13 - Lezioni di volo

Hogwarts, 8 settembre 1971.

Quando lunedì mattina io e le mie amiche usciamo dal dormitorio femminile, veniamo subito attirate dal concitato brusio che permea la sala comune di Grifondoro.

Attorno alla bacheca presente nella stanza si è radunato un piccolo capannello di studenti. Ci facciamo spazio tra la folla, sgomitando per avvicinarci il più possibile, in modo da capire che cos'abbia suscitato tanta curiosità. Un nuovo avviso è infatti comparso sul riquadro affisso al muro, rivolto a noi studenti del primo anno, il quale ci comunica che questo mercoledì pomeriggio avranno inizio le lezioni di volo. Una notizia che avrebbe senz'altro riscontrato un maggiore successo se non fosse specificato che, insieme ai Grifondoro, parteciperanno anche i Serpeverde.

Un immediato lamento di protesta si leva dal nugolo dei miei compagni che accerchia la bacheca.

«Che disdetta! Ci tocca un'altra lezione insieme a quel branco di serpi odiose!» commenta cupo un ragazzino dalla faccia paffuta, con tratti simili a quelli di un topo. Se non vado errata, dovrebbe chiamarsi Peter Pettigrew.

«Bene... sarà l'occasione perfetta per far fare loro la figura delle schiappe!» interviene Potter spavaldo, ghignando compiaciuto.

Per un fugace momento, i suoi occhi saettano su di me, scoccandomi un'eloquente occhiata torva; intuisco subito che sta alludendo a Severus. Come sempre, ignoro la velata provocazione e mi volto rapida dall'altra parte, benché una piccola parte di me freme dalla voglia di scagliargli qualcosa addosso. Tutto pur di cancellargli quell'insopportabile sorrisetto arrogante dalla faccia.

Indubbiamente a James Potter piace molto parlare del volo. In più di un'occasione l'ho sentito pavoneggiarsi, autodefinendosi un vero e proprio prodigio nel cavalcare un manico di scopa. Inoltre, è dal suo ingresso a Hogwarts che strepita senza sosta, lamentandosi del fatto che gli studenti del primo anno non possono entrare a far parte della squadra di Quidditch della propria Casa.

Ma non è l'unico a vantarsi: anche Marlene ha più volte affrontato l'argomento, raccontandoci numerosi aneddoti su di lei in groppa a una scopa, intenta a svolazzare per il cortile di casa sua. Stando a quel che dice, pare che suo padre sia stato un abile giocatore di Quidditch in gioventù e Marlene ha tutte le intenzioni di seguirne l'esempio.

Pure Hestia confessa di aver già volato da bambina, riempiendo d'orgoglio la madre strega e terrorizzando il padre babbano a suon di capriole a mezz'aria.

In effetti, ho l'impressione che chiunque provenga da una famiglia di maghi sia un grande appassionato di manici di scopa volanti e, soprattutto, di Quidditch. Da quel che ho capito, si tratta di uno sport molto in voga qui nel mondo magico, una sorta di miscuglio di football, basket e baseball, dove, manco a dirlo, si gioca volando a bordo di una scopa.

Tuttavia, tutto ciò che so sul Quidditch si riduce a niente di più che questa scarna definizione. Non ho mai assistito a una partita, né posso dire di conoscere le regole del gioco. Per non parlare dei manici di scopa i quali, fino a poche settimane fa, ai miei occhi non erano altro che semplici attrezzi per la pulizia della casa.
L'unico utilizzo alternativo che ricordo di aver osservato, nella mia ordinaria vita da Babbana, fu quando mio padre decise di usare una scopa come arma per scacciare un grosso ratto, che aveva avuto la malaugurata idea di intrufolarsi nella nostra cantina. Quel giorno però nulla volò per aria, fatta eccezione degli improperi coloriti di papà contro il povero roditore.

