Argento ✔
Dopo aver salutato Ellen, Camille, Brower e Marianne vado verso Skit.
-Ci vediamo presto Skit- dico mentre lo tengo stretto tra le braccia. Il suo intenso profumo simile a quello della lavanda mi avvolge con tenerezza.
-Non combinare guai fiorellino perché non ci sarò io a salvarti- mi rivolge un palese sorriso altezzoso.
-Si può sapere perché tutti mi dite le stesse cose?- alzo gli occhi al cielo senza però riuscire a nascondere un sorriso.
-Perché sei una specie di calamita per i guai, penso che ormai lo sappiamo tutti-
Mi avvolge una spalla con il braccio mentre mi accompagna al bus che mi condurrà a casa. Chi l'avrebbe mai detto che un po' mi mancherà questo posto anche se starò via per poco?
Joel batte le nocche sul finestrino e mi fa cenno di darmi una mossa, così dopo aver scoccato un bacio sulla guancia di Skit salgo di corsa sul bus per affiancare mio fratello.
Durante il viaggio mi addormento appoggiando la testa sulla spalla di Joel.
-Ho paura Ly- Annael si stringe al fianco della sorella e nasconde il volto tra i suoi capelli quasi come se fossero uno scudo.
-Anche io- piagnucola Beren stringendomi con forza il lembo della manica.
Accarezzo le guance delle gemelle trattenendomi dal piangere -Andrà tutto bene, si risolverà tutto fidatevi di me-
-Ma...ma tu stai andando via Ly- Annael guarda la sorella con le lacrime che le sormontano le guance.
-Possiamo venire con te?-
Scuoto la testa con decisione -No è troppo pericoloso, qui siete al sicuro. Vado a prendere mamma e papà e ritorno da voi. Come sempre-
-Voglio venire con te!- Beren si butta tra le mie braccia affondando la piccola testa nell'incavo del mio collo e a seguire anche Annael si rannicchia al mio fianco.
Guardo la nostra anziana vicina alle loro spalle e le faccio cenno di tenere le bambine.
-Ritornerò- do un bacio sulla fronte alle mie due sorelline sugellando le mie parole.
-Lo prometti?- mi domanda con un filo di voce Beren.
-Lo prometto-
Le accarezzo e le riempio di baci prima di alzarmi e lasciarmi alle spalle la roccaforte. Ora le lacrime sono libere di sgorgare, lasciando uscire tutte le parole che mi sono tenuta dentro.
Mi sveglio di soprassalto ansimando come se stessi soffocando. I pensieri mi vorticano in testa confusi ma intensi. Inizio a tremare e a piangere come una bambina e so che agli occhi degli altri posso sembrare una stupida ma non m'importa. Il cuore mi fa così male che la sensazione potrebbe essere paragonata a quella di una lama incandescente che penetra nella carne.
-Alyssa?- Joel mi circonda le spalle e mi guarda con sincera preoccupazione -Aly, cos'hai? Ti senti male?-
Mi circondo il corpo con le braccia come se potesse impedirmi di andare in pezzi. Chiudo gli occhi ma le immagini di piccole manine che spuntano dalle ceneri baluginano sulle mie palpebre.
-Aly, di qualcosa così posso capire. Per favore- mi implora Joel non sapendo più cosa fare.
Mando giù il groppo in gola e prendo aria per parlare -Un incubo terribile-
Lui mi stringe a sé appoggiando il mento sulla mia testa -Tranquilla, è solo un incubo-
Magari lo fosse, mi piacerebbe svegliarmi e rallegrarmi del fatto che quelle immagini fossero solo frutto della mia fantasia. Invece mi rimangono impregnate nella mente a ricordarmi ciò che avevo dimenticato.
Quando l'autobus si ferma a qualche metro da casa mi catapulto giù grata di avere altre cose su cui soffermarmi. Come il volto di mia madre, i capelli castani sono sciolti tenuti indietro solo da una fascia azzurra. Il volto disteso in un sorriso marca le sue piccole rughe che le sfiorano i lati della bocca e degli occhi. Gli occhi scuri sono velati dalle lacrime e tiene le mani sul petto come se cercasse di contenere le emozioni. Mio padre al suo fianco con la schiena leggermente curva per il duro lavoro e la pelle abbronzata per il sole cocente sembra non contenere la gioia. Gli occhi grigi brillano come due diamanti e si riempiono di gioia appena ci vede.
