12 - Pivellus

Hogwarts, 4 settembre 1971.


La luce del sole s'infrange sulle placide acque del Lago Nero. Il suo riverbero dorato si frantuma in gocce brillanti che sfrigolano allegre sulla vasta distesa azzurra.

È mattino presto e nell'aria aleggia ancora un piacevole aroma di erba umida, stillante di rugiada. Dietro le mie spalle, il colosso dentellato di Hogwarts si staglia imponente verso il cielo limpido.

Seduta sul prato, osservo il lago con aria incantata. Il mio sguardo si smarrisce nel vano tentativo di percorrere per intero i suoi confini infiniti.

Severus è seduto accanto a me, anche lui con gli occhi neri come inchiostro incollati sul paesaggio a noi dinanzi; per un istante, mi sembra di essere tornata a Cokeworth, nel nostro boschetto segreto, dove eravamo soliti confidarci, lontani dal resto del mondo.
È stato lui a chiedermi di passare qualche momento insieme stamattina, per parlare.

Influenzata dalla densa ridda di emozioni che ho provato negli ultimi due giorni, sia la mia testa che il mio corpo faticano ancora a rilassarsi a dovere e, nonostante oggi sia sabato e non siano previste lezioni, ho finito per svegliarmi all'alba. Mi sono sforzata di restare a letto per qualche minuto, nella speranza di riaddormentarmi, ma è stato inutile. Perciò, sono sgusciata fuori dalle coperte scarlatte, mi sono preparata in silenzio, per non svegliare le mie compagne che ancora dormono come ghiri beati, e sono scesa in Sala Grande per la colazione.

È stato lì che ho incontrato Severus, mattiniero e solitario esattamente come me.

Approfittando della quiete sonnacchiosa del castello, dopo mangiato abbiamo vagato insieme per i corridoi deserti, cercando di recuperare un po' del nostro tempo perduto a bisticciare.

Dopodiché, attirati dalla copiosa luce del sole che filtrava dai vetri delle alte finestre, abbiamo deciso di trascorrere qualche momento all'aperto, nel vasto parco della scuola.

È una giornata splendida, luminosa. Traggo un lungo respiro, nutrendo i miei polmoni con l'aria fresca e frizzantina di questo calmo mattino.

«Hogwarts è davvero fantastica!» esclamo di punto in bianco, con il sorriso sulle labbra e gli occhi ancora immersi nello splendore che mi circonda.

«Già...» mi fa eco la voce di Severus.

Tuttavia, mi pare di cogliere una lieve nota di sconforto, la quale mi mette subito in allerta.

«Allora... come ti trovi in Serpeverde?» butto lì con finta casualità.

Severus risponde con un eloquente sospiro amareggiato.

«Non come mi ero immaginato»

E in quel non percepisco chiara la delusione del mio migliore amico.

«Intendi dire che i tuoi nuovi compagni non sono... simpatici?» provo a insistere, tentando di sondare il terreno.

Severus aspetta qualche secondo prima di concedermi una risposta. Il suo sguardo liquido resta immobile e assente, fisso sulla piatta superficie del lago, intento a formulare le giuste parole con cui esprimere le difficili emozioni che sta provando.

«Diciamo che sono un po' scostanti... quantomeno, con me... Pare che molti non abbiano gradito che uno con le mie origini sia stato smistato nella Casa del nobile Salazar Serpeverde.» enuncia, infine, mentre le sue labbra si incurvano in un sorriso triste, privo di allegria.

«Che significa... uno con le tue origini

«Mi riferisco al fatto che mio padre è un Babbano. Questo ha fatto storcere il naso a parecchi Serpeverde. Per loro, non sono altro che un mezzosangue, un mago dal sangue inquinato, e perciò indegno di appartenere alla loro cerchia. In genere, tutti i Serpeverde provengono da famiglie purosangue, ovvero che hanno mantenuto incontaminato il loro sangue magico.»

