quando vivo nel mondo magico.

Un allocco marroncino, dall'aria lievemente spaesata, compare sul bordo del davanzale. Emette un fischio timido, per richiamare la mia attenzione, ma si tratta di un'accortezza inutile, dato che sono già balzata in piedi come una molla. Marcio dritta verso il rapace che allunga una zampa al mio indirizzo, offrendomi una copia arrotolata della Gazzetta del Profeta. Rapidamente, gliela sfilo di dosso e gli lancio uno zellino. L'allocco acchiappa fulmineo la moneta con il becco, per poi riporla nel borsello a lui legato attorno alla vita. Emette un secondo fischio, stavolta più forte, compiaciuto della vendita portata a buon fine. Dopodiché, si gira, apre le ali e con un fruscio di piume se ne va, librandosi in volo verso la linea evanescente dell'orizzonte.

Con un'impazienza che raramente mi appartiene, srotolo il quotidiano e mi immergo in quella che so per certo si rivelerà una lettura tutt'altro che piacevole, ma allo stesso tempo necessaria. Da qualche mese ormai, nel mondo magico si stanno verificando troppe vicende gravi e spaventose per poterle ignorare, per girarsi dall'altra parte e non prestare loro attenzione, facendo finta che tutto vada bene.

Perché, in realtà, le cose non vanno affatto bene.

Per questo motivo, prima di fare ritorno a casa, ho deciso di abbonarmi alla Gazzetta del Profeta, in modo da riceverne una copia ogni mattina. Sfortunatamente, la cittadina nella quale vivono i miei genitori e mia sorella è abitata principalmente da Babbani, fatta eccezione di me, Severus e sua madre. Non sono molti i mezzi per restare in contatto con gli altri maghi del mondo magico, perciò si rischia facilmente di restare isolati, ignari di ciò che sta accadendo realmente là fuori.

Mi butto a sedere sul materasso e adagio il giornale sul copriletto, dispiegando le pagine con una cura quasi maniacale. E' una mia abitudine, quella di sistemare gli oggetti a me vicini. Un vizio che ho scoperto solo di recente e che, negli ultimi tempi, si è acuito in modo esponenziale. Più avverto il caos imperversare nel mondo all'esterno, più sento crescere dentro di me il bisogno di mettere ordine a ciò che mi circonda, come se questo gesto banale bastasse a farmi tenere le cose sotto controllo, a farmi sentire al sicuro.

Ma mi è sufficiente un'occhiata veloce alla fotografia della prima pagina per sentir svanire all'istante l'effimero senso di certezza che ho così faticosamente racimolato.

Un grosso teschio campeggia minaccioso nel bel mezzo della foto, fluttuante in un cielo nero come inchiostro; le sue fauci sembrano aprirsi in un ghigno carico di pura malvagità, mentre la sagoma sinuosa di un serpente scivola fuori dalle labbra malevoli e inesistenti di quest'oscuro disegno che domina una notte intrisa di tragedia, immortalata dalla macchina fotografica di un giornalista della Gazzetta del Profeta.

Si tratta del Marchio Nero, il simbolo solitamente evocato da Tu-sai-chi e dai suoi seguaci, i Mangiamorte, dopo aver perpetrato uno dei loro crimini orribili. I miei occhi orripilati indugiano qualche secondo sul teschio, mentre brividi di terrore si inerpicano lungo la mia schiena. Scandaglio con lo sguardo il resto della pagina, sprofondando nella lettura dell'articolo: un'intera famiglia di maghi è stata trucidata a sangue freddo. Nemmeno i bambini sono stati risparmiati. Stando alle parole scritte dal giornalista, i corpi sono stati rinvenuti la notte scorsa, a seguito delle numerose segnalazioni da parte di alcuni Babbani, abitanti della zona, spaventati "dall'agghiacciante figura misteriosamente apparsa in cielo". Con il fiato bloccato in gola e lo stomaco stretto in una morsa di terrore, continuo a leggere il trafiletto sotto la tetra fotografia. A quanto pare, molti Auror sono intervenuti per indagare sulla vicenda, nel pretenzioso tentativo di scoprire chi possa essere il colpevole (o i colpevoli) di tale atrocità. Tuttavia, mi appare subito chiaro, dalle implicite considerazioni del giornalista, che il Ministero della Magia brancoli nel buio più assoluto, senza una pista precisa da seguire. L'articolo si conclude, infine, con la trascrizione delle poche testimonianze raccolte dai Babbani che hanno avvistato il Marchio Nero in cielo, prima che gli Auror manipolassero loro la memoria per cancellarne il ricordo.

