25 - Vittorie e Sconfitte [pt.1]

Hogwarts. Maggio, 1976.

Lily

È sabato mattina e una concitata allegria permea le antiche mura di Hogwarts.

Quando Hestia, Mary ed io ci rechiamo in Sala Grande, siamo immediatamente travolte da un brusio agitato. L'intera sala è in gran fermento, persino i professori sembrano su di giri. Specialmente la McGonagall, la quale è impegnata in una fitta e animata conversazione con il professor Flitwick, seduto accanto a lei.

Tuttavia, né io né le mie compagne ne rimaniamo minimamente stupite; è una situazione del tutto normale, considerando il fatto che, da qui a una manciata di minuti, avrà luogo una delle partite di Quidditch più attese di quest'anno. Uno scontro che vedrà come squadre protagoniste quelle di Grifondoro e di Serpeverde, due Case la cui rivalità si estende ben oltre i confini del campo sportivo.

Nell'ultima settimana, l'attesa del match è trascorsa in un'atmosfera elettrica, raggiungendo picchi pazzeschi di tensione. Frequenti sono state le risse esplose nei corridoi tra i componenti delle due Case avversarie, durante il passaggio da una lezione all'altra. Per non parlare dei reciproci agguati perpetrati ai danni dei giocatori di entrambe le squadre. Marlene, conosciuta per essere una formidabile Cacciatrice, ha rischiato di essere affatturata almeno cinque volte in una sola giornata, tanto da indurre me e le altre mie compagne a scortarla ovunque per il castello, rifiutandoci di lasciarla da sola pure per andare al bagno, per evitare che i subdoli Serpeverde le giocassero qualche brutto scherzo, in un momento di distrazione.

È un miracolo che i giocatori siano arrivati ad oggi incolumi, o che nessuno studente sia stato sospeso, o estromesso dal proprio team, per cattiva condotta.

Siamo già a metà colazione quando la squadra di Grifondoro al completo fa il suo ingresso in Sala Grande, salutata da un fragoroso applauso, che si leva all'istante dal nostro tavolo. Non posso fare a meno di sorridere nel notare che alle nostre grida di incitamento si sono aggiunte anche quelle dei Corvonero e dei Tassorosso. Al contrario, i Serpeverde contrattaccano con fischi acuti, pieni di sdegno, i quali sono opportunamente ricambiati, in triplice dose, al passaggio in sala della squadra verde-argento.

Stamattina, Marlene non si siede insieme a noi, ma rimane con il resto del suo team, in modo da ripassare le tattiche di gioco da attuare in campo. Io, Hestia e Mary sghignazziamo sotto i baffi, mentre osserviamo Frank Longbottom, il capitano di Grifondoro, camminare agitato su e giù lungo il tavolo, esortando i suoi compagni a mangiare in fretta, così da finire prima degli altri e correre fuori ad accertarsi delle condizioni in cui giocheranno.

I giocatori dalle divise rosso-dorate divorano la loro colazione rapidamente e, in quattro e quattr'otto, sono di nuovo in piedi, pronti ad uscire. Un secondo applauso di incoraggiamento li accompagna, mentre sfilano compatti in mezzo ai tavoli.

Allungo il collo per dedicare un affettuoso saluto a Marlene e per augurarle buona fortuna, ma prima che io possa intercettare lo sguardo della mia amica, una figura scarmigliata, fin troppo familiare, mi si piazza davanti all'improvviso, facendomi sobbalzare sulla panca.

«Tifa per me, Evans, e ti dedicherò la vittoria!» esclama borioso James Potter, rivolgendomi uno dei suoi soliti sorrisetti sghembi.

Indispettita, nemmeno gli rispondo, limitandomi ad alzare gli occhi al soffitto e ad arricciare le labbra in una smorfia di fastidio.

Potter è sul punto di replicare qualcosa, ma non fa in tempo nemmeno ad aprire la bocca che, fortuitamente, interviene Frank, che lo agguanta per il colletto della divisa e lo trascina di peso verso il portone della sala Grande.