Mentre parla, Severus stringe i pugni per la rabbia, i lineamenti del suo volto pallidi si irrigidiscono, contratti in una smorfia da cui traspare tutta la sua frustrazione.

«Mezzosangue... che termine orribile da usare! Suona quasi come un insulto.» commento, con aspra disapprovazione.

«L'obiettivo è proprio quello, Lily... Ai maghi purosangue piace sminuire coloro che non ritengono alla loro altezza.» replica Severus, con voce amara.

Di rimando, scuoto la testa sempre più indignata. Nel frattempo, mi ritornano in mente i discorsi di Marlene sui Serpeverde, riguardo al fatto che non bisogna fidarsi di loro; vengo colta da un'improvvisa apprensione e non posso fare a meno di chiedermi fino a che punto siano radicati nella memoria di Hogwarts questi insulsi pregiudizi sulle sue quattro Case e sulle origini degli studenti che la frequentano.

«Tu, invece, come stai? Mi sembra di notare che ti sei ambientata bene tra i Grifondoro...»

La domanda di Severus mi riscuote dai miei pensieri. Benché fossi momentaneamente distratta, non mi è sfuggita la lieve acidità insita nelle sue parole. È evidente che non ha ancora digerito il fatto che il Cappello Parlante mi abbia mandata in una Casa diversa dalla sua e, per giunta, in Grifondoro.

Tuttavia, non ho voglia di mettermi a discutere ancora sulla questione, perciò fingo di non accorgermi della celata frecciatina di Severus e mi limito a rispondere:

«Io sto bene. Per fortuna, le mie compagne di stanza sono simpatiche» racconto, omettendo di proposito le opinioni di Marlene sui Serpeverde, «Ho fatto amicizia anche con qualche altro studente più grande e, per ora, mi sono sembrati tutti delle persone a posto... Tutti, eccetto Potter e Black...»

«Ah... i due idioti che erano con noi in treno.» commenta Severus, caustico.

«Proprio loro» confermo infastidita, «Non credo di aver mai incontrato qualcuno più arrogante di quei due! A proposito, so che la sorella gemella di Black è con te in Serpeverde... che tipo è?»

«Una snob di prima categoria. In genere, è piuttosto taciturna e riservata, ma si dà comunque un sacco d'importanza. Insopportabile!»

Sorrido fra me e me con amarezza, concordando in pieno con la descrizione fornita da Severus. A quanto pare, la strafottenza è un elemento congenito nei Black.

I minuti trascorrono tranquilli, Severus ed io continuiamo a stare seduti sull'erba fresca, beandoci della luminosa quiete che aleggia su tutto il parco di Hogwarts. I nostri discorsi dirottano su argomenti più leggeri, le parole si riempiono di una spensieratezza rinnovata. Gradualmente, vedo sbiadire persino l'ombra disillusa sul volto di Severus, il quale mi appare di colpo rinfrancato, felice.

Una parte di me si sente dispiaciuta per ciò che il mio migliore amico sta passando con i suoi altezzosi compagni di Serpeverde. Vorrei aiutarlo in qualche modo, sostenerlo.

Assorta nei miei pensieri, lascio che i miei occhi smeraldini vaghino distratti sull'immenso manto verde che si estende di fronte a me. D'un tratto, un candido dettaglio cattura la mia attenzione. È un fiore. Una splendida margherita si manifesta al mio sguardo, riversa a terra, vicino a un cespuglio striminzito a qualche metro di distanza da dove ci troviamo io e Severus. I suoi soffici petali bianchi sono aperti, distesi sull'erba come tante braccia minuscole, pronte ad abbracciare il mondo che le sovrastano.

Non so perché, ma tale immagine mi suscita un improvviso senso di coraggio e di speranza.

Senza ragionarci troppo, estraggo da una delle tasche la mia bacchetta, per poi puntarla verso il niveo fiorellino. La agito dolcemente, mormorando uno degli incantesimi che il professor Flitwick ci ha insegnato a lezione.

«Wingardium Leviosa» pronuncio a bassa voce, roteando con sicurezza il polso.