Costernata da ciò che ho appena letto, emetto un lungo e profondo sospiro, come se tale gesto potesse in qualche modo svuotarmi dall'angoscia che, improvvisamente, mi ha pervaso. Distolgo gli occhi dall'orrida fotografia del Marchio Nero in prima pagina e inizio a sfogliare il resto del giornale. Tuttavia, il tema principale delle altre notizie resta pressoché invariato: morti, sparizioni, attacchi e agguati ai danni di Babbani innocenti... Il tono di ogni singolo articolo è sempre cupo, intriso di così tanto orrore da far sorgere il sospetto che sia stata la mano putrida di un Dissennatore a comporli e a pubblicarli.

Tutt'a un tratto, un rumore acuto e stridolo squarcia l'aria silenziosa che aleggia nella stanza, facendomi sussultare di spavento. In preda all'ansia, i miei occhi saettano per istinto verso la finestra, incrociando - con infinito sollievo - la pallida sagoma di un secondo uccello rapace appollaiato sul bordo dell'ampio pertugio che si allarga in mezzo alle due ante in vetro. Impiego meno di un istante per riconoscere Hermes, il bianco barbagianni di Alice Prewett. Pare spazientito, a giudicare dall'insistenza con cui i suoi occhietti neri, scintillanti come due pietruzze d'ossidiana, mi fissano visibilmente contrariati.

Con un cenno di mano amichevole, invito Hermes a entrare, mentre ripiego la Gazzetta del Profeta e la ripongo in cima a un'ordinata pila di altre copie accatastate in una cesta accanto al letto. Il barbagianni irrompe nella camera ad ali spalancate, per poi planare elegantemente sul comodino a fianco a me, con una lettera legata a una zampa. Hermes me la tende ed io prendo la busta sulla cui superficie immacolata risalta la grafia panciuta e ordinata di Alice. Sorrido, contenta di poter leggere qualche nuovo racconto della mia nuova amica. Probabilmente, le prime ed uniche notizie allegre di questa tediosa giornata.

Infine, mi rivolgo a Hermes, in altezzosa attesa sul mio comodino, e propongo:

«Puoi andare a caccia di lucertole e topolini nel boschetto vicino al fiume, mentre leggo e rispondo alla lettera della tua padrona. Mi ci vorrà non più di una mezz'oretta»

Il barbagianni mi risponde chiudendo e aprendo una volta i suoi lucenti occhietti neri ed io lo interpreto come un segno di assenso.

«Buona caccia, allora» dico, prima di vedere Hermes spalancare di nuovo le ali e volare fuori dalla finestra.

Incrocio le gambe sopra al copriletto e scarto la busta, sfilando fuori un biglietto in pergamena piegato a metà, fitto di parole scritte nell'inconfondibile calligrafia di Alice, con un inchiostro di un intenso blu notte.

Cara Lily,

Non riesco a credere che Piton abbia avuto il coraggio di presentarsi a casa tua così, con la pretesa di vederti dopo ciò che ti ha detto a giugno... Che faccia tosta! Peccato che tu non sia ancora maggiorenne e che non possa praticare la magia al di fuori di Hogwarts. Una bella Maledizione dei Foruncoli Piton se la sarebbe proprio meritata!
Comunque, mi dispiace molto che per colpa sua tu ora non ti senta libera di uscire e che ti stia annoiando a morte in casa. Spero che le cose siano un pochino migliorate dall'ultima volta che ci siamo scritte!

Non che la situazione qui da me sia poi tanto diversa... Io e i miei genitori dovevamo partire per il Galles qualche giorno fa, ma per colpa dei recenti attacchi dei Mangiamorte che si sono verificati in quella zona, alla fine papà ha deciso di non andare. Lui e la mamma hanno cominciato a riempire casa nostra di Incantesimi di Protezione...
Sai, Lily, inizio seriamente ad avere paura. Temo per le sorti del nostro mondo. Nessuno osa parlarne apertamente, come se dire le cose come stanno, ad alta voce, rendesse il pericolo reale... Ma il punto è proprio questo: il pericolo è reale! Stanno capitando troppe cose orrende, ogni giorno, per illudersi che presto non ci sarà una guerra... Al solo pensiero, però, mi sale un'angoscia tale da farmi venire gli incubi. La notte scorsa non sono riuscita a chiudere occhio!
Mamma e papà hanno tentato di rincuorarmi, dicendomi che dobbiamo avere fiducia negli Auror e, soprattutto, in Albus Silente. E che presto si troverà un modo per fermare Tu-sai-chi e sconfiggerlo. Spero davvero che abbiano ragione!

Nel frattempo, cerco di tenermi su di morale pensando che fra poche settimane torneremo a Hogwarts e che, finalmente, ci potremo rivedere. Non vedo l'ora!