«Avanti Romeo! Ai corteggiamenti penserai dopo che avrai acchiappato quello stramaledetto Boccino!» lo redarguisce severamente, con stampato in volto lo stesso cipiglio inflessibile di un caporale dell'esercito.

Hestia e Mary mi gettano addosso un'occhiata maliziosa, per poi scoppiare a ridere, divertite dalla scena.

«Potter non demorde.» osserva Mary, ammiccando al mio indirizzo.

«È insopportabile.» mugugno, scuotendo la testa esasperata.

«Secondo me, potresti anche concedergli un appuntamento... magari scopri che, sotto sotto, non è poi così male.» azzarda Hestia, la quale si zittisce subito, fulminata dal mio sguardo di fuoco.

«Uscire con quel narcisista arrogante? Mai!» dichiaro accalorata, ponendo bruscamente fine alla questione.

Hestia e Mary tacciono, ma non senza scambiarsi di nascosto occhiatine d'intesa, che al momento decido di ignorare stoicamente. I miei occhi vagolano distratti sui tavoli gremiti di studenti della sala, fino a imbattersi nella sagoma smilza e scura di Severus. Siede a parecchi metri di distanza da dove mi trovo io, circondato come al solito da un manipolo di Serpeverde dall'aria ambigua.

Assorto com'è da quella che mi appare una fitta, quanto segreta conversazione, Severus non si accorge del mio sguardo, il quale si adombra immediatamente quando mi rendo conto che il ragazzo con cui egli sta parlando altri non è che quel viscido di Mulciber.

Sono trascorse quasi due settimane dall'incidente di Mary e, conseguentemente, dal giorno in cui ho tentato di mettere in guardia il mio migliore amico dalla gentaglia inaffidabile e pericolosa che gli gravita intorno. Ma, como ho avuto modo di constatare in seguito, le mie parole sono state vane, come sussurri persi nel vento.

Severus continua imperterrito a frequentare sia Avery che Mulciber, pur sapendo bene cosa quest'ultimo sia stato capace di fare alla mia amica. Si comporta come se nulla fosse accaduto, con l'unica differenza che, adesso, è me che evita, dandomi l'impressione non voler rivolgermi la parola.

Un sospiro affranto mi esce dalle labbra, frammisto a una cupa delusione. Un gesto inconscio che, però, non sfugge agli occhi attenti e premurosi di Mary.

«Ehi, Lils, tutto bene?» chiede sottovoce, seguendo il filo invisibile tracciato dalla traiettoria del mio sguardo.

«Certo» le rispondo sbrigativa, affrettandomi a distogliere gli occhi da Severus e dalla sua infida combriccola.

Abbozzo un sorriso, in modo da non insopettire Mary la quale, con mia infinita gratitudine, decide di non indagare oltre. Il fatto è che non ho voglia di parlare di Severus, né di come io abbia l'impressione che il nostro rapporto, che ho sempre creduto solido e importante, si stia irrimediabilmente sgretolando, ogni giorno che passa. Mi conosco bene e so che il solo pronunciare a voce alta questa terribile sensazione, che mi serpeggia sempre più spesso nei pensieri, rischierebbe di ridurmi in un mare di lacrime, perciò preferisco dare adito al mio orgoglio e tenermi tutto dentro.

Dopo pochi minuti, la Sala Grande viene invasa da un brusio eccitato, accompagnato dal movimento generale di studenti e professori, che si accalcano al portone per uscire.

Il momento tanto atteso è finalmente giunto ed io mi lascio coinvolgere volentieri da quest'allegra eccitazione condivisa dei miei compagni. Concentro i miei pensieri su nient'altro che non sia la partita di Quidditch che ci attende in campo, cercando così di scacciare via ogni inquietudine riguardo Severus o qualsiasi altro Serpeverde.

***

Sirius

«Prongs non è ancora sceso...»

