Una pessima prima impressione
Quando Seokjin si chiuse la porta della sua camera da letto alle spalle, circa un'ora dopo il loro arrivo, la prima cosa che fece fu tirare un lungo e profondo sospiro di sollievo. Sua sorella era già seduta su una delle poltroncine davanti al televisore, a gambe incrociate, con il gomito poggiato sul bracciolo e un sorrisetto malizioso rivolto verso di lui: «Beh? Impressioni?»
Il maggiore poggiò la schiena alla porta e si stropicciò il volto, chiudendo gli occhi e facendo mente locale su ciò che aveva vissuto nell'ultima ora: tre bellissimi ragazzi si erano presentati a casa sua, avevano dato il loro meglio per apparire affascinanti ai suoi occhi, due di loro non avevano fatto altro che lanciargli occhiatine che non era neanche riuscito a decifrare – sebbene sembrassero tanto un "quando scopiamo" –, aveva fatto far loro un giro della casa, gli aveva mostrato le loro stanze e, alla fine, gli aveva dato appuntamento per la cena, qualche ora dopo, usando come scusa il fatto che dovevano essere tutti e tre stanchi per il viaggio. Quando Seokjin riaprì gli occhi sua sorella era ancora lì che lo fissava, aspettando una risposta. «Non ne ho idea». La quattordicenne sollevò gli occhi al soffitto e sospirò, accasciandosi con la schiena sulla poltrona e allargando le gambe in modo leggermente rozzo – almeno per la sua classe sociale. «Che ne so Liz, dai! Li ho conosciuti un'ora fa, come faccio a fare commenti?»
Seokjin si staccò dalla porta per avvicinarsi alla sorella, prese posto sulla poltroncina opposta, accavallando le gambe e poggiando le mani sui braccioli, tamburellandoci sopra con i polpastrelli. Liz scosse il capo, come se fosse delusa dal familiare, e disse con voce di chi la sapeva lunga: «Dai Jin, è ovvio che sto parlando di quale sia più figo, no?»
A quella domanda – al quale non aveva effettivamente pensato – il ragazzo sembrò rilassarsi, come se il non dover analizzare comportamenti per il suo futuro per un po' fosse una medicina per l'ansia: «Il più figo eh?» chiese, mordendosi il labbro inferiore e alzandosi dalla poltroncina pensieroso, camminando per la stanza «Beh, è chiaro che siano tutti e tre bellissimi».
«Su questo non ci piove.» gli diede ragione la sorella, seguendolo con lo sguardo comodamente seduta, mentre l'altro faceva la sua passeggiata per schiarirsi le idee.
Seokjin si posizionò davanti allo specchio, si sistemò i capelli. «Devo ammettere che Jimin ha una bella bocca.» ridacchiò sentendosi leggermente in imbarazzo a dirlo ad alta voce, distogliendo lo sguardo dal proprio riflesso e tornando a passeggiare «Insomma, penso dia degli ottimi baci, no?». Elizabeth gli diede semplicemente ragione, non volendo interrompere il suo flusso di pensieri. Il diciassettenne si avvicinò alla finestra, la aprì per far entrare aria pulita, una brezza leggera gli scompigliò i capelli. «E lo sguardo di Taehyung è davvero sexy.» lo aveva pensato spesso, ogni volta che aveva incrociato lo sguardo con quello penetrante e assottigliato dell'altro. Seokjin guardò fuori dalla sua stanza, abbassò lo sguardo sui tre operai che stavano portando dei vasi con delle piante fiorite vicino al tavolo da pranzo esterno e notò immediatamente la presenza di Namjoon. «E Jungkook ha un corpo da sballo, non credi?» disse sovrappensiero, senza staccare lo sguardo dal ragazzo che, qualche giorno prima, aveva baciato senza poi più degnarlo di una parola, facendo finta che non esistesse.
«Direi proprio di sì, è quello che trovo più bello sinceramente.» commentò la sorella «Mi sembra anche più il tuo tipo? Sai, rispetto ai ragazzi con i quali sei uscito che mi hai fatto vedere».
