27 - Fratture
Hogwarts, sponde del Lago Nero. Giugno, 1976.
Oggi è una giornata calda e assolata, troppo piacevole per trascorrerla all'interno del castello.
I G.U.F.O., ovvero i temibili esami finali indetti dal Ministero della Magia, sono ormai alle porte e tutti noi studenti del quinto anno ci stiamo arrabattando con gli ultimi giorni di ripasso forsennato.
Io e le mie amiche ci siamo ripromesse di passare la giornata in biblioteca, circondate dalla vasta, quanto disarmante collezione di volumi di magia di Hogwarts, decise a immergerci in uno studio concentrato e privo di inutili distrazioni. Tuttavia, il sole caldo che sovrasta oggi gli immensi confini di Hogwarts è troppo invitante per riuscire ad ignorarlo, perciò desistiamo presto dal nostro proposito iniziale e ci avviamo leste verso l'ingresso principale della scuola, solleticate dalla prospettiva di trascorrere le prossime ore di duro studio e di allenamento magico coccolate dal confortevole tepore estivo che impera all'esterno, invece che avvolte dalle umide tenebre della biblioteca.
Altre tre ragazze si sono aggiunte, di recente, al nostro piccolo gruppo di studio: sono Priscilla Montgomery e Willa Jones di Corvonero, infine Emilia Taylor, di Tassorosso. Come noi, anche loro frequentano il quinto anno a Hogwarts, prossime ad affrontare i fatidici G.U.F.O. tra pochi - pochissimi - giorni. Durante quest'ultimo anno scolastico, abbiamo frequentato diverse lezioni insieme e, tutte e tre, si sono subito rivelate compagne affabili e simpatiche, perciò non ci abbiamo pensato due volte a includerle nella nostra compagnia.
Seduta sul fresco manto erboso, in prossimità delle sponde del Lago Nero, mi godo volentieri gli attimi di pace e pieni di calore che questa splendida giornata mi sta offrendo. L'estate è ormai dietro l'angolo, i giorni si snodano in momenti sempre più caldi e profumati. Inspiro a gran polmoni l'aria tiepida che mi avvolge come un affettuoso abbraccio, satura della dolce fragranza dei fiori che punteggiano la sconfinata distesa verde del parco. In cielo, un sole grande e splendente irradia coi suoi raggi il paesaggio sottostante; il loro riflesso dorato si spalma radioso sia sull'antica facciata in pietra del castello, sia sulla vitrea superficie limpida del lago, bagnato da coriandoli di luce sfavillante. Poco più in là, a pochi metri dalla riva, si erge un imponente faggio, dal tronco grosso e nodoso, e con rami tentacolari che si allungano e si intrecciano fra di loro nell'etere, offrendo ombra e riparo ai giovani avventori del parco.
Naturalmente, io le mie amiche non siamo le uniche persone ad essere state tentate dall'idea di studiare all'aperto, anziché rinchiuse tra le spesse mura della scuola. Altri studenti bivaccano pigramente sul manto d'erba che circonda Hogwarts, studiando oppure esercitandosi in complicate fatture, con le bacchette in mano e libri aperti sparsi attorno a loro.
I miei occhi scivolano distratti sui capannelli di ragazzi che costellano il parco, finché non scorgo in lontananza l'inconfondibile sagoma altera di quell'insopportabile smorfiosa di Alya Merope Black, la sorella gemella di Sirius, immancabilmente accompagnata dalle altre sue compagne snob di Serperverde. Come noi, pure loro se ne stanno stravaccate in mezzo all'erba, chi a roteare bacchette per aria, chi, invece, ricurva sopra a un libro. Di solito, il solo vedere l'alterca Black, seppur soltanto da lontano, basterebbe a provocarmi un immediato moto di stizza. Ma, oggi, mi appare come un semplice ed insignificante puntino sullo sfondo, un'immagine abbozzata, rarefatta, scarabocchiata al margine di una pagina.
D'un tratto, una leggera brezza si leva dell'erba, proveniente dalle profondità oscure della Foresta Proibita. Delicata, si insinua nella fitta trama di fronde dell'albero, facendo vibrare allegramente le foglie verdi nell'aria. Resto qualche breve secondo imbambolata, ferma ad ammirare il vivace gioco di luce che si incastra tra i rami intricati del faggio, quando, di punto in bianco, un pensiero indesiderato mi si impiglia nella mente, intridendo immediatamente il mio umore di frustrazione e di tristezza.
Distolgo lo sguardo dalla chioma festante dell'albero, per posarlo sulle pagine del libro d'Incantesimi, spalancato sulle mie ginocchia.
Fisso, con aria assente, le scritte che imbrattano la carta, senza però leggerle realmente.
