La maledizione e la rosa cherokee
La prima cosa che uscì dalla sua bocca, quella mattina, fu un gorgheggio confuso e stonato. Gli occhi ancora chiusi, si agitò su se stesso brontolando infastidito dal rumore circostante.
Chiunque fosse, Stiles continuò a dormire indisturbato. Forse come non aveva mai fatto.
Ciò nonostante, gli sembrò fosse passato pochissimo tempo, forse solo qualche minuto, quando una mano lo toccò e una voce bassa lo chiamava: "Stiles".
Si agitò nuovamente, brontolando mentre il capo gli cadeva a destra e a sinistra. "Papà, smettila di respirarmi addosso. Fa freddo"
"Stiles, svegliati"
Produsse uno sbuffo, strizzò gli occhi ancora chiusi e fece forse la smorfia più capricciosa che il suo viso potesse assumere. "Ma perché sei freddo come la morte, papà?" esclamò, alla fine, aprendo gli occhi e sbattendo dritto in quelli verde di... no, non era proprio lo Sceriffo.
"Derek?" lo chiamò, mettendosi a sedere e ringraziando il cielo che il lupo avesse la prontezza di allontanarsi da lui in tempo per non dare a Stiles motivo di sbattergli contro.
Derek incrociò le braccia al petto e guardò per la stanza di quello scantinato. "Non ti svegliavi più" , ergo si era preoccupato.
Stiles fece mente locale, ricordando come e perché fosse addormentato sul divano della villa degli Hale e, nel medesimo momento, guardò l'orologio del telefono quasi scarico. Sgranò gli occhi e saltò in piedi, cercando la propria roba: chiavi, distintivo, felpa e... cervello.
"Cristo, è tardissimo! Ma quanto diavolo ho dormito?"
Era insolita un'esclamazione di quel tipo, detta da lui, ma Stiles si mosse a destra e a manca cercando di riprendere ogni cosa. Guardò Derek con disappunto, pronto ad andarsene: "Potevi svegliarmi prima!" lo rimproverò.
Quello sbuffò evitando il suo sguardo e a denti stretti: "ho tentato" rispose con stizza.
Stiles sbuffò di nuovo, scompigliandosi i capelli e facendosi strada verso le scale. "Non abbastanza. E ora devo passare a casa, cambiarmi, assumere un quantitativo esagerato di caffè e andare a lavoro e, in tutto questo, farci entrare una pipì e – si annusò – una doccia! Cristo, non ce la farò mai" parlò più a se stesso che all'altro.
"Stiles" lo chiamò Derek con voce atona.
Stiles ringhiò, quasi, fermandosi sui primi scalini e guardando verso il divano.
"Dimentichi le scarpe" gli fece notare Derek.
Stiles si guardò i piedi scalzi e mugugnò insofferente.
D'altronde si era ricordato il cervello, non poteva ricordarsi proprio tutto.
"Questo perché non le ho tolte io. Se fossero rimaste lì dov'erano, a quest'ora sarei già in- oh, ma che parlo a fare con te che vivi praticamente sempre nudo"
Tornò indietro, eludendo la vista dal concentrarsi sul torso nudo di Derek, tutto sudaticcio, che sicuramente stava facendo una pausa – non voluta – dai suoi noiosissimi allenamenti.
Si infilò più in fretta che poteva le scarpe, sapendo già di dover rinunciare sicuramente a un punto della sua lista di cose da fare. Sospirò.
Beh, non è che puzzasse poi così tanto...
***
Le cose erano cambiate e cambiarono in quei giorni prima del plenilunio. Non seppero dirsi quando, ma senz'altro entrambi conobbero come tutto ciò fosse successo.
Non che d'improvviso andassero d'amore e d'accordo o che non ci fossero più conversazioni fredde fatte perlopiù di frecciatine. Non c'erano, se è per questo, nemmeno quelle profonde chiacchierate alla fioca luce di una candela. Nulla di nulla, sotto questo punto di vista, Derek e Stiles erano sempre gli stessi. Però le cose erano cambiate e continuavano a mutare. Per lo più negli atteggiamenti e nelle aperture mentali che entrambi dimostravano nei confronti dell'altro.
Condividere i ricordi, quotidianamente, andava a determinare un legame fra loro non solo di condivisione ma anche di comprensione. Perché Stiles poteva essere un grande idiota, ma non era stupido e passeggiando proprio nella testa di Derek aveva iniziato non solo a scoprire i suoi giorni lontano da Beacon Hills ma anche i suoi modi di ragionare, di pensare e di vivere.
Erano completamente diversi in questo, ma non poi così tanto.