Non farti mettere sotto da Pivellus.
Scrivimi presto.

Con affetto,
Alice

P.s. Sono diventata Caposcuola. Ho ricevuto la lettera la settimana scorsa. I miei genitori ne sono molto felici. E anch'io, naturalmente.

P.p.s. Anche Frank è diventato Caposcuola. Me l'ha annunciato l'ultima volta che lui e la sua famiglia sono venuti a farci visita. Mi ha anche confessato che lui e Bethany Morgan litigano spesso di recente. Pare che lei sia un po' troppo gelosa e Frank sta considerando seriamente l'idea di lasciarla. So che, in veste di sua migliore amica, dovrei essere dispiaciuta per lui... Ma, in realtà, questa notizia mi ha risollevato il morale!

Dopo aver letto con attenzione la lettera di Alice, salto giù dal letto e vado ad accomodarmi alla mia scrivania. Mi armo di fogli, penna e boccetta d'inchiostro e mi accingo a scrivere la mia risposta. Per qualche istante, resto immobile, con lo sguardo perso in un punto imprecisato di fronte a me, cercando di mettere ordine a quei pensieri che tra poco trasformerò in parole concrete. Intingo la punta della piuma nel calamaio e comincio a scrivere:

Cara Alice,

Congratulazioni! Caposcuola... Devi esserne veramente fiera. Non riesco a immaginarmi nessuno che possa meritare quella spilla più di te!
Mi ha fatto molto piacere ricevere la tua lettera. È stata un tocco di colore in quella che si prospettava essere una giornata assai noiosa. Qui a Cokeworth il tempo sembra essersi congelato, ogni giorno è uguale all'altro, in modo deprimente. Come sempre, mia sorella si impegna più che può ad ignorarmi. E' chiaro come il sole che la mia presenza a casa la irriti più di una Maledizione Foruncolosa! Ma ormai ci sono abituata. Inoltre, Petunia passa molto tempo fuori casa ultimamente, perciò ci incrociamo di rado (cosa di cui sono molto grata!)

Purtroppo, non ho molte altre novità da raccontarti, se non che Severus ha finalmente smesso di venire qui ad implorare il mio perdono. Tutto merito di mio padre, che ha minacciato di torcergli il collo se avesse osato continuare a darmi noia. Non ricordo di aver mai visto mio padre così arrabbiato... Di solito, è un uomo pacato, raramente perde le staffe o alza la voce... Ma la sua sfuriata inaspettata è stata sorprendentemente efficace, perchè Severus non si è più fatto vedere.
Ammetto che volte mi rattrista constatare come le cose siano andate fra me e Severus... Ci credevo davvero nella nostra amicizia. Ma lui ormai ha fatto la sua scelta ed io non riesco proprio a perdonarlo. Non con tutte le vicende orribili che stanno accadendo di questi tempi!

Stavo leggendo la Gazzetta del Profeta poco prima che arrivasse Hermes... Oh, Alice, è pieno di notizie spaventose! Omicidi, sparizioni... Capisco bene come ti senti. Ti confesso che anch'io ho paura. E tanta! Spero con tutta me stessa che i tuoi genitori abbiano ragione e che tutte queste atrocità finiscano al più presto. Confido molto nel nostro amato Preside. Forse, persino più che negli Auror.

Sento tanta nostalgia di Hogwarts. Conto i giorni che mancano alla partenza.
Non vedo l'ora di rivederti!

Con infinito affetto,
Lily

P.s. Sono certa che Frank presto si renderà conto che sei tu la sua anima gemella. E' solo questione di tempo. E poi si sa che i ragazzi sono un po' tocchi sotto questo punto di vista.

Rileggo il testo con cura, piego a metà il foglio di pergamena e lo inserisco all'interno di una busta su cui trascrivo il nome della mia amica. Faccio appena in tempo a tracciare l'ultima lettera che Hermes irrompe nuovamente dentro camera mia, tubando soddisfatto per le prede succulente che deve essersi gustato.

Porgo al barbagianni la busta da reggere nel becco, istruendolo che deve consegnarla a Alice. Lui emette un fischio sommesso, come per dare segno di aver capito e mi vola su una spalla.

«Buon volo, allora» gli auguro dolcemente, mentre lo accompagno sino alla finestra.

Hermes ricambia il mio saluto con uno stridio acuto, prima di decollare verso il cielo accecante dell'estate. Ferma in piedi, lo guardo volare via, finché non diventa un minuscolo e lontano puntino, per poi sparire, inghiottito dall'azzurro denso di cui è tinto l'orizzonte.

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