Il fatto è che, oggi, il mio gruppo di amiche è incompleto. Marlene manca all'appello sin da stamattina a colazione, impegnata a fare altro, che nulla ha a che vedere con lo studio, insieme a qualcuno, al quale finora mi sono sforzata - invano - di non pensare. Sirius Black. Lui e Marlene hanno iniziato a frequentarsi regolarmente da circa un mese. Escono insieme almeno una volta a settimana e, qui a scuola, in molti già li considerano una coppia fissa.
Un sospiro affranto mi sfugge di bocca, al cupo pensiero di Marlene stretta fra le braccia di Sirius, intenta a bearsi di quei baci e di quelle tenerezze di cui, segretamente, vorrei essere io a goderne. L'immagine fugace di loro due insieme è sufficiente a risvegliare in me un sentimento insidioso, che non ho il coraggio di nominare, in grado di pungolarmi ferocemente il cuore. Riconosco, mio malgrado, la pericolosa e pungente scintilla dell'invidia, impaziente di trasformarsi in un fuoco crudele, smanioso di divorarmi l'animo.
Sospiro ancora, ben determinata a contrastare l'alito di rabbia, mista a delusione, che mi imperversa dentro. Invoco, quindi, il mio buon senso, il quale costantemente mi rimprovera, rammentandomi che Marlene è la mia migliore amica e che dovrei essere contenta per la sua attuale felicità, e non furiosa - o, peggio ancora, invidiosa. Mi aggrappo con tutta me stessa all'affetto che provo per lei, all'amicizia che ci unisce da anni, placando solo così l'ondata di rabbia che mi ha slealmente travolta, cedendo ora il posto a un tacito rimorso.
«Ehi, guardate un po' chi finalmente ha deciso di fare la sua comparsa!» esclama, tutt'altro un tratto, Hestia, riscuotendomi dai miei lugubri e tormentati pensieri riguardo Marlene e Sirius insieme, impegnati ad amoreggiare chissà in quale anfratto nascosto dentro al castello.
Sollevo gli occhi dal libro sulle mie ginocchia - e del quale non ho ancora letto un rigo - per rivolgerli con distratta curiosità in direzione del punto indicata dalla compagna. Raggelo all'istante, come se qualcuno mi avesse inaspettatamente rovesciato addosso una secchiata d'acqua gelida.
La sagoma scura e dominante di Sirius Black incede decisa lungo il sentiero che conduce al Lago Nero, con Marlene al fianco, avvinghiata al braccio del ragazzo, con la testa appoggiata sotto la sua spalla, i boccoli biondi spalmati spalmati sulla nera stoffa della divisa scolastica. Con il respiro mozzato, inerme li osservo avvicinarsi a noi. Serro le labbra in una smorfia indecifrabile, mentre lotto nuovamente contro la fiamma della frustrazione e dell'invidia che slealmente mi si è riaccesa violenta in petto.
Ignari del groviglio di emozioni contrastanti che imperversa nel mio animo, Sirius e Marlene continuano ad avanzare verso il nostro gruppo, presumibilmente con l'obiettivo di raggiungerci e unirsi a noi per studiare. Marlene cammina con aria appagata e sognante; Sirius, invece, mi pare vagamente più distratto, serio, assorto in chissà quale pensiero.
All'improvviso, Marlene strattona il braccio del suo affascinante accompagnatore e ne dirotta il cammino, puntando, con un'espressione maliziosa dipinta in volto, verso l'ombra rigogliosa del maestoso faggio, vicino al lago. Incurante degli sguardi curiosi dei presenti che li circondano, Marlene si avviluppa al corpo alto di Sirius e, senza indugio, gli stampa un lungo bacio appassionato sulle labbra, che il ragazzo ricambia con altrettanto vigore. Le braccia di lui afferrano con mascolina sicurezza la vita di Marlene, mentre quest'ultima affonda le sue mani nei folti capelli scuri del ragazzo.
Di fronte a un tale spettacolo, sento, inevitabilmente, lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa, dilaniata dalle fauci di quella creatura intrisa di pura invidia che alberga nelle profondità più recondite e oscure del mio essere. Un soffio di vergogna mi alita sul cuore, costringendomi a distogliere i miei occhi su quella romantica scena alla quale, meno che mai, avrei voluto assistere. Rivolgo la mia totale attenzione al volume di incantesimi ancora aperto sulle mie gambe e mi concentro su nient'altro che le scritte e le immagini che riempiono le pagine, tentando di estraniarmi come posso dalla realtà che mi circonda.