Perché Derek poteva essere un grande ottuso quando si trattava di capire l'iperattività di Stiles, ma osservarlo analizzare i suoi ricordi alla ricerca di anche un piccolissimo dettaglio, gli aveva aperto gli occhi su qualcosa che non aveva mai visto in lui. Stiles era petulante, a volte cocciuto e anche avventato ma aveva cuore nell'interessarsi veramente al bene di chi aveva affianco e, sebbene facesse in modo di non farlo notare, Derek lo sapeva e questo lo faceva sentire... sollevato.
Quando se ne era andato da Beacon Hills era stato facile credere che non ci fosse nessuno per lui lì, che nessuno avrebbe veramente potuto sentire la sua mancanza. Ne era stato convinto dalle situazioni che gli avevano dato non indizi, né prove, ma veri e propri fatti. Ma ora, pensare di doversene andare, vivere da solo, forse per tutta la vita come un lupo, non era una scelta facile. Non con Stiles che si dimostrava così chiaramente interessato a trovare un modo per dargli la seconda opzione, per fargli tenere l'umanità.
Derek, però, non smise mai per un momento di credere che Stiles lo facesse per dovere nei confronti di Scott. Era normale che si dimostrasse suo amico e che spesso fingesse di non essere stanco pur di continuare nella ricerca, pur di continuare ad aiutarlo, perché era nella personalità di Stiles essere così. Ma in uno di quei giorni prima del plenilunio, Derek ebbe un nuovo motivo per dubitarne.
Stiles aveva cominciato un po' alla volta a trasferire libri e ricerche direttamente nello scantinato dove Derek viveva. Senza chiedergli il permesso, così come quando non bussava e se lo ritrovava davanti con un sorriso e una mano alzata a salutarlo, e Derek non aveva fatto alcuna discussione, se questo significava non vederlo guizzare via subito dopo il momento di condivisione dei ricordi, come invece faceva Scott. E non perché li volesse lì, ma perché mandarlo via nelle condizioni in cui stava lo riteneva troppo pericoloso. Così, dopo aver cercato in un altro paio di ricordi, Scott li lasciava con la scusa del figlio, Derek iniziava a fare i suoi allenamenti, oppure accendeva la televisione e Stiles apriva uno dei suoi libri e leggeva seduto sul divano, commentando di tanto in tanto per destare l'attenzione del lupo.
Quel giorno Stiles disse semplicemente un "wow", emanando un odore nuovo che insospettì e, sì, va bene, incuriosì talmente tanto Derek da non solo fargli alzare il sopracciglio nell'ennesima espressione accigliata, ma anche "Trovato qualcosa?" domandare ad alta voce.
Questo sorprese entrambi. Gli occhi di Stiles si alzarono dal libro con ancora un bagliore di quel sorriso dolce e Derek smise di fare le proprie flessioni per guardarlo aspettandosi una risposta.
Stiles si scrollò di dosso quell'odore e fece semplicemente spallucce. "Sto- sto da parecchio tempo leggendo roba di botanica e... non immaginerai nemmeno quanti tipi di rose esistono in natura. È un casino! Lo sapevi che le rose, quelle che siamo abituati a vedere e a comprare dal fioraio, sono... artificiali? Nel senso, le abbiamo trattate e combinate per farle diventare così perfette. Le vere rose, quelle selvatiche, sono un fiore completamente diverso."
Derek annuì semplicemente, tornando a compiere il suo allenamento senza aggiungere altro. Ma Stiles non sembrava aver finito.
"Insomma, questo per dirti che una rosa di quest'ultime, di quelle selvatiche per intenderci, viene chiamata rosa cherokee per una leggenda che riguarda il periodo in cui gli americani cacciarono via gli indiani dalle loro terre. È molto triste, in realtà, ma il significato della rosa mi ha...ehm, sì, commosso".
Derek sbuffò un sorriso divertito e "Leggimela" lo esortò. Stiles lo guardò con piglio.
"Cos'è? Mi stai sfidando a far commuovere il lupo musone?" lo prese in giro.
Derek lo ignorò in silenzio, un'altra esortazione a continuare ciò che lo aveva condotto a parlare la prima volta. Alla terza, avrebbe direttamente ringhiato. E Stiles lo sapeva, così abbassò il viso con un sorriso sghembo e guardando veloce la pagina, da destra a sinistra, ricercò l'inizio del paragrafo in cui cominciare a leggere.
«Lungo quello che fu chiamato il "Sentiero delle lacrime" dove i soldati americani deportarono gli indiani per trasferirli dalle loro terre nel sud est degli Stati Uniti, nacque la leggenda delle rose cherokee.
