09 - Lezioni e Pregiudizi

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. 2 settembre 1971

Mi sveglio il mattino seguente, con ancora addosso una trepidante eccitazione. Tuttavia, ci metto un po' prima di decidermi ad aprire gli occhi. Una parte di me resta avvinghiata a un subdolo timore, quello che maligno mi sussurra che il magico castello di Hogwarts non è stato altro che un bel sogno e che tutte le meraviglie che ho ammirato ieri sera, come il lago nero, i piccoli battelli, la Sala Grande con le sue centinaia candele volanti e il Cappello Parlante, svaniranno nel momento esatto in cui mi alzerò dal letto, ritrovandomi di nuovo a Cokeworth, nella mia ordinaria realtà, priva di magia.

Mi rigiro nel letto, aggrappandomi quanto più a lungo possibile alle favolose immagini della scuola e delle sue sontuose sale che ancora volteggiano nella mia mente, cercando di contrastare l'infido scetticismo che da sempre mi perseguita e che tenta di convincermi che nessuno dei miei magici ricordi è reale.

Sono quasi sul punto di cedere alla delusione e allo sconforto, quando, fortunatamente, un flebile chiacchiericcio femminile mi giunge alle orecchie, ridestando una subitanea euforia.

Di scatto, apro gli occhi e sguscio rapida fuori dal letto, scostando da una parte le tende di velluto rosso che mi circondano.

«Buongiorno» mi saluta allegra la ragazzina bionda di nome Marlene. Ha già indosso la divisa scolastica ed ora sta aiutando Mary ad annodarsi al collo un cravattino a righe rosse e oro.

«Buongiorno!» trillo a mia volta, mentre con sguardo vibrante perlustro avidamente il perimetro del dormitorio nel quale mi trovo.

Non è stato un sogno... Hogwarts è reale! esclamo gioiosa dentro di me, tirando un profondo sospiro sollievo.

Rincuorata, mi alzo in piedi e raggiungo le mie due compagne.

«Ecco fatto!» annuncia Marlene, osservando soddisfatta il nodo fatto al cravattino di Mary. Dopodiché, si gira verso di me, rivolgendomi un ampio sorriso:

«Hestia è in bagno a prepararsi, ma non credo tarderà molto a uscire. Lì, su quella sedia, c'è la tua divisa, con già inclusi sia il cravattino sia lo stemma di Grifondoro. Gli elfi devono averli preparati stanotte, subito dopo i risultati dello Smistamento.»

«Gli... elfi?» ripeto confusa.

«Sì, i domestici della scuola.» ribatte la biondina, con pratica disinvoltura.

Ancora perplessa, scocco un'occhiata interrogativa a Mary, la quale reagisce con un'alzata di spalle altrettanto disorientata. A quanto pare, nemmeno lei ha la più pallida idea di che cosa stia parlando la nostra compagna.

Nel frattempo, Hestia esce dal bagno, perciò raccolgo frettolosamente i miei indumenti nuovi fiammanti e mi defilo a prepararmi, cercando intanto di non distrarmi troppo con le fantasie che iniziano inevitabilmente a brulicarmi in testa, riguardo le strane creature che, a quanto sembra, dimorano a Hogwarts.

In meno di mezz'ora, siamo tutte e quattro pronte. Usciamo in gruppo dalla nostra stanza e ci dirigiamo verso la Sala Grande del castello.

Quando varchiamo la soglia, notiamo che il salone è già bello che affollato. Sgomitando tra la fitta folla, riusciamo comunque a prendere posto al tavolo dei Grifondoro. Non facciamo in tempo a sederci che una ragazza di colore, alta e slanciata, ci raggiunge un poco trafelata, sventolando verso di noi alcuni foglietti.

«Primo anno, giusto?» ci domanda, scrutandoci dall'alto, con attenzione. Appuntata sul suo petto, vedo una luccicante spilla a forma di P, uguale a quella che sfoggiava Benjamin Woods ieri sera. Anche lei deve essere un Prefetto, a quanto pare.

