21 - Sirius

[Sirius' Pov]

Hogwarts. Gennaio, 1976.

Sirius apre lentamente gli occhi ritrovandosi sveglio suo malgrado.

Una luce gagliarda penetra attraverso le finestre del dormitorio, irradiando la stanza con un'intensa luminosità che Sirius giudica insolente, decisamente irrispettosa nei confronti del suo ardente desiderio di dormire.

Incapace di riprendere sonno, rotola pigro su di un lato e controlla l'ora sul quadrante della sua sveglia. Le lancette segnano le undici; Sirius si lascia sfuggire uno sbuffo contrariato. La mattina è già iniziata da un pezzo. Anzi, già si appresta a volgere al termine, conviene il ragazzo con rassegnazione.

Con un grugnito assai poco elegante, Sirius si solleva a sedere, mentre ripensa divertito alla scorribanda compiuta insieme ai suoi amici all'interno della Foresta Proibita quella notte, nonché la vera causa della pesante stanchezza che ancora non lo abbandona.

Per istinto, scocca un'occhiata affettuosa al letto a baldacchino alla sua sinistra. Le tende di velluto rosso sono accuratamente chiuse, segno che Remus sta dormendo ancora della grossa, ghermito da un sonno profondo. Sirius non si sorprende. È stata un'intensa notte di luna piena, dopotutto; Remus, più di tutti, ci avrebbe impiegato un po' prima di rimettersi completamente in sesto.

Sirius trattiene un secondo il fiato, le orecchie tese, in ascolto. Al respiro lieve e regolare di Remus si mescola un secondo ronfare, più pesante, guarnito di tanto in tanto da buffi rantolii. Sirius sghignazza sommessamente; a quanto pare, pure Peter è ancora ben lungi dall'essere sveglio e pimpante. Dormiglione di natura, solo il fragore di una cannonata sarebbe stato in grado di destarlo.

Infine, il volto assonnato di Sirius scivola rapido verso il lato opposto della stanza, in direzione del quarto letto presente nel dormitorio, ovvero quello occupato da James Potter.

Sirius sgrana gli occhi, stupendosi nel trovare la postazione del suo migliore amico vuota, le tende tirate da una parte, le coperte e le lenzuola arrotolate insieme in un groviglio scomposto di stoffa bianca e rossa, miseramente abbandonato sul bordo del materasso sgualcito.

Il giovane Black non può fare a meno di chiedersi dove James abbia trovato le energie e il coraggio di alzarsi così presto la mattina, nonostante la notte insonne appena trascorsa. Individua la risposta l'istante successivo, trascritta in poche frasi frettolose su un frammento di pergamena, lasciato appositamente in bella vista sul cuscino dell'amico.

Seppur riluttante a lasciare il confortevole tepore delle coperte, Sirius sguscia fuori dal letto, si avvicina per agguantare il biglietto e ne osserva curioso gli arabeschi disordinati impressi sulla carta:

Sono andato in campo per gli allenamenti. Cercate di non poltrire tutta la mattina, pelandroni!
Vi aspetto fuori dallo stadio.

Prongs

Un sorrisetto obliquo balugina sul volto di Sirius, considerando quanto radicata debba essere la passione di James per il Quidditch per spronarlo a lasciare il letto senza nemmeno aver dormito. Una passione ben nutrita anche dalla perenne voglia di mettersi in mostra, grazie a quel suo innato talento per il volo.

Sirius adagia il biglietto di nuovo sul cuscino, dopodiché si spoglia del pigiama e dell'aspetto trasandato tipico di chi ha trascorso un'intera notte senza sonno a bighellonare fuori dal castello, e, in poche mosse silenziose, si rende presentabile al resto del mondo. Esce di soppiatto dalla stanza, senza curarsi di svegliare i due amici ancora profondamente addormentati. Una svista premurosa, volta a concedere a Peter e, soprattutto a Remus, qualche ulteriore momento di riposo.

Un ampio sbadiglio si allarga sulla bocca del giovane Black, mentre trotterella giù per le scale con aria assente, un po' svampita, i pensieri ancora intorpiditi, rallentati da una sonnolenza imperitura.

Raggiunto il piano terra del castello, imbocca l'ampio corridoio che conduce alla Sala d'Ingresso. Sirius cammina tranquillo, senza fretta, costeggiando il chiostro e beandosi della quiete che gli aleggia intorno.