Il sentiero fu chiamato così per via delle lacrime che le madri indiane versarono per i loro figli, molti dei quali morirono durante il tragitto, a causa dell'assideramento, della fame e delle malattie.
Così, gli anziani pregarono affinché il cielo inviasse loro un segno di conforto in grado di dare coraggio, forza e speranza a quella madri, distrutte dal dolore.
Il giorno dopo, proprio lungo quel sentiero, comparvero le rose cherokee, nei punti in cui erano cadute le lacrime delle madri indiane.
Quelle rose cherokee (il cui nome deriva proprio dalla tribù Cherokee degli Indiani d'America) hanno petali bianchi in ricordo delle lacrime di quelle donne, le foglie sono tante quanti i clan della tribù dei Cherokee e il centro del fiore è di color oro come lo stesso oro che gli americani sottrassero a quella tribù».*
Derek si rese conto di essersi fermato nuovamente ad ascoltare la voce di Stiles raccontargli di quella leggenda. Capì l'emozione che aveva annusato precedentemente, ma non solo, perché comprese anche i motivi per cui l'aveva provata. Stiles alzò gli occhi per incontrare i suoi e gli sorrise, ancora una volta dolcemente.
In quei giorni di ricerca c'erano stati molti momenti di sconforto. Andare di ricordo in ricordo a ritroso nel tempo spesso gli aveva facilmente fatto esaurire la pazienza di agire con calma e pacatezza. Per questo, spesso, si ritrovavano a discutere e a comportarsi come era norma che facessero quando si ritrovavano ad interagire fra loro.
Quella storia parlava di speranza anche in un momento in cui non vi era nulla su cui tentare di sperare; e il solo leggere di quella leggenda e di quella rosa selvatica spuntata per le lacrime di molte madri, funzionava a provare un'emozione, quell'emozione che provava Stiles.
Funzionò anche in Derek che annuì, ritornando a fare le proprie flessioni.
"Non mi hai commosso" gli disse. Stiles ridacchiò.
"Questo perché sei un caso clinico: emotivamente costipato, non c'è rimedio! Anche se lo so che hai provato qualcosa. Lo so." Ripeté indicandosi una tempia con l'indice, a indicare la loro connessione. "Solo che non vuoi darmi la soddisfazione, lupo malefico" continuò, facendo una smorfia.
Derek finse di ignorarlo, ma tra una flessione e l'altra si lasciò scappare un sorriso divertito.
***
Quando Stiles e Scott arrivarono alla villa, Derek camminava distrattamente per l'ampio scantinato con passo chiaramente elucubrante. Sembrava avesse appena avuto un'idea ma non sapesse decidersi sul da farsi.
Stiles rimase a guardarlo per più tempo, rispetto a Scott che passava a esaminare l'uno e l'altro con occhi spaesati. Questo perché solitamente era Stiles ad intervenire e a chiedere, anche senza un minimo di tatto e con una punta di sarcasmo. Ma Stiles era più vicino a comprenderlo mentalmente di quanto fosse Scott, perciò fu quest'ultimo a domandare: "Derek, tutto bene?"
Solo in quel momento, il lupo li degnò della sua attenzione. Incrociò soltanto gli occhi d'ambra di Stiles e titubò assieme a tutta la sua sicurezza.
Stiles sgranò appena gli occhi. E poi gli si avvicinò velocemente.
"Cosa hai ricordato?" gli chiese, ignorando l'ancora più evidente confusione dell'Alpha.
Derek abbassò gli occhi e riprese a camminare soltanto per evitare la vicinanza con l'umano. "Non so se fosse un ricordo" disse. Poi si fermò per fronteggiare nuovamente Stiles, ma quando parlò deviò sugli occhi di Scott, come se dirlo a lui fosse più semplice.
"Ho fatto un sogno stanotte. Non era solo un sogno, è successo davvero ma... non è così importante quello che ho sognato, piuttosto è come se- sentissi che c'è di più, che è un altro di quei ricordi annebbiati e se sento che è così possiamo provare- tentare", vedere Derek così titubante e incerto fu una novità, ma Stiles era nuovamente eccitato all'idea di avere qualcosa per le mani che ignorò questi dettagli e gli fu subito accanto per stringergli una spalla.
"Facciamolo" esclamò tirando fuori la fialetta che era solito ormai ingurgitare prima di quei momenti.
Nemmeno Scott, quella mattina, trovò una scusa. Perché era il giorno prima del plenilunio e sapevano tutti e tre che, ormai, non avevano più tempo e che, probabilmente, se non avessero scoperto cosa fosse capitato a Derek il più in fretta possibile, non solo Derek avrebbe rischiato di rimanere un lupo mannaro per sempre ma anche Beacon Hills sarebbe stata nuovamente in pericolo.
