08 - Grifondoro
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. 1 settembre 1971.
La Cerimonia dello Smistamento giunge finalmente al termine. Dopo aver arrotolato la pergamena e messo da parte il vecchio Cappello Parlante rattoppato, la professoressa McGonagall raggiunge i suoi colleghi, sedendosi al tavolo degli insegnanti.
La Sala Grande vibra tutta di gran fermento, invasa da un collettivo chiacchiericcio concitato.
Per un momento, i miei occhi si soffermano sul piatto dorato posto davanti a me, desolatamente vuoto. Percepisco il mio stomaco gorgogliare, in segno di protesta; solo adesso mi rendo conto di quanta fame io abbia. Ormai, le deliziose Cioccorane e le Gelatine Tuttigusti + 1, che ho smangiucchiato insieme a Severus sul treno, mi appaiono come un ricordo lontanissimo.
D'un tratto, dal tavolo dei professori emerge la maestosa figura di Albus Silente. Avvolto da una veste sgargiante, di un bel viola acceso, il vecchio Preside si alza in piedi, elargendo all'intera platea un sorriso radioso, come se niente lo rendesse più felice del vedere tutti i suoi alunni riuniti di fronte a lui. Dopo essersi sincerato di aver catturato l'attenzione dei presenti - cosa che gli riesce con estrema facilità, in effetti - il professor Silente rivolge a tutti noi allievi calorose parole di benvenuto; dopodiché, con un sonoro schiocco di dita, dà finalmente inizio al banchetto tanto atteso.
Immediatamente, sui grandi vassoi dorati e scintillanti disposti lungo i tavoli, compaiono dal nulla pietanze di ogni genere. Di fronte a tale magia non posso fare a meno di restare a bocca aperta. Senza indugiare oltre, comincio a riempirmi il piatto con un po' di tutto, curiosa di assaggiare quante più prelibatezze possibili.
«Mmm... quella bistecca ha l'aria di essere davvero gustosa.» dichiara una voce sconosciuta, proveniente da un punto che non riesco bene a identificare. Dal tono, mi pare un po' amareggiata.
Per istinto, sollevo gli occhi all'insù. Trasecolo, allibita. Sopra la mia testa, sta fluttuando la sagoma di un uomo, vestito con abbigliamento medioevale, con tanto di calzamaglia e di gorgiera. L'intero suo corpo è bianco perlaceo, vagamente trasparente. Non impiego molto a capire che si tratta di un vero e proprio fantasma. Per lo stupore, per poco non mi strozzo con un boccone di bistecca, che mi va di traverso.
«Tranquilla, è soltanto Nick-Quasi-Senza-Testa!» mi rassicura Frank con disinvoltura.
«Preferirei che mi chiamaste Sir Nicholas da Mismy-Porpington.» puntualizza offeso lo spettro. Ma la sua richiesta pare non essere minimamente presa in considerazione.
«Perché Nick-Quasi-Senza-Testa? Cosa vuol dire quasi?» chiede, infatti, una ragazzina dai capelli castani, seduta di fronte a me. Anche lei è del primo anno e, da quanto ricordo dalla selezione, credo si chiami Mary.
Sir Nicholas sbuffa stizzito, sebbene mi sembri ormai rassegnato all'idea di assecondare la curiosità dei nuovi studenti che ora lo fissano con indiscreta insistenza.
«Il quasi significa... questo.» replica con tono acido. Nel frattempo, con una mano si afferra l'orecchio sinistro e lo tira nella direzione opposta. Tutta la testa - o, per meglio dire, quasi tutta la testa - gli si stacca dal collo, eccetto che per un esiguo lembo di carne e pelle.
Un brusio pieno di disgusto si diffonde in risposta lungo il tavolo dei Grifondoro, mentre Nick-Quasi-Senza-Testa sghignazza compiaciuto per l'effetto che il suo granguignolesco spettacolino ha sortito ai malcapitati spettatori. Infine, con un rapido movimento, si rimette la testa a posto, dritta sulle spalle.
