20 - Gratitudine
“Salve, Lya.”
“Comandante.”
Un brivido corse lungo la schiena di Daer. Forse per quel saluto freddo, o forse perché la stava guardando, e non poteva fare a meno di pensare che era rimasta uguale a come la ricordava quando sognava il suo volto in mezzo ai riflessi luminosi di un fiume. Bassina, il corpo sottile, un volto leggermente spigoloso con gli zigomi che le tratteggiavano perfettamente le guance e i lisci capelli che le scendevano fino alle spalle. La pelle era dorata, messa in risalto dagli occhi di un verde luminoso. In essi una scintilla di fierezza brillava costantemente, facendo capire come quel corpo esile contenesse una personalità salda come una roccia. Almeno, ricordava quella scintilla, perché in quel momento riuscì a leggere in essi solo un gelo infinito, tale da fargli distogliere subito lo sguardo.
“Il nostro maestro ci ha mandato a chiedervi di raggiungerlo.” Intervenne Raxel facendo un passo avanti e frapponendosi fra i due.
“Dobbiamo tornare rapidamente alla Cittadella, non penso sia possibile.”
Seguirli? Seguire Lya? Non ci pensava nemmeno.
“Capisco… Informeremo il maestro che non potete raggiungerlo. Sarà deluso, dopo tutto quello che ha fatto per voi, non penso si aspettasse di essere ripagato con un rifiuto.”
Istintivamente Daer portò le mani al cappuccio. Le magie che lo intessevano erano state un dono dello Stregone delle Ombre, replicate grazie alle sue indicazioni nella Cittadella.
Si concesse un’occhiata tagliente al sorrisino fintamente deluso di Raxel, stampato su quel volto appuntito. Ora che ci pensava, nemmeno l’apprendista era cambiato più di tanto. Volto pallido, naso a punta, due occhi azzurri che si muovevano lenti, simili alle acque di un lago in una giornata senza vento. La bocca carnosa non parlava mai a vuoto, fermarsi a ragionare con lui ti lasciava una sensazione costante di inadeguatezza, di essere di fronte a un cervello che lavorava a un livello irragiungibile. Era alto, tanto da costringere il comandante ad alzare il mento per fissarlo, e le mani sottili erano ricoperte da un fascio di vene tali da far pensare di non voler mai ricevere un cazzotto da lui.
“Togliti quel sorrisino idiota. Siamo i Trenta Mercenari, non possiamo seguirvi di punto in bianco. Tornati alla Cittadella vedremo quando poter venire. Tornate a riferirglielo.”
“Lascia perdere, Raxel. Meglio così. Il comandante non è tipo da mantenere le promesse, portarlo dal maestro sarebbe solo una perdita di tempo.”
Daer si era fatto un taglio molto profondo nell’ultimo scontro, ma quelle parole gelide gli procurarono un dolore molto più fitto di quello provato in battaglia.
“D'accordo, verremo con voi.”
“Oh bene, il maestro ne sarà contento! – disse Raxel trasformando il sorrisino deluso in un sorriso da bambino a cui hanno appena regalato un giocattolo – Noi siamo arrivati qua compiendo un lungo giro ma penso che il portale più vicino sia a meno di dieci giorni di viaggio a dorso di ecua .”
“Quanto?! Noi non abbiamo ecua, significa minimo venti giorni di marcia. Non abbiamo tutto questo tempo.”
L’apprendista dello Stregone delle Ombre non rispose, semplicemente fissò il comandante aspettando una sua decisione, facendogli passare per la mente almeno una decina di epiteti diversi con cui offenderlo.
“Va bene, ma ho bisogno che curiate un mio soldato. E vorrei sapere per quale motivo il vecchio vuole vedermi.”
“Il maestro vuole parlarvi di una terribile minaccia, ma ritengo sia più adatto lui per spiegarvela. Alcune sfumature non sono chiare nemmeno per me e ci troveremmo a creare troppe domande senza risposte.”
“E se nemmeno voi sapete bene cosa succede, perché vuole parlarne proprio con noi?”
"Tranquillo comandante, anche per noi è un mistero perché voglia parlarne con un manipolo di assassini inaffidabili e spergiuri.” sibilò Lya avviandosi verso la porta e scomparendo nel lungo corridoio. Daer sospirò e guardò Raxel, il quale fece spallucce con un sorrisino divertito.
Maledisse mentalmente entrambi, prima di seguirla rinunciando ad avere risposte.
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