Derek, in un sospiro, annuì. Sembrava veramente combattuto.
***
Stiles si ritrovò ad un piano esageratamente alto, quando guardò giù dalla ringhiera. Non erano mai andati così lontano ed ebbe le vertigini nonostante sapesse che pur cadendo da un'altezza così incredibilmente inquietante non si sarebbe fatto nulla, visto che tutto ciò accadeva nella mente di Derek.
Si sentì comunque agitato quando guardò la porta dalla parte opposta. L'aveva provata tutte le volte la sensazione di star finalmente per acciuffare ogni risposta ai loro mille quesiti ma quel giorno, gli calò addosso anche una strana sensazione simile all'agitazione.
Questo perché i passi si erano ridotti ed era di fronte alla porta, pensando finalmente al modo titubante con cui Derek gli aveva parlato di ciò che gli era successo.
Era certo, che qualunque cosa avesse trovato lì dentro, avrebbe totalmente cambiato il modo di guardare Derek. Più di quanto già fosse successo fino a quel momento.
La prima cosa che Stiles tentò di fare, quando si ritrovò in quel pub, fu di scoprire in che giorno e quale anno fossero, ma non trovò nulla, né un giornale dal quale sbirciare né una televisione o una radio dove poter ascoltare il notiziario.
Il locale, notturno, era buio e solitario e da questa essenziale descrizione doveva essere il locale preferito di Derek.
Lo trovò al bancone, con una birra davanti a sé che sia lui, sia Stiles sapevano non gli avrebbe fatto nulla. Essere un licantropo, incredibile ma vero, aveva anche i suoi svantaggi.
Gli si poggiò accanto, per guardarlo e trarre dal suo viso quanto fossero andati indietro nel tempo.
Sembrava stanco, anzi, no. Era triste. O meglio ancora, senza speranza. Guardava la bottiglia di vetro con aria abbattuta, come se avesse appena realizzato di aver perso tanto e di non poter più rimediare.
Senza speranza. Senza più tempo.
Non seppe quanto tempo rimase a guardare la linea grave dei suoi tratti malinconici, o quanto perdurò con i suoi occhi in quelli verdi dell'altro che poteva scorgere qualsiasi emozione anche soltanto di profilo. Ma si ridestò quando una donna li affiancò, dalla parte opposta rispetto a dove si trovava Stiles, sedendosi accanto a Derek e guardandolo con un sorrisetto enigmatico e piuttosto inopportuno, visto che apparentemente apparteneva ad un estranea.
Derek non sembrò nemmeno notarla, né udirla quando questa chiese al barista una birra per lei e un'altra per l'uomo al suo fianco.
Stiles si accigliò osservando Derek che, dopo un momento, sembrò destarsi notando cosa stava accadendo.
"Non ho ancora finito la mia" le disse lui. La donna sorrise ancora più ampiamente.
"Hai la faccia di chi dopo aver finito quella, avrà bisogno di una seconda" replicò lei. Stiles tirò gli occhi al soffitto e "peccato che a lui non facciano alcun effetto" replicò, pur sapendo che questa volta, se fosse stato ignorato, non sarebbe stata per la sua battuta inopportuna.
Derek annuì placidamente e tracannò d'un fiato tutto ciò che rimaneva dentro quella bottiglia di vetro e la donna sembrò soddisfatta di aver avuto ragione.
Fu Derek a parlare di nuovo. "Lei non ha la faccia di una donna che beve birra" le disse.
Stiles lo guardò sbalordito e con piglio. Stava... flirtando con lei?
"Il tuo deve essere un fetish, amico, se non sono misteriose e non puzzano di pericolo non ti interessano proprio. Affascinanti, certo, ma questi sono gusti personali" commentò Stiles con una punta di... cosa? Gelosia? No, no, solo puro sarcasmo. Sempre e univocamente quello poteva essere.
I due continuarono a ignorarlo, ovviamente, scambiando un altro paio di battute di circostanza fino a quando la donna non assaggiò la birra e non la mise da parte con una smorfia risoluta che fece sorridere appena il lupo accanto a Stiles.
"Carl, puoi dare alla signora un... Martini?" disse Derek. Stiles sbuffò guardandosi attorno piuttosto seccato.
"Andiamo, Derek, mi hai fatto venire fin qui per mostrarmi una tua conquista? I tuoi sogni erotici mi interessano ben poco" brontolò.