La margherita si libra piano dal prato e, come una piccola fatina vestita di petali, vola soave al mio indirizzo.
Io la accolgo tendendo una mano aperta. Il bocciolo resta, quindi, a galleggiare a mezz'aria in mezzo al mio palmo, senza però toccarmi la pelle.
I petali sottili ondeggiano febbrili nella brezza mattutina, come i tentacoli di un simpatico polipetto bianco.

Per diversi secondi osservo divertita la margherita e i suoi delicati movimenti, finché non mi rendo conto che anche Severus la sta fissando, di sbieco dall'alto della sua spalla.

«Mi ricorda quando ci siamo conosciuti... anche quel giorno ti eri messa a giocherellare con i fiori...» sussurra il mio amico con vaga malinconia, le ginocchia raccolte al petto, lo sguardo pieno di affetto.

«Mi diverto a farli svolazzare, non posso farne a meno!» ridacchio in risposta.

Con un secondo movimento di bacchetta, il candido bocciolo si libra di nuovo in aria; sotto l'effetto del mio semplice incantesimo improvvisato, fluttua leggiadro in direzione di Severus. Infine, lo lascio cadere sulla sua testa, a mo' di scherzo.

«Oh, Sev, sei troppo buffo così!» esclamo, riempiendo l'aria di una risata cristallina.

Severus inarca un sopracciglio, fingendo di fulminarmi con gli occhi. Sospirando esasperato, raccoglie il fiore appollaiato tra i suoi capelli neri e me lo porge.

«Ecco, tieni! Torna a giocare.» mugugna, con tono un poco scorbutico.

«No, tienilo tu. È un regalo.» rifiuto schiaffeggiando allegramente l'aria, senza smettere di ridere.

Il mio amico mi fissa serio e, per un attimo, immagino di vederlo abbandonare il fiore sul prato. Invece, Severus sposta lo sguardo sul bocciolo nella sua mano e, dopo averlo contemplato con densa intensità per qualche istante, estrae un libro dalla sua borsa e, con calcolata cura, adagia la margherita tra le pagine porose.

Un lieve sorriso mi affiora sulle labbra, intenerita dal riguardo con cui Severus maneggia il bocciolo che gli ho donato, come se si trattasse di un oggetto prezioso.

Nel frattempo, il parco della scuola è diventato di colpo più affollato, le sponde del lago pullulano di drappelli di studenti chiassosi e ridanciani.
In lontananza, scorgo la famigliare figura di Marlene, con la sua inconfondibile capigliatura bionda e i boccoli sinuosi che, a cascata, le ricadono soffici sulle spalle. Attorno a lei gravitano, come satelliti fedeli, Hestia e Mary; persino a quella distanza riesco a percepire i loro sguardi duri, pieni di riprovazione. È evidente che non sono molto entusiaste di vedermi in compagnia di Severus.

Quando Marlene intercetta i miei occhi, inizia a sferzare l'aria con la mano, facendomi segno di raggiungerla.
Mi alzo quindi in piedi, sospirando con vaga rassegnazione. Mi sarebbe piaciuto trascorrere qualche altro minuto insieme a Severus, ma è giunto il momento di andar via.

«Scusami, Sev, ma ora devo andare. Le mie amiche sono là che mi aspettano... Avevo promesso loro che avremmo fatto i compiti insieme...» spiego, quasi giustificandomi.

«Certo, non preoccuparti... Tra l'altro, è meglio che mi avvii anch'io, devo passare in biblioteca.» replica Severus, mal celando una punta di delusione nella voce. Rapidamente, infila il libro dentro la borsa e si alza anche lui in piedi.

Insieme ci incamminiamo, io verso il gruppetto delle mie compagne, Severus in direzione del castello.

«Ci vediamo presto, Sev.» lo saluto, nel momento in cui le nostre strade si dividono.

