32 - ... e Tazze di Tè Inaspettate
Hogwarts, Torre di Grifondoro. Giugno, 1976.
Raggomitolata sulla mia poltrona preferita, con le ginocchia strette al petto, contemplo con sguardo assente il movimento crepitante delle fiamme che vorticano all'interno del camino.
Non so dire quanto tempo è trascorso da quando ho liquidato Marlene, implorandola di lasciarmi sola. Potrebbero essere passati cinque minuti, oppure due ore. Ma non mi importa. Per quanto mi riguarda, potrei starmene qui, completamente assorta nei miei pensieri, in compagnia soltanto del fuoco e del suo placido scoppiettio, per l'eternità e nemmeno me ne accorgerei.
Getto un'occhiata a una delle alte finestre che si affacciano sull'immenso parco della scuola. Un cielo nero come inchiostro domina il paesaggio esterno, trapunto di stelle luminose. Il mondo è totalmente immerso nella notte, adesso, eppure non me la sento ancora di tornarmene in camera. Per quanto sia stanca e spossata, so che non riuscirei a dormire. Troppi pensieri mi affollano la mente, troppe cupe emozioni mi intridono il cuore. Un sospiro amareggiato mi sfugge dalle labbra, mescolandosi con il denso silenzio che permea la stanza.
All'improvviso, uno strano rumore cattura la mia attenzione. Colta di sorpresa, sussulto sulla poltrona, domandandomi cosa potrebbe averlo prodotto.
Mi giro e vedo qualcosa volare verso di me. Impiego qualche istante prima di capire di che cosa si tratta e, non appena ci riesco, non posso fare a meno di strabuzzare gli occhi incredula.
Una piccola tazza di porcellana, finemente decorata con disegni floreali, fende l'aria con la stessa leggiadria di una farfalla, fino a posarsi sulla lignea superficie del tavolino posto accanto alla mia poltroncina.
Scocco un'occhiata strabiliata all'oggetto appena atterrato a pochi centimetri da me. Al suo interno, vi è un liquido scuro che emana vapori caldi e speziati.
«È semplice Earl Grey, con una piccola aggiunta di cardamomo» sopraggiunge, di punto in bianco, una voce femminile, dal lato opposto della sala comune.
Sollevo lo sguardo dalla tazza e, per la seconda volta nel giro di pochi minuti, mi ritrovo a sgranare gli occhi per lo stupore. Fra tutte le persone che avrei potuto immaginare preoccupate per me, tanto da scendere in sala comune in piena notte, Alice Prewett è senz'altro la più improbabile.
Eppure, eccola lì, nel bel mezzo della stanza, in vestaglia e con in mano un'altra tazza di tè fumante - del tutto identica alla mia - a fissarmi con vaga apprensione.
Un silenzio teso si dilata tra di noi. Per alcuni istanti, restiamo entrambe zitte, a studiarci vicendevolmente, senza sapere bene come comportarci.
«Grazie» mormoro timidamente, ponendo fine al tacito imbarazzo. Dopotutto, benché non capisca come mai Alice Prewett si sia presa il disturbo di offrirmi una tazza di tè a quest'ora di notte, è stato un gesto molto carino da parte sua.
Dopo aver abbozzato un sorriso un po' impacciato, Alice attraversa la sala comune e mi raggiunge, sedendosi sulla poltrona opposta alla mia, dall'altra parte del tavolino. I suoi occhi castani rimbalzano impazienti da me alla tazza e viceversa.
«Bevi, prima che si freddi» mi esorta con dolcezza.
Senza farmelo ripetere due volte, agguanto delicatamente la tazza fumante sul tavolino e me la porto alla bocca. Già dal primo sorso, avverto un calore confortante e avvolgente inondarmi il corpo. I muscoli si rilassano, i pensieri si placano. Sorseggio ancora, avidamente, inebriandomi del sapore delizioso e intenso della bevanda.
«Questo tè è davvero squisito!» esclamo estasiata. Alice, di fronte a me, ridacchia compiaciuta.
«L'ha preparato mia madre. Si diverte un mondo a creare miscele tutte sue! Come ti dicevo, non è altro che semplice tè nero con un pizzico di cardamomo... ma sospetto sia stato aggiunto qualche altro ingrediente segreto, che mia madre, ovviamente, si è ben guardata dal rivelarmi» spiega, scuotendo la testa con affetto. «Ad ogni modo, questo tipo di tè in particolare dovrebbe aiutare a distendere i nervi e, allo stesso tempo, a infondere un po' di energia positiva nel corpo. Mia madre mi suggerisce di berlo prima degli esami, per evitare stress inutili...»
La minuziosa spiegazione sulle portentose proprietà del tè nero a me offerto gradualmente si affievolisce, sbiadendo in un timido bisbiglio sulle labbra della mia compagna. Alice Prewett tace per qualche secondo, studiandomi con aria ansiosa, il che non fa altro che aumentare il mio imbarazzo.
«Come ti senti?» domanda, infine, con vaga esitazione.
«Bene» replico io, cercando di capire l'improvviso interesse di Alice Prewett nei miei confronti.
Dall'occhiata dubbiosa che mi rivolge, intuisco che la mia risposta non deve esserle suonata abbastanza convincente.
«Ho saputo che hai litigato con quel tuo amico di Serpeverde... Severus Piton, se non mi sbaglio... ho sentito le tue amiche parlarne poco fa, qui in sala comune» azzarda con tono cauto.
Incapace di trattenermi, esalo un sospiro stizzito. A quanto pare ciò che è accaduto tra me e Severus è diventato di dominio pubblico! Sono già sul punto di ribattere che non ho voglia di parlare della questione, ma Alice mi anticipa con un'affermazione che mi lascia di stucco.