Seokjin mugugnò di gola in assenso, dandogli ragione, ma i suoi occhi rimasero su Namjoon: Namjoon che poggiava il vaso a terra, Namjoon che si accertava fosse nel punto esatto, Namjoon che sorrideva ad un collega, Namjoon che si sollevava l'orlo della maglietta fino a portarlo alla fronte, per asciugarsela, mostrando i pettorali, Namjoon che prendeva una bottiglietta d'acqua da uno degli altri operai, la apriva, la portava alla bocca e beveva un sorso senza far poggiare le labbra, Namjoon che sollevava lo sguardo e incrociava gli occhi con quelli di Seokjin, Namjoon che rimaneva a fissare il diciassettenne, che neanche si era reso conto di essere stato beccato a guardarlo, rimanendo semplicemente immobile, con aria sognante, Namjoon che gli faceva un occhiolino. «Ah, cazzo».
«Cosa?» chiese la sorella.
Seokjin sorrise, sentì il volto accaldarsi e sperò di non essere arrossito troppo; Namjoon sorrise di rimando. «No, niente». Si allontanò dalla finestra senza salutarlo, con ancora un sorriso idiota stampato in volto, ripensando alla figuraccia che aveva appena fatto, ma senza provare chissà quale vergogna. D'altronde Namjoon era bello - e glielo aveva fatto capire qualche giorno prima quanto lo trovasse sexy – e guardarlo era un passatempo altrettanto bello; punto e fine. O punto e virgola, dato che se fosse ricapitato un secondo bacio appassionato Seokjin non si sarebbe di certo tirato indietro. «Dicevamo, Jungkook sembra quello più-»
Un bussare alla porta interruppe i loro discorsi; si bloccarono entrambi, immobili, trattenendo il respiro. Seokjin fissò la porta e sperò con tutto il cuore che fosse sua madre o uno dei domestici: «Sì?» chiese, mentre il suo cuore tremava in ansia.
Un tossire per schiarirsi la voce fu seguito da un tono basso e caldo: «Sono Jungkook».
Elizabeth si girò verso il fratello con un enorme sorriso stampato in volto, trattenendo una risata mentre il volto le diventava rossiccio, Seokjin si passò una mano tra i capelli guardandola con sguardo perso, come a volerle chiedere aiuto: «Che faccio?» sussurrò talmente piano che sembrò quasi mimarglielo.
«Rispondi coglione!» rispose lei con lo stesso tono basso.
Seokjin annuì – come se si fosse appena ricordato che, sì, una risposta era almeno cosa gradita – e proferì ad alta voce: «Ehm, sì, arrivo.» prendendo almeno un po' di tempo. Il diciassettenne si buttò in ginocchio alla poltrona, appoggiando le mani sul bracciolo e guardando la sorella con sguardo spaventato: «Cosa devo dirgli?»
«Ma sei scemo? Che ne so, parlaci normalmente! A Ginevra sei uscito con mille ragazzi».
Seokjin alzò gli occhi al soffitto: «Mica erano mille...»
Liz gli picchiettò la fronte con l'indice: «È per dire imbecille! Vai e basta!»
Come gli era stato detto e come era giusto fare, Seokjin si rialzò in piedi e, camminando più lentamente che poté, si avvicinò alla porta della propria camera, poggiò la mano sulla maniglia e fece un profondo respiro. Sua sorella, alle sue spalle, lo incitò nuovamente in un sussurro gracchiato, Seokjin prese forza e, un istante dopo, aprì la porta: Jungkook lo stava aspettando a metà corridoio, si era cambiato rispetto a come si era presentato e, dandogli uno sguardo veloce, Seokjin pensò che davvero era stata una scelta pessima.
Il ventenne di Monte Carlo indossava una camicia bianca anche decente, ma sopra di essa aveva deciso di appoggiarci un maglioncino arancione, lungo, che gli arrivava ai fianchi, lasciato aperto e con tanti grossi bottoni marroni, unico particolare; aveva un paio di mocassini blu scuro, un foulard con un disegno impossibile da capire, dal quale si potevano solo estrapolare i colori nero e terra di siena, e – la cosa peggiore – un paio di pantaloncini al ginocchio color cappuccino.
«Ciao.» si palesò così, ignorando completamente che l'unico pensiero di Seokjin, in quell'istante, fosse al come diamine si vestissero a Monaco e al frenarsi dal fargli notare che non stavano per uscire per una gita in barca.