In risposta, Severus sventola la mano al mio indirizzo, dedicandomi un ultimo, fugace sorriso.
Dopodiché, si avvia rapido verso il portone di quercia, con lo sguardo basso, fisso a terra e le mani strette attorno alla cinghia della borsa.

Per tutto il tempo, lo osservo allontanarsi, finché la sua esile figura non viene totalmente inghiottita dalla maestosa bocca aperta dell'ingresso.

***

Severus avanza spedito lungo l'ampio corridoio del pianterreno.
All'interno, il castello di Hogwarts appare pressoché deserto; è una splendida giornata di sole, perciò la maggior parte degli studenti è impegnata a godersi goliardici momenti all'aria aperta, bivaccando allegramente sull'erba verde brillante del parco.

Severus se ne compiace, segretamente sollevato. È sempre stato un tipo solitario, sin da piccolo; il chiasso e la presenza di troppe persone lo mettono a disagio. Trova assai più rassicurante, per esempio, restare immerso nel denso silenzio che permea tra le pareti che ora lo circondano.

Le sue mani stringono la tracolla della borsa che gli ciondola sul fianco, mentre un lieve sorriso increspa le sue labbra; il ricordo degli istanti appena trascorsi insieme a Lily sulle rive del Lago Nero è ancora impresso nella sua mente, provocandogli un tenero torpore in tutto il corpo e lo spirito. Severus è felice che si siano chiariti e che abbiano fatto pace (o, per meglio dire, che Lily lo abbia perdonato).

Una parte di lui sa perfettamente quanto la loro amicizia rischi di essere malvista dagli altri studenti delle loro rispettive Case. Tuttavia, Severus ha deciso di non lasciarsi più influenzare da certi pregiudizi; Lily è la sua migliore amica, la persona più preziosa della sua vita e non vuole più correre il rischio di perderla.

Inebriato da questa nuova e determinata consapevolezza, Severus incede sicuro verso lo scalone che conduce ai piani superiori del castello. Ed è in quel momento di profonda e solitaria concentrazione che Severus percepisce, all'improvviso, la prepotenza di uno sguardo aggressivo incollato alla sua schiena.

Si gira di scatto, per accertarsi di non essere seguito. Dietro di lui, il corridoio si allunga sgombro, invaso soltanto della luce dorata del sole che penetra attraverso le alte finestre.

Eppure, quel viscido senso di minaccia gli rimane fastidiosamente addosso.

In allerta, Severus muta il passo, colto da un'inspiegabile apprensione. Inizierebbe persino a correre se la parte più scettica di lui non gli suggerisse quanto ridicola apparirebbe una simile reazione.

D'un tratto, un tonfo gli esplode all'altezza dei piedi, la spalla gli diventa all'improvviso più leggera; Severus abbassa lo sguardo e, solo in quel momento, si accorge che la tracolla si è spezzata; la sua borsa giace ora a terra, con le fauci in cuoio spalancate da cui sgusciano libri e fogli in pergamena sparsi, imbrattati di appunti.

Severus si inginocchia subito a raccoglierli, ma qualcosa gli blocca i movimenti, spaventandolo.

«Ma guarda un po' chi c'è... Ehilà Pivellus!» pronuncia da lontano una voce falsamente cordiale; Severus impiega meno di un secondo per capire a chi appartiene.

James Potter.

La figura smilza e spettinata del giovane Grifondoro procede lentamente, puntando verso Severus alla stregua di un predatore a caccia.

Accanto a Potter, c'è anche Sirius Black, il quale avanza con la medesima andatura dell'amico, sfoggiando un sorrisetto obliquo sulla faccia. Quel genere di sorriso che non possiede nulla di rassicurante, ma che, al contrario, preannuncia guai.

Severus non ha bisogno di spremersi a lungo le meningi per intuire che quell'incontro non è casuale. Ed ecco anche spiegarsi da dove proveniva quell'infida sensazione di minaccia che ha avvertito poco prima. Probabilmente, Potter e Black lo stavano inseguendo già da parecchi minuti. E Severus non è certo di volerne scoprire la ragione.