Inizio a correre nella loro direzione con le braccia aperte e un sorriso gigantesco sulle labbra -Mamma! Papà!-
Mia madre mi prende al volo come se non pesassi niente e scoppia a piangere con il volto premuto sulla mia testa -Uccellino, quanto mi sei mancata- tira su col naso e mi prende il volto tra le mani -Quanto mi sei mancata- ripete guardandomi con così tanto amore che mi si stringe il cuore.
Mio padre mi racchiude tra le sue braccia -Mia piccola Alyssa come stai?-
-Tutto bene papà, tutto bene- lo rassicuro mentre lui mi guarda come se volesse controllare che non mi mancasse nessun pezzo.
-Sono vostro figlio anche io- borbotta Joel alle mie spalle facendoci scoppiare a ridere.
-L'ultima volta avevi detto che eri troppo grande per le coccole- lo prende in giro mia madre ricordandogli il suo ultimo viaggio.
Lui scrolla le spalle -Si però ora sono geloso-
Mamma sorride e lo stritola in un abbraccio riempiendo le sue guance di baci -Il mio bambino!- esclama con voce volutamente esagerata.
-Okay, ora va meglio- Joel che supera la mamma di almeno trenta centimetri le da affettuosi buffetti sulla testa.
***
Dopo aver pranzato corro nella mia camera ansiosa di rivedere le mie cose. E' esattamente come l'ho lasciata, persino la spazzola è ancora al suo posto. Mi si stringe il cuore a pensare che non sono più la ragazzina che viveva tra le quattro mura di camera sua immaginando la vita al di fuori di esse. Quella ragazza non aveva problemi perché non poteva confrontarsi col mondo esterno. Era ignara di tutto. Ora non potrei sopportare di vivere perennemente all'oscuro di ogni cosa. Sono cambiata si, ma ci vorrà più tempo per slegarmi dai miei diciassette anni vissuti in quel modo.
Il mio piccolo letto sembra quasi comico in confronto a quello dell'accademia ma non mi sono mai lamentata. Non ne avevo bisogno.
Mi metto davanti allo specchio e osservo la mia figura. Persino esteriormente sono cambiata. Il mio corpo ora non è più così esile e fragile, grazie agli allenamenti ho messo sù qualche muscolo riuscendo a tonificare di più i miei lineamenti. Ho un aspetto meno infantile, non così tanto da incutere soggezione ma non sembro neanche un piccolo uccellino indifeso.
-Toc toc- la voce di mio padre irrompe nei miei pensieri.
Al suo seguito c'è mia madre ed entrambi si siedono sulla piccola panca che funge da sedia.
-Alyssa, loro...sanno?- mi domanda titubante mia mamma guardandomi con preoccupazione.
Dovrei iniziare a raccontare la lunga storia che si è svolta in questi strambi tre mesi ma preferisco semplificare le cose.
-No, non sarei qui se sapessero- faccio una pausa e continuo per annunciare la brutta notizia -Ma quando ritorneremo faranno dei controlli, singolarmente testeranno la nostra capacità-
Mia madre sussulta e mio padre serra la mascella -Chi? Chi farà dei controlli?-
-Il governo, verranno personalmente a guardarci- rispondo determinata a non mostrare il mio terrore.
Entrambi si guardano scambiandosi delle parole mute e dopo aver annuito mio padre parla -Abbiamo deciso una cosa, sappi che lo facciamo per il tuo bene e per la tua sicurezza-
Sento il cuore galopparmi nel petto con violenza -Che succede?-
-Tesoro, non ti devi arrabbiare però. Noi ci fidiamo di loro, facciamo parte di quel gruppo- mormora mia mamma con una dolcezza che non mi piace per niente.
Mi irrigidisco e se non parlano al più presto penso che scoppierò -Di chi state parlando? Cosa volete fare?-
-Vogliamo che tu ti unisca alle Cappe D'Argento-
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top