«Allora... nuovi Grifondoro! Spero che vi impegnerete a farci vincere il Campionato delle Case quest'anno. L'anno scorso, sono stati i Serpeverde ad aggiudicarsi la Coppa e il Barone Sanguinario ancora oggi continua a vantarsene in modo insopportabile! Lui è il fantasma dei Serpeverde, sapete...» si lamenta Nick-Quasi-Senza-Testa, gettando un'allusiva occhiata piena di disappunto al tavolo opposto al nostro, in fondo al salone.
Sopra a una fila di teste di Serpeverde visibilmente impauriti, scorgo un altro fantasma, dall'aspetto macilento, con gli abiti imbrattati di orribili macchie color grigio scuro, che, con orrore, immagino sia sangue.
«Come mai è tutto ricoperto di sangue?» domando inorridita, incapace di tenere a bada la mia curiosità.
«Onestamente, non ho mai osato chiederglielo...» sospira laconico Nick-Quasi-Senza-Testa, prima di profundersi in un cortese inchino e di svolazzare via, verso un altro spettro, a cui porge i suoi rispettosi omaggi.
Quando siamo tutti ormai satolli e con le pance piene, il professor Silente si alza nuovamente in piedi, per riprendere parola.
«Vi prego di avere ancora un attimo di pazienza. Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno.»
Migliaia di occhi, vagamente assonnati, si incollano all'unisono sulla figura maestosa e smagliante del Preside.
«Gli studenti del primo anno devono ricordare che l'accesso alla foresta presente nel parco della scuola è severamente vietato a tutti gli alunni. Inoltre, il signor Filch, il custode del castello, mi ha chiesto di informarvi che è vietato praticare magia per gioco nei corridoi, durante il cambio delle lezioni.»
«Devo anche informarvi che, durante l'estate, è stato introdotto all'interno del nostro parco, un magnifico esemplare di Salice Schiaffeggiante. Si tratta di un albero antico quanto ammirevole. Tuttavia, ho il dovere di sconsigliarvi di godere della sua vicinanza e dell'ombra della sua chioma. Ha un bel caratteraccio e tende ad esprimere le sue emozioni con un certo... zelo.» spiega il professor Silente, abbracciando la Sala Grabde con sguardo eloquente. Un impercettibile sorriso divertito fa capolino in mezzo alla sua folta barba argentata, notando le espressioni perplesse sulle facce degli studenti che lo stanno ascoltando.
«Le prove di Quidditch avranno luogo durante la seconda settimana dell'anno scolastico, pertanto chiunque fosse interessato a giocare nella squadra della propria Casa è pregato di contattare Madame Hooch.»
«Bene. È tutto. E ora, via di corsa ai vostri alloggi. È il momento di andare a dormire.» conclude il professor Silente, con voce allegra.
In men che non si dica, una fitta orda di studenti invade la Sala Grande, accalcandosi al portone. Dal tavolo dei Grifondoro, intanto, emerge la figura di un ragazzo piuttosto basso e tarchiato, ma dall'aria simpatica. Con imperiosi cenni di mano, raduna attorno a sé tutte noi matricole del primo anno, appartenenti alla sua Casa. Man mano che mi avvicino, noto che appuntata sulla nera stoffa della divisa del ragazzo, brilla una spilla d'oro, a forma di P.
«Salve a tutti voi e benvenuti! Il mio nome è Benjamin Wood e sono Prefetto della Casa di Grifondoro.» si presenta gioviale, «Adesso vi prego di restare in gruppo e di seguirmi. Vi accompagnerò ai vostri dormitori.»
Detto questo, Benjamin Wood si avvia con passo deciso verso l'uscita della Sala Grande, aprendosi un varco tra i numerosi drappelli di studenti che ancora si attardano a chiacchierare. Noi Grifondoro del primo anno ci affrettiamo a seguirlo, docili come pulcini, attenti a non perderci nella ressa di gente che ci circonda.