«Ecco a voi! Sono gli orari delle lezioni di questa settimana. Lunedì mattina vi consegnerò quelli definitivi.» spiega, allungandoci i biglietti, «Io sono Olivia Clarke e per qualsiasi dubbio o domanda sui corsi potete rivolgervi a me.» conclude, regalandoci un veloce sorriso rassicurante. Poi, si affretta a tornare dai suoi amici, qualche metro più in là.

«Oggi cominciamo con una doppia ora di Trasfigurazione e subito dopo Storia della Magia. Nel pomeriggio, invece, Erbologia... Un inizio interessante, non c'è che dire!» osserva Marlene, mentre affonda il suo naso delicato tra le pieghe del foglietto che Olivia Clarke ci ha appena consegnato.

Se conoscessi meglio Marlene probabilmente direi che le sue parole rasentano la lamentela, come se già sapesse quali sono le materie più noiose e quali le più complesse. Ma ancora non so bene che tipo di ragazza sia, e non riesco a interpretare i suoi toni. Perciò mi limito ad annuire, conservando nel silenzio i reali pensieri che mi brulicano in testa. Ovvero che, per quanto mi riguarda, qualsiasi materia in questa scuola non può che essere interessante.

Dopo colazione, ci apprestiamo ad uscire dalla Sala Grande. Durante il tragitto verso il portone, allungo spesso il collo, gettando occhiate indagatrici al tavolo dei Serpeverde, nella speranza di intravedere Severus. Da quando siamo stati separati dalla Cerimonia dello Smistamento, non abbiamo più avuto modo di parlarci e, al momento, muoio dalla curiosità di sapere cosa ha provato in questa prima notte a Hogwarts.

Purtroppo, però, di lui non c'è traccia. Dispiaciuta, mi affretto a seguire le mie compagne che già si sono tuffate nella ricerca dell'aula della nostra prima lezione. Spero davvero di riuscire a incontrare Severus il prima possibile. È il mio migliore amico e comincio a sentire la sua mancanza.

L'impresa di arrivare puntuale in classe si rivela essere molto più difficile di quanto ci aspettassimo, complice anche il fatto che, in questo castello, tutto pare essere dotato di una propria volontà, persino le scale, le quali, infatti, decidono di cambiare la loro disposizione proprio mentre io, Marlene, Hestia e Mary ci troviamo a metà della rampa, facendoci perdere il nostro già scarso senso dell'orientamento.

Fortunatamente, giunge in nostro soccorso Nick-Quasi-Senza-Testa, il quale, lieto di prestare aiuto agli studenti della sua Casa, ci suggerisce un'utile scorciatoia per l'aula di Trasfigurazione.

Quando entriamo in classe, troviamo la professoressa McGonagall in piedi vicino alla cattedra, con lo stesso cipiglio serio e altero con cui ci ha accolto all'ingresso del castello ieri sera. Intuisco che si tratta di un'insegnante severa, che non conviene contrariare. A ragione, mi incute fin da subito un gran rispetto, causa anche il bel discorsetto che ci propina non appena ci sediamo ai banchi.

«La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che imparerete qui a Hogwarts. Richiede ottime capacità di concentrazione, pertanto chiunque faccia confusione durante le mie lezioni sarà immediatamente spedito fuori dall'aula e non sarà più riammesso. Siete avvisati.» dice, abbracciando la classe con il suo sguardo più eloquente.

Poi, senza alcun preavviso, sfodera una bacchetta da una delle maniche del suo vestito scuro, e la punta verso una panciuta clessidra d'oro che campeggia sulla cattedra. Il suo polso si muove con una rapidità e una sicurezza incredibili e in un attimo la clessidra si trasforma, assumendo le splendide sembianze di un pavone.

Restiamo tutti molto impressionati ed io, come gli altri miei compagni, non vedo l'ora di cimentarmi nel medesimo incantesimo. Tuttavia, mi rendo presto conto che Trasfigurazione è davvero una materia complicata, e che due ore di lezione non sono certo sufficienti per imparare a trasformare un oggetto in un animale. Chissà quanto impiegheremo prima di riuscire a maneggiare certi incantesimi!

Nel frattempo, la professoressa McGonagall dà inizio alla sua lezione, spiegando alla classe una lunga serie di regole complicate. Armata di piuma d'oca e d'inchiostro, cerco di trascrivere ogni parola pronunciata dell'insegnante, riempiendo la bellezza di due rotoli di pergamena. Già al termine della prima ora, mi ritrovo il polso dolorante e indolenzito, a causa della miriade di appunti che ho preso.