Il vociare esagitato che permea la Sala Grande questa mattina è talmente intenso che a malapena riesco a sentire Peter, seduto a pochi centimetri da me, piagnucolare per l'assenza di James al nostro tavolo.

«Longbottom lo starà sicuramente tenendo in ostaggio di sopra, insieme agli altri della squadra, per una riunione pre-partita dell'ultimo secondo.» ipotizza Moony, sogghignando.

«Come sprecare il fiato inutilmente! Longbottom ormai dovrebbe sapere che a Prongs piace fare di testa sua. Non ha mai seguito una strategia in quattro anni che è in squadra e certo non comincerà oggi!» dichiaro, consapevole di saperla molto più lunga di chiunque altro riguardo le attitudini ingestibili del mio migliore amico.

Ammetto che un po' mi dispiace per Frank Longbottom; dopotutto, è un bravo ragazzo, oltre ad essere sia un ottimo Capitano che un eccellente Portiere, e ci tiene davvero a giocare una partita con i fiocchi, con tattiche ben organizzate. Peccato che James, quando si tratta di Quidditch, non è disposto a prestare ascolto a nessuno, nemmeno a chi ha in mano le redini della sua squadra, cosa che ha causato non poche discussioni, alcune anche piuttosto accese, fra lui e il Capitano di Grifondoro.

C'è da dire, però, che il talento di Prongs nel volo è innegabile, e che, da quando è stato ammesso in squadra come Cercatore, le vittorie sportive della Casa di Grifondoro sono aumentate in maniera esponenziale. Perciò, per quanto James possa dimostrarsi imprevedibile e al di sopra di ogni regola, Longbottom non ha davvero nulla di cui lamentarsi.

«Mi auguro che Prongs faccia il bravo in campo...» mormora Moony vagamente preoccupato, rompendo il flusso dei miei pensieri.

Sollevo gli occhi dal mio piatto e glieli punto addosso, inarcando un sopracciglio. Remus, che non ha mai avuto nessuna difficoltà a interpretare le espressioni altrui, intuisce subito la tacita domanda che mi galleggia in testa.

«Voglio dire, oggi gareggerà contro i Serpeverde... e contro tuo fratello...» specifica, con tono cauto.

Accanto a me, avverto Wormy irrigidirsi, incapace di dissimulare un lieve gemito allarmato, molto simile allo squittio di un topo impaurito. Se mi voltassi a guardarlo, non mi stupirei di trovarlo bianco come un cencio, con i suoi occhietti acquosi fissi su Remus, rimproverandolo in silenzio per ciò che ha detto. Peter sa che Remus ha appena toccato un tasto assai dolente, un argomento che è da sempre considerato un tabù all'interno del nostro piccolo gruppo.

La fugace e velata allusione a Regulus, infatti, mi provoca un immediato moto di stizza, che a stento riesco a nascondere. Agguanto veloce il mio calice dorato e mando giù un bel sorso di succo di zucca, nel tentativo di placare i nervi, ostentando al contempo l'espressione più impassibile di cui dispongo.

«Allora sarà Regulus a dover stare attento a come si comporterà in campo... Prongs è un Cercatore di gran lunga più bravo di lui, non ha bisogno di giocare sporco per batterlo!» sibilo, mentre allontano lentamente il bicchiere dalle mie labbra.

Per fortuna, l'improvvisa tensione che è appena colata su me e i miei due amici viene istantaneamente interrotta dal provvidenziale ingresso della squadra di Grifondoro in Sala Grande. Da tutti i tavoli, ad eccezione di quello delle serpi, si leva un grande applauso collettivo, accogliendo i nostri compagni come degli eroi.

«Ecco Prongs!» squittisce Peter entusiasta, sbracciandosi per farsi notare da James.

Ma il nostro amico è troppo impegnato a scompigliarsi i suoi capelli già irrimediabilmente spettinati di natura, e a lanciare sorrisi ammiccanti verso un gruppetto di ragazze del quarto anno, sedute al tavolo di Corvonero, per accorgersi dei fallimentari tentativi di richiamo di Peter.