«Mi dispiace davvero per quel che è successo tra di voi... so che eravate molto amici... È triste vedere coloro cui teniamo allontanarsi» mormora, con le labbra increspate da un sorriso triste, privo di allegria.
La osservo interdetta. Non mi aspettavo un commento simile. Non da parte sua. Non da parte di un qualsiasi altro mio compagno di Grifondoro. Nessuno in questa Torre ha mai nutrito forti simpatie nei confronti di Severus. Nessuno si è mai mostrato particolarmente dispiaciuto dei nostri litigi. Nemmeno le mie amiche più strette. Negli anni, mi sono abituata alle continue ramanzine e avvertimenti su come avrei dovuto lasciar perdere Severus.
Per questo motivo le parole di Alice mi stupiscono. Come gli altri, credevo che anche lei non avrebbe perso occasione per congratularsi con me per la mia drastica decisione di rompere ogni rapporto con il mio migliore amico, come se un discorso simile bastasse a confortarmi.
Al contrario, Alice si mostra sinceramente dispiaciuta per la mia situazione. Per un attimo, ho persino l'impressione che possa capirmi, come se lei stessa abbia vissuto un evento simile.
«Sì, è triste...» confermo in un sussurro, «... Ma ormai Severus ha scelto la sua strada. Per quanto questo mi faccia soffrire, non posso farci niente. Le nostre vite stanno prendendo direzioni opposte ed io devo accettare la cosa.» sentenzio, armandomi di tutta la risolutezza di cui dispongo.
Senza aggiungere altro, afferro la piccola tazza di porcellana e bevo l'ultimo sorso del delizioso tè che la mia improbabile compagna di chiacchiere notturne mi ha offerto. Alice Prewett ha ragione sulla bravura della madre nella preparazione di miscele. Questa bevanda è davvero portentosa. Benché la tristezza continui a lambirmi i pensieri, sento il corpo rinvigorito, lo spirito galvanizzato, almeno un poco.
«Non so come ringraziarti, Prewett. Per il tè e il resto... Mi sento meglio, adesso. Dico davvero» constato, con sincera gratitudine.
«Mi fa piacere» replica lei, abbozzando un sorriso incerto. Due piccole fossette tornano a fare capolino sulle sue guance. «E comunque, non hai nulla di cui ringraziarmi... Ti ho offerto questo tè perché... be', ecco vedi... Era un modo per chiederti scusa...»
Le parole di Alice sgorgano fuori timide e impacciate, quasi incoerenti, con la stessa intensità di un soffio.
Sgrano gli occhi confusa, incapace di comprenderne il significato. Chiedermi scusa? E per cosa?
Tuttavia, non ho il tempo di pronunciare la domanda perché Alice Prewett spalanca improvvisamente la bocca in un ampio sbadiglio, che mi appare, però, vagamente forzato.
«Credo sia meglio se ce ne andiamo a dormire. Si è fatto molto tardi» annuncia con convinzione. E, senza nemmeno aspettare una mia risposta - o, per meglio dire, una mia protesta - raccoglie entrambe le sue tazze di porcellana e si alza dalla poltrona, avviandosi dritta verso le scale del dormitorio.
«Ehi, Prewett, aspetta! Perché...?» ribatto, sempre più disorientata, balzando a mia volta in piedi.
Ma, ancora una volta, non riesco ad articolare in tempo la domanda, perché viene interrotta bruscamente dalle parole definitive della mia compagna.
«Mi ha fatto piacere chiacchierare con te, stasera. Ma ora sono davvero molto stanca. Ti auguro la buona notte» mi liquida Alice Prewett, senza concedermi ulteriori spiegazioni. Tuttavia, poco prima di sparire in dormitorio, si blocca, tornando a guardarmi.
«E, comunque, puoi chiamarmi Alice» dice, dedicandomi un ultimo sorriso incerto, impacciato. Dopodiché, si volta e se ne va.
Di nuovo sola, resto qualche secondo immobile, a fissare con aria interdetta il punto occupato dalla figura di Alice fino a un istante fa. Che tipa strana! considero fra me e me.
Tuttavia, non posso fare a meno di provare un moto di gratitudine nei suoi confronti. È stato bello parlare con qualcuno che sembri capirti fino in fondo, senza pregiudizi.
La stanchezza, tutt'a un tratto, comincia a farsi sentire. Avverto le palpebre terribilmente pesanti, a fatica riesco a tenere gli occhi aperti.
A mia volta, mi dirigo verso la mia stanza in dormitorio e, mentre salgo lentamente le scale, continuo a rimuginare sulla breve, quanto inaspettata conversazione appena avuta con Alice Prewett. Un sorriso mi compare spontaneo sulle labbra. Il primo dopo una lunga ed estenuante giornata.
Nota Autrice:
Eccomi ancora qui xD!
Questo capitolo mi è uscito un po' così, e pure con fatica, mi sta tornando una sorta di blocco dello scrittore.
Inoltre, è molto più breve dei precedenti, ma va bene così, non voglio impormi una lunghezza specifica. Ci tenevo però a introdurre il personaggio di Alice Prewett e finalmente ho trovato l'occasione di inserirla!! D'ora in avanti, comparirà molto più spesso ;).
Ringrazio come sempre tutti quelli che continuano a leggere questa ff strampalata. E anche tutti i nuovi lettori ❤.
Se si va, datemi i vostri feedback, li leggo sempre con molto piacere^^
Buon proseguimento!!
~ Vale ♡
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