Immagina ✔

Sono le undici e quarantacinque e ormai non riesco più a stare seduta per l'ansia. Mi alzo togliendo i pelucchi dalla maglietta nera e mi incammino verso la sala addestramento nel lato "dimenticato" della scuola.

Spero vivamente di non incontrare nessuno, non saprei giustificare il fatto di trovarmi nel corridoio quasi a mezzanotte. Skit lo sa, non potevo non dirglielo. Non so perché ma sembrava troppo elettrizzato all'idea di me e Jonathan, mi ha detto che fa il tifo per noi. Io gli ho dato una botta in testa e lui si è calmato pregandomi di non ucciderlo. Gli ho ricordato che sto con Steven e lui è scoppiato a ridere. Un'altra botta in testa ma questa volta non ha smesso di ridere.

Quando arrivo nella sala addestramento mi siedo su una panca di legno disposta davanti ad un muro pieno di armi di ogni tipo. Batto il piede sul pavimento cercando di non pensare al fatto che forse non sono molto convenienti questi incontri. Non vorrei dargli false speranze, non voglio illuderlo. Nonostante mi faccia sentire qualcosa, questo è innegabile, sto con Steven.

Dopo venti minuti buoni mi sdraio sulla panca e chiudo gli occhi. I pensieri si rincorrono e giungono sempre allo stesso punto. I miei ricordi. O almeno, i ricordi dimenticati.

Ho bisogno di ricordare ma so che faranno male. Mi ricorderò la mia famiglia come quella di adesso e pensare a loro morti mi si blocca il respiro. Hanno sempre detto che bisogna fare dei sacrifici ma equivalgono al peso delle risposte? Si, non posso essere codarda. Per andare avanti non posso ignorare l'altra metà di me, io ero quella persona, anzi sono quella persona. La mia anima è la stessa e mi mancherà sempre un pezzo se non farò i conti con il passato.

-Hai già mollato?-

La voce di Jace mi fa alzare di scatto -Sei in ritardo-

Lui guarda l'orologio con le sopracciglia aggrottate -Sono le dodici e cinque, da quanto tempo sei qui?-

Mi sono tesa una trappola da sola così cerco di rimediare scrollando le spalle -Mi sembra passata un'eternità. Iniziamo?-

Lui sembra non bersela ma fa finta di niente per fortuna. Indica lo spazio vuoto al centro e mi fa cenno di alzarmi -Mettiti qui-

Faccio come mi dice osservandolo attentamente per capire la sua prossima richiesta.

-Va bene, ora sdraiati-

Penso di non aver capito bene -Cosa?-

Lui accenna un sorriso ma ripete il suo ordine -Sdraiati Lyssa-

-Come faccio a combattere da sdraiata?- sono sempre più confusa mentre cerco di capire se stia scherzando.

-Sul serio pensavi di combattere?- questa volta sembra lui non capire.

Alzo le braccia sbattendole sui fianchi -Non siamo qui per questo?-

-Si piccola però non puoi pretendere di partire subito in quarta. Il potere è l'ultima tappa. Prima devi iniziare ad accettarli, a capirli, comprenderli-

-Ma io accetto il mio dono- sussurro non così convinta come pensavo.

Lui sorride -Pronunci "dono" con così tanta amarezza, tu hai paura del tuo potere Lyssa-

Resto qualche secondo a guardarlo in procinto di aggiungere qualcosa ma poi decido di sdraiarmi -Va bene, facciamo a modo tuo-

-Perché pensavi di fare diversamente?- fa una risata argentina e si sdraia al mio fianco.

Alzo le spalle nascondendo un sorriso -Prossima tappa?-

-Chiudi gli occhi e rilassa il corpo. Dimenticati dei tuoi problemi, di ogni cosa persino quella di essere in questa stanza con me al tuo fianco- fa una pausa e riesco quasi a percepire il suo sorriso -So che è difficile dimenticarsi della mia presenza ma provaci-

-Bamboccio arrogante- brontolo ma faccio intanto ciò che mi ha detto.

-Fai silenzio piccola, mi devo concentrare anche io-

Regolo il respiro e rilasso i muscoli. Con i pensieri è più complicato però. Il mio corpo canta vittoria per la mancanza di tensione che è abituato a sopportare tutti i giorni. Immagino di essere in mezzo al bosco, magari sulla mia casetta sull'albero con le candele intorno e il dolce profumo di limone che mi avvolge. Penso alle voci rassicuranti di mamma e papà, ai loro sorrisi e alle loro mani ruvide. Ai momenti in cui Joel cercava di insegnarmi ciò che imparava a scuola e alle risate che ne seguivano. Così tante che ogni volta finivo con il mal di pancia. Immagino di essere in una di quelle notti che passavo sul tetto, con la schiena appoggiata al cemento freddo. Le stelle lì erano limpide, lontane dallo smog urbano. L'aria era così pulita che sembrava risanare i polmoni.

-Dove sei?- sussurro rivolta a Jace tenendo sempre gli occhi chiusi e l'ombra di un sorriso sulle labbra.

-Sto guardando le stelle del mio mondo. Sembra di poterle toccare con un dito tanto sono vicine e luminose- anche lui tiene un tono basso e lontano.

Alzo una mano immaginandomi le stelle di cui parla, quelle che da qualche parte nella mia testa hanno abbagliato anche me una volta.