Un brivido fastidioso si inerpica lungo la schiena del gracile Serpeverde; Severus si affretta, quindi, a raccattare il contenuto della sua borsa che si è sparpagliato sul pavimento, ben deciso ad allontanarsi il prima possibile dai due Grifondoro.

«Ehi, lascia che ti aiuti!» esclama Sirius Black con un ghigno tutt'altro che gentile, mentre con una mano impugna la bacchetta, per poi puntarla contro uno dei libri di Severus.

Il volume si solleva rapido da terra, volando in alto, troppo in alto, fin quasi a raggiungere il soffitto.

«Ops! Mi sa che ho esagerato... Non sono ancora molto pratico con gli incantesimi di levitazione...» commenta Sirius, sghignazzando. Qualcosa nel suo tono suggerisce l'evidente intenzionalità di quell'errore.

«Per tutti i Boccini, Sirius! Sei proprio uno zuccone... E ora come facciamo a recuperarlo?» lo rimbrotta Potter bonario, fingendo di ponderare possibili soluzioni.

I due Grifondoro si scambiano una più che eloquente occhiata d'intesa, prima di guardare il loro compagno di Serpeverde con finto rammarico.

Livido di rabbia, Severus balza rapidamente in piedi, con la bacchetta sguainata. Dentro di sé sa quanto una simile reazione sia da considerarsi poco saggia, ma è troppo accecato dell'orgoglio per subire in silenzio quella palese provocazione.

«Lo so che lo avete fatto apposta! Smettetela!» abbaia, facendo saettare la bacchetta prima su Black, poi su Potter.

L'espressione di entrambi s'indurisce all'istante, arricciandosi in una smorfia di falsa offesa.

«Ma come siamo suscettibili! Stiamo cercando semplicemente di aiutarti, non lo vedi?» ribatte Potter, indignato.

«Con quelle tendine unte che gli penzolano davanti agli occhi al posto dei capelli, ne dubito...» ironizza Black, con voce pieno di disprezzo.

James Potter pare apprezzare parecchio l'aspra battutina dell'amico e scoppia in una risata sguaiata, che riempie subito il corridoio nel quale si trovano.

«Hai ragione, Sirius... Questo qui è proprio un Pivellus!»

Sentendosi apostrofare ancora in quel modo, Severus si sente invadere da un'ondata di collera e frustrazione.

«Ridatemi subito il mio libro, stupidi Grifondoro!» ringhia feroce, assottigliando gli occhi in due fessure.

«Stupidi Grifondoro...» ripete piano Potter, schioccando più volte la lingua in segno di disapprovazione.

Nel frattempo, punta in alto la bacchetta e, senza mai distogliere lo sguardo da Severus, mormora un incantesimo sottovoce, che risulta incomprensibile all'udito del Serpeverde.

Il libro precipita rapido a terra. Severus, con occhi avidi, ne segue la traiettoria, in modo da recuperarlo al volo; ma Sirius Black lo anticipa e, con veloce movimento, agguanta il volume per primo, allontanandolo dal legittimo proprietario.

«Che delusione, Pivellus... Credevo ti piacessero i Grifondoro» commenta intanto Potter, mellifluo. «Dopotutto, passi parecchio tempo a chiacchierarci... Con una in particolare, ci hai trascorso tutta la mattina, o sbaglio?»

L'allusione del Grifondoro occhialuto giunge alle orecchie di Severus cristallina come acqua di fonte. È evidente che Potter si sta riferendo a Lily. Né lui né il suo amico Black sembrano gradire il legame d'amicizia tra la rossa Grifondoro e il gracile Serpeverde. A quanto pare, devono considerarlo come un affronto e così, come leoni nella savana, sono scattati subito all'attacco per difendere ciò che ritengono il loro territorio.

Tuttavia, Severus non ha la minima intenzione di lasciarsi intimidire dal loro atteggiamento da spacconi. Non vuole apparire debole o codardo agli occhi di quei due ragazzini arroganti.

