18 - I Prefetti
Hogwarts Express. 1 settembre 1975
Il binario nove e tre quarti è tutto un brulicare di giovani maghi e dei loro famigliari, come sempre accade il primo settembre di ogni anno.
Un mare di teste affolla la banchina, e numerosi cappelli a punta, alcuni dai colori sgargianti, altri dal gusto opinabile, svettano fieri verso il soffitto. Questo è lo scenario che mi appare davanti agli occhi, non appena varco la barriera incantata che separa la stazione magica da quella babbana. Un immediato senso di familiarità mi avvolge nel vedere l'Hogwarts Express, rosso fiammante, fermo sul binario ad aspettare placidamente il momento della partenza.
Mi avvicino al treno, spingendo con fatica il carrello sopra al quale trasporto il mio pesante baule di scuola. Dietro di me, mamma e papà affrettano il passo per starmi dietro, insinuandosi tra la folla. Naturalmente, Petunia si è ben guardata di venire. È un paio d'anni ormai che, puntualmente, si inventa scuse e impegni immaginari dell'ultimo minuto, grazie ai quali riesce ad evitare di accompagnarmi.
Agli inizi la cosa mi rattristava, lo ammetto. Ma adesso non ci faccio neanche più caso. Anzi, mi sento persino sollevata. Perlomeno, posso godere della compagnia della mamma e del papà in pace, senza dovermi preoccupare di difendermi dalla subdola meschineria di mia sorella.
Raggiunta la porta del vagone, mi volto verso i miei genitori, i quali mi guardano con occhi pieni di orgoglio e di dolcezza. Il loro sorriso mi scalda il cuore e una punta di nostalgia comincia a lambirmi gli angoli degli occhi. Non mi sono mai piaciute le separazioni. Non importa quante partenze io abbia già affrontato nel corso degli anni, l'idea di non vedere la mia famiglia per mesi mi provoca ogni volta un vago senso di tristezza.
Abbraccio forte mia madre e ascolto attenta le raccomandazioni di mio padre.
Ho ancora il volto immerso nella morbida stoffa del vestito della mamma quando, all'improvviso, l'Hogwarts Express si desta, sbuffando rumorosi fiotti di vapore bianco, che invadono tutta la banchina. Dalla testa del treno si propaga un fischio prolungato, il quale annuncia agli studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts che è giunto il momento di partire.
Tutti coloro che si sono attardati in saluti commossi, iniziano ora ad accalcarsi ansiosi contro gli sportelli dei vagoni, me compresa. Mi separo a malincuore dal caldo abbraccio di mia madre, stampo un bacio nella guancia ispida di mio padre e salgo sul treno.
Quest'ultimo comincia a muoversi, ed io resto qualche istante a osservare le sagome dei miei genitori rimpicciolire in fretta, insieme a quelle delle altre persone che punteggiano il marciapiede. Poi, l'Hogwarts Express fa una curva e sia la mamma che il papà spariscono dalla mia vista.
Senza ulteriore indugio, m'incammino lungo il corridoio, alla ricerca di un posto libero in cui sedermi. Fortunatamente, dopo meno di un minuto, scorgo la testa castana della mia amica Mary sbucare da una delle porte scorrevoli che costeggiano il percorso.
«Lily, per di qua! Ti abbiamo tenuto un posto»
Senza farmelo ripetere due volte, mi fiondo dritta nello scompartimento, sollevata dal non dover subire una lunga ed estenuante ricerca per svariati vagoni.
«Ciao, ragazze» dico ansante, mentre trascino dentro il mio bagaglio, «Grazie per avermi tenuto un posto... è pieno dappertutto»
Sistemo il baule sulla rastrelliera apposita, dopodiché getto un'occhiata ansiosa al mio orologio da polso.
«Come mai non ti siedi?» domanda Marlene, vedendomi tergiversare in piedi, accanto allo sportello.
«In effetti, ho delle novità... non posso trattenermi» esordisco timidamente.
Gli occhi delle mie compagne si incollano all'unisono su di me, trepidanti di sapere che cosa bolle in pentola. Sporgo quindi un poco in fuori il petto e con il dito indice picchietto fiera la superficie dorata di una spilla a forma di P, che scintilla sgargiante alla luce del sole.
«Non ci credo, ti hanno nominata prefetto!» esclama Hestia, entusiasta.
«Per la barba di Merlino, Lily, congratulazioni!» si accoda Marlene sorridente, mentre Mary batte le mani estasiata.
A turno, si alzano e si avvicinano per ammirare meglio la spilla.
