15 - Profumo di vaniglia e novità

Cokeworth, Midlands, Gran Bretagna. Fine luglio 1973.

In piedi dentro alla cabina della doccia, assaporo con piacere il senso di frescura che, insieme al getto d'acqua, mi scivola con dolcezza sulla pelle.

Resto immobile, con gli occhi chiusi, rimandando di qualche istante il fatidico momento in cui dovrò uscire dalla doccia e affrontare così il caldo afoso dell'estate.

Ma la mia volontà viene meno, si sfilaccia nei freddi rivoli d'acqua che accarezzano il mio corpo, e senza che me ne renda conto i secondi si trasformano in minuti.

All'improvviso, tre colpi vigorosi echeggiano per tutto il bagno e in un sussulto riapro gli occhi.

«Lily, te la vuoi dare una mossa per favore!»

Il tono aspro di Petunia penetra perentorio attraverso le pareti, si mescola al rilassante sciabordio dell'acqua che mi cola addosso, riportandomi bruscamente alla realtà.

«Arrivo, Tuney! Solo un momento.» grido con malcelata stizza, mentre chiudo a malincuore il fresco getto della doccia. In fretta e furia, schizzo fuori dalla cabina in vetro, agguanto il primo asciugamano pulito che mi capita sotto mano e me lo stringo addosso al corpo fradicio come un mantello.

Mi friziono energica la pelle e, una volta asciugata, indosso rapidamente i vestiti scelti in precedenza: un paio di lunghi jeans le cui estremità si allargano in un ampio abbraccio all'altezza delle caviglie e una maglietta a righe bianche e nere, alla marinara.

Mi posiziono di fronte allo specchio e comincio a spazzolare i miei folti capelli rossi. Non c'è il tempo per asciugarli con cura, perciò afferro un secondo asciugamano e lo sistemo sulle spalle, cosicché la stoffa della T-shirt non s'infradici.

Per un momento, resto ferma ad osservare con un'attenzione quasi maniacale lo specchio che si allunga al di sopra del lavandino, il quale mi restituisce un'immagine piuttosto nitida di me stessa. In particolare del mio volto, nel cui riflesso scorgo timidi dettagli che promettono cambiamenti, donandomi un ottimismo provvisorio.

La carnagione chiara si spalma liscia come burro sugli zigomi, i quali cominciano a mostrarsi con maggiore sfrontatezza rispetto all'anno scorso, distaccandosi piano piano dall'età infantile. Mi sfioro con dolcezza le guance, tasto cauta il loro primo accenno di femminilità, cui tacitamente aspiro.

Un soffio di vanità mi sfiora i pensieri, i quali, però, s'increspano subito dopo dall'inevitabile paura, frammista a un'impaziente speranza verso il futuro e le prossime esperienze che esso mi riserverà.

Scossa da questa inesplicabile apprensione, mi concentro quindi sui miei occhi che, come verdi fari nella notte, mi regalano un'immediata sensazione di sollievo e sicurezza. Il luccichio che alberga nelle mie iridi smeraldine pare immutato e non posso fare a meno di considerare questa stabilità immensamente rassicurante.

«Lily, allora! Ti sei addormentata nella doccia?» Petunia grida ancora, invocando il proprio turno di entrare in bagno.

Sussulto una seconda volta e riemergo dai miei pensieri assorti, scostando lo sguardo dallo specchio. Solerte esco dalla stanza, cedendo il posto a mia sorella, la quale mi fulmina non appena le appaio davanti, schioccando la lingua con disapprovazione.

«Alla buon'ora!» bofonchia contrariata, mentre si chiude veloce la porta dietro le spalle.

Un lieve sospiro rassegnato mi sfugge dalla bocca, in risposta alla perenne acidità che mia sorella mi riserva. Ormai ho scordato l'ultima volta in cui mi ha rivolto una frase gentile.

Mi avvio di sotto, cercando di non indugiare oltre su quanto Petunia si mostri antipatica nei miei confronti, e trotterello giù, verso la cucina. Non ho ancora varcato la soglia che già avverto il famigliare rumore della mamma che traffica con i fornelli.
Per istinto, arriccio il naso quando l'odore del caffè appena fatto mi invade le narici con la sua pungente prepotenza.

«Buon giorno, tesoro!» mi accoglie la mamma, con un largo sorriso sulle labbra. Quest'ultimo, tuttavia si spegne, la bocca s'incrina in una smorfia di rimprovero materno, non appena i suoi occhi indagatori mi scandagliano il corpo, posandosi infine sui miei capelli ancora gocciolanti.