Dopodiché, la professoressa McGonagall consegna ad ognuno di noi un fiammifero, esortandoci a provare a trasformarlo in un ago. In un attimo, l'aula si riempie del fruscio collettivo delle nostre bacchette agitate all'aria, frammisto a una serie di formule pronunciate non senza un'evidente nota d'incertezza.

Benché l'esercizio proposto dalla McGonagall sia decisamente più semplice che trasformare una clessidra in un animale, nessuno di noi riesce a completare la trasformazione come richiesto.
Tuttavia, un lieve senso di soddisfazione mi pervade quando noto che la capocchia del mio fiammifero è diventata d'argento e acuminata. Anche la professoressa McGonagall se ne accorge e decide di mostrare il mio fiammero alla classe, complimentandosi per l'ottimo risultato.

Seppur gratificata, avverto un subitaneo bruciore esplodermi prepotente sulle guance; mi sento sempre in imbarazzo quando mi trovo al centro dell'attenzione.

Quando esco dall'aula, al termine della lezione, sono ancora paonazza, tanto che Marlene mi si affianca, ridacchiando.

«Andiamo, Lily... Non ti facevo così timida!»

Non sapendo bene cosa risponderle, mi limito a stringermi nelle spalle.

«Ad ogni modo, quei complimenti te li sei proprio meritati! La McGonagall ha ragione. Trasfigurazione è una materia difficilissima, ma tu te la sei cavata alla grande!» esclama Marlene, con ammirazione.

«Grazie... ma temo sia stata la classica fortuna del principiante.» replico, convinta al cento per cento delle mie parole. Ma Marlene non deve pensarla allo stesso modo, perché la vedo scuotere la testa con divertita esasperazione.

«Tu sei troppo modesta.» commenta, sghignazzando.

Tra una chiacchiera e l'altra, io e le mie compagne raggiungiamo l'aula di Storia della Magia che, purtroppo, si rivela una materia assai più monotona rispetto a Trasfigurazione. Pare essere l'unico corso tenuto da un fantasma, il professor Binns, il quale insegnava la stessa materia anche quando era ancora vivo.

Dopo due interminabili ore, farcite di date e antichi personaggi illustri dai nomi bizzarri, finalmente arriva il momento del pranzo.

Un denso fiume di studenti sfocia all'interno della Sala Grande, per poi sparpagliarsi attorno ai tavoli delle quattro Case. Finalmente intravedo Severus tra la folla; inzio a chiamarlo a gran voce, sbracciandomi per farmi notare, ma pare non accorgersene.
Di nuovo dispiaciuta, mi siedo al tavolo dei Grifondoro insieme alle mie amiche. Esattamente come ieri sera, in un attimo i vassoi che costellano la tavolata si riempiono di cibi squisiti, sui quali mi fiondo affamata.

Tra un boccone e l'altro, lancio ripetute occhiate verso la zona della sala riservata ai Serpeverde, sperando di incrociare lo sguardo di Severus. Ma lui si è seduto in modo da dare le spalle al nostro tavolo, perciò gli è impossibile notarmi. Un'infida vocina inizia a serpeggiarmi nella mente, suggerendo che, forse, tale scelta non sia un caso. Si fa strada in me l'impressione che Severus mi stia ignorando di proposito. Perché poi si comporti in questo modo mi è assolutamente incomprensibile. Con questo atroce dubbio in testa, ora il bisogno di parlargli mi sembra ancora più impellente.

Finito di mangiare, io e le altre ci affrettiamo a uscire dalla Sala Grande per cercare le serre dove si terrà la nostra prossima lezione, Erbologia.
Mentre mi dirigo verso la porta, miei occhi studiano imperterriti i movimenti dei Serpeverde e, in particolare, quelli di Severus.
Poco prima dell'uscita, riesco ad avvicinarmi a lui abbastanza tanto quasi da affiancarlo.

«Sev!»