Quando la donna bevve finalmente il suo cocktail ringraziò Derek cercando di strappare da quell'uomo di poche parole un nome, ma non ci riuscì. E fu a quel punto che accadde, prendendo alla sprovvista Stiles che tentava a tutti i costi di ignorarli e che aveva decisamente abbassato la propria attenzione ai dettagli per capire cosa realmente stesse succedendo in quel momento.
La donna toccò Derek afferrandogli un braccio mentre i suoi occhi si fecero affilati come quelli di un gatto. Derek non sembrò neppure rendersi conto di quel gesto e per un attimo Stiles pensò che fosse perché effettivamente, da quel momento in poi, Derek non era stato più realmente cosciente di ciò che gli stesse accadendo.
Ma ora c'era Stiles lì e attraverso di lui, entrambi scoprirono quel ricordo che Derek aveva avuto incompleto fino a quel momento.
Prima di ascoltarla parlare, Stiles si rese conto che tutto intorno a loro sembrò essersi fermato. Il barista con un bicchiere in mano e uno straccio con cui lo stava asciugando velocemente, gli uomini vicino al biliardo concentrati mentre uno di loro tentava di mandare in buca la palla nera, l'ultima.
Vide anche la televisione, sopra la testa del barista, finalmente accesa ma bloccata in un fermo immagine, ma la ignorò attratto dalle parole della donna che finalmente iniziò a dire qualcosa.
"Non ho bisogno del tuo nome, mi sembrava carino chiedertelo anche se già lo conosco. Non sarei qui se non lo sapessi. Non sarei qui, in effetti, se non me lo avessi già detto in un altro momento. Derek.
E so anche che sei un licantropo. E una volta sei stato un Alpha. Ora non lo sei più, ma non perché hai perso il tuo branco. No... Hai perso tante persone, sì, ma... Lo hai superato. La tua famiglia, il tuo primo amore, i tuoi Beta... Sì, lo hai accettato. E questo ti rende ciò che sei. Ma allora perché sei qui? Perché mi hai chiamato? Lo so che non lo hai fatto intenzionalmente, ma sono qui. Per te. Ecco, quello che sei diventato non era previsto. Sei un nomade, ora, in cerca di una casa ma tu l'hai già trovata. Hai già conosciuto l'amore, eppure te ne sei tirato fuori e continui a farlo. E non sto parlando di quell'amore che ti ha spezzato, no, anche quello fa parte di ciò che hai risolto. Io parlo dell'amore che ti ha salvato. Quello di ora, quello che hai dimenticato e che da pochi giorni hai ricordato. Potevi non saperlo fino a qualche mese fa, a chiunque si può dare il beneficio del dubbio, ma tu ora ne hai la certezza. E ancora decidi di vagare.
Dimmi, perché gli hai voltato le spalle? Perché non lo hai... Oh. Capisco. Sai la tua anima mi parla. Dice tante cose, ma tu sei sordo e non vuoi sentirla. D'altronde se fosse tutto così facile, nessuno soffrirebbe più le pene dell'inferno per... Amore".
Stiles tentava a tutti i costi di starle dietro, di capire ogni suo parola tentando di collegarla a qualcosa che anche lui conoscesse. Ma parlava di Derek e in fondo, lui, non lo conosceva ancora così bene, così in profondità. Si mise sulla difensiva, pensando di essere in grado di proteggerlo qualunque cosa fosse successa da lì a pochi attimi. Poi sgranò gli occhi, associando quella voce agli stessi sussurri che aveva udito fuoriuscire dalla rosa.
Era lei.
Era quella donna ad aver maledetto Derek.
Stiles la fissò, tentando di capire cosa fosse. Ma la vide semplicemente sorridere con enigmaticità mentre fissava impunemente Derek. Lei annuì, dopo una pausa di qualche secondo, spesa a studiarlo come fosse un libro. Infine, riprese a parlare: "Bene, ho deciso. Sì. D'altronde se sono qui, un motivo ci sarà. Ma è la prima volta che mi capita una persona come te. Sono abituata agli arroganti, non ai masochisti o peggio ancora agli altruisti. In questo caso non potrei fare nulla, ma tu stai sbagliando di grosso. Oh, altroché se lo stai facendo. Quindi, ho deciso".
Il cuore di Stiles iniziò a battere fin troppo velocemente, incapace di fare qualcosa perché in fin dei conti cosa poteva fare, se tutto quello era solo un ricordo?
Era già successo. E il cuore cavalcò ancora più follemente alla consapevolezza di essere impossibilitato a fare qualsiasi tipo di cosa.
"Tu non ricorderai nulla, perché non sei il solo a cui dovrò pensare. Andiamo per gradi.