«Oh, Lily, non dovresti stare coi capelli bagnati. Così ti prenderai un malanno!»

«Tranquilla, mamma. Col caldo che c'è, si asciugheranno in un baleno!» la rassicuro allegra.

Mia madre sospira, scuotendo la testa arresa. Intanto, mi accomodo alla tavola imbandita per la colazione. La sedia di papà è sgombra, della sua presenza non rimangono che gli avanzi del pasto consumato in fretta e furia, insieme a una tazza vuota, un poco sudicia di caffè.

«Papà è già andato al lavoro?» domando, mentre mi verso del latte caldo.

«Sì. È dovuto uscire presto, aveva una riunione importante stamattina.» spiega la mamma, riponendo nel frattempo le stoviglie sporche nel lavello.

Dopodiché, si rimpingua di caffè la sua tazza e si siede a tavola, di fronte a me.
E nel tempo che sorseggia di gusto la sua amara bevanda bruna, io pilucco distratta pezzetti di pane con burro e marmellata, isolandomi dal mondo, immersa nei miei pensieri.

Per quanto mi sforzi di lasciar perdere la questione, la mia mente non può fare a meno di rimuginare su Petunia e sull'antipatico atteggiamento che reitera ogni santo giorno.

Ancora se ne sta rintanata al piano di sopra, in bagno, o forse rinchiusa nella sua camera. Si attarda, temporeggia, tutto pur di prolungare la sua assenza fintanto che in cucina ci sono io. È un giochino infantile, ma ricorrente.

È da quando sono tornata a casa da Hogwarts per le vacanze estive, che mia sorella si ostina a propinarmi questa puerile sceneggiata, cercando qualunque pretesto per evitarmi, limitando i momenti in mia compagnia allo stretto necessario, giusto per non creare dissapori con i nostri genitori.

Dal canto mio, fingo che la cosa non mi interessi. Cerco di non darci troppo peso. Restituisco un'indifferenza posticcia che, in realtà, non mi appartiene. La verità, pura e spietata, è che l'astio di Petunia, insieme all'invidia che esso cela, mi feriscono; è come avere una scheggia conficcata nella carne, impossibile da estrarre, che prolunga nel tempo un'agonia sottile, ma perpetua.

Mia sorella vorrebbe essere una strega, come me. Glielo leggo nei suoi acquosi occhi azzurri, ogni volta che mi sorprende in qualche angolo di casa a studiare passaggi complicati dei miei libri di incantesimi, ripetere sottovoce formule magiche o scrivere lunghi temi su pergamene giallognole.

Nulla che abbia a che vedere con i compiti della sua scuola, intrisi di equazioni di aritmetica, ricerche di geografia e di tutte le altre materie babbane, prive di qualsivoglia elemento magico.

So perfettamente che Petunia getterebbe nel fuoco ogni quaderno, ogni libro in suo possesso pur di barattare i suoi studi con i miei. La sua vita ordinaria con la mia a Hogwarts.

Eppure, da qualche tempo, anch'io mi ritrovo a fare i conti con la stessa infima invidia, mio malgrado. In più occasioni, mi sono sorpresa a desiderare in segreto di vivere un'esistenza più normale, simile a quella che conduce mia sorella. Non che mi entusiasmi l'idea di studiare l'aritmetica, né di approfondire le mie conoscenze sulla geografia. Tuttavia, una piccola parte di me invidia profondamente Petunia e, in particolar modo, quell'aura di solida appartenenza che costantemente la avvolge.

Nel corso della sua permanenza qui a Cokeworth (mentre io mi trovo a miglia e miglia di distanza, in un punto imprecisato della Scozia), Petunia affonda e fortifica le radici della sua esistenza nella quotidianità di questo luogo; al contrario, per quanto mi riguarda, avverto la mia certezza di essere parte concreta di questo mondo, e persino della mia famiglia, sfilacciarsi piano piano, ma in modo inesorabile.

Tentare di convincermi che si tratti soltanto di una mera paranoia è inutile. Da settimane mi accompagna un vago disagio, mentre cresce in me la consapevolezza che mamma e papà mi trattano in modo diverso rispetto a una volta, prima che scoprissero la mia natura di strega. L'iniziale timore che il mio ingresso nel mondo magico avrebbe determinato un inevitabile allontanamento dalla mia famiglia, di colpo mi appare terribilmente reale, un'afflizione pesante come un macigno, che mi grava opprimente in petto. L'avverto intensificarsi giorno dopo giorno, nei piccoli scorci quotidiani che si accumulano tra le mura della mia casa. La percepisco quando noto l'atteggiamento differente che mamma e papà riservano a mia sorella. Lei è la figlia a loro simile, parte del loro stesso mondo e che, quindi, riescono a comprendere senza difficoltà alcuna.