All'improvviso, arresta il passo. Un'immagine ha catturato la sua attenzione.

Seduta sul muretto, con la schiena appoggiata contro una colonna, c'è Lily Evans. Tiene un libro spalancato sulle ginocchia, il viso candido immerso nelle pagine. Alcune ciocche di capelli rosso scuro le ricadono morbide sulle guance, nascondendo in parte un'espressione distesa, benché assorta dalla lettura.

Sirius resta immobile, come folgorato. Contempla la sagoma di Lily per qualche istante, da lontano. La osserva in quel particolare silenzio, rispettoso e ammirato, che di solito si riserva allo splendore inciso in famose opere d'arte. Un lieve sorriso gli appare sulle labbra, ma Sirius nemmeno se ne accorge.

I suoi piedi cominciano a muoversi da soli, sospinti da un qualcosa che il ragazzo non sa bene come definire. Semplice curiosità, sentenzia spiccio dentro di sé.

Sirius si avvicina a Lily con cautela, attento a non intaccare con rumori improvvisi o gesti inconsulti quell'immagine di immobile tranquillità, da cui emana un gran senso di pace.

Dal canto suo, Lily continua a leggere imperterrita il suo libro, gli occhi scivolano fluidi sulle parole impresse sulla pagina, interrotti soltanto dall'intermittente sbattere delle palpebre, adorne di folte ciglia scure. Non si avvede della presenza di Sirius che ora se ne sta ritto in piedi a lei dinanzi, con una spalla a sostenere la fredda pietra della colonna lì accanto, le mani affondate nelle tasche.

D'un tratto, un vago fremito attraversa il corpo in posa di Lily, come il sussulto di chi si è appena svegliato da un sogno. La ragazza sembra essersi resa conto dello sguardo insistente di Sirius. Di scatto, sposta gli occhi dal libro alla figura alta e longilinea a lei di fronte, e Sirius si ritrova due iridi verdi e brillanti, come due gemme di smeraldo, puntate addosso. Resta affascinato, benché si imponga di non darlo a vedere, dal taglio raro di quegli occhi intensi, leggermente a mandorla.

«Evans, non dovresti essere in tribuna con le tue amiche? So che stamattina la nostra squadra aveva gli allenamenti» si affretta a chiedere il giovane Black con ostentata disinvoltura, celando l'imbarazzo di essere stato sorpreso ad osservarla dietro il taglio obliquo di un sorriso.

«Le raggiungerò più tardi. Volevo prima dedicarmi un momento tutto per me.» risponde Lily con voce gentile, la stessa che negli ultimi tempi Sirius si è sorpreso ad apprezzare in classe, ad ogni intervento di lei durante le lezioni.

Vorrebbe sentirne ancora il suono, perciò si arrabatta per trovare tra i suoi pensieri un pretesto valido che prolunghi la conversazione. Ma Lily lo anticipa e Sirius se ne compiace più di quanto sia disposto ad ammettere.

«Tu, piuttosto, è strano vederti qui a bighellonare da solo, senza Potter e gli altri... Come mai non sei sugli spalti a fare il tifo al tuo compare?» indaga Lily, con una punta di acidità ad incrinarle la voce non appena questa le si impiglia nel nome Potter.

A Sirius sfugge un ghigno. Non è una novità che Lily non sopporti James. Non riesce a perdonargli il fatto di essere un inguaribile egocentrico, arrogante persino. Senza contare i continui dispetti dedicati a Severus Piton, uno dei migliori amici della Evans.

Giunto a quel pensiero, Sirius si adombra. Esattamente come il suo migliore amico, nemmeno lui ha mai mostrato particolare gentilezza nei confronti di quel ragazzino eccentrico di Serpeverde. In effetti, gli è sempre sembrato un tipo assai sgradevole, tanto da indurlo, insieme a James, a schernirlo ogniqualvolta che se lo ritrova davanti agli occhi.

Più di una volta Sirius si è chiesto come mai una persona gentile e solare come Lily Evans sia tanto in confidenza con un tizio cupo come Piton - o Pivellus, come si divertono a chiamarlo James e Sirius.

Sirius riemerge rapido dalla sue intime considerazioni su Piton, per rispondere alla domanda della ragazza. Le spiega di aver dormito fino a tardi e di non aver fatto, quindi, in tempo a raggiungere lo stadio per assistere alle prodezze dell'amico in groppa sulla sua scopa.