Ecco cosa succederà, ascoltatemi bene tutti e due:"
Ecco, quello fu strano. Ma Stiles fece come ella disse, come se effettivamente si stesse riferendo anche a lui.
"Tu, Derek, tornerai a casa. Non ora, ma quando sarà il momento giusto. Lo capirai. E la persona che ti aiuterà a venire a capo dello spiacevole inconveniente in cui ti caccerai sarà l'unica a capire come la pensi in determinate... Situazioni.
Come ad esempio, che lasceresti la persona che ami soltanto perché sei convinto che sia più giusto così, anche a costo di rendere infelici entrambi". Stiles già sapeva tutto questo. Era la prima nozione basilare che si conosceva una volta venuto a contatto con Derek Hale. Respingeva tutti, soprattutto gli affetti, come se intuisse da solo di essere una calamità per l'infelicità e fosse condannato per sempre a una vita in solitudine, soltanto per non dover affliggere della stessa condanna la malcapitata al suo fianco.
"La persona che ti aiuterà e che ascolterà queste mie parole, ti farà ricordare di questo momento" disse la donna, che per un attimo sembrò guardare proprio oltre Derek e verso Stiles, il quale si agitò al solo sospetto che fosse così: "Dovrà conoscerti davvero e lo farà camminando tra i tuoi ricordi come ha fatto finora per trovarmi, perché dovrà trovare la persona a cui tu hai rinunciato nonostante, beh, lo posso rendere ufficiale? Beh, nonostante quella persona sia diventata veramente importante. Ma non solo per te, quanto per il lupo che ti porti dentro. La persona che mi sta ascoltando sa cosa significa e sa che quella è l'unica prova essenziale per venire a capo della mia maledizione".
Aveva detto troppe cose. Come il fatto che fosse già scritto che Stiles avrebbe deciso di entrare nei ricordi di Derek per trovare quella donna; poi aveva parlato di un persona speciale, che Stiles mise nella lista di cose da chiedere a Derek e di cui, sicuramente, avrebbe fatto fatica a ricevere una risposta esaustiva; e, infine, quella parola che rendeva ogni ipotesi una certezza.
Fino a quel momento non lo era stata, benché non vi erano poi molti dubbi che non lo fosse. Maledizione.
Renderla effettivamente ciò che era, rese tutto ancora più difficile.
La donna tornò a parlare con il lupo: "Derek Hale, mi dispiace, ma non c'è modo peggiore di vivere se non nel modo in cui hai deciso di farlo, decidendo giorno dopo giorno di svuotare il tuo cuore dell'amore che provi. E mi dispiace contraddirti, ma questa volta non è un amore che ti distruggerà. Perché ti ha salvato fin dalla prima volta. E, no, non puoi fartene una colpa se è successo quello che è successo, perché non è dipeso da te."
La donna fece una pausa, come se desse del tempo a Derek di elaborare quelle parole che, però, anche lei sapeva con certezza, stesse ascoltando per la prima volta solo in quel momento, assieme a Stiles.
"Vieni a patti con te stesso e sii un lupo. Un lupo, già, altrimenti questo diventerai irrevocabilmente se non ti decidi a guardare in faccia alla realtà" Concluse, poi guardò Stiles e non ci furono più dubbi che lei non sapesse che fosse lì. "A te, guida, buona fortuna. Capisco che non sarà gradevole avere a che fare con questo lupo scorbutico ma... in qualche modo ne varrà la pena. È una maledizione, perché le ho sempre chiamate così, ma questa volta ha più le fattezze di una benedizione. Sfruttatela" esclamò compiaciuta la donna, mettendosi in piedi, con un ghigno stampato in viso. Sembrava divertirsi di tutta quella situazione. Stiles rabbridì, incapace di agire e fare qualcosa. Era tremendo.
Il tempo tornò a scorrere e Stiles pensò, con pena, che avesse ancora bisogno di capire di più, come se tutto ciò che aveva ascoltato fino ad ora non fosse abbastanza. Si alzò, ma quando tentò di rimediare, cercando un appiglio per fermare quel ricordo, andò a sbattere contro il nulla. Non poteva agire, né ottenere l'attenzione di nessuno.
Il notiziario alla televisione attirò la sua attenzione, mentre Derek guardava la donna con aria confusa, forse percependo nell'aria la sensazione che qualcosa non andasse regolarmente.
La donna tornò a parlare e la sua voce sembrò differente, più umana e meno echeggiante: "Grazie per il drink" gli disse.
Derek annuì.
"E per la buona compagnia"
"Le ho risposto a stento..." ribatté lui, con uno strano tono interrogativo. La donna pagò e gli fece un sorriso.