Ancora una volta si risveglia in me la subdola sensazione di essere una specie d'impostore qui a Hogwarts, mentre constato quanto scarse siano le mie conoscenze (ed esperienze) riguardo al mondo magico.
Fortunatamente, pare non sia l'unica a sentirmi così. A giudicare dallo sguardo teso con cui fissa il foglietto affisso in bacheca, intuisco che la mia amica Mary deve essere stata colta dalla mia stessa agitazione. D'altronde, anche lei proviene da una famiglia di Babbani, perciò dubito che abbia mai avuto modo di sentir parlare di Quidditch prima d'ora.

Non che questo mi rincuori, intendiamoci. Tuttavia, mi fa sentire meno sola. Come dire, meno estranea, in mezzo a questo manipolo di ragazzi che si mostrano perfettamente a loro agio a discutere di argomenti, di cui io ancora non riesco a comprendere bene il significato.

***


Alle tre e mezza di mercoledì pomeriggio, il nostro gruppetto di Grifonodoro si incammina per raggiungere la Sala d'Ingresso del castello, alla volta del parco.

Non appena metto piede oltre la soglia del portone di quercia, una brezza frizzantina mi accoglie delicata, carezzandomi con garbo la pelle esposta delle guance. È una bella giornata, l'erba del prato brilla sotto il riverbero dei raggi del sole. Il paesaggio che si estende attorno a Hogwarts si mostra splendido, come sempre.

Io e miei compagni procediamo spediti, scendendo compatti giù per una collina, in direzione opposta alla Foresta Proibita, i cui alberi svettano fitti e imperiosi verso il cielo limpido alle nostre spalle.

Quando finalmente raggiungiamo lo spiazzo adibito per la nostra lezione di volo, notiamo che i Serpeverde sono già arrivati; se ne stanno in piedi, rigidi e impettiti vicino a numerose scope, disposte a terra in tante file ordinate.

Scorgo subito Severus, cereo in volto; probabilmente anche lui, come me, teme di fare una tremenda figuraccia. Da che io ricordi, non l'ho mai visto in groppa a una scopa. Dubito persino che ne abbia mai posseduta una. Se così fosse, me ne avrebbe parlato di sicuro e, forse, me l'avrebbe persino fatta provare.

Quando i nostri sguardi si incrociano, per istinto gli rivolgo un ampio sorriso incoraggiante, che lui però ricambia con estrema esitazione.
In effetti, percepisco un repentino mutamento nell'atmosfera che ci circonda, ora gravida di una densa tensione, carica di un'elettricità tesa, quasi palpabile.

Gli allievi di entrambe le fazioni si scambiano occhiate taglienti, le quali fendono l'aria come pugnali volanti. Sulle facce sia dei Grifondoro che dei Serpeverde alberga il medesimo sdegno. È impossibile comprendere chi provi più disprezzo verso la Casa avversaria.

Di sfuggita, scorgo anche la figura di Alya Merope Black. Non so perché mi ostini tanto ad osservarla, dal momento che la sua sola presenza basta a infastidirmi in un modo che non avevo mai provato prima d'ora. Sarà per quel suo perenne cipiglio snob, fatto sta che proprio non riesco a sopportarla.

La studio da lontano, con una curiosità quasi malsana. Come al solito, ostenta un'espressione dura, imperscrutabile, guarnita da un'immancabile sfumatura di superbia.
Il suo volto trasuda sdegno da tutti i pori. Tuttavia, pare che il disgusto dell'altera Serpeverde sia rivolto più alle scope che giacciono a terra che ai Grifondoro.

Ma prima ancora che io possa formulare vaghe ipotesi al riguardo, finalmente ci raggiunge l'insegnante di volo, Madame Hooch. È una donna piuttosto bassa, coi capelli sale e pepe e gli occhi gialli come quelli di un gatto.

«Allora, cosa state aspettando lì impalati come delle sardine imbalsamate?» ci sbraita addosso, senza badare ai convenevoli, «Prendete posto accanto alle scope, veloci!»

