35 - Un Nuovo Veterano

"Ha dei portoni enormi!"

La voce acuta di Arres rimbombò sul sentiero polveroso, facendo sorridere i Trenta Mercenari. Fin da quando erano giunti in vista della Cittadella, la piccola aveva iniziato a correre avanti e indietro, urlando quanto gli sembravano belle quelle mura che si ergevano fra le sabbie roventi del Grande Deserto.

Mai si era divertita tanto la bambina! Aveva persino passato due portali e visitato un pezzo di Terra. Solo in un momento aveva avuto paura, quando erano arrivati al primo portale, controllato da una guarnigione elfica. Era servito un lungo colloquio dello stregone con il capo della guarnigione, e un grosso sacchetto di monete da parte del comandante, per convincerli a farli passare senza fargli togliere i cappucci, così da nascondere i tre Disarmonici.

Anche la piccola Arres era stata fatta vestire come un mercenario, e l'avevano riempita di fagotti sotto al mantello, in un maldestro tentativo di farla sembrare un nano, trucco probabilmente riuscito solo grazie al sacchetto di monete, che aveva convinto i membri della guarnigione a non fare domande.

Questa nuova avventura le permetteva di non pensare troppo a quello che era successo, ma quante volte non era riuscita ad addormentarsi la notte, scossa da pianti e dolorosi ricordi. Le poche volte che ce l'aveva fatta, i suoi sogni si erano popolati di orribili incubi da cui si svegliava urlando. Però si sentiva al sicuro, perché la notte le sentinelle avevano iniziato a fare la guardia stando vicino a lei, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra. Quei guerrieri silenziosi le davano sicurezza, le parevano colonne salde a cui potersi appoggiare. Ciò, insieme a qualche intruglio del vecchio stregone, le permetteva di dormire di più.

"Aprite!"

Solito urlo della vedetta alla vista del vessillo dei Trenta Mercenari, solito cigolio dell'enorme portone, solito benvenuto dato da un graduato scortato da due soldati. Solita consegna del vessillo, perché svettasse sulle mura. Diversa fu invece l'occhiata delle vedette sul camminamento, che guardarono stupiti il vecchio. Chi avevano raccattato questa volta i Trenta Mercenari?

Ignorando gli sguardi curiosi, si avviarono come fantasmi taciturni verso il piazzale di addestramento. In mezzo a loro Arres corricchiava, cercando di tenere il passo con le unghe falcate dei mercenari, fiera di fare parte di quella marcia lungo le vie della Cittadella.


Ari stava urlando a una recluta di essere più veloce quando si accorse che attorno a lui, nel piazzale di addestramento, tutti avevano interrotto gli esercizi. Si voltò, e il suo cuore emise un battito gioioso nel vedere le nere figure marciare sul sentiero polveroso. Si costrinse a mantenersi impassibile mentre si avviava verso di loro, abbaiando alle reclute di riprendere l'allenamento, ma quando fu a pochi passi di distanza non riuscì più a mantenere il contegno richiesto dal suo ruolo e il suo viso severo si illuminò di un sorriso felice. Abbracciò il comandante, che marciava in testa, e sentì il loro odore di polvere circondarlo in una spira stritolante.

"Le spie mi avevano comunicato che sareste arrivati in ritardo, ma non sapevo di quanto. Vi aspettavo con ansia."

Sciolsero il loro abbraccio. Sotto l'ombra del cappuccio, vide che Daer aveva il viso più funereo del solito. Certo, di solito non era un concentrato di gioia, però quando si ritrovavano riusciva ad allungare almeno l'ombra di un sorriso.

Il comandante fece un cenno nervoso, indicando le tre figure senza mantello in fondo al gruppo.

"Ari, ti presento lo Stregone delle Ombre e i suoi due apprendisti, Raxel e Lya."

Strinse gli occhi viola, trasformando il suo volto in una maschera inespressiva.

"È un piacere conoscere il salvatore dei mercenari dopo la battaglia della Grotta Insanguinata, nonché colui che ci ha donato i segreti per i nostri mantelli. Ma stento ad accogliervi con gioia. Tra gli Elfi Viola c'è un proverbio che dice: mīt sulìn ir hañeim malaké d trabāi. La sua traduzione letterale sarebbe: un incontro importante è portatore di guai."

Aveva il volto ricoperto di lunghe rughe, che si tirarono come inseguendosi mentre gli sorrideva in risposta.

"Un detto alquanto interessante. Sicuramente adatto per questa occasione."

"Venite, andiamo a parlare nella mia abitazione."

"Prima dobbiamo affidare Arres alle cure della Cittadella."

I mercenari si aprirono, mostrando al centro l'esile figura della bambina. Era stretta tra i mantelli dei tre elfi e lo guardava spaventata.

