Il messaggio
Era pomeriggio e stavo studiando in camera mia. La porta era rigorosamente chiusa, per evitare interruzioni: il giorno successivo avevo due interrogazioni e una verifica. Il nostro quadrimestre si chiudeva a fine gennaio, quindi dopo le vacanze di Natale si scatenava l'inferno: verifiche di tutti i tipi, interrogazioni, professori che litigavano per fissare le verifiche, temi, assemblee d'istituto messe in giorni tattici, bidelle che si lamentavano perché i professori e gli alunni facevano troppe fotocopie... In poche parole, il finimondo. Alla fine noi studenti ci ritrovavamo a studiare pile di materiale un giorno per l'altro.
Esasperata dalla quantità di appunti che dovevo ancora studiare, decisi che era il momento di una pausa: mi sembrava di aver studiato per più di un'ora, ma controllando il telefono mi accorsi che non era passata neanche mezz'ora. Di questo passo non avrei mai finito di studiare tutto per domani.
Controllando whatsapp, oltre che a un centinaio di messaggi sul gruppo di classe il cui contenuto spaziava dal lamentarsi della situazione scolastica insostenibile al "Che cosa c'è da fare per domani?", mi accorsi che ne avevo ricevuto uno da un numero non salvato in rubrica, in cui mi chiedeva come era stato il mio capodanno a Milano e mi spiegava come aveva trovato il mio numero: se l'era ritrovato scritto sul braccio il giorno dopo. C'era solo un piccolissimo problema: io non avevo passato il mio capodanno a Milano. Io e un paio di mie amiche avevamo trascorso il capodanno insieme, sul divano di casa mia davanti alla televisione con pop corn e gelato.
Riflettei un attimo: se non si ricordava chi gli aveva scritto il numero sul braccio e quella che glielo aveva scritto si è sbagliata e ha scritto il mio, allora probabilmente erano ubriachi entrambi. Ora ero dinnanzi a una scelta: dire la verità, chiudere la storia e tornare a studiare, o dire una bugia e vedere cosa succede. La voglia di studiare era pari a zero e poi la seconda opzione mi allettava troppo. Pensai a come potevo rispondere e a cosa scrivere.
Dopo profonde e accurate riflessioni, tutto ciò che scrissi fu: "Mi sono trovata bene e mi sono divertita tantissimo, Milano è fantastica. Come proposito per l'anno nuovo mi sono ripromessa di bere consapevolmente e quindi non superare mai il mio limite. Mi dispiace di averti scarabocchiato il braccio con il pennarello indelebile, spero sia venuto via." . Mi misi a ridere da sola: veramente avevo inviato questo messaggio a uno sconosciuto? Ora che ci pensavo poteva benissimo essere una donna: non si è presentato/a quindi non potevo esserne sicura.
Accantonai i pensieri complessi e decisi che era ora della doccia. Presi il pigiama e mi diressi in bagno. Dopo la doccia, cenai. Dopo la cena, lessi qualche pagina del mio libro. E solo dopo aver letto, mi ricordai delle interrogazioni e della verifica che avrei avuto il giorno successivo. Iniziò così una fase di panico, composta da studio non molto produttivo ed ansia, che si protrasse oltre la mezzanotte. Quando finii di studiare, preparai tutto per il giorno dopo.
Mi ero coricata e avevo spento la luce quando il mio telefono vibrò. Mi aveva risposto. Nel messaggio rideva per ciò che avevo scritto e mi disse che si chiamava Salvatore. Gli risposi dicendo che il mio nome era Sara ed iniziammo a messaggiare del più e del meno fino a tarda notte.
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Cosí iniziò la nostra amicizia via chat. Non ci siamo mai detti il nostro cognome: non ci sembrava un informazione così importante per mantenere un rapporto di amicizia costruito attraverso internet e i messaggi che ci scambiavamo quotidianamente. Vivevamo in due posti tra loro molto distanti, quasi due mondi diversi, eppure riuscivamo a scambiarci messaggi per ore.
Tutto cambiò quando a giugno, prima dell' esame di maturità, presi il treno e partii per Milano, per un weekend che non avrei mai dimenticato.
Ero appena salita sulla freccia diretta a Milano centrale quando mi arrivò un suo messaggio.
"Buongiorno! Cosa fai oggi di bello?"
"Buongiorno anche a te! Io sono appena salita sul treno, che ovviamente era in ritardo di dieci minuti! 😒"
"Ahahah, ovviamente. Dove sei diretta?"
"Milano centrale"
Visualizzò, ma non rispose. Probabilmente lo avevo sorpreso: non gli avevo mai accennato del viaggio a Milano che avevo intenzione di fare. Forse una parte di me aveva paura di incontrarlo e scoprire che lui non fosse come me lo aspettavo. Forse era meglio così, meglio non sapere e accontentarsi, che subire una delusione.
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Si girò e non vide più il suo amico di fianco a lui: si era fermato qualche metro prima e fissava il telefono, come se fosse in trance. Lo provò a chiamare 《Salvatore! Salvatore dobbiamo andare!》, non ricevendo alcuna risposta, si avvicinò a lui e gli schioccò le dita davanti al naso 《Ohi, Sal! Ci stanno aspettando》. Sembrò svegliarsi di colpo e mise via immediatamente il telefono 《Ah! Scusami, andiamo Stefano》.
Era successo qualcosa e glielo stava nascondendo, doveva scoprire cosa...
Nel frattempo nella mente di Salvatore si stavano formando mille pensieri: mai si sarebbe aspettato di poterla incontrare dal vivo, ma ora, non aveva idea di come fare per incontrarla, cosa fare, come approcciare... In fondo si erano conosciuti via chat e non si erano mai visti. Verba volant, scripta manent. Chi gli assicurava che la persona con cui aveva conversato per mesi fosse la stessa che avrebbe incontrato? Nessuno.
Frenò i suoi pensieri perchè erano arrivati al punto di incontro. Quello sarebbe stato un weekend memorabile.
Al prossimo capitolo 🤗
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