Come la professoressa McGonagall, anche Madame Hooch mi appare subito come un'insegnante assai severa, che non conviene contrariare. Tuttavia, i suoi modi risultano decisamente più bruschi rispetto alla nostra docente di Trasfigurazione. Il suo modo di parlare mi ricorda molto quello di un caporale d'esercito.

Una volta che ognuno di noi si è posizionato accanto al proprio manico di scopa, Madame Hooch dà inizio alla lezione.

«Bene, ora stendete la mano destra sopra la vostra scopa e dite: 'Su!'»

Un coro esitante di 'SU' si leva immediato da entrambi i gruppi di studenti. Tuttavia, sono poche le scope che rispondono al comando. Solo i manici di James Potter, Sirius Black e Marlene saltano subito loro in mano. Tutti gli altri si limitano a rimbalzare o a rotolare sul terreno, compresa la mia.
Alcuni restano persino immobili.

Con una pazienza che non le appartiene, Madame Hooch ci spiega che le scope si comportano come i cavalli, pertanto sono in grado di percepire l'insicurezza nella voce di chi le comanda.

«Pronunciate l'ordine con tono più deciso o le vostre scope non si solleveranno da terra nemmeno di un millimetro!» ci esorta la docente con voce burbera.

Mi ci vogliono ben tre tentativi prima di compiere correttamente l'esercizio. Dopo poco, anche gli altri miei compagni di Grifondoro riescono a domare totalmente i loro manici di scopa.
I Serpeverde, invece, brancolano ancora in acque amare. La scopa di Severus, per esempio, continua a dimenarsi nell'erba in modo convulso, come se fosse imprigionata da corde invisibili. Vedo il volto pallido del mio migliore amico contrarsi in una smorfia frustrata, irrigidendosi sempre ogni secondo che passa.

Anche la superba Alya Merope Black pare trovarsi in serie difficoltà. Per quanto si sforzi, il suo manico di scopa si ostina a non muoversi di una virgola ed io non posso fare a meno che rallegrarmene, provando in segreto un vago senso di trionfo.

«Problemi con la scopa, signorina Black?» domanda Madame Hooch. «Forse, non hai capito bene come si svolge l'esercizio?»

«Ho capito perfettamente, professoressa» replica la Serpeverde, imperturbabile, evitando però di guardare la docente negli occhi.

«Mi sai dire, allora, come mai la tua scopa non si è mossa di un centimetro?» insiste Madame Hooch seria.

Alya Merope Black ammutolisce per qualche istante, la sua espressione si incrina appena, malcelando un certo disagio.

«Io... ehm... non riesco a concentrarmi... Temo di non sentirmi bene...» mormora, con le labbra arricciate per il disappunto.

Madame Hooch la fulmina con evidente disappunto. Come chiunque altro presente in quell'appezzamento d'erba, anche l'insegnante capisce subito che quella non è altro che una scusa.

«Ne sei sicura, signorina Black? A me pare che tu sia in ottima forma...»

«Ho detto che non mi sento bene!» la interrompe all'istante la Serpeverde altezzosa. «Per sicurezza, vorrei andare in infermeria» aggiunge, poi, con tono più garbato.

Nonostante mi trovi piuttosto distante, riesco a udire la conversazione con chiarezza. Allo stesso modo, noto anche come il cipiglio severo dell'insegnante si sia dipinto di sospetto. È chiaro che Madame Hooch non crede a una parola di ciò che Alya Merope Black ha appena affermato sul suo stato di salute. Nessuno dei presenti, in effetti, sembra aver abboccato alla bugia.

La docente dagli occhi felini ammutolisce per qualche secondo, ponderando il modo più corretto con cui affrontare la situazione. Infine, sentenzia con tono brusco:

«D'accordo, ti porto in infermeria. Sarà Madame Pomefrey a dirci quale strano malanno tu ti sia beccata proprio durante la mia lezione!»