Gli occhi di Ari si riempirono di dolore. Arres, nome elfico, forza interiore. Un nome che esprimeva tutta la paura e il dolore che i suoi genitori dovevano aver patito, tanto da divenire la loro quotidianità. Era talmente piccola da avere ancora occhi castani e capelli marroni, non avevano ancora preso i colori elfici, eppure doveva aver già conosciuto tanto dolore.

E doveva avere una paura folle, vedendo che lui era un elfo con occhi e capelli dello stesso colore, come quelli da cui i genitori dovevano sempre averle detto di tenersi in guardia.

"K'irun lān, Arres. Non temere, non correrai pericoli tra queste mura."

Vide gli occhi castani tremolare e sciogliersi dal nodo della paura. Sapeva cosa stava pensando. Gli elfi con occhi e capelli uguali non salutavano mai i Disarmonici col K'irun lēf, il saluto nella lingua di Ergaf. Se lui lo aveva fatto, allora forse non era un nemico.

"Fadnir!"

Il robusto nano, suo braccio destro nella Cittadella, si staccò dai due ragazzi che stava redarguendo sull'utilizzo della mazza in combattimento e si avvicinò.

"Prendi questa bambina e portala alla mensa. Assicurati che mangi qualcosa, poi assegnale un letto in cui poter dormire e riposare."

La bambina strinse con riluttanza la callosa mano che il nano le porgeva e guardò, come in un cenno di saluto, i Trenta Mercenari, prima di avviarsi lungo il sentiero polveroso.

"Andiamo."

I vari mercenari si avviarono verso le loro dimore nella Cittadella, tranne Daer, Raghel, Wors, lo stregone e i suoi due apprendisti, che seguirono Ari verso la sua abitazione. Era un tragitto corto, ma all'elfo parve infinito. Come tutte le volte che un nuovo Disarmonico arrivava alla Cittadella, i suoi occhi si riempivano di vecchie immagini e i ricordi inondavano come un fiume in piena la sua visuale.

Tornava a quell'assolato pomeriggio estivo... Era bella la sua terra quando il Sole la illuminava, si riempiva di un odore a tratti simile a quello della terra bagnata che si asciugava al Sole, in altri momenti più simile alla fragranza di un frutto maturo.

Eppure quel giorno era impresso nella sua mente come un giorno oscuro, dall'odore di marciume asfissiante.

Aveva dovuto assistere alla salita al patibolo di un suo amico d'infanzia. Era scomparso, nessuno sapeva che fine avesse fatto, e la madre aveva finto disperazione per giorni per quella scomparsa improvvisa. Aveva finto, lo aveva nascosto lei, perché i suoi capelli marroni stavano diventando di un bianco lucente e i suoi occhi di un viola scuro. Li avevano scoperti mentre tentavano di scappare dalla città, e la madre aveva confessato che il figlio era nato dopo che aveva conosciuto un soldato degli Elfi Bianchi sul confine. Lo aveva confessato in cambio della promessa che avrebbero mandato suo figlio in un villaggio di Disarmonici; invece, lo avevano ucciso a sassate davanti ai suoi occhi prima di condannarla a morte per corruzione del sangue e tradimento. Le avevano tagliato la testa, perché lei, al contrario del figlio, aveva occhi e capelli dello stesso colore e aveva diritto a una morte veloce.

Nel vedere l'amico di infanzia ucciso in quel modo, nel ripensare a come da piccoli avevano giocato insieme, a come quel ragazzo non gli avesse mai fatto nulla di male, Ari aveva capito che tutto ciò era sbagliato.

Una settimana dopo era fuggito dalla sua terra. Per sempre.

"Raccontatemi tutto."

La voce dell'elfo era metallica mentre si sedeva alla scrivania. Gli occhi brillavano lucidi. Era ancora perso nei ricordi, ma lo stregone iniziò a parlare e le cose assurde che raccontava lo costrinsero a tornare al presente e iniziare a seguire le sue parole.

Demoni, stregoni dalla vita secolare, guerre...

Fissò Daer, gettandogli occhiate cercando di capire se stesse scherzando o parlasse sul serio. Ma il comandante, sotto l'ombra del cappuccio, si limitava a produrre sorrisini divertiti.

Quando ebbe terminato, Ari guardò il comandante.

"Tu hai creduto a tutte queste cose?"

Daer sospirò e, con enorme fatica, parlò dell'attacco del demone e della morte di Postermin. Ari ascoltò con attenzione, poi, alla fine della descrizione del comandante, si mise a giocare col lembo di un rotolo di fedo.

"E i Trenta Mercenari che decisione hanno preso?"

"Scorteremo lo stregone e i suoi apprendisti nel viaggio che devono intraprendere e li appoggeremo nella battaglia contro il re dei demoni."