Ma lo stesso non si può dire di me. Il mondo magico nel quale sono entrata a fare parte appare agli occhi dei miei genitori babbani curioso e affascinante, senza dubbio, ma allo stesso tempo incomprensibile. E, per questa ragione, irrimediabilmente distante, inafferrabile.

Perciò, invidio Petunia; invidio il posto sicuro che le è stato destinato in questo mondo in cui entrambe siamo nate, ma dal quale io sono stata allontanata. La mia esistenza, al contrario di quella di mia sorella, viaggerà per sempre lungo il labile confine che separa due realtà distanti, condannata a non sentirmi mai totalmente parte di nessuna delle due.

«Lily, tesoro, c'è qualcosa che non va? Mi sembri piuttosto taciturna stamattina.» la voce cauta di mia madre mi riporta di colpo alla realtà, riscuotendomi dai miei cupi pensieri.

Sollevo d'istinto gli occhi immersi nel mio latte e guardo la mamma in volto. Ha un'espressione preoccupata, i suoi occhi indagatori mi scandagliano con attenzione, alla ricerca di un indizio che le spieghi quale turbamento mi attanagli l'umore. Rapidamente, le rivolgo un sorriso rassicurante, scuotendo energica la testa.

«Nulla d'importante, pensavo ai compiti che devo ancora finire.» mento sbrigativa, «A proposito, tra poco esco. Devo vedermi con Severus per studiare.» aggiungo, ricordandomi tutt'a un tratto dell'appuntamento preso con il mio migliore amico.

Mamma annuisce. Con sollievo, vedo la preoccupazione fluire via dal suo viso, tornando alla sua consueta mitezza.

«D'accordo. Cerca di tornare puntuale per il pranzo.» si raccomanda, con tono pratico.

«Tranquilla, non farò tardi.» prometto, mentre mi alzo da tavola e poso nel lavello il piatto, la tazza e le posate che ho usato per la colazione. Stampo un bacio in guancia alla mamma, e mi reco di corsa in camera mia.

Preparo con cura la borsa per uscire, riempiendola di libri di magia, rotoli di pergamena intonsi, piuma d'oca e boccette per inchiostro ben sigillate. Quest'oggi, io e Severus ci siamo ripromessi di dedicarci a un intenso ripasso di Pozioni, una materia che entrambi amiamo.

Scocco una rapida occhiata alla sveglia che troneggia sul comodino accanto al mio letto e scopro desolata di essere già in ritardo di cinque minuti. Afferro frenetica il resto del materiale che mi serve per lo studio e lo caccio bruscamente in borsa.

Prima di fiondarmi verso la porta, però, non posso fare a meno di agguantare una lunga boccetta in vetro, dalla forma affusolata, la quale campeggia fiera sopra al comodino, tra la lampada e la sveglia.

Si tratta di un regalo da parte di Marlene, un souvenir che lei stessa mi ha spedito a casa, tramite gufo, direttamente da Parigi, dove ha trascorso le vacanze insieme ai genitori. La bottiglietta contiene un'acqua profumata, all'aroma di vaniglia. Marlene mi conosce bene, sa che adoro la vaniglia in ogni sua versione.

Apro la boccetta e mi spruzzo addosso gocce di profumo in grande quantità. In un attimo, vengo avvolta da una fresca fragranza, stillante di dolcezza. Inspiro ed espiro profondamente, ad occhi chiusi, concedendomi un paio d'istanti per assaporarne l'odore confortante.

Infine, inforco la borsa in spalla, esco dalla mia stanza e corro veloce giù per le scale, pronta per uscire ed affrontare i rimbrotti di Severus riguardo il mio ritardo.

***

Quando arrivo al boschetto vicino al fiume, mi compare subito alla vista la figura scarna e scura di Severus. È seduto a terra, con la schiena appoggiata contro il tronco ruvido di un albero. Come sempre, indossa vestiti di seconda mano, dall'aspetto strano, inconsueto. Persino ridicolo, benché non mi sognerei mai di esprimere tale osservazione ad alta voce.