Lily, dopo aver ascoltato le sue parole con attenzione, pronuncia una domanda intrisa, al contempo, di una vaga accusa.

«Avete fatto le ore piccole...» considera a voce alta la ragazza, il viso corrucciato in un'espressione pensierosa, «Spero non siate sgattaiolati fuori dal dormitorio di notte, dopo il coprifuoco!» esclama poi con rimprovero.

Sirius nega, fingendosi oltraggiato dall'insinuazione. Dentro di sé, invece, ridacchia divertito, complimentandosi in segreto con Lily e la sua arguzia. In risposta, lei gli concede una posticcia assoluzione, dettata soltanto dal beneficio del dubbio. Un dubbio debole, sottile quanto la circonferenza esigua di un capello. In realtà, Lily sa perfettamente che la scanzonata innocenza sfoggiata da Sirius non è altro che una bugia. Una consapevolezza che Sirius riesce a leggerle nitida nei suoi occhi inquisitori.

Sono occhi verdi, vibranti, da cui Sirius non ha per nulla voglia di nascondersi. In un angolo molto profondo del suo cuore - un angolo remoto, ancora inesplorato - il giovane Black avverte palpitare il desiderio di restare lì, incurante dello scorrere del tempo, a lasciarsi accarezzare da quelle iridi brillanti come smeraldi, e permettere loro di frugargli il volto, il corpo e pure l'anima.

E nel mentre che Lily Evans lo scruta con intensa curiosità, probabilmente ancora intenta a ricercare negli impercettibili movimenti del viso una vaga traccia di colpevolezza, il silenzio cala su entrambi, dilatandosi nello spazio che li separa.

Un'inspiegabile impazienza si impossessa tutt'a un tratto di Sirius. Ancora una volta si mette alla ricerca di un argomento, o anche solo di una parola, che gli permetta di stare lì, a continuare a parlare con Lily.

Sul perché lo desideri, però, Sirius evita accuratamente di indagare.

«Che cosa stai leggendo?» la domanda gli affiora sulle labbra spontanea, ma un po' incerta.

Avrebbe voluto chiederle qualcosa di meno banale, porle un quesito più essenziale, importante, in grado di dargli un tono. Ma Lily non si scompone, anzi pare persino gradire quel genuino interesse verso il suo libro. Con rinnovata dolcezza gli racconta di che cosa tratta la trama, da chi lo ha ricevuto in dono, confessando il suo rammarico per non aver abbastanza tempo libero da dedicare alla lettura.

Sirius sorride, gustandosi ogni parola. È sul punto di porle un'altra domanda, ma questa gli si incastra sleale in gola. Il giovane Black tace, la sua bocca si stringe in una linea sottile e tagliente, la mandibola gli diventa di granito.

Oltre la spalla di Lily, Sirius ha scorto l'inconfondibile figura di suo fratello Regulus. Non scorre buon sangue fra i due ragazzi. Da anni, l'unica cosa in grado di unirli è il suono duro del loro cognome altisonante, insieme a un reciproco atteggiamento di fredda indifferenza e disapprovazione che, giorno dopo giorno, scava il sempre più invalicabile divario che li pone su due fronte opposti.

Regulus non riesce ad accettare l'insolenza del fratello, né la sua perpetua lotta contro i valori elitari tramandati nella loro nobile famiglia; Sirius, d'altro canto, rimprovera il fratellino di non essere altro che una marionetta sapientemente manovrata dal crudele fanatismo della madre, incapace di liberarsi dall'ostinato desiderio di compiacere i genitori, rendendolo così cieco davanti a ciò che sta realmente accadendo nel loro mondo.

Sirius osserva Regulus incedere sicuro nel corridoio, in compagnia di Maynard Nott, un suo compagno di Serpeverde, sgradevole quanto il morso rovente di uno Schiopodo.

Per il frammento di un secondo, lo sguardo di Regulus si allaccia a quello duro, quasi minaccioso di Sirius. Un gelido disappunto si propaga nei metri che li separano. Sirius si sente invadere da una rabbia ardente, che gli attanaglia le viscere. È sicuro che Regulus abbia notato la presenza di Lily. E sa perfettamente che cosa suo fratello pensi di lei; quale immonda parola ha avvelenato la sua mente nel momento esatto in cui l'ha vista. Un termine che la loro cara madre si è ben prodigata ad insegnare loro (a lui, a Regulus e ad Alya, la loro pazza sorella rettilofona) fin dall'infanzia.