«Sai già chi sarà il tuo compagno di Grifondoro?» mi interroga Mary, mentre fissa con attenzione la P dorata che ho appuntata al petto. Scrollo le spalle, in segno di diniego.
«Non ne ho idea, ma immagino che lo scoprirò presto... Fra poco si terrà una riunione nella carrozza dei prefetti...»
«Spero per te che non sia Pettigrew! Quello lì sembra sempre più tonto ogni anno che passa.» osserva Marlene, con una punta di acidità nella voce. Non ha mai potuto sopportare Peter Pettigrew. Secondo lei, il Cappello Parlante ha commesso un grosso errore ad averlo assegnato ai Grifondoro.
«Spero per me che non sia Potter!» le faccio eco io, colta da un improvviso terrore. Scuoto la testa energicamente e scaccio via quell'improbabile teoria dalla mia testa. Nessuno dotato di un minimo di buon senso nominerebbe mai James Potter prefetto!
In compenso, non mi dispiacerebbe si trattasse di Sirius Black, benché nemmeno lui abbia mai mostrato un comportamento degno di tale nomina. Un lieve sospiro deluso mi sfugge dalle labbra, mentre con le dita mi sistemo la coda di cavallo che mi cola a cascata sulla nuca. È dall'anno scorso che sfoggio questo look, anche se ancora mi rifiuto di approfondire fino in fondo le ragioni che mi spingono ogni giorno ad acconciarmi i capelli in tale modo.
Controllo l'ora una seconda volta e mi rendo conto che mancano davvero pochi minuti prima che la riunione nella carrozza dei prefetti abbia inizio. Saluto frettolosamente le mie compagne e mi avvio verso la locomotiva.
Mentre attraverso il lungo corridoio, sento il treno acquistare velocità; le case fuori dai finestrini sfrecciano via come schegge colorate.
Con passo barcollante e incerto, raggiungo finalmente l'area riservata ai prefetti e ai caposcuola di Hogwarts. Questo vagone appare lievemente diverso dagli altri; invece degli scompartimenti separati, c'è un'unica, grande sala, corredata di tavolini in legno e numerose poltroncine color porpora.
Percepisco alcune voci provenire da un angolo della carrozza, dove alcuni studenti stanno chiacchierando allegramente fra di loro.
Riconosco subito i due caposcuola di Grifondoro, Emmeline Vance ed Edgar Bones, insieme ai due prefetti del sesto anno, Frank Longbottom e Alice Prewett. Con loro c'è un altro ragazzino magrolino, dai capelli castano chiaro. Quando si volta per salutarmi, scopro che si tratta di Remus Lupin.
Un senso di sollievo mi pervade. Lupin si è sempre dimostrato uno studente brillante, dal temperamento pacato e gentile; sono certa che si rivelerà un prefetto responsabile, molto più adatto rispetto ai suoi amici combinaguai.
Mi unisco al capannello dei miei compagni di Casa, salutandoli tutti garbatamente. Frank Longbottom, con cui ho instaurato negli anni una bella e solida amicizia, mi ricambia gioviale, chiedendomi come ho trascorso l'estate.
Nel mentre che racconto a Frank delle mie vacanze, non posso fare a meno di percepire addosso, sulla mia pelle, lo sguardo di Alice Prewett. È uno sguardo sottile, tagliente, seppur in modo quasi impercettibile. Avverto una muta ostilità da parte sua; tuttavia, non riesco a spiegarmene il motivo.
Alice Prewett è conosciuta per essere una ragazza riservata, ma assai dolce, sempre gentile e disponibile con chiunque le rivolga la parola. Eppure, riserva nei miei confronti un atteggiamento differente, più distaccato, freddo. Comincio a credere di esserle antipatica e ciò, naturalmente mi rattrista. Ora che siamo entrambe prefetti di Grifondoro, spero di avere più occasioni di approfondire il nostro rapporto (al momento inesistente) e di capire, così, che cosa di me la infastidisca tanto.
Nel frattempo, la carrozza si riempie dei caposcuola e dei prefetti, vecchi e nuovi, delle altre Case. Riesco riconoscere qualche volto, seppur solo di vista. Sono lieta di non vedere quella smorfiosa di Alya Merope Black tra i prefetti di Serpeverde; al suo posto, è stata scelta Melissa Bulstrode, una ragazza assai più insipida caratterialmente, ma quantomeno tollerabile.
«Bene, dal momento che ci siamo tutti direi che possiamo cominciare!» esordisce Gordon Davis, un ragazzo del settimo anno di Corvonero.