Fissò Daer oltre le pieghe del cappuccio e un sorriso canzonatorio nacque sulle sue labbra elfiche.

"Questo stregone è riuscito a convincere il comandante dei Trenta Mercenari? Complimenti, non lo avrei creduto possibile. Comunque, se i Trenta Mercenari hanno accettato, io non posso che rimettermi al loro volere."

"Bene. Ora che anche tu sei stato messo al corrente, com'era mio desiderio, lo stregone e i suoi apprendisti possono andare a riposarsi. Domani vorrei rivederci qui, con gli stregoni, per studiare sulle mappe la marcia."

Ari chiamò un graduato che accompagnasse i tre stregoni. Non appena uscirono dall'abitazione, Daer ripose il suo sorriso forzato e sbuffò.

"Non li sopporto."

"Difficilmente sopporti qualcuno. - Sogghignò prendendo il calamo e un pezzo di fedo - Quanti caduti?"

"Due. Aghel nella battaglia per cui eravamo stati ingaggiati, Postermin contro il demone."

Sentì la mano tremargli mentre il solito liquido di dolore gli attraversava lo stomaco. Ogni volta pensava che l'avesse superato, che quel momento non gli provocasse lo stesso dolore delle precedenti, e invece eccolo lì, come sempre.

"Anche Aghel..."

Nessuno parlò mentre i nomi venivano incisi sul pezzo di fedo con uno scricchiolio sinistro del calamo.

"Ricordo che Aghel non aveva dato indicazioni per qualcuno a cui inviare il suo soldo. Sarà inglobato nel tesoro della Cittadella. Postermin ricordo invece che aveva indicato qualcuno, devo cercare chi nella sua lettera di arruolamento, così invieremo il soldo per le reclute cadute in battaglia."

Daer scosse la testa.

"No, Postermin non è caduto come recluta nella sua prima battaglia. Era sopravvissuto, ce l'aveva fatta. È morto dopo, dando la vita per permetterci di sopravvivere. Senza, avremmo avuto molte altre perdite. Pertanto gli sarà assegnato il soldo da veterano, essendo la sua seconda battaglia. Aggiungeremo i buoni accumulati da Aghel e l'anzianità di servizio del nostro compagno stregone."

Alzò gli occhi viola, indugiando sul cappuccio del comandante.

"Non ti eri mai affezionato a una recluta."

Quella frase lo imbarazzò. Lo capì da come subito la sua mano andò a cercare la sicurezza del manico della sua ascia, passando poi distrattamente il pollice sul filo dell'arma.

"D'accordo, farò come dici. Anche se queste due morti non ci volevano proprio prima di una missione tanto importante, quella di Aghel in particolare. Sai meglio di me come sia difficile trovare un buon stregone guerriero. Quasi nessuno supera la prima battaglia. Ma la lunga permanenza di Aghel nella squadra ha fatto sì che si formasse un nutrito gruppo di stregoni addestrati e pronti a entrare nei Trenta Mercenari. Uno di loro è molto interessante. Si tratta di un nano, eccellente guerriero, stregone sopraffino. Ha una nota di merito sull'altra e una pergamena di valutazione lunga quanto il Fiume Cristallo. È uno dei guerrieri in cima alla mia lista per diventare un nuovo graduato della Cittadella. Inoltre..."

La mano di Daer si alzò a bloccarlo, mentre lui già si stava tuffando nel suo mare di rotoli di fedo. Gli occhi viola lo fissarono interrogativo.

"Lo so che è difficile trovare un buon stregone guerriero e che in questa battaglia mi servirebbe un veterano. Ho già individuato chi può sostituire Aghel, uno stregone con una lunga esperienza alle spalle. Ci avvieremo a reclutarlo non appena saremo ripartiti."

La curiosità prese ad agitare la mente dell'elfo. Però si trattenne, vedeva che il comandante non intendeva aggiungere altro. Sarebbe tornato più tardi sull'argomento, voleva sapere a chi si stava riferendo.

"Bene, allora non ci resta che individuare il guerriero che sostituisca Postermin. Ho un nome che potrebbe risultare interessante..."

"Anche in questo caso intendo arruolare un veterano. La battaglia sarà difficile, non c'è posto per novellini."

"Immagino che anche questo sarà arruolato dopo che lascerai la Cittadella."

"Affatto. Intendo arruolarlo proprio qui."

Daer si era avvicinato tanto da fare intravedere i suoi occhi nascosti dall'ombra del cappuccio. Ari lo guardò interrogativo ma, quando incrociò quegli occhi divertiti, comprese immediatamente.

"Tu sei pazzo! Nemmeno per idea!"

"Mi serve un soldato ben addestrato."

"È fuori discussione!"

"Ho bisogno dei migliori, non di una recluta che si farà uccidere nei primi minuti di scontro."

Ari guardò il tavolo, i rotoli sparsi qua e là, le sue annotazioni incise frettolosamente sul lembo di questo o quel fedo, i progetti per migliorare i vari addestramenti. Alla sua mente tornarono le immagini dei pochi scontri a cui aveva preso parte, il puzzo delle armi e del sudore, l'aspro sapore del sangue proprio e altrui, la lama insanguinata.

"Quanto tieni a questa missione?"

"Più di quanto immagini."

Sospirò.

"D'accordo, verrò con voi."


Nella mensa stipata fu Sats a raccontare la battaglia e gli avvenimenti che ne erano seguiti. La sua voce cupa era la più adatta a far comprendere i gravi avvenimenti che gli erano franati addosso. Ari guardò con affetto la figura del roccioso che tornava a sedersi una volta terminato il racconto, prima di alzarsi e guardare i presenti. Davanti a loro si stagliava un piccolo tavolo quadrato in cui cenavano lo Stregone delle Ombre e i suoi apprendisti.

Davanti agli altri, per far capire che erano ospiti di riguardo.

Sotto il nero tavolo dei mercenari, per fargli comprendere che erano i mercenari a comandare.

Non era una scelta molto diplomatica, ma Daer era stato categorico. Voleva far intendere subito chi aveva le redini del comando. L'elfo lo capiva, nemmeno a lui ispiravano fiducia quelle figure, tanto utili quanto pericolose.

"Terribili eventi ci hanno narrato la voce dei Trenta Mercenari. Il nostro comandante ha deciso di prenderne parte, perché i Trenta Mercenari sono gli unici che possono affrontare l'orrore in persona e uscirne vincitori. Noi, coloro che i due mondi hanno bollato come immondizia e che hanno ripudiato, siamo ora l'unico baluardo che si frappone alla fine del tutto, siamo gli unici che possono guardare la morte in faccia e sconfiggerla!"

Ari aveva alzato sempre più il tono e alla fine stava urlando. Le reclute si sentirono infiammate da quel tono e lo fisavano con occhi febbrili e l'urlo che attraversò la sala uscì spontaneo dalle loro labbra.

"Vincere, sempre!"

Daer li guardò urlare e una stretta gli morse le viscere. Avrebbe voluto avere la loro sicurezza.

Quando le voci si placarono, Ari riprese a parlare più pacato.

"Io stesso mi unirò a loro per sostituire uno dei mercenari caduti. Fra due giorni, scorteremo lo Stregone delle Ombre e i suoi apprendisti in un lungo viaggio, poi ci avvieremo verso il luogo dello scontro, nelle Terre del Nord. Durante questo periodo il mio posto quale Guardia della Cittadella sarà preso da Fadnir. Sotto la sua guida intensificherete gli addestramenti e, non appena la Guardia riceverà nostre comunicazioni, chi vorrà marcerà sotto il suo comando verso Gazar. Quando lo scontro avrà inizio, avremo bisogno di tutti voi. Quel giorno il desiderio di ognuno di voi di essere uno dei Trenta Mercenari si realizzerà, perché al fianco del comandante e dei suoi mercenari vi sarà chiesto di combattere. Anche grazie a voi i Trenta Mercenari vinceranno! Anche grazie a voi festeggeremo la nostra vittoria e onoreremo i nomi dei caduti!"

I convitati urlarono e batterono le mani. L'elfo li fissò, e si chiese se quell'ultima decisione di far intervenire anche le reclute, discussa a lungo con Daer fino a poco prima della cena, fosse una buona scelta. Ma non dovevano affrontare il solito esercitino sgangherato, dovevano avere tutto l'aiuto possibile.

"Soldati, acclamiamo i nomi dei caduti Aghel e Postermin!"

Un altro urlo riempì la sala.

"Acclamiamo i nomi dei Trenta Mercenari!"

Più forte di prima si alzò il grido.

"Acclamiamo la morte che ci rende eroi!"

"Vincere, sempre!"


Due osservava la cima della montagnola. Le fiammelle delle torce rendevano la Cittadella simile a un orrido blocco spettrale che si innalzava verso lo schifoso cielo stellato. Non si sarebbe arrischiato a salire, in quell'immenso deserto potevano vederlo e lo stregone non doveva sapere che era alle loro calcagna.

Prima o poi sarebbero dovuti uscire dalla loro tana, e lui li avrebbe attesi, pronto a riprendere l'inseguimento che portava avanti da quando avevano lasciato il Barët Flaam, in attesa di potersi cibare con le loro tenere carni.

Lo stomaco borbottò al pensiero. Gli intimò di pazientare. Prima o poi lo stregone si sarebbe separato da loro e quel giorno avrebbe potuto riempirsi le labbra del loro sangue caldo.

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