Da lontano, vedo il volto già pallido della Black diventare ancora più cereo. Forse, sperava che Madame Hooch non la scortasse. Una ruga sottile appare in mezzo alla fronte della Serpeverde snob. Immagino che la sua mente stia lavorando frenetica per elaborare alla svelta un subdolo stratagemma con cui farla franca. Quanto vorrei avere la stessa capacità della professoressa McGonagall, in questo momento, e poter trasformarmi in un animale. Magari in un piccolo insetto o qualcosa di piccolo, in grado di intrufolarmi di nascosto nell'infermeria della scuola. Così potrei assistere allo spettacolino di quella smorfiosa di una Serpeverde. Sono proprio curiosa di sapere che cosa si inventerà adesso.

«Che nessuno di voi si muova mentre io accompagno la vostra compagna in infermeria» ci ammonisce severa Madame Hooch, rivolgendosi al resto della classe. «Lasciate le scope dove sono o sarete espulsi da Hogwarts prima ancora che abbiate il tempo di dire 'Quidditch'. Forza Black, muoviti!»

Alya Merope Black si avvia quindi, con sguardo serio e cupo, insieme alla docente, la quale continua a squadrarla in tralice.

Non appena svaniscono oltre la collina, un mormorio indignato si solleva dai Grifondoro.

«Te pareva!» sputa Sirius Black acido, «Quando quella stupida di mia sorella non riesce in qualcosa, deve sempre inventarsi di stare male.»

Accanto a lui, James Potter scuote la testa spettinata con veemenza.

«Tipico dei Serpeverde... sono tutti codardi!»

«Chiudi il becco, Potter!» sibila, d'un tratto, Severus.

Per istinto, i miei occhi si incollano su di lui, fissandolo con insistenza. Vorrei dirgli di lasciar perdere, di non dare corda a ciò che dice Potter (il quale, in questo caso, pare non abbia tutti i torti). Tuttavia, Severus mi ignora, continuando a scrutare il Grifondoro occhialuto con astio evidente.

«Oh, non dirmi che il mio commento ti ha offeso, Pivellus!» replica Potter, lezioso. «Lo sai che è la verità. Insomma, guardati... persino la tua scopa ha capito che te la stai facendo sotto dalla paura.»

Gli altri miei compagni di Grifondoro ridacchiano alla battuta, unendosi lui nel prendere in giro Severus. Ma quest'ultimo è troppo concentrato su Potter per prestare loro attenzione.

«Taci! Io non me la faccio sotto. Al massimo sei tu che ti dai tante arie per niente. Si vede che non sei altro che un pallone gonfiato!»

Una strana scintilla balugina negli occhi color nocciola di James Potter. Le lenti dei suoi occhiali brillano al sole, mentre un sorrisetto obliquo gli affiora sulle labbra sottili.

Senza distogliere lo sguardo da Severus, Potter allunga all'improvviso il braccio verso il suo manico di scopa che gli balza immediatamente in mano. Con agile movimento, ci salta in groppa e si libra in volo, leggero come una libellula.

L'aria si riempie dei commenti pieni di ammirazione, sussurrati dai Grifondoro. A quanto pare, James Potter non mentiva: vola proprio bene.
Persino i Serpeverde osservano la scena, incapaci di nascondere un vago stupore nelle loro facce. E questo non fa che accrescere la rabbia di Severus.

«Hai visto, Pivellus? È così che si vola su una scopa. Se tu fossi più gentile, potrei quasi considerare l'idea d'insegnarti come si fa.» sghignazza Potter, volteggiando agile a qualche metro più in alto rispetto alle teste dei Serpeverde.

Una folata di vento improvvisa gli scompiglia i capelli, donandogli un'aria ancora più spavalda.

Severus, da terra, lo fissa livido in volto, visibilmente offeso, come se considerasse quell'abilità innata di volare un affronto personale, a lui diretto.

Senza ragionare, anche Severus afferra con gesto impetuoso la propria scopa e ne inforca il lungo manico di legno.

«Sev, no! Madame Hooch ha detto di non muoverci... così ti caccerai nei guai!» grido per istinto, temendo tutt'a un tratto il ritorno repentino della nostra insegnante.