«Ciao.» rispose il diciassettenne, abbozzando un sorriso «Ti serve qualcosa?» chiese gentilmente, poggiandosi allo stipite della porta.
Jungkook si infilò le mani nella tasca dei pantaloni – corti – e scosse il capo: «In realtà volevo chiederti se ti andava di farci una passeggiata». Seokjin mostrò un'espressione sorpresa ma evitò di fargli capire lo stato di panico che aveva appena accesso in lui. «Facciamo due chiacchiere, ci conosciamo meglio».
Seokjin ebbe come prima reazione quella di rifiutare, ma si trattenne dal farlo. I ragazzi erano lì per un motivo, Jin lo sapeva, non sarebbero stati disponibili tutta l'estate in quelle quattro – si fa per dire – mura di casa sua e prima avesse fatto scivolare via l'ansia prima sarebbe riuscito a parlare con tutti senza problemi. Il diciassettenne si mordicchiò il labbro inferiore, poi sorrise: «Certo».
Elizabeth venne ignorata del tutto, Seokjin uscì dalla stanza senza degnarla di uno sguardo e chiuse la porta dietro di lui – sebbene anche Jungkook si fosse accorto della sua presenza – ma lei non sembrò offendersi; la giovane ragazza scattò in piedi e si affacciò alla finestra – non notò i vasi di fiori, nessun operaio era ancora presente nel giardino – e rimase ad aspettare, semplicemente seduta, sperando che i due passassero proprio da lì, curiosa.
Un bussare, nuovamente, alla porta, gli fece spostare lo sguardo: «Avanti.» rispose, senza chiedere chi fosse. Dovette aspettare qualche secondo prima di vedere la maniglia abbassarsi e la porta aprirsi quel poco per mostrare il viso di uno degli altri tre: Jimin. «È... permesso?»
Elizabeth gli mostrò un grosso sorriso e gli fece cenno di avvicinarsi: «Sei arrivato tardi, uno degli altri è appena passato e se l'è portato via».
Jimin rimase sulla porta e sospirò sconsolato, dondolando la testa a destra e sinistra: «Lo sapevo, ci ho messo troppo a scegliere cosa mettermi».
«Avresti potuto metterti qualsiasi cosa, l'altro si è presentato come se stesse per andare ad un aperitivo in piscina». Jimin abbassò lo sguardo sulla sua semplice Polo e i pantaloni morbidi, poi li rialzò sulla sorellina del suo "obiettivo". «Perché te ne stai lì?»
«Oh, i-io...» boccheggiò preso in contropiede, senza però spostarsi di un passo dall'ingresso.
Elizabeth buttò l'occhio fuori dalla finestra e scattò in piedi: «Oh eccoli!» esclamò «Vieni Jimin, devi farti furbo e spiare come va con gli altri».
Il giovane canadese si massaggiò il collo, poi prese coraggio e si incamminò nella camera da letto, raggiungendo la finestra e guardando fuori: Seokjin e Jungkook camminavano per il giardino in modo lento, il diciassettenne sembrava straparlare, muovendo le mani, gesticolando, facendo profondi respiri tra una frase e l'altra, muovendo la bocca velocemente; il nipote di Grace Kelly se ne stava in silenzio, annuiva, ogni tanto si guardava intorno, sorrideva, provava a rispondere, ma poi lasciava perdere – anche perché Seokjin non sembrava voler smettere di parlare né voler sapere come la pensasse a riguardo, di qualsiasi cosa stessero parlando.
«Eccolo che comincia.» disse in un sospiro la sorella, poggiando la fronte sullo stipite della finestra «Gli starà spiegando come va l'andamento della borsa questa settimana».
Jimin assottigliò gli occhi verso le due figure ben visibili, notò come Jungkook si fosse fermato tutto d'un tratto, come Seokjin si fosse fermato anch'esso, ma continuando a parlare. «Sento che succederà qualcosa.» borbottò tra sé e sé il canadese. Liz lo guardò incuriosita, poi spostò lo sguardo sui due in giardino, aspettando di vedere se avesse effettivamente ragione.
Jimin aveva effettivamente ragione: Jungkook si sporse in avanti e, senza preavviso, mentre l'altro ancora parlava, prese la testa del diciassettenne e lo portò a sé, dandogli un bacio. Seokjin si staccò e gli diede un pugno.
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