"Eppure è come se avessimo chiacchierato a lungo, buona serata Derek" e prima che Derek potesse accorgersi che era stato chiamato proprio col nome che lui non gli aveva riferito, il ricordo terminò e Stiles fu trascinato di nuovo alla realtà con una data impressa nella mente, ora che i suoi occhi l'avevano letta sullo schermo, in basso, nella striscia delle comunicazioni urgenti.
Quando urlò di dolore, non lo fece soltanto per gli artigli intrappolati nella sua nuca che stavano piano scivolandogli via.
***
Rimase agghiacciato sul divano, mentre Scott cercava risposte che Derek, schivo più del solito, gli concedeva a tratti. Si sentiva osservato, Stiles, dagli occhi verdi di Derek e, di tanto in tanto, da quelli di Scott che lo fissavano con preoccupazione.
Quando si alzò, ignorò il capogiro e si allontanò verso le scale con l'intenzione di andarsene. "Stiles" lo chiamò Derek.
Dovevano parlare. Derek non lo rendeva, però, chiaro. E non perché ci fosse Scott.
Prima di farlo, Stiles aveva bisogno di schiarirsi la mente. "Racconta cosa è successo a Scott, io- io devo un attimo prendere aria. Torno tra poco" gli disse senza guardarlo e, non più ostacolato da entrambi, uscì fuori dalla villa.
Si sedette sul porticato con la testa calata fra le gambe e le mani nei capelli. Disperato.
Quell'anno. Quel mese. Era fuori discussione che fosse un caso.
Derek era chissà dove, spaesato e abbattuto, mentre lui veniva salvato dai Ghost Rider.
Derek era stato appena maledetto, mentre lui tornava ad essere ricordato dopo tre mesi in cui era stato cancellato dalla mente di tutte le persone che aveva conosciuto nella vita.
Si obbligò a credere che fosse una coincidenza e per un po' tentò di non pensare alle parole della donna. Perché non aveva appigli a cui reggersi per tentare di credere che in tutta quella situazione c'entrasse di mezzo anche lui.
L'unico pensiero che si concesse, alla fine, è che ci fosse dentro fino al collo perché, come aveva detto quella strega, era la guida che li aveva condotti fino a quel punto. E lo sarebbe stato ancora per... per fare cosa, esattamente?
Si alzò scattando meccanicamente. D'improvviso irato.
Ora aveva un paio di domande da fare e la boccata d'aria era stata più lunga del previsto. Rientrò dentro.
Si avvicinò velocemente a Derek con un dito a fronteggiarlo. "Non è un caso, vero?"
Derek lo guardò con cipiglio, ma Stiles riconobbe il tentativo di fingere che non sapesse di cosa stesse parlando. Gli diede il beneficio del dubbio, sapendo di non andare a migliorare la sua posizione, specificando di cosa stesse parlando: "Il periodo in cui è successa questa cosa. Non è una coincidenza, vero? Non lo è che sia successa poche settimane dopo- dopo-" Stiles titubò guardando Scott.
Dannazione, era difficile parlarne con lui assieme a loro. Ma era importante e finse di non sentire le numerose stilettate nel petto, pronte ad avvisarlo quanto avrebbero fatto male gli sguardi che sarebbero succeduti alle sue parole. "Dopo che sono venuto fuori dal casino con i Ghost Rider."
Scott, che aveva guardato Stiles per tutto il tempo, sgranò gli occhi soltanto per spostarsi su Derek che, incapace di sostenere gli occhi puntati addosso di Stiles, gli diede velocemente le spalle, camminandogli lontano.
"Seconda domanda, prenditi tutto il tempo per rispondere ma sappi che non mi smuoverò da questa stramaledettissima catapecchia finché non ho ricevuto risposta: lo sapevi? In qualche fottutissimo modo, non mi interessa saperlo, ma lo sapevi cosa stava succedendo a Beacon Hills? Eri informato? Braeden, forse?"
A quella, il lupo annuì concedendogli subito una risposta. Stiles strinse i pugni. Un cenno del capo non gli bastava.
"Terza domanda: chi è la tua ancora, Derek?"
Ma Derek negò. Questo, come con la prima domanda, non glielo avrebbe detto. Stiles guardò Scott con rabbia, fingendo di non notare quanto si sentisse male a sentire parlare di qualcosa che per anni avevano tentato di dimenticare. Si sentiva così male, perché per quanto si fosse sforzato, ora era palese quanto invece Stiles non avesse mai smesso, neppure per un momento.