Per quanto mi riguarda, James Potter può pavoneggiarsi in groppa alla sua scopa quanto gli pare e rischiare così l'espulsione; anche se fa parte della mia stessa Casa, non mi importa. Ma non sopporterei l'idea che il mio migliore amico finisca nei guai per colpa sua.

«Da bravo, Pivellus, da' ascolto alla mammina!» lo punzecchia dispettoso il Grifondoro scarmigliato.

Punto sul vivo, Severus mi scocca un'occhiata tagliente, infiammata, che incenerisce sul nascere ogni mio altro tentativo di protesta, intimandomi di starne fuori. Calcia deciso il suolo e si leva in alto, puntando dritto verso Potter, il quale non ha ancora smesso di ghignare sotto i baffi.

Tuttavia, qualcosa non va secondo i piani di Severus e la situazione gli sfugge di mano.
A meno di due metri da terra, la scopa comincia ad agitarsi, dimenandosi come un animale imbizzarrito. A quanto pare, Severus non possiede la stessa sicurezza di Potter nel volo; l'oggetto deve aver percepito l'indecisione ed ora si ribella al suo controllo.

Il ghigno dapprima soffocato di James Potter si trasforma ora in una fragorosa risata, alla quale si mescolano anche quelle degli altri miei compagni di Grifondoro. Un moto di stizza mi investe quando noto Marlene che quasi soffoca in preda ai suoi stessi singhiozzi, mentre si tiene la pancia con le mani.

Severus tenta in tutti modi di mantenere salda la presa, ma la scopa continua a dibattersi a mezz'aria come un toro inferocito, determinato a disarcionarlo.
Col fiato sospeso, lo osservo oscillare in su e in giù, terreo in volto, ormai del tutto privo di controllo. Lo vedo perdere l'equilibrio, scivolando dal manico finché... SBAM!

Un tonfo secco squarcia l'aria. Severus è disteso a terra, in una posizione scomposta. Preoccupata, faccio il gesto di correre da lui, per accertarmi che non si sia rotto qualcosa. Tuttavia, non ho nemmeno il tempo di compiere un passo che Severus mi fulmina una seconda volta, pietrificandomi sul posto.

I muscoli del suo volto giallognolo si contraggono in una smorfia, causata dal dolore dello schianto, frammisto ad una mal dissimulata frustrazione. Gli occhi neri e sconfitti si levano verso la scopa, solo per vederla volare via lesta, sfrecciare in direzione della Foresta Proibita. In un batter d'occhio è già sparita, inghiottita dall'orizzonte.

Nel frattempo, Potter è tornato a terra, planando con una naturalezza che nessuno adesso osa più dare per scontata. Si avvicina a Severus, guardandolo dall'alto con sufficienza.

«Come vedi il volo non è per tutti, Pivellus» afferma con aria d'importanza, «Perciò, la prossima volta pensaci bene prima di darmi del 'pallone gonfiato'!»

Dopodiché, ritorna trionfante dal suo migliore amico, Sirius Black, che lo accoglie con sonore pacche soddisfatte su una spalla. Molti altri miei compagni lo acclamano come un vincitore, tra cui anche Hestia e Marlene.
Io, invece, non posso fare a meno di scrutarlo inorridita. Il suo atteggiamento da spaccone tracotante mi disgusta. In qualche modo, Potter non mi appare poi così tanto diverso dall'altezzosa sorella gemella del suo amico.

Seppur appartengano a due Case differenti, James Potter e Alya Merope Black sono fatti della stessa pasta; entrambi si comportano come se fossero dei privilegiati, disprezzando e deridendo senza alcuno scrupolo coloro che reputano inferiori.
Mi danno la nausea.

Un sospiro affranto mi esce dalle labbra, mentre il mio sguardo rimbalza dal gruppetto dei Grifondoro a quello dei Serpeverde, velato da una profonda amarezza.

A quanto pare, le due Case rivali sono molto più simili di quanto vogliono credere.

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