In un impeto d'ira, si avventa contro Sirius Black, il quale stringe ancora tra le mani il suo prezioso libro. Lo stesso utilizzato, qualche minuto prima, come scrigno della candida margherita che Lily gli ha donato. Deve recuperarlo immediatamente.

Ma qualcosa nei suoi passi non funziona a dovere. Prima ancora di riuscire a comprenderne la causa, Severus capitombola rovinosamente a terra, ritrovandosi disteso prono sul freddo pavimento.

Scrosci di risate si riversano immediati su di lui, sommergendolo di pura vergogna.

«Ahahahahah, ma guardalo! Non sa nemmeno reggersi in piedi... È davvero un Pivellus!» ride Potter sguaiato, insieme al suo fedele compare.

Quando Severus tenta di rialzarsi, capisce finalmente il motivo della sua misera caduta: i lacci delle scarpe sono stati misteriosamente annodati tra di loro, in un groviglio inestricabile. A quanto pare, Potter deve aver gettato una fattura sulle scarpe di Severus durante un suo momento di distrazione, probabilmente proprio mentre tentava di acchiappare il suo libro in volo.

Severus si sente travolgere da una seconda ondata di rabbia prepotente, frammista a umiliazione, risvegliando in lui un repentino desiderio di rivalsa.

Con occhi iniettati d'odio, Severus setaccia il pavimento attorno a sé, alla disperata ricerca della sua bacchetta. L'orgoglio gli si spezza definitivamente in petto, quando scorge il lungo profilo dell'arma schiacciato inerme sotto il peso del piede di Sirius Black.

«Cercavi forse questa, Pivellus?» ghigna il ragazzino dallo sguardo glaciale, incombendo vittorioso sulla sua vittima. «Se vuoi averla, dovrai dire per favore...»

«Già... È giusto che ti dimostri gentile con tutti i Grifondoro, mio caro Pivellus.» gli fa eco Potter, maligno.

«Maledetti...» sibila Severus a denti stretti, mentre la sua mente si mette a lavoare frenetica, cercando un modo per farla pagare a quei due bulletti da strapazzo.

Ma il suo si rivela presto uno sforzo inutile. Privo di bacchetta e, per di più, riverso a terra con i piedi legati tra di loro, Severus si rende subito conto di non avere il benché minimo vantaggio. La frustrazione diventa sempre più cocente, divorandolo spietata dall'interno.

All'improvviso, un provvidenziale rumore di passi giunge in lontananza, dal fondo del corridoio. Black e Potter, d'un tratto preoccupati, si scambiano una veloce occhiata complice.

Dopodiché, Sirius Black getta rudemente a terra il libro di Severus, mentre con la punta del piede calcia via la sua bacchetta.

Rapidamente, i due Grifondoro assumono un'aria innocente e, con assoluta disinvoltura, si allontanano dalla scena.

«Ci si vede in giro, Pivellus!» si congeda Potter beffardo, prima di dileguarsi insieme al suo amico Black in un'apertura del corridoio, lasciando dietro di sé la figura di Severus accasciata a terra, a combattere contro l'aspra umiliazione subita.

Nota Autrice:

In questo capitolo ho voluto aggiungere anche il punto di vista di Piton (utilizzando la terza persona).
Mi serviva per inserire la scena del primo approccio di bullismo contro Severus da parte di James e di Sirius. Spero di non avervi confuso e che la narrazione sia stata comunque chiara, nonostante il salto di POV.

Ci tengo, inoltre, a specificare che in realtà i personaggi dei Malandrini (Sirius e James, soprattutto) mi sono sempre piaciuti molto. Mi dispiace averli dipinti così antipatici in questo passaggio... Ma credo sia importante descrivere anche i loro lati ombra, per dare rilievo alla loro graduale (e forse anche un po' lenta) evoluzione.

Ad ogni modo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto^^!

Fatemi sapere cosa ne pensate ❤

Alla prossima,
Valentina ❤

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