«Che esibizionista!» borbotto con affetto, scuotendo la testa divertito mentre, dall'altro lato del tavolo, Moony arcua la bocca in un sorriso e mi scocca un'occhiata d'intesa, come a voler dire il-nostro-Prongs-non-si-smentisce-mai.

E ha perfettamente ragione. Perché non esiste niente al mondo che James adori di più che mettersi in mostra davanti a una platea di persone, dimostrare a chiunque si trovi nei paraggi quanto è talentuoso sia come mago che come giocatore di Quidditch. Niente, a parte andare a caccia di avventure insieme a noialtri Malandrini, naturalmente.

La colazione procede tranquilla, forse un po' più sottotono del solito senza Prongs a tenere banco all'interno del nostro gruppetto. Stamattina, come ogni altra mattina che precede una partita, è costretto a starsene seduto con i suoi compagni di squadra, a una manciata di metri di distanza da noi - una trovata di Longbottom, nella vana speranza di tenere James a bada.

Nel giro di pochi minuti, i giocatori di Grifondoro sono di nuovo in piedi, pronti per uscire fuori dal castello e recarsi in campo. La medesima smorfia di agitazione campeggia sui volti di tutti, ad eccezione di Prongs, il quale, come sempre, sfila davanti all'intera scuola con sicura baldanza. Per un fugace istante, i suoi occhi color nocciola saettano sulla porzione del tavolo occupata da me, Remus e Peter, abbozzando un sorrisetto affettuoso che noi tre non manchiamo di ricambiare.

Ho ancora lo sguardo incollato sulla schiena di James quando lo vedo fermarsi di colpo, nel bel mezzo della sala, come se si fosse tutt'a un tratto ricordato qualcosa di importante. Prongs si gira di scatto, passandosi distrattamente una mano fra i capelli e sfoggiando un ghigno sghembo e provocatorio, che ormai conosco come le mie tasche.

Nel medesimo istante, qualcosa dentro di me si risveglia con una violenza tale da farmi male il petto. Inconsciamente, i miei occhi si assottigliano, alla stregua di una lama tagliente, mentre osservo James avvicinarsi al posto occupato da Lily Evans, propinandole una delle sue solite battutine, con l'unico scopo di attirare su di sé l'attenzione della ragazza.

Il mostro che da qualche tempo sonnecchia dentro di me, all'altezza del petto, di colpo si desta, si stiracchia, allungando i suoi viscidi tentacoli in modo da avvilupparsi ad ogni fibra del mio corpo. È una matassa di emozioni contrastanti quella che sento srotolarsi nel mio essere, pungente quanto un gomitolo di filo spinato.

Rapidamente distolgo lo sguardo da James e da Evans, agguanto il mio calice di succo di zucca e ne inghiotto avidamente il contenuto, sperando di annegare nei miei stessi sorsi tutte quelle pericolose sensazioni che mi attanagliano.

Desiderio. Rabbia. Frustrazione. Rimorso.

Sono parole insidiose, sentimenti che nulla hanno che vedere con la profonda amicizia che mi lega a James e che, per questo motivo, non meritano di esistere.

Sono proprio un maledetto idiota, mi rimprovero in segreto, costringendomi a mettere a tacere qualsiasi altro mio pensiero su Lily Evans.

Nel frattempo, un fermento generale si propaga per la Sala Grande. I tavoli si svuotano, mentre orde di studenti fluiscono verso la porta.

«Sarà meglio affrettarci o perderemo i posti migliori in tribuna.» incalza Remus saggiamente.

Con movimenti meccanici, abbandono la mia postazione al tavolo dei Grifondoro e seguo distratto i miei due amici in mezzo alla folla. La mia mente è ancora annebbiata da quell'ammasso di sensazioni confuse che solo Lily Evans riesce a risvegliarmi.