Sirius si immobilizza con lo sguardo puntato contro Regulus, come un cane pronto a difendere il proprio territorio.

Ma il più giovane dei Black non aggancia la tacita sfida lanciata dal fratello e con superbia volge lo sguardo altrove, ignorando Sirius alla stregua di uno sconosciuto. Avanza dritto insieme a Nott, imperturbabile, fino a scomparire nell'ombra di un passaggio dietro l'angolo. Solo a quel punto Sirius si rilassa, cercando di tornare a un umore più sereno. Ma Lily si è subito accorta del repentino cambio d'espressione del ragazzo, indovinandone persino la ragione.

«Quello era...» azzarda con cautela, ma Sirius la interrompe, concludendo per lei la frase:

«Mio fratello. È più giovane di me, ma un figlio di gran lunga migliore, come mi viene ricordato di continuo dai miei dolcissimi genitori».

Per un momento, il giovane Black si zittisce, ma soltanto per mettere ordine al tumulto di emozioni che gli è appena esploso in petto, come sempre gli succede ogni volta che si imbatte in Alya o in Regulus, all'interno della scuola. La sola vista dei suoi altezzosi fratelli lo innervosisce a tal punto da mandarlo in confusione.

«Li odio tutti: i miei genitori, mia sorella, mio fratello, con la loro mania del sangue puro, convinti che essere un Black ti renda praticamente di stirpe reale... Che branco di idioti! Non mi sorprenderei se vedessi Alya o Regulus unirsi alle schiere di quei matti che sostengono la purificazione della razza magica» le parole gli scivolano fuori dalle labbra senza nemmeno volerlo, impregnate di acidità e disprezzo.

Si accorge solo dopo di aver dato voce a quei sentimenti che, di solito, si permette di esprimere solo davanti ai suoi migliori amici. Sirius non può fare a meno di sorprendersi della facilità con cui riesce a parlare di sé stesso con Lily Evans, una ragazza con la quale, nonostante il rispetto e la recente curiosità che gli suscita, non ha mai scambiato più di un paio di parole.

Lily cerca di consolarlo, di stemperare la cruda durezza di una realtà assai lontana dal suo modo di vedere il mondo. Il giovane Black la considera troppo buona, forse persino un po' ingenua, per riuscire a concepire la presenza d'odio e d'indifferenza tra i membri di una stessa famiglia. O, almeno, questo è ciò che crede Sirius.

«Tu, però, sei diverso... Tu non sei come loro.» dichiara Lily in un sussurro. Sirius se lo sente addosso quel bisbiglio, delicato come una carezza che gli trasmette una dolcezza a lui sconosciuta, capace di scaldargli il cuore.

Resta in silenzio, assorbendo avido le parole di Lily nella sua mente, nel suo animo, obbligandosi a convincere sé stesso della loro veridicità. A persuadersi che no, lui non è come il resto della sua famiglia. Lui non è una fanatico del sangue puro, non è incline a discriminare gli altri solo in base alle loro origini.

Sirius guarda Lily e nel suo sguardo grigio, impenetrabile si cela una latente gratitudine, non dissimile da quella di un penitente appena assolto. Vorrebbe riuscire a esprimere la sua riconoscenza per quella semplice frase sussurrata, ma che per lui rappresenta un inimmaginabile conforto.

Tuttavia, la sua bocca non è abituata ad articolare apertamente i dilemmi del suo cuore. Sirius si rintana nel sarcasmo, lo scudo con cui da sempre si protegge sia dal mondo esterno che lo circonda sia da quello interno tumultuoso delle sue emozioni, che non sa gestire.

«Be', diciamo che cerco di tenere alto l'onore dei Black a modo mio» afferma, infine, con un sorriso obliquo, ma privo di allegria.

E in quel ghigno triste, la conversazione trova il punto della fine.

Sirius si alza dal muretto e suggerisce a Lily di andarsene di lì, di raggiungere insieme i loro compagni al campo di Quidditch. Si rallegra in segreto nel vederla accettare di buon grado la proposta.

Entrambi si mettono in cammino, l'uno accanto all'altra, e benché i discorsi piano piano si sfilacciano fino a diradarsi in un quieto silenzio, Sirius avverte ancora forte, dentro di sé, il senso di sollievo che la sola presenza di Lily Evans, a fianco a lui, sa donargli.