Lui ricordava. E le sue iridi accese di pura follia, erano la dichiarazione più che ovvia che fosse intenzionale la sua decisione di ricordare.
"Scott, fattelo dire. Puoi costringerlo" gli disse Stiles.
Scott sospirò e negò piano. "Non posso, Stiles. Non sono il suo Alpha"
La risata di Stiles frantumò il silenzio che susseguì. "Quindi è così, no? Noi dobbiamo aiutarlo se si caccia nei guai perché è Derek Hale. Ma tu, che sei l'Alpha, non puoi costringerlo a parlare perché non è parte del branco? Tutto questo è ridicolo..."
Dopo quelle parole amare sputate fuori con ira, Stiles respirò a fondo, accorgendosi di star facendo ciò che non voleva. Si stava sfogando. E sapeva benissimo cosa sarebbe accaduto dopo, quindi tentò di calmarsi.
La voce di Derek fu un ostacolo, ma Stiles la ignorò.
"Scott, puoi lasciarci da soli?"
Scott si prese qualche secondo per decidersi, ma alla fine annuì. Forse, andare via poteva essere veramente l'unica cosa in grado di fare, in quel momento, per essere d'aiuto.
Stiles non lo guardò neppure quando rimasero soli. Derek tornò a fronteggiarlo avvicinandosi al divano dove si sedette, con le gambe leggermente divaricate e i gomiti poggiati sulle ginocchia.
"Risponderai alle mie domande?" domandò Stiles, ad occhi chiusi e col respiro spezzato. Derek fece un profondo sospiro. Stiles seppe che era un no.
Lo guardò con nuovo impeto iracondo. "Come diavolo posso aiutarti se me lo impedisci?"
Derek ringhiò stringendo le mani a pugno. "Non ti ho chiesto io di essere aiutato"
No, infatti. Lo aveva fatto Scott. Lo aveva fatto la strega. Ma Derek era stato maledetto e la fine, se lui non avesse voluto il suo aiuto, era...
"Quindi è così" affermò, quando capì il motivo per cui erano rimasti soli. Derek alzò il viso per infrangere il suo sguardo nei suoi occhi limpidi di un sentimento algido. "Hai fatto la tua scelta".
Derek annuì semplicemente. Stiles venne a conoscenza di quanto questa fosse una sua nuova paura: Derek che sceglieva di essere un lupo. Per sempre.
Una paura che subito si districò raggiungendo la più grande di tutti. Lui avrebbe ricordato ancora, ma... davanti aveva chi avrebbe presto dimenticato.
"Bene, allora non ho più niente da fare qui. Buona... esistenza, Derek" scappò via senza voltarsi mai, sapendo che quella sarebbe potuta essere l'ultima volta che l'avrebbe visto. Stavolta sul serio.
Stavolta senza più nemmeno il bagliore di una falsa speranza che avrebbe potuto rassicurarlo nei giorni più neri.
Perché c'erano stati, per quanto volesse dimostrarsi cieco e sordo, c'erano stati, dannazione, quei momenti in cui si aggrappava a quell'unica speranza che, presto o tardi, sarebbe tornato.
E non aveva mai saputo perché ci contasse così tanto, nel suo ritorno. Sapeva solo che lo aiutava.
Ora, di fronte a quella certezza, davanti a quella nuova mancanza a cui avrebbe fatto bene ad abituarsi il prima possibile, trattenne il respiro cercando di non annaspare perché altrimenti il panico lo avrebbe assalito presto come una bestia artigliata alle sue spalle pronta ad avere la meglio su di lui.
Non ebbe un attacco di panico, quando salì sulla sua jeep, soltanto perché aveva già vissuto tutta quella situazione e, speranza in più o in meno, sapeva di potercela fare. Perché c'era in discussione lui. Soltanto lui.
Ce la poteva fare. Non era ancora troppo tardi.
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*Ringrazio Daryl di The Walking Dead per avermi fatto ricordare di questa meravigliosa leggenda ♥
Alla fine era una maledizione. E anche se per noi è tutto così palesemente chiaro, Stiles cerca di non capire perché farlo significherebbe mettere a repentaglio la sua stabilità fisica e mentale - perché ci ha impiegato tanto a diventare quello che è, ad essere un uomo senza più attacchi di panico, e non è pronto a rinunciarci. Derek, beh, potrebbe fare tanto ma non agisce perché... beh, lo vedremo più avanti.
Grazie di cuore a chi mi ha scritto, il prossimo capitolo arriverà questa Domenica stessa. E se non vado errata, la storia dovrebbe concludersi verso la fine della prossima settimana con altri due (forse tre) capitoli.
Vi abbraccio,
VenerediRimmel
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