Una volta fuori dal salone, ci ritroviamo nella vasta Sala d'ingresso del castello. Benjamin prosegue senza indugio, puntando dritto verso una grande scala in marmo che ci conduce al piano superiore. Dopo numerosi scalini, inizio a sentire le gambe pesanti come il piombo. Sempre uniti dietro al Prefetto, passiamo attraverso a svariati passaggi nascosti dietro alcuni arazzi appesi alle pareti. Continuiamo a camminare per lunghi minuti, sbadigliando e trascinando i piedi, a causa di una stanchezza sempre più opprimente. Siamo tutti così assonnati che a malapena ci stupiamo dei ritratti che costellano le mura in pietra, i quali bisbigliano e confabulano incuriositi fra di loro al nostro passaggio.
Di tanto in tanto, mi stropiccio meccanicamente gli occhi, i quali mi bruciano per il sonno. Mi sto giusto domandando per quanto tempo ancora Benjamin ha intenzione di farci camminare, quando finalmente annuncia:
«Eccoci arrivati!»
Sollevati, noi del primo anno ci aduniamo attorno al ritratto di una signora molto grassa, affisso all'estremità del corridoio nel quale ci troviamo.
«Parola d'ordine?» chiede la donna dentro al quadro.
«Unus sed leo» risponde pronto Benjamin. Il ritratto si stacca dal muro, come l'anta di una porta, rivelando un'apertura segreta, di forma circolare. In fila indiana, oltrepassiamo lo stretto passaggio, sbucando poi in una stanza ampia e assai accogliente, a pianta rotonda. Qua e là, ci sono varie poltroncine color cremisi, alcune delle quali accerchiano un maestoso camino in pietra. Un allegro fuocherello bivacca al suo interno, accogliendoci col calore delle sue fiamme ballerine.
«Questa è la sala comune di Grifondoro.» annuncia Benjamin, con fierezza. In seguito, ci indica la presenza di due porte: quella a sinistra porta ai dormitori dei ragazzi, mentre quella a destra alle stanze delle ragazze.
A questo punto, il nostro gruppetto si divide, ognuno di noi si dirige in direzione del proprio alloggio. Insieme ad altre tre ragazzine del mio anno, mi accingo a salire una scala a chiocciola - a quanto pare, ci troviamo all'interno di una delle innumerevoli torri che compongono il castello - al termine della quale finalmente vedo aprirsi quella che diventerà la nostra camera.
Esattamente come la sala comune al piano di sotto, anche questa stanza mi appare gradevole e accogliente, con quattro letti a baldacchino, circondati da tende di velluto rosso scuro.
I bauli che abbiamo lasciato sul treno al nostro arrivo, sono già stati portati in camera e sistemati ognuno accanto a un letto.
È chiaro che siamo tutte troppo esauste per parlare, perciò ci affrettiamo ad indossare i nostri pigiami senza proferir parola. Solo dopo esserci infilate sotto le coperte, decidiamo di presentarci.
Scopro quindi con piacere i nomi delle mie compagne di stanza, con cui spero d'instaurare una durevole amicizia: Mary Mcdonald, nonché la ragazzina castana che sedeva di fronte a me durante il banchetto; Marlene McKinnon, bionda e dotata di un'innata sicurezza di sé; infine, Hestia Jones, una morettina dalle guance rosee e paffute, dall'aria timida e gentile.
Così di primo acchito, mi sembrano tutte molto simpatiche e credo proprio che andremo d'accordo. In cuor mio, vorrei porre a ciascuna di loro una miriade di domande, ma la stanchezza me lo impedisce, giungendo rapida a gravarmi sugli occhi.
Benché ogni fibra del mio corpo vibri ancora di tutte le emozioni intense che ho percepito durante questa incredibile giornata, in un attimo, non appena le luci della stanza si spengono, la realtà attorno a me sbiadisce e immediatamente mi addormento, sprofondando felice nel mondo dei sogni.
Nota dell'autrice:
Questo è un capitolo corto e un po' di passaggio, senza particolari pretese, se non quella di evocare le calorose atmosfere di Hogwarts e, più nello specifico, della Torre di Grifondoro :)
Spero vi piaccia^^
Al prossimo aggiornamento ❤
(Che, per questa storia, alla fine ho deciso che saranno di sabato, salvo eventuali imprevisti)
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