5 - Fuga
Ergaf
Gazar
11 anni prima
Cosa dobbiamo fare?
Reyk aveva gli occhi fissi sul cielo che andava tinteggiandosi del rosso del tramonto. Dopo ciò che gli aveva detto la madre, avevano passato una notte insonne, mischiando i loro pensieri come una mandria di rolcopa impazziti, e poi affrontato la giornata di lavoro, l'ultima prima della festa, col timore di vedere apparire in ogni momento i soldati di Gazar. Timore infondato, sicuramente avrebbero almeno atteso la fine della Piccola Festa, ma questo non aveva impedito ai loro pensieri di vivere colmi di terrore.
Ora, giunti al termine di quella giornata torturante, non avevano seguito i fratelli verso casa ma si erano appoggiati a un muretto in fango, in mezzo alle case del quartiere degli allevatori. Erano rimasti lì, in silenzio, con l'odore della terra bollente della fine del pomeriggio a bruciargli le narici.
Non lo so.
Non era vero. Daer sentiva che i pensieri del gemello si agitavano verso un'unica direzione.
Non mi pare una grande idea, Reyk.
A volte il nostro dono è pesante. Ogni tanto vorrei fermarmi a pensare da solo, senza che un altro possa sentire le mie riflessioni facendomi notare quanto siano stupide.
Daer non si sentì offeso. Il loro dono era bellissimo, li legava come un abbraccio caldo. Ma ogni tanto quell'abbraccio diventava soffocante. Avere sempre qualcuno nella testa non era semplice.
Hai idee migliori?
Daer non rispose, si limitò a guardare il cielo color sangue e a farsi impastare le narici dalla calura.
Ora.
Daer si maledisse mentalmente per aver accettato quell'idea idiota e si puntellò sui gomiti per alzarsi il più silenziosamente possibile, riuscendo a non svegliare nessuno dei fratelli. A passi leggeri seguì Reyk e uscirono dalla stanza. Si infilarono gli scarponi e presero le sacche in pelle di rolcopa che avevano lasciate in un angolo, con dentro alcuni frutti e un pane nero che avevano comprato quella mattina al mercato con gli ultimi spiccioli che avevano.
Chiuse la sacca e si sentì bruciare gli occhi. La madre aveva lavorato a lungo sulla pelle di rolcopa per poter regalare loro quelle belle bisacce...
Muoviti!
Il pensiero di Reyk lo schiaffeggiò, riportandolo alla realtà, ma sentì che anche i pensieri del gemello erano stati turbati dai suoi e ora l'odore delle mani laboriose di Dacel alleggiava tra le loro menti, impossibile da scacciare.
Prese dal tavolo il coltellaccio regalato dal padre, lo attaccò alla cintura e raggiunse il fratello sulla porta. Stavano per scostare la pelle di rolcopa che dava sull'esterno quando li raggiunse una voce acuta.
"Cosa state facendo?"
Si volsero di scatto e incrociarono gli occhi assonnati di Aterg.
"Che fai sveglia?" Sibilò Reyk cercando di tenere la voce bassa.
"Ho sentito dei rumori..."
Avevano le cinture strette ai fianchi, gli scarponi ai piedi e le sacche sulle spalle. Quale scusa potevano inventare? Rimasero immobili alcuni secondi, poi Reyk avanzò e la strinse a sé.
"Dobbiamo andarcene. Corrono voci di guerra e noi mostriamo l'età per il reclutamento."
Attese qualche secondo per dare spazio a una risposta ma Aterg rimase col viso sepolto contro il suo petto.
"Non vogliamo rischiare di morire per un reggente che non ha mai fatto niente per noi."
"Dove andate?" Chiese sciogliendosi dall'abbraccio.
"Non lo sappiamo. Lontani. Qui non c'è futuro, solo morte. Troveremo un posto, un lavoro. Vi manderemo tutti i soldi che guadagneremo per aiutarvi anche senza essere nei pascoli con papà."
Aterg guardò prima Reyk poi Daer. Li guardò a lungo, tutti e due, poi annuì piano.
"Non dirò a mamma e papà che vi ho visto. Non dirò che potevo fermarvi e non l'ho fatto."
Si fissarono impalati. Fu Aterg a rompere quello stallo.
"Vi ricordate la stoffa colore ambra che mi regalaste l'anno scorso? Ho quasi finito di lavorarla. Ne ho fatto un vestito, con dei bellissimi petali rossi cuciti sopra."
"Torneremo a vedere il vestito finito, promesso."
A quelle parole di Reyk, Daer uscì in fretta per non far vedere le lacrime.
Fermiamoci qui.
Obbedì al fratello e alzò lo sguardo. La palizzata in legno era visibile solo grazie alle fiaccole che le davano un aspetto sinistro, del resto le nuvole che avevano ricoperto la luna piena avvolgevano ogni cosa nel buio. Il rumore del fiume che scorreva al loro fianco e l'odore aspro dell'aria fredda rendevano l'atmosfera ancora più inquietante.
Non si vede niente.
Meglio. Anche le guardie avranno più difficoltà a vederci.
A quel pensiero Daer rabbrividì. Era severamente vietato lasciare Gazar, se le guardie li avessero scoperti di notte così vicini alla Porta Piccola li avrebbero arrestati o uccisi sul posto.
Reyk, sei sicuro di quello che stiamo per fare?