***

Raggiunto l'enorme struttura dello stadio, Sirius e Lily si separano, ricongiungendosi con i rispettivi gruppi di amici e amiche.

Sirius si allontana salutando la ragazza in modo spiccio, ma solo perché sa che Peter e Remus lo stanno osservando. Si congeda da Lily (seppur a malincuore) e raggiunge i suoi compagni.

Tuttavia, a Sirius non sfugge la sottile occhiata di Remus che, per un attimo si è soffermato a guardare Lily Evans, per poi voltarsi e squadrare l'amico con affettuoso sospetto.
Sirius ignora di proposito la tacita allusione di Remus e si appresta a depistarlo, prendendolo in giro per aver dormito fino a tardi - Sirius, fino a prova a contraria, ha lasciato il letto e il dormitorio prima di loro.

E nel mentre che Sirius, Remus e Peter infarciscono l'attesa con chiacchiere leggere e commenti ironici, il loro amico James finalmente esce dagli spogliatoi e si unisce di corsa al gruppo, ragguagliandoli sui progressi della squadra di Quidditch di Grifondoro.

«Sei riuscito a riposare un po', Moony?» domanda James in tono premuroso, rivolgendosi a Remus a voce improvvisamente bassa.

«Sì, anche se devo ammettere che mi fanno male sia le braccia che le gambe... Che diavolo è successo ieri notte?» indaga preoccupato. Sfortunatamente, Remus non ha mai ricordi di ciò che compie quando si trasforma in un lupo mannaro.

Sirius e James ghignano divertiti, lanciandosi un'occhiata complice. Peter impallidisce mentre tenta di reprimere un tremito.

«Allora?» li incalza Remus, sempre più in apprensione.

«Nulla di grave, Moony.» replica James con una scrollata di spalle.

«Diciamo che ci siamo addentrati nella foresta un po' più a fondo del solito...» sottolinea Sirius, con innocenza.

«... e che abbiamo avuto il piacere di incontrare un paio di centauri.» continua James disinvolto. «Sono dei tipi interessanti, i centauri... peccato che abbiano qualche pregiudizio contro i lupi mannari».

«Già, pare non abbiano gradito molto la nostra inaspettata visita di ieri...» sospira Sirius, enfatizzando un caustico rammarico.

Peter si lascia sfuggire un gemito di paura. Remus si irrigidisce, pallido come un cencio.

«Che è capitato?» sussurra, temendo la risposta.

«Un semplice scambio di opinioni...» replica James con voce soave.

«Solo che, al posto delle parole, i centauri hanno usato i pugni e tu le zanne» puntualizza Sirius con un ghigno.

Remus chiude gli occhi sconvolto. In mezzo alla fronte gli compare una ruga sottile. James gli si avvicina, battendogli affettuose pacche su una spalla.

«È tutto a posto, Moony» lo rassicura, sempre attento a parlare a voce bassa, «Io e Padfoot siamo intervenuti in tempo. Nessuno si è fatto male. Solo, dobbiamo ricordarci di evitare quella zona il prossimo mese...»

Intanto, il gruppetto composto da Lily Evans e le sue amiche passa loro accanto, camminando in direzione del castello. Sirius le osserva con la coda dell'occhio (con particolare attenzione verso Lily). Rimane un poco deluso nel constatare che Lily non lo ha degnato nemmeno di uno sguardo, tanto è presa a chiacchierare con le sue compagne.

«Evans!» la voce squillante e imperativa di James riscuote all'istante Sirius, il quale scocca all'amico un'occhiata perplessa.

«Hai un secondo? Vorrei chiederti una cosa» continua James, distaccandosi dalla sua banda e affondando passi baldanzosi verso la ragazza.

Una baldanza fin troppo accentuata, che non sfugge allo sguardo attento - e ora stranamente all'erta - di Sirius. Anche Remus e Peter si mostrano stupiti. Raramente James li abbandona durante una conversazione, soprattutto se riguarda una delle loro segrete avventure notturne.

Tutti e tre fissano il compagno dubbiosi, ignari delle sue intenzioni.