Mi avvicino con premura, ma Severus non si accorge subito del mio arrivo. Il suo naso affonda tra le pagine di un grosso libro, dalla copertina spessa, nera come l'onice, con nessuna scritta incisa, né in rilievo ad annunciarne il titolo. Incuriosita, mi domando di che cosa si tratti. Non ha per nulla l'aria di un manuale scolastico.
A dire il vero, mi suscita una strana sensazione, come una sgradevole inquietudine... Eppure, Severus sembra esserne rapito, i suoi occhi scorrono lungo le righe, divorando le parole con vorace avidità.

Impiega qualche secondo prima di accorgersi della mia presenza. Solo l'improvviso scricchiolio di una foglia secca, inavvertitamente frantumata dal peso dei miei passi, lo distrae dalla lettura. Severus stacca d'istinto gli occhi dalla pagina e li punta su di me. Per un istante, mi pare di vedere una vaga sfumatura di colpevolezza comparire sul volto pallido, come un bambino colto in flagrante durante una marachella. Con gesto brusco, chiude di scatto il libro dalla copertina nera e lo infila velocemente in borsa, quasi volesse nasconderlo alla mia vista.

Sempre più piena di sospetto, sono sul punto di chiedergli che tipo di lettura sia, ma Severus mi anticipa, accogliendomi con un benvenuto tutt'altro che affettuoso:

«Sei in ritardo.»

«Scusami tanto, Sev. Non mi sono accorta dell'ora.» mi giustifico, stringendomi nelle spalle, «È tanto che aspetti?»

«Un po', ma non ha importanza.» replica lui, evasivo. Abbozza un sorriso al mio indirizzo, per farmi capire che è tutto a posto.

Eppure, non mi sfugge la vaga tristezza che alberga nei suoi occhi scuri, densi come l'inchiostro. Probabilmente, Severus deve aver assistito all'ennesimo litigio fra sua madre e suo padre stamattina. Il che spiegherebbe il suo evidente malumore.

Ma se c'è una cosa che Severus detesta è parlare del difficile rapporto che intercorre fra i suoi genitori, perciò taccio e non gli pongo nessuna domanda al riguardo. Decido, inoltre, di soprassedere anche sulla questione di quell'inquietante libro nero che ha nascosto in borsa. Pare proprio essere il momento meno adatto per discuterne, rischierei soltanto di indispettirlo, di acuire il suo già più che evidente malumore.

Mi limito, dunque, a restituirgli un ampio sorriso, dopodiché mi siedo accanto a lui sull'erba fresca, accoccolandomi sotto l'ombra offerta dagli alberi, la quale ci protegge dai roventi raggi del sole.

Un placido silenzio permea nell'aria, interrotto solamente dall'allegro cinguettio degli uccellini che si nascondono in mezzo al groviglio di foglie e rami, e dal rumore fluido del fiume che scorre in lontananza. Amo tanto questo posto, ci trovo sempre una grande pace. E lo stesso deve pensarlo anche Severus. Qui, le astiose urla dei suoi genitori non possono raggiungerlo. Senza volerlo, mi sfugge un sospiro di sconforto, ma fortunatamente il mio amico pare non accorgersene.

«Dunque, da che cosa incominciamo?» domando, concentrandomi sullo scopo principale del nostro incontro di quest'oggi.

«Pensavo di allenarci nel riconoscimento delle piante, che ne dici?» propone Severus.

Per istinto, arriccio la bocca in una smorfia delusa.

«Questo, però, sembra più un ripasso di Erbologia piuttosto che di Pozioni!»

«Guarda che saper riconoscere le erbe magiche giuste da usare è fondamentale per un pozionista!» mi rimbecca Severus, con cipiglio serio. Dal canto mio, non posso fare a meno di roteare gli occhi al cielo.

«Quando parli così sembri proprio un professore!» lo prendo in giro, sghignazzando sotto i baffi.

Severus sbuffa esasperato.

«Dai, Lily! Cerca di prenderla seriamente.»

«D'accordo, d'accordo.» acconsento, conciliante.

Entrambi cominciamo a trafficare all'interno delle nostre borse. Io estraggo il mio manuale scolastico di Pozioni, Severus invece si arma di un libro diverso, sconosciuto, dall'aspetto assai strapazzato. Sulla copertina color salvia troneggia un elegante titolo, scritto a mano: L'Erbario della Strega.

«E quello? Che libro è?» domando incuriosita.

«Un compendio di piante e fiori.» replica Severus, con semplicità.

«E dove l'hai trovato? Non certo nella biblioteca babbana del paese.»

Lo sguardo denso del mio migliore amico si illumina d'un tratto di orgoglio, con le dita accarezza delicatamente la copertina del libro che bivacca sulle sue gambe.