Dopo averci radunato attorno a un unico tavolo, i caposcuola danno inizio alla riunione, spiegando ai nuovi arrivati in cosa consiste la responsabilità di un prefetto.
Innanzitutto, già da stasera, sarà nostro compito accompagnare gli alunni del primo anno ai loro dormitori, una volta che saranno stati smistati nelle rispettive quattro Case di Hogwarts, e dovremo insegnare loro la parola d'ordine per accedere alla relativa sala comune. Sarà premura dei nostri Caposcuola comunicarci tale parola in separata sede, in modo da garantirne la segretezza.
In generale, le mansioni di un prefetto risultano piuttosto semplici. Si tratta perlopiù di pattugliare i corridoi durante le ronde prestabilite, di accertarsi che nessuno si attardi fuori dal proprio dormitorio oltre l'orario del coprifuoco e di punire chi non rispetta le regole.
Mentre ascoltiamo quest'ultima indicazione, percepisco Lupin sospirare desolato accanto a me. Immagino che non sarà facile per lui tener fede a questo ruolo di responsabilità, quando saranno certo i suoi migliori amici a infrangere le norme di Hogwarts almeno un paio di volte al giorno.
Per quanto mi riguarda, non ho intenzione di concedere sconti a nessuno, soprattutto ai Malandrini, considerando quanti punti sono stati sottratti alla Casa di Grifondoro a causa loro. È giunto il momento di rimetterli in riga.
Infine, i caposcuola ci comunicano la data della prossima riunione, durante la quale decideremo insieme come organizzare le ronde.
L'incontro non si protrae per più di un'ora. Rapidamente, ritorno da Marlene, Hestia e Mary che, non appena mi vedono arrivare, cominciano a subissarmi di domande curiose sulla riunione.
«Be', ho conosciuto gli altri prefetti del quinto anno. Siamo due per ogni Casa, un maschio e una femmina.» spiego, mentre mi sistemo nel posto accanto al finestrino. «Evan Rosier e Melissa Bulstrode per i Serpeverde. Micheal Habbott e Wilhelmina Parker per i Tassorosso. Jonathan Byrne e Priscilla Montgomery per i Corvonero. Ah, per i Grifondoro, oltre a me, è stato nominato Remus Lupin.»
«Lupin? Be', ci è andata bene. Lui sembra un tipo a posto, tutto sommato.» commenta Mary, condividendo la mia stessa opinione sul nostro compagno di Casa.
«Ed è anche piuttosto carino.» si aggrega Hestia, arrossendo un poco.
«Mai carino quanto Sirius Black! L'avete visto poco fa, quando è passato a salutarci? Per la barba di Merlino, ha un sorriso che è illegale!» interviene Marlene, con aria sognante.
Hestia e Mary scoppiano a ridere a crepapelle. Io, invece, ammutolisco, colta da un subdolo fastidio che non sono sicura di voler approfondire.
L'idea che Marlene possa essere attratta da Sirius mi turba più di quanto vorrei ammettere.
Senza rendermene conto, i miei occhi si mettono a studiare la figura della mia amica, setacciandone i lineamenti fini che da sempre la caratterizzano. Eppure, quest'anno la bellezza di Marlene sembra essere sbocciata di colpo, in modo a dir poco sorprendente: alta e snella, sfoggia un corpo splendido, adorno di una femminilità armoniosa che io, in confronto, posso solo sognare.
Lunghi boccoli biondi le incorniciano il viso, illuminato dall'azzurro vispo dei suoi occhi, specchi di un'arguzia ironica e intrigante.
Già mi immagino l'effetto che questa nuova Marlene, più adulta, più affascinante, più donna, avrà sui ragazzi della scuola.
E, soprattutto, su Sirius.
Senza volerlo, rabbrividisco, intimorita. Un infido presentimento di pericolo si insinua nei miei pensieri, percependo Marlene, tutt'a un tratto, come una minaccia.
Distolgo rapida lo sguardo dalla mia compagna e lo incollo al finestrino, oltre al quale la verde campagna inglese scorre fluidamente. Mi sforzo di concentrarmi su nient'altro che il paesaggio che sfreccia veloce davanti ai miei occhi, tentando di dipanare i pensieri, di acquietare le infantili preoccupazioni che mi affliggono.
E, in particolar modo, cerco di spingere via, in un angolo lontano, quell'orrendo sentimento che ancora non ho il coraggio di nominare, ma che al contempo mi fa sentire terribilmente meschina.
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