Devo smetterla di pensare a lei, mi ripete ostinata la voce della mia coscienza.

Fuori dal castello, attraverso a passo veloce il vasto parco della scuola, insieme a Wormy e a Moony. È una bella giornata di sole, un'aria piacevolmente tiepida mi accarezza la pelle del viso.

Io e i miei amici ci incuneiamo in mezzo alla folla che si sta riversando rumorosa all'interno dello stadio. Ci inerpichiamo decisi sugli spalti, determinati a non lasciarci soffiare dal sotto al naso i posti migliori da cui osservare la partita.

Per un momento, mi convinco di essermi finalmente liberato dal mio peso ingombrante nel petto e, soprattutto, da quel pensiero insidioso su Lily Evans.

Tuttavia, se c'è una cosa che ho imparato nel corso della mia esistenza è che il destino ha un modo tutto suo di esprimere il suo pessimo senso dell'umorismo, oltre che a possedere uno sgradevole tempismo.

Avverto il mio cuore saltare un battito quando mi rendo conto che, fra tutti i posti che poteva scegliere, Remus si sta dirigendo proprio verso quella porzione della tribuna occupata dal gruppetto della Evans.

I miei occhi impiegano meno di un secondo ad individuare l'esile figura di Lily, con lo sguardo assorto in una placida attesa, spillato sul campo ancora sgombro. Una cascata di capelli ramati, che bagnati dalla luce del sole sembrano ancora più luminosi di quanto già non siano, le ricade morbida sulle spalle. Le iridi dei suoi occhi, dalla lieve linea a mandorla, vibrano di un verde intenso, che mi lascia senza fiato.

Merlino, quanto è bella, mi ritrovo ad ammettere mio malgrado.

E di nuovo la creatura dentro al mio petto si risveglia, sbuffando il suo acido alito insidioso, saturo di disillusione e di vergogna, rammentandomi il mio impegno di lealtà verso James. Reprimo a fatica l'istintivo impulso di girare i tacchi e andarmene, di fuggire rapido da quell'unica ragazza in grado di mettermi in subbuglio la mente - e il cuore.

Tuttavia, ricordo a me stesso che la parola codardia non ha mai fatto parte del mio vocabolario, e certo non comincerà oggi, perciò mi obbligo a seguire stoicamente Remus e Peter su per gli spalti.

«Possiamo sederci qui con voi? Lo stadio è pieno dappertutto...» domanda Moony, con il suo immancabile tono gentile.

«Certo!» esclama Lily, accogliendoci tutti e tre con un caloroso sorriso. Per un istante, mi solletica l'improbabile dubbio che il suo sguardo smeraldino indugi un po' più a lungo su di me.

Sento i miei muscoli irrigidirsi, colpito da quelle iridi così slealmente intense da sconquassarmi l'anima. Una parte di me resterebbe volentieri qui, immobile, ad ammirare eternamente la dolce linea disegnata sulle labbra di Lily, arcuate in un sorriso.

Non fare l'idiota!

La vocina intransigente della mia coscienza ritorna pronta all'attacco, riportandomi bruscamente alla realtà. Lily Evans è la ragazza che piace a James ed io non posso permettermi il lusso di comportarmi come un pesce lesso di fronte a lei.

Mi limito a ricambiare il suo candido saluto con un fugace cenno del mento, per poi distogliere immediatamente lo sguardo e puntarlo altrove. Dovunque, purché non su quel viso splendido, che mi fa sentire come il peggiore degli amici, un traditore.

Indosso, quindi, la maschera più impassibile del mio repertorio facciale e, con i pugni serrati nelle tasche, vado a sedermi nel posto più lontano da Evans. Mi concentro su nient'altro che il campo di Quidditch a me dinanzi, sperando con tutto me stesso che la partita inizi il prima possibile, in modo da avere una distrazione su cui focalizzare i miei pensieri.

Fortunatamente, le mie preghiere vengono presto esaudite. Le squadre di Grifondoro e di Serpevede fanno il loro ingresso in campo, acclamate entrambe da urla e fischi carichi di entusiasmo.