Lo chiamo con voce vigorosa; stavolta è impossibile che Severus non mi senta. Eppure, lo vedo proseguire dritto per la sua strada, rigido e lievemente ingobbito, con lo sguardo fisso davanti a sé. Mi pare persino che abbia affrettato il passo, sgomitando tra gli studenti per oltrepassare più velocemente la soglia del portone.
Offesa, percepisco la mia bocca contrarsi in una smorfia piena di rabbia e delusione, mentre osservo la figura scura e smilza del mio migliore amico scomparire tra la folla.

Oramai non ho più dubbi: Severus mi sta deliberatamente evitando.
Ma perché?

***

Dopo Erbologia (una materia piuttosto interessante, sebbene non come Trasfigurazione, ma perlomeno molto meno noiosa di Storia della Magia), io, Hestia, Mary e Marlene decidiamo di girovagare un po' per il castello, a mo' di esplorazione. Intanto che vaghiamo senza una meta precisa per i dedali della scuola, ci scambiamo alcune impressioni sulle prime lezioni alle quali abbiamo assistito oggi: Mary si lamenta dei compiti con cui i professori ci hanno riempito sin dal primo giorno, e noi altre non possiamo che essere d'accordo. Già per la prossima settimana dobbiamo consegnare tre lunghi temi, senza contare le esercitazioni pratiche per l'incantesimo di Trasfigurazione che abbiamo osservato stamattina.

A un certo punto, Hestia propone di fare un salto alla biblioteca del terzo piano, in modo da cercare qualche manuale utile per le nostre ricerche scritte.

Mentre saliamo le scale, Marlene mi si affianca.

«C'è qualcosa che non va, Lily? Hai l'aria pensierosa...» mi chiede, vagamente preoccupata.

«No, no... va tutto bene» rispondo laconica, mentendo.

In realtà, ancora ribollo di rabbia per come Severus mi ha trattata in Sala Grande. Durante l'intera lezione in serra, non ho fatto altro che lambiccarmi sui motivi che potrebbero averlo indotto ad evitarmi in quel modo. Ho setacciato minuziosamente i miei ricordi, cercando eventuali frasi o comportamenti che potrebbero averlo offeso. Ma, ovviamente, non mi è venuto in mente nulla di plausibile, dal momento che non ci rivolgiamo la parola da quasi un giorno intero.

Decido, però, di tenere per me questi cupi pensieri. So che Marlene ha buone intenzioni e che cerca solo di essere gentile, ma preferisco risolvere da me la strana situazione che si è creata con Severus. Il mio unico problema, adesso, è trovare il momento giusto per parlargli come si deve.

Io e le mie compagne abbiamo appena imboccato l'ampio corridoio del terzo piano quando, d'un tratto, come in risposta alle mie tacite speranze, vedo emergere dall'ombra in lontananza la gracile sagoma scura di Severus.

«Voi andate pure senza di me. Vi raggiungo fra un minuto.» annuncio all'improvviso alle ragazze, le quali non possono fare a meno di squadrarmi confuse.

Così, ignorando deliberatamente le occhiate interrogative delle mie tre amiche, affretto decisa il passo, marciando dritta verso Severus. Lui non si accorge subito della mia presenza e ciò mi permette di avvicinarmi, senza che mi sfugga come ha fatto dopo pranzo.

«Severus!» lo chiamo quando mi trovo ormai a pochi centimetri alle sue spalle.
La mia voce suona ferma e risoluta, assai più minacciosa di quanto avrei voluto in realtà.

Colto alla sprovvista, Severus arresta di colpo il passo. Lo vedo tentennare, mentre si gira lentamente verso di me.

«Ciao Lily.» replica, con una disinvoltura che mi suona falsa come l'ottone. Tiene in mano un grosso libro, dall'aspetto molto antico e strapazzato, che probabilmente ha appena preso in prestito dalla Biblioteca. Severus se lo stringe al petto, a mo' di scudo protettivo, come se volesse erigere una barriera per difendersi da me.

«Vorrei parlarti... hai un secondo?» chiedo, con un tono che però non sembra affatto una domanda.

«Adesso non posso... Devo correre subito in sala comune... ho un mucchio di cose da fare e...» mugugna Severus, con evidente imbarazzo. Per tutto il tempo, evita accuratamente il mio sguardo, il quale si assottiglia gelido come una lama. Riconosco subito la bugia insita nelle sue parole e ciò mi manda in bestia.