«Me l'ha prestato mia madre, per studiare. Si tratta di una raccolta alquanto completa ed esaustiva di tutte le erbe magiche, utili per creare qualsiasi tipo di pozione. È stata mia nonna a scrivere questo libro, il frutto delle sue ricerche. Pare fosse un'eccellente pozionista. Dopo la sua morte, il libro è divenuto proprietà di mia madre.» spiega colmo di fierezza.

«Oh, Sev, ma è fantastico! Posso vederlo?» chiedo, totalmente affascinata.

Severus annuisce e mi porge il libro. Con garbo, sfoglio le pagine spesse, ingiallite dal tempo. Davanti agli occhi, mi appaiono numerose immagini di erbe e fiori, disegnati sapientemente a mano, con un'incredibile precisione nei dettagli; ciascun disegno è accompagnato da didascalie fitte di parole, in cui vengono riportate le caratteristiche e le proprietà di ogni pianta.

Resto senza parole di fronte all'opera straordinaria redatta dalla nonna di Severus, gli occhi mi si riempiono di meraviglia. Finito di sfogliarlo, con delicatezza richiudo l'erbario e lo restituisco nelle mani del mio amico.

Le due ore successive le passiamo immersi nello studio delle piante. Severus mi mostra svariate immagini di erbe magiche, di cui devo indovinare il nome, le caratteristiche principali e l'utilizzo negli infusi. Sia i pensieri che le parole si imbottiscono d'informazioni e termini erboristici: con sicurezza parlo della menta piperita, ingrediente principale della Pozione Peperina contro il raffreddore; enuncio poi le caratteristiche dell'assenzio, usato nella Pozione Oculus, per contrastare i sintomi della Maledizione della Congiuntivite; delle foglie di valeriana e della bacche di vischio, entrambe utilizzate nella preparazione della Pozione Obliviosa.

Dopodiché, io e il mio amico ci scambiamo i ruoli. Ora tocca a me interrogarlo.

Severus risponde alle mie domande senza alcuna esitazione, citando minuzioso ogni singola proprietà dell'erba, del fiore o della bacca che gli mostro. Parla della lavanda e di come venga impiegata nel Distillato Soporifero, insieme ovviamente alla valeriana; enuncia con precisione gli effetti curativi della mandragola, ma anche i rischi che comporta il maneggiare tale pianta senza le dovute precauzioni. Infine, espone senza dubbi o imprecisioni, le caratteristiche dell'eufrasia e come sia ampiamente utilizzata negli Elisir del Terzo Occhio, un filtro assai in voga fra i maghi che praticano la divinazione.

«Questa qui potrebbe tornarci utile quest'anno.» intervengo tutt'a un tratto, colta da un fulmineo ricordo, «Dall'elenco dei libri da acquistare per Hogwarts, risulta che avremo nuove materie da studiare, tra cui Divinazione.»

Severus scuote la testa con disprezzo.

«Stando a quel che dice mia madre, si tratta soltanto di robaccia astratta, senza capo né coda. Non dovrebbe nemmeno fare parte del programma scolastico, secondo lei. La Divinazione è un'arte fasulla, la preferita dei ciarlatani. È davvero raro imbattersi in un vero Veggente di questi tempi.»

«Se le cose stanno così, mi chiedo che tipo sarà il professore che ce la insegnerà.»

«Un tizio bislacco, di sicuro!» sentenzia Severus, con sdegno.

E così, immersi nella quiete che ci dona il bosco, insieme alla sua lieve brezza e le sue fitte fronde, Severus ed io trascorriamo il resto del tempo che ci rimane prima di dover tornare alle nostre rispettive case, a immaginarci che cosa ci attenderà quest'anno alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, inebriandoci a vicenda del profumo di novità di cui, di colpo, l'aria si pervade.

Nota Autrice:

Questo capitolo, insieme ai prossimi tre o quattro, saranno più che altro una carrellata di riflessioni e di episodi volti a caratterizzare la crescita di Lily, sia a livello psicologico, sia per quanto riguarda il suo graduale ingresso nell'età dell'adolescenza.

Ripeto, come sempre, che sto scrivendo secondo il puro istinto, pertanto ogni vostro commento o impressione sarà preziosissimo/a per me, per capire se sto andando nella direzione giusta (considero questa pubblicazione come una versione beta, sempre pronta ad essere corretta e sistemata).

In ogni caso, vi ringrazio tantissimo per il vostro sostegno, per le letture, le stelline e i commenti! ❤❤

Vi auguro un buon proseguimento^^
~Valentina ❤


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