Sentì un'agitazione febbrile vorticare nei pensieri di Reyk. Un'urgenza che fino ad allora non aveva ancora percepito e che, improvvisamente, lo fulminò facendogli comprendere la verità. Il fratello non aveva deciso di fuggire da Gazar solo per non essere arruolato o per la paura di lasciare alla loro famiglia due nuovi lutti da piangere. O almeno, lo faceva anche per quello, ma soprattutto per sé stesso, perché quella vita in mezzo ai rolcopa, col loro puzzo che si attaccava alla pelle e ti accompagnava dappertutto, gli stava stretta.
Reyk aveva bisogno di scappare da Gazar.
Andiamo! Tagliò corto Reyk mentre quella rivelazione creava una coltre imbarazzata fra loro. Quel che aveva compreso Daer lo metteva a disagio, obbligandolo a mettersi a nudo con pensieri che lui stesso non aveva del tutto compreso fino a quel momento.
Staccarono i coltelli dalla cintura e tolsero le sacche dalle spalle. Poi si sedettero sulla riva del fiume e si lasciarono cadere dolcemente nelle acque, cercando di fare meno rumore possibile e tenendo in mano sacca e coltello per non bagnarli.
L'acqua gelata del fiume Irin trapassò i vestiti di Daer e gli strinse la pelle. Soffocò un gemito, chiuse gli occhi e iniziò a nuotare con la mano in cui non teneva coltello e sacca. Recuperare tutti i rolcopa che entravano nel fiume e non volevano uscirne era almeno servito per imparare a nuotare.
La corrente li spingeva lentamente verso la cinta. Le luci delle torce si fecero più nitide e scoprì che in realtà erano due grandi fuochi accesi dalle guardie pochi passi dopo la palizzata, uno a destra e uno a sinistra della riva, per controllare da ambedue i lati che nessuno lasciasse Gazar.
Sono tantissime guardie!
Lo sapevamo, Daer. Ora cerca di stare tranquillo.
È vero, lo sapevano. Le guardie che controllavano il fiume che passava sotto la cinta, a metà strada tra la Porta Piccola e la Porta dei Rolcopa, erano sempre tante. Ma la Festa Piccola di Gazar era giunta al culmine e, come ogni anno, il reggente aveva distribuito grandi botti di vino a tutti i guerrieri. I gemelli speravano che le guardie fossero sbronze come tutti gli anni.
Daer pensò inorridito che tutto il loro piano era basato sulla speranza. Speravano di riuscire a nuotare agevolmente nella corrente del fiume Irin, speravano di passare la palizzata senza problemi, speravano che le guardie non li vedessero.
I due fuochi si ingrandirono velocemente e Daer poté distinguere numerose sagome profilarsi nell'oscurità. Come i fuochi, anche le guardie erano all'esterno. Il loro compito era difendere Gazar, sia dai nemici esterni sia dai tentativi di fuga dall'interno, ogni anno sempre più numerosi.
Al mio via andiamo sott'acqua e riemergiamo più in là che possiamo!
Fece a Reyk l'equivalente mentale di un cenno di assenso e si mise in attesa. Le sagome divenivano sempre più nitide e più volte chiese al fratello cosa stesse aspettando. Iniziava a pensare di non aspettare il segnale quando il pensiero di Reyk rimbombò limpido nella sua testa.
Ora!
Si immersero, trascinando sott'acqua anche le sacche e il coltello. La corrente li spingeva verso l'alto ma loro mossero braccia e gambe per continuare a stare sotto il pelo dell'acqua finché la gola non iniziò a bruciargli alla ricerca di aria.
Torniamo su!
Reyk seguì il pensiero di Daer e ambedue riemersero lentamente, rompendo con un tocco docile il velo dell'acqua. Presero grosse boccate d'aria cercando di fare meno rumore possibile e si girarono a guardare i grandi fuochi dietro di loro. Le guardie cantavano strane canzoni con movimenti agitati delle braccia. Erano dietro di loro, le avevano superate, ma di poco. Ora dovevano riprendere fiato, tornare sott'acqua e allontanarsi ancora.
Un dolce chiarore si fece strada nella notte. Le nuvole si erano diradate e la luna piena fece capolino nel cielo. Illuminò debolmente le colline tutt'attorno e si riflesse con un chiarore spettrale sulle acque del fiume Irin.
"Cosa c'è nel fiume?"
La domanda di una guardia stranamente lucida in mezzo ai fumi dell'alcool giunse nitida persino alle orecchie dei gemelli. Il panico li colse di colpo e iniziarono a nuotare rapidi in direzione opposta delle guardie, dimenticando tutti i tentativi di non fare rumore. In mezzo al caos che il loro nuoto sgraziato stava alzando assieme agli schizzi, le orecchie di Daer che affioravano poco fuori le acque del fiume poterono udire sprazzi delle voci ubriache delle guardie.
"...cercano di lasciare Gazar!"
"...li catturiamo?..."
"No... Facciamoli divertire... nuotare..."
"Aprite la chiusa!"
I pensieri dei due gemelli si trasformarono in un miscuglio di paura e incredulità.
La chiusa, il sistema che tratteneva le acque del fiume Irin per assicurare a Gazar un regolare flusso tra i campi, gli allevamenti e il complesso sistema di canali che attraversava la città interna. Non veniva mai aperta se non quando il fiume si ingrossava e straripava.
Davvero le guardie erano così ubriache da sprecare le acque per divertirsi a vederli affogare?
Iniziarono a sbracciarsi nell'acqua nel tentativo di avanzare più veloci. Le onde create col loro nuoto sgraziato gli graffiarono gli occhi ed entrarono brucianti nelle narici. Ma non fu nulla come quando Daer sentì le acque colpirlo, violente come le corna di un rolcopa che caricava, e percepì i pensieri del fratello venirne travolti.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top