«Perché mi eviti?» sibilo, stizzita.

«Io non ti evito... Te l'ho detto, ho un sacco di cose da sbrigare... sai, i compiti...» farfuglia evasivo. Tuttavia, non mi sfugge l'ombra di colpevolezza che di colpo gli cala sugli occhi neri e liquidi come inchiostro, i quali restano puntati al pavimento, incapaci di sostenere il mio sguardo pieno di delusione e di rimprovero.

«Bugiardo!» esclamo inviperita. La mia voce rimbalza cristallina sui muri in pietra che ci circondano. «È chiaro come il sole che stai cercando scuse per non parlarmi o stare con me. Si può sapere che ti ho fatto?»

«N-nulla. È solo che...»

«È solo che... cosa? Spiegami!» lo incalzo inflessibile.

Severus nel frattempo si è fatto piccolo piccolo, con la testa incassata nelle spalle e il viso in parte coperto dalle ciocche nere e unticce dei suoi capelli, che gli ricadono un po' flosci davanti agli occhi. Ancora evita di guardarmi in faccia e, dal modo con cui mantiene incollato lo sguardo a terra, su un punto non bene indefinito di fronte a sé, intuisco che sta ancora ponderando scuse che possano garantirgli una via d'uscita.

«Dunque, Severus, vuoi spiegarmi una volta per tutte che cosa ti è preso?» insisto, determinata a non lasciargli via di scampo. Non sopporto le bugie e voglio che mi dica la verità.

Alla fine, Severus cede. Messo alle strette, solleva lentamente i suoi occhi neri dal pavimento, puntandomeli addosso come se fossero pistole. Una scintilla di puro risentimento balugina nelle sue dense pupille scure, facendomi raggelare.

«È che tu ora sei una Grifondoro.» mormora velenoso, con una voce che stilla disprezzo e accusa.

«E allora?» chiedo, asciutta.

«E allora?! Io sono un Serpeverde! I Grifondoro e i Serpeverde sono rivali. Da sempre. Lo sanno tutti!» ribatte Severus, parlando come se stesse spiegando qualcosa di assolutamente ovvio e indiscutibile.

Io sgrano gli occhi, con le sopracciglia sempre più inarcate, scrutando il mio amico allibita. È davvero questo il problema? Un'assurda rivalità fra Case?
Un sospiro pieno di amarezza mi sfugge fuori dalle labbra.

«Onestamente, non immaginavo fossi così superficiale. Ti credevo migliore di certi insulsi pregiudizi... Ma a quanto pare mi sbagliavo!» replico gelida, mentre i miei occhi si riducono a due fessure.

Vedo Severus boccheggiare. Apre la bocca per ribattere, ma subito la richiude, senza dire nulla.

«Sai, Sev, a me non importa niente se appartieni a una Casa diversa dalla mia... una Casa rivale, come sostieni tu! Per me, tu sei sempre il mio migliore amico. Speravo fosse lo stesso anche per te, ma è evidente che non è così.» sospiro rassegnata, trafiggendo Severus con un'occhiata profondamente delusa.

Il suo volto giallognolo si contrae, assumendo tutt'a un tratto un'espressione desolata.

«Lily... mi dispiace...» farfuglia, con un filo di voce.

«Risparmia il fiato. Ormai ho capito come stanno le cose. Tornatene pure ai tuoi impegni, prima che qualche Serpeverde ti becchi a parlare con me!» sibilo inflessibile. E senza concedergli il tempo di ribattere, giro i tacchi voltandogli le spalle. Rapidamente mi dirigo verso l'entrata della Biblioteca; il suono risoluto dei miei passi echeggia feroce per tutto il corridoio.

Avvilita e infuriata, mi allontano implacabile da Severus. Le sue parole, piene di disprezzo, che ancora mi rimbombano in testa come spietate cannonate, mi hanno davvero ferita. Serro forte le labbra, tentando d'impedire alla rabbia e all'amarezza, che si dimenano brucianti in me, di manifestarsi e di tramutarsi inesorabilmente in lacrime.

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