-L'aria di cosa profuma?-

-Di vita, profuma di vita-

Respiro a fondo e cerco di percepire quel profumo -Sei sdraiato sopra l'erba?-

-Sopra ad un ramo di un albero senza foglie, perfetto per osservare il panorama-

Immagino di sentire la ruvidità di un antico tronco e il profumo di legna che aleggia tutt'intorno -Fa freddo?-

-No, l'aria è fresca ma non pungente. Quell'aria piacevole che accarezza il volto- la sua voce è completamente immersa in questo nostro scenario.

Riesco a sentire quella dolce aria di cui parla avvolgermi il volto quasi come se fosse un abbraccio. -E' un posto magnifico- sussurro accompagnando la frase a un sospiro.

Restiamo così per non so quanto tempo. Non mi sono mai sentita così bene, qui sdraiata sul pavimento di una sala semibuia, chi l'avrebbe mai detto?

Sentiamo le campane suonare le due del mattino e non posso fare a meno di stupirmi. Il tempo è passato così velocemente che non me ne sono accorta.

Apro gli occhi e noto che lui gli ha già aperti e mi sta guardando in modo strano.

-Che c'è?- domando sistemandomi i capelli scompigliati.

Lui mi mette a posto una ciocca sfuggita al mio controllo -Niente. E' ora di tornare nella tua umile dimora cenerentola-

Sorrido alzandomi in piedi e aiutando anche lui nonostante sappia che non ce né affatto bisogno.

-Grazie- affermo portandomi le braccia attorno alla vita.

-E' stato un piacere- mi appoggia una mano sulla spalla ma poi la fa ricadere al suo posto -Buonanotte-

Accenno un sorriso ignorando le emozioni che mi serpeggiano nello stomaco -'Notte-

Mi costringo a voltarmi e ad andare nella mia stanza.

E' stato qualcosa di...magico.

Ovviamente appena arrivata in camera il sonno non tarda a venire, permettendomi di dormire come mai prima d'ora.

Quando apro gli occhi trovo Camille ferma a guardarmi. Ancora.

-La smetti di fare così? Sei inquietante- affermo con la bocca ancora impastata dal sonno.

Lei sorride -Lo so, però sembri così strana quando dormi. Hai tutti questi capelli chiarissimi che ti circondano il volto altrettanto chiaro e...-

Scoppio a ridere tappandole la bocca con un balzo -Okay basta così ho capito ma questo non è una scusa sufficiente per fissarmi in quel modo. Spero tu non lo faccia di notte-

Lei liquida la mia insinuazione -Io di notte dormo come un cucciolo, di questo non ti devi preoccupare-

Scuoto la testa alzando le mani -Ah di questo no? E del mio risveglio invece?-

Lei scrolla le spalle -Va bene non lo faccio più, la prossima volta vado dritta al sodo e ti soffoco con il cuscino-

Rimango immobile a guardarla mentre lei scoppia a ridere -Scherzo! forse- corre via dalla stanza prima che io possa prenderla per i capelli.

Mi vesto velocemente e scendo di corsa le scale, prima di entrare nella sala grande però una mano mi trascina dentro ad uno sgabuzzino.

-Steve!- squittisco presa alla sprovvista.

Lui ride e mi bacia tappando le mia prossima protesta. Il mio cuore accelera inevitabilmente e piccoli brividi mi fanno tremare.

-E' il peggior cliché della storia- dico tra i baci.

-Non servono a questo gli sgabuzzini?- mi circonda la vita con le sue braccia possenti per stringermi di più a lui.

Gli accarezzo i capelli dandogli un ultimo bacio sulle labbra -Non essere maleducato Blake-

-Rimani dentro per un po' dopo che sono uscita okay?- gli dico prima di sgattaiolare fuori.

Jace sta camminando da questa parte e quando mi vede solleva un angolo delle labbra ma il piccolo sorriso muore subito quando vede Steven uscire dal mio stesso stanzino.

Dannazione.

Abbasso lo sguardo imbarazzata ed entro nella sala mensa raggiungendo il mio gruppo.

Joel si siede al mio fianco e mi circonda le spalle -Come stai Scintilla?-

-Bene- affermo rivolgendogli un sorriso e cercando di dimenticare la patetica scena avvenuta qualche secondo fa.

-Oggi è l'ultimo del mese, devi rinnovare il marchio- mi sussurra tra i capelli.

Sussulto e abbasso lo sguardo per poi rilassarmi quando vedo ancora il triangolo blu -Pensavo fosse già sparito-

-Ti ricordi che questo fine settimana possiamo andare a casa?- la sua voce trapela entusiasmo.

-Caspita sono già passati tre mesi?- domando stupita.

Mi scompiglia i capelli -Si ma possiamo stare via solo una settimana, quest'anno è diverso sai...-

-La guerra- borbotto sconsolata.

-Si, la guerra. Il governo verrà qui per guardare con i loro occhi i nostri progressi-

Mi irrigidisco all'istante -Il governo?-

Lui annuisce preoccupato quanto me -Si, ci valuteranno singolarmente per assegnarci ai vari squadroni-

-No...non è possibile- alzo lo sguardo cercando disperatamente quelli dell'unica persona in grado di fare qualcosa.

Jace. 

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