Estraggo la bacchetta e comincio ad esercitarmi con l'incantesimo proposto dal capitolo, mormorando sottovoce la formula magica incisa sulla carta, e disegnando invisibili linee rette, e poi curve, nell'aria. Per tutto il tempo, mi sforzo ad ignorare il mondo attorno a me, comprese le risatine e i commenti maliziosi che le mie amiche si scambiano sulle appassionate effusioni regalate al pubblico da Sirius e Marlene.
Tuttavia, ogni mio tentativo di non pensare a loro due risulta inutile. I miei pensieri non riescono a stare lontani da quell'immagine di abbracci e baci che mi tortura il cuore. Si aggrovigliano attorno ad essa, alimentando sempre più il seme della rabbia che sto cercando a tutti i costi di reprimere, e che ora, inesorabilmente, germoglia, dirompendo con ferocia in tutte le parti del mio essere. Ogni barlume di logica e di buon senso si estingue e, per un breve - brevissimo - istante, la mia mente si annebbia. Ma è più che sufficiente per annientare completamente la mia volontà e permettere alla mia mano di agire da sola e di compiere la sua subdola azione.
Per istinto, le mie dita artigliano la bacchetta che ancora impugno, ne stritolano colleriche il manico sottile. Il polso scatta, sferza l'aria con la medesima rapidità di un felino a caccia, fendendo l'etere come la lama affilata di una spada.
Il tutto si esaurisce in una manciata di secondi, senza nemmeno che io me ne renda conto, fintanto che le mie orecchie non si riempiono dei gridolini di stupore delle mie compagne, frammisti ai lamenti di dolore di Marlene, che adesso giace inspiegabilmente a terra, ricurva su uno dei suoi polsi, torto in una posa orribile, per nulla naturale.
Rinsavisco di colpo, i pensieri si liberano dalla misteriosa matassa di rabbia e invidia che poco fa si è avviluppata loro addosso, riacquistando di nuovo la mia lucidità.
Mi guardo rapidamente intorno, vedo le espressioni confuse delle mie amiche, e di chiunque abbia assistito alla strambo capitombolo di Marlene. Nessuno sa spiegarsi che cosa ne abbia provocato la caduta. Pure Sirius appare sbigottito, incapace di comprendere che cosa sia accaduto. Si accovaccia veloce accanto alla mia amica, studiando il suo arto, visibilmente fratturato, con dovizia affettuosa, ma al contempo preoccupato.
Solo adesso si ridesta in me la scintilla del buon senso, insieme a una vaga, ma sincera apprensione nei confronti di Marlene. Balzo di scatto in piedi e corro da lei, insieme a Hestia, Mary e le altre. Mi inginocchio al suo fianco e, come Sirius, esamino con minuziosa attenzione il polso storto. Pare rotto, senza dubbio. Con la coda dell'occhio, intravedo un movimento, minimo e veloce, ma non abbastanza da sfuggirmi. Riconosco l'ombra di una piccola radice, avvolta alla caviglia di Marlene. Colta in flagrante dal mio sguardo, questa si srotola rapidamente dalla gamba della mia amica e, con un guizzo, scompare, inghiottita dal terreno. Nessun altro, oltre a me, sembra averla notata. Ma ciò non placa il senso di rimorso e di terrore che, di colpo, mi travolge, attanagliondami con prepotenza le viscere.
Tutt'a un tratto, un'atroce verità mi investe, pietrificandomi sul posto. Sono stata io ad evocare quell'infida radice. Sono stata io a far capitombolare Marlene a terra. Sono stata io a provocarle quella dolorosa frattura. È una consapevolezza spietata, ma inconfutabile.
E, mentre osservo inerme la mia migliore amica piangere accanto a me, ferita dalla mia stessa rabbia, sento il mio cuore frantumarsi, andare irrimediabilmente in pezzi, dilaniato da un terribile senso di colpa, che non credo sarò mai capace di estinguere.
Nota Autrice:
Eccomi qui di ritorno in questa ff, dopo un'assenza di quasi un mese.
Chiedo scusa a tutti coloro che stanno leggendo per questa lunga attesa.
Fortunatamente, di recente mi è tornata un po' di ispirazione e in un giorno e mezzo è nato questo capitolo corto, ma bello denso di emozioni (o, perlomeno, questa era la mia intenzione).
A chi ha già letto "L'Albero dei Black" preannuncio che i prossimi capitoli saranno paralleli ad alcune dinamiche avvenute tra Alya e Lily, a ridosso dei loro G.U.F.O.
Ne "L'Albero dei Black" abbiamo assistito alle vicende attraverso gli occhi di Alya. Qui, sarà interessante leggerle dal punto di vista di Lily.
Spero che il capitolo di oggi vi piaccia ❤!
Alla prossima^^
~Vale ♡
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