«Come certo saprai, il prossimo sabato è prevista la solita gita a Hogsmeade... Che ne dici di venirci con me?» James pronuncia l'inequivocabile invito tutto d'un fiato, il petto gonfio di una sicurezza posticcia, mentre una mano gli si leva spontanea a scompigliargli i capelli.

Sirius percepisce chiaramente l'insicurezza dell'amico in ogni singola parola, nel tono improvvisamente più profondo, impostato. Riderebbe di quella scena, lo avrebbe schernito con affetto per quel suo buffo approccio con una ragazza.

Eppure Sirius non ride. Non prova affetto, né divertimento. Nel suo animo si è accesa una sensazione completamente diversa. Il giovane Black avverte un inspiegabile fastidio diramarsi in ogni cellula del suo corpo; Sirius la definirebbe rabbia persino, se non fosse per un immediato senso di colpa nei confronti del suo migliore amico, la persona a lui più vicina - e leale - tanto da considerarlo alla stregua di un fratello.

Sirius osserva James corteggiare Lily Evans inerme, mentre dentro di lui comincia ad infuriare una feroce battaglia tra emozioni contrastanti, che si guarda bene dall'approfondire.

Uno scontro segreto il quale, fortuitamente, troverà fine proprio nelle parole di Lily.

Il rifiuto della ragazza echeggia esplicito e risoluto, tanto da lasciare James interdetto. Lily gli volta le spalle con decisione, per poi andarsene con le sue amiche al seguito; Sirius a stento riesce a reprimere un sorrisino rincuorato. Un sollievo immediatamente lambito da un rimorso pungente.

Sconfitto, James ritorna dal suo gruppo, con lo stesso sguardo cupo di quando perde una partita a Quidditch. Al contempo, nelle sue iridi castane, schermate dalle lenti rotonde degli occhiali, balugina evidente il brillio della determinazione. Sirius lo conosce fin troppo bene, sa che James non è tipo da darsi per vinto facilmente. La sua mente scaltra si è sicuramente già messa all'opera per elaborare un'efficace strategia di conquista.

«Ma che ti è saltato in mente?» lo prende in giro Remus, ghignando sotto i baffi.

«Già. Qualsiasi cosa tu avessi in mente, Prongs, ti è andata male!» aggiunge Sirius spiccio, cercando di apparire indifferente.

James sbuffa indispettito, mentre con un le dita si raddrizza gli occhiali sul naso.

«Andrà meglio la prossima volta» replica, con una scrollata di spalle.

Ancora una volta, Sirius avverte risvegliarsi dentro di sè il mostro della rabbia, che gli sonnecchia tra le viscere. Serra forte sia le labbra che i pugni affondati nelle tasche, sopprimendo all'istante quella emozione cupa, che ostinato non vuole approfondire.

«Torniamo dentro. Sto gelando!» esclama brusco e, insieme ai suoi amici, si dirige verso il castello.

Nel mentre che cammina, Sirius cerca di mettere ordine ai pensieri e, soprattutto, alle strane emozioni che gli imperversano nel petto. Di tanto in tanto getta inconsce occhiate a James, alcune gelide, altre piene di rimorso.

L'immagine del suo migliore amico che invita Lily Evans a uscire insieme ancora lo tormenta in un modo che non sa - e non vuole - spiegarsi.

Ma che diavolo mi prende? si domanda con rimprovero, sperando nel frattempo che il vento freddo dell'inverno, che si sta abbattendo sul parco di Hogwarts, spazzi via subito quei dubbi pericolosi che gli affollano la mente.

E, forse, pure il cuore.

Nota dell'Autrice:

In questo capitolo ho voluto inserire un altro punto di vista, quello di Sirius. Come ho fatto con Severus, anche qui ho utilizzato la terza persona invece della prima.

Di solito, i Black (Sirius qui in primis), per come me li immagino io, non sono personaggi in grado di esprimere apertamente i loro pensieri e le loro emozioni, perciò ho provato a dare loro una voce.

Ho inoltre inserito un paio di passaggi in cui, per chi ha letto L'Albero dei Black, si potrebbe notare una latente somiglianza con Alya Merope Black, che in questa storia dopotutto è sua sorella gemella. Sono allusioni molto sottili, perciò non mi aspetto che le riconosciate. Però ci tenevo a creare questa "assonanza" di pensiero tra Sirius e Alya ❤.

Spero che il POV di Sirius vi sia piaciuto, anche perché tornerà anche in futuro^^

Buon proseguimento :)
Valentina

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