Madame Hooch, posizionata al centro del campo, sferza l'aria con un rapido gesto di mano; all'unisono, i giocatori saltano in groppa alle loro scope, librandosi in volo, compatti nelle loro posizioni.

Un fischio acuto si propaga nell'aria, un boato di applausi e grida di incitamento esplode dalle tribune.

La partita tanto attesa finalmente è cominciata.

***

Lily

«Possiamo sederci qui con voi? Lo stadio è pieno dappertutto...»

La voce pacata di Remus Lupin mi giunge improvvisamente alle orecchie, distraendomi dalle allegre chiacchiere di Mary, seduta accanto a me.

«Certo!» replico, sorridendo con meccanica gentilezza ai tre ragazzi che stanziano sugli spalti, davanti a me.

Quando vedo l'alta sagoma di Siriu, a pochi centimetri dietro Lupin, per istinto il mio sorriso si allarga, mentre avverto il cuore accelerare il ritmo dei suoi battiti. È una reazione naturale, che non riesco a controllare. Non posso farci niente, ogni volta che mi capita di scorgere la figura di Sirius tra la folla sento immancabilmente il mio animo sussultare, colpito da una gioia segreta, simile a un piacevole formicolio che mi attraversa ogni fibra del mio corpo.

Per la frazione di un istante, le sue iridi grigie e scintillanti si allacciano alle mie ed io mi sento mancare la terra sotto i piedi; per un attimo, la realtà attorno a me scompare, dimenticandomi persino dove mi trovo.

Ma Sirius distoglie rapido lo sguardo, ricambia a malapena il mio sorriso con uno sbrigativo cenno del capo, l'espressione del viso indecifrabile, fredda. Indifferente.

E, di colpo, la realtà che mi circonda mi ripiomba addosso con violenza, pesante come un macigno. Con la coda dell'occhio, osservo i movimenti di Sirius, il quale va a sedersi nel posto libero maggiormente distante da me.

Inconsciamente, mi mordo il labbro inferiore, cercando di reprimere la cocente delusione esplosa, d'un tratto, nel mio petto.

Non so che cosa mi aspettassi esattamente. D'altronde, Sirius non ha mai manifestato nessun particolare interesse nei miei confronti - a differenza del suo compare, James Potter, il quale ultimamente sembra divertirsi un mucchio a mettermi in imbarazzo davanti a tutti i nostri compagni, con i suoi patetici tentativi di corteggiamento.

Le mie labbra si arcuano in un sorriso amaro, mentre mi rimprovero tacitamente di essere un'ipocrita; se ci fosse Sirius Black al posto di quel megalomane spettinato di Potter, sono certa che non considererei così ridicoli certi atteggiamenti.

Scocco una fugace occhiata obliqua verso Sirius, sperando di incrociare ancora una volta il suo sguardo, ma egli non mi restituisce altro che il suo profilo altero, perfetto quanto distaccato, saturo di una neutra compostezza che definirei granitica. I suoi occhi grigi sono immobili, fissi sul campo di Quidditch, probabilmente in trepidante attesa che il suo scarmigliato migliore amico faccia il suo teatrale ingresso in scena.

Sirius è qui soltanto per sostenere Potter, dopotutto. Il resto gli è indifferente. Io gli sono indifferente.

Ed è per questo motivo che il mio animo, miseramente in subbuglio, non riesce a darsi pace.

Nota Autrice:

Come avete potuto notare, in questo capitolo ho inserito entrambi i punti di vista, sia di Lily che di Sirius.

Fatemi sapere che cosa ne pensate, se secondo voi sono stati resi bene oppure no. Ammetto che sto usando questa fanfiction un po' come terreno di sperimentazione, perciò ogni vostra opinione è importante ❤!

Un grazie speciale a chi sta leggendo e supportando questa storia!!

Alla prossima
~ Vale ♡

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