23 - Malan

Erano passati più di due anni. Avevano preso parte ad altre battaglie, ad altri scontri, e ormai si erano perfettamente inseriti nella squadra. Grazie al loro dono, venivano spesso usati per missioni di spionaggio prima degli scontri. Queste missioni gli avevano permesso di scoprire anche alcune particolarità sul loro potere, come il fatto che a un chilometro di distanza iniziavano a non sentire più i pensieri dell'altro.

Reyk aveva modificato lo scudo, dipingendolo interamente di un nero lucido per farlo intonare alla sua spada. Sul bordo si inseguivano scritte bianche, frasi di guerra e morte dipinte da un compagno che sapeva scrivere.

Daer non amava molto tutti quei segni e simboli su scudi e armi, gli sembravano un inutile arricchimento. Preferiva le armi lisce e lucide come la sua ascia; un’arma senza nome che calava silenziosa sull’avversario. Perché così era la morte, silenziosa e innominata.

Il gemello aveva persino dato un nome alla spada, Sheran, un incrocio tra le parole elfiche Sher e An, che significavano “portatrice di morte”. Era stata Malan a tradurgli le parole in lingua elfica.

Fin dai giorni successivi al loro primo incontro, Reyk aveva approfittato di qualsiasi occasione per parlare con l'elfa. Lei non aveva mai mostrato particolare interesse ad avere la sua compagnia ma lui aveva insistito, giorno dopo giorno. Pian piano l'armatura della ragazza aveva iniziato a cedere sotto i delicati colpi di Reyk e più il tempo passava più si intratteneva con lui, raccontando della sua vita e della sua terra di origine.

Il gemello ascoltava tutto e immagazzinava ogni parola come un tesoro prezioso da ammirare ogni volta che poteva all’interno dello scrigno dei suoi ricordi. Più passava il tempo, più Daer poteva sentire sbocciare nei pensieri del fratello una sensazione nuova che mai nessuno dei due aveva provato. Era strana, in grado di rendere il cuore leggero e allo stesso tempo dare vita a un inestricabile nodo alla gola, da cui sembravano scaturire timori e incertezze apparentemente stupide ma che torturavano continuamente la mente. Come poteva qualcosa creare emozioni così contrastanti?

Ti piace?

Il fratello stava pulendo la sua spada dal sangue nemico, dopo la loro terza battaglia. Si interruppe, come se una freccia gli avesse appena trapassato il cuore. Fino ad allora non ne avevano mai parlato e quella domanda diretta sembrò dare corpo a qualcosa che aveva vagato spesso nei loro pensieri ma che non si era mai concretizzata davvero.

Sì, molto.

Potendo ascoltare i suoi pensieri e prendere parte alle sue emozioni, Daer sapeva bene che dietro a quelle due semplici parole c’era un mare di sentimenti contrastanti che si scontravano come onde burrascose. Gli piaceva e gli faceva paura, era bellezza e incubo che procedevano di pari passo.

Perché?

Se prima i sentimenti si erano scontrati, ora presero a rincorrersi l’un l’altro mentre Reyk tentava di raggiungerli e agguantarli. Come dare significato a quell'uragano di pensieri?

Non lo so rispose sbuffando. Però so che ogni volta che penso al futuro, lei c'è.

Daer aveva annuito mentre un flusso di pensieri contrastanti passavano tra di loro. Non era tutto lì, non era tutto spiegabile con quella semplice frase. Era molto più profondo, molto più complesso, ma solo la loro comunione di pensieri poteva esprimere tutto ciò che il gemello provava.

Per una volta, le parole non potevano esprimere tutto.

Da quel giorno, il pensiero di Malan fu assiduamente presente nella mente di Reyk.

Continuarono a combattere, uno al fianco dell’altro, vedendo spesso la morte mancarli di un soffio. Tutte le volte terminavano la battaglia alzando le armi sanguinolente al cielo mentre le orecchie ronzavano dei morti che anche quel giorno avevano procurato. Loro si sentivano forti mentre le battaglie forgiavano i loro corpi e muscoli, mettendo sempre più in risalto i nervi a fior di pelle, scolpendo i muscoli e incorniciandoli con un dedalo sempre più fitto di cicatrici. In un modo o nell’altro sopravvivevano a tutto, massacrando i nemici sul campo e perdendo sempre più quella paura che nei primi scontri aveva annebbiato i loro sensi. L’adrenalina divenne la più attesa delle compagne.

Reyk continuava a trascorrere del tempo con Malan ma, nemmeno fosse il nemico in battaglia più temibile, non riusciva mai a confessarle i suoi sentimenti, passando anche intere notti insonni a pensare a quei due bellissimi occhi verdi.

Un giorno il plotone di Serpente fu richiamato al Centro di Addestramento. Le casse languivano e si rischiava di non avere più soldi per pagare i soldati. Solitamente combattevano per committenti umani, quasi mai per altre razze. Gli uomini richiedevano battaglie nel panorama di guerre di una città contro un’altra città, mai nulla di più ampio che sarebbe costato molto di più in termini di morti e tempistiche. Ma per risollevare i conti del Centro dovevano accettare un incarico differente; un ingaggio nelle Terre dei Due Fiumi, la terra degli Elfi. Erano stati contattati dagli Elfi Bianchi per una battaglia contro i confinanti Elfi Verdi.

Non si trattava di una battaglia città contro città ma popolo contro popolo, un combattimento contro un esercito numeroso e ben preparato. La Guardia aveva ordinato la mobilitazione contemporanea di tutti e dieci i plotoni dipendenti dal Centro di Addestramento.

Sarebbero partiti tutti assieme.

Destinazione la Terra dei Due Fiumi, presso le D hagunar D ikïkis.


“No!”

Aveva urlato, più forte di quanto volesse. Tutti si voltarono a guardarlo e Daer temette che potessero vedere il terrore che gli aveva serrato il cuore e la paura che gli riempiva gli occhi. Ma probabilmente era bastato quell’urlo strozzato a far capire che uno sgomento folle lo riempiva.

“Avevo visto... Mi era sembrato... Nulla, ripartiamo."

I due apprendisti si scambiarono uno sguardo strano e sembrarono quasi essere indecisi sul da farsi. Però alla fine ripresero il cammino, con Raxel che faceva un cenno vago della mano.

"Siamo a pochi passi dalla dimora del maestro, ormai ci siamo."

I mercenari ripresero il cammino in quel bosco luminoso.

Nessuno guardò stranito Daer, nessuno gli fece domande.

Tutti conoscevano le urla strozzate di paura che provocavano i